Brilliant!

May 16, 2012 15:49


Warning: post lungo che riguarda la rappresentazione di certe diversità nei mezzi di comunicazione, l'uso errato dell'umorismo, alcuni miei problemi personali con il mondo e Cabin Pressure.


Non so bene da dove cominciare, quindi sarò onesta: riflettevo su una cosa (il tema generale è costantemente al centro delle mie riflessioni, in realtà) e ho sentito la necessità di condividerla. Questo mi è sembrato il posto giusto.

Riflettevo sul modo in cui in Cabin Pressure è rappresentato un personaggio... chiamiamolo "diverso" (sono stata tre ore a scegliere la parola. Odio le parole. Le nostre parole, il nostro linguaggio è pieno di terribili retaggi storico-culturali di razzismo in tutte le sue forme, sapete?)
Nel codice della commedia e dell'umorismo lo "scemo" è una tipologia fissa. Lo scemo fa ridere, lo scemo viene preso in giro dagli altri. Ora, ci sono vari modi di caratterizzare questo personaggio e l'umorismo che lo riguarda. (Non sto ad analizzare la cosa a livello storico. Mi focalizzerò sull'umorismo e la commedia contemporanei.)

Arthur, lo "scemo" (chiamiamolo così per chiarezza) di Cabin Pressure è chiaramente e volutamente caratterizzato non come un tizio che dice/fa cose evidentemente sciocche al solo scopo di farti ridere, ma come qualcuno che ha quello che definiremmo un "ritardo mentale" (definizione che non amo. Sarà che i ritardi in generale mi piacciono. Vabbè. E' per capirci.)
Di Arthur si ride, perché ha una logica tutta sua, un modo di parlare e di relazionarsi a persone e cose che sicuramente percepiamo come curioso, insolito, e che in effetti ci strappa più di una risata. Di lui si ride anche per via di Douglas, il personaggio a cui è assegnato il compito dell'ironia: in una situazione divertente, i suoi commenti accentuano l'elemento comico. Douglas prende in giro tutti, e quindi anche Arthur: le bizzarrie di Arthur risaltano di più quando Douglas fa una delle sue sottolineature.
Perché penso che la figura di Arthur sia resa benissimo, che l'umorismo nei suoi riguardi non sia "prepotente" e che John Finnemore sia un uomo meraviglioso?
Perché il personaggio di Arthur allo stesso tempo è caratterizzato come il più positivo dei protagonisti, e progressivamente si arriva ad apprezzare il suo mondo di stranezze che ci fanno ridere. Si ride, ma non è una risata "distruttiva". Mentre si ride, si riconosce anche la genialità di certe sue uscite, o si prova tenerezza nei suoi confronti.
Insomma, si ride di Arthur perché è Arthur, ma allo stesso tempo sia ama Arthur perché è Arthur, e va bene così com'è. Il risultato di tutto ciò? Finnemore ha creato un personaggio "diverso" (rispetto alla normativa imperante) che è amabile proprio perché è se stesso.
Che questa caratterizzazione sia voluta secondo me si evince benissimo dallo show, ma anche dal modo in cui Finnemore parla del personaggio sul suo blog. Tra l'altro il fandom ha colto benissimo tutte queste caratteristiche di Arthur.
Arthur riesce a dire delle cose profondissime (e molto vere, secondo me) e ha un affetto genuino per gli altri personaggi. Ha la sua incrollabile fiducia nel genere umano, che lo rende sì ingenuo, ma anche ancor più amabile. E' vero: combina disastri e dice delle cose che possono suonare sciocche o strane, ma le sue caratteristiche positive sono così evidenti che vincono. Si può ridere di lui senza avere l'impressione di mettere in pratica atti di bullismo contro una categoria.

(Qui potrei imbarcarmi in un altro discorso sul personaggio di Douglas, e sul fatto che il suo costante sfottere tutti non mi dà noia perché: 1. è il suo codice comunicativo con tutti, non solo con chi è più ingenuo, tipo Arthur, 2. spesso Arthur non si accorge di venir preso in giro, quindi le osservazioni di Douglas gli passano sopra tranquillamente e 3. Douglas non ti viene presentato come "il personaggio normale che sfotte i personaggi non normali." Ti viene presentato come personaggio problematico in mezzo ad altri personaggi problematici. Il che cambia decisamente la prospettiva.)

Ho un grosso problema con la prepotenza di un certo umorismo, nella vita reale così come nelle storie e nei mezzi di comunicazione. Non riesco a ridere di certe cose. Non capisco la necessità di certe battute. Odio con tutto il cuore quando la commedia mi propina il personaggio dello "scemo" che non ha qualità che lo redimano, ma è scritto così, come il comic relief, come l'idiota da sfottere. Odio tutto questo, anche se è solo una storia: dare per scontata la prepotenza delle parole, ridere senza pensarci significa che viviamo in una cultura straripante di pregiudizi e cattiveria, una cultura incapace di accettare le cosiddette "differenze".
Non sto dicendo che non si può ridere di niente, o che l'umorismo non può prendere in giro nessuno. Ma ci sono vari modi di farlo, nelle storie e nella vita.
Certe amicizie contemplano lo sfottimento reciproco affettuso. Altre no. Sono cose a cui si arriva insieme, codici che si creano tra due persone e che per alcuni funzionano - presupponendo affetto e rispetto prima di tutto. E' uguale, per quanto riguarda le storie: si può ridere di tutto, presupponendo un linguaggio adeguato e la capacità di capire che cosa sto veramente raccontando. Si può dissacrare tutto, con l'intelligenza di pesare le parole.
(E' chiaro che qui potremmo parlare tre ore, fare distinzioni, confessare che tutti ridiamo a volte di cose discutibili, che poi dipende dal contesto, che a volte in privato ci scappano cose che in pubblico non diremmo e così via. Va tutto bene. Al solito, il presupposto è un minimo di intelligenza prima di aprire bocca, che tu sia un tizio qualunque o lo scrittore di qualcosa che verrà consumato da un sacco di gente.)
Odio quando ci viene presentato lo scontro normale vs scemo, normale vs strano in una maniera che porta il normale a vincere, o in modo da suggerire che comunque è logico e scontato riconoscersi nel normale.
In realtà odio lo scontro normale vs qualsiasi cosa, se finisce che il normale vince.

(... davvero? Sei arrivato fin qui?XD)

cabin pressure, riflessioni, attualità

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