Titolo: Di teiere e palloni da calcio
Fandom: PF - soccerdom
Personaggi: Fernando Torres, Sergio Ramos + vari camei dei calciatori della nazionale spagnola e del Chelsea (in particolare, il BFF di Sergio, Jesus Navas e il piccolo nano malefico aka Juan Mata)
Genere: commedia, romantico, fluff
Rating: per tutti
Avvertimenti: Hogwarts!AU, linguaggio, oneshot, slash
Parte: 1/1
Contoparole: 4539
Sommario: « Questa teiera è praticamente perfetta! » esclamò Juan dopo l’ennesimo tentativo a vuoto.
« Mata, non so dove vivi, ma solitamente le teiere non hanno la coda » replicò Fernando, scuotendo la testa, desolato. Non sapeva proprio come fare per fargli capire la Trasfigurazione.
Juan arrossì a quel rimbrotto di Fernando.
« Navas! » l’esclamazione arrivò da qualche parte alle spalle di Fernando. I ragazzi scattarono in piedi, bacchette alla mano, per vedere che cosa stava succedendo. « Passala ‘sta palla! »
Note: era da tanto che volevo scrivere un Hogwarts!AU per sfogarmi un po’ con un po' di sano fansclero e l’ho fatto. Scusate il finale non finale, ma l’ho lasciata aperta così da poterci ricamare su eventuali seguiti :3
Spero solo che vi piaccia almeno la metà di quanto mi è piaciuto scriverla ahahah
Un bacio,
Pixie
Di teiere e palloni da calcio
L’aria dei sotterranei era sempre impregnata da un vago sentore di muffa, Fernando pensava che fosse il dazio da pagare per poter avere una Sala Comune costruita interamente sotto al Lago Nero. Però non riusciva comunque a giustificare il fatto che lì sotto ci fossero sempre meno gradi che ai piani superiori.
«Sei pronto, Torres? » la voce del suo Capitano lo raggiunse mentre era intento a prendere la sua scopa da corsa dall’armadio in cui la riponeva tutte le sere dopo la lucidatura.
« Arrivo, Terry » gli rispose con voce annoiata, dandosi un occhio veloce allo specchio del bagno della sua camerata nel Dormitorio di Serpeverde.
« Muoviti che dobbiamo andare a fare il culo a quei cazzo di Grifondoro! » ingiunse la voce di Lampard, che sovrastò quella dei suoi altri compagni di squadra che lo stavano acclamando.
Fin da quando era entrato in squadra al suo terzo anno di scuola per rimpiazzare il Cacciatore che si era diplomato, Fernando era sempre stato visto a metà tra una mascotte e un piccolo fenomeno, tanto che i suoi compagni di squadra e l’intera Casa di Serpeverde lo adoravano. Era sempre stato il più piccolo della squadra nonostante non fosse né basso né particolarmente scheletrico, però essere affiancato dai bestioni della squadra di Serpeverde l’aveva sempre fatto sembrare più piccolo e gracile di quanto non fosse veramente.
Raggiunse la squadra e insieme si recarono al campo da Quidditch della scuola, seguiti dai loro compagni di Casa che li inneggiavano e cantavano cori degni della peggior partita tra Cannoni di Chudley e Puddlemore United - lui tifava per i Cannoni, ma quello era un segreto e tale doveva restare.
Una volta giunti al campo, i ragazzi si spostarono negli spogliatoi, mentre il resto di Serpeverde raggiungeva le tribune.
« Allora non ho intenzione di fare un discorso d’incoraggiamento, sappiate solo che se non facciamo il culo ai Grifondoro oggi, mi scopo le vostre ragazze » concluse John Terry senza troppi giri di parole mentre indossava la fascia di capitano quasi per far capire loro che l’avrebbe fatto veramente.
Fernando guardò Juan Mata, seduto affianco a lui che faticava ad allacciarsi la divisa, e scosse la testa prima di aiutarlo.
« Meno male che non sono fidanzato, allora » replicò sottovoce Juan. Fernando lo guardò sorridendo. Quella era la prima partita che il ragazzo giocava con loro e aveva tutte le caratteristiche adatte per diventare la nuova mascotte della squadra, ruolo che Fernando gli avrebbe ceduto più che volentieri. Ormai era al suo ultimo anno e gli sarebbe piaciuto godere di un po’ più di considerazione da parte dei membri della sua Casa e non essere visto sempre come Nando, quello che ha così tante lentiggine che nemmeno un Evanesco riuscirebbe a far sparire.
Mata era piccolo, molto più basso di Fernando, e veloce, perfetto nel suo ruolo di Cercatore, ma lui non era sicuro se sarebbe riuscito a reggere la pressione di una partita così importante.
Non appena furono in campo, vennero osannati dal loro pubblico e salirono in arcione alle loro scope e si diedero lo slancio per salire di quota. Una volta arrivati all’altezza dei pali, Fernando si sentì finalmente libero di rilasciare la tensione che aveva accumulato fin lì e si rese conto solo in quel momento di aver ricominciato a respirare. Volare era una sensazione bellissima, ma la batteva quella di volare e giocare con la sua maglia allo sport più bello del mondo magico.
Poco dopo, fecero il loro ingresso in campo i Grifondoro, capitanati da Iker Casillas. Fernando francamente lo odiava, perché la sua porta rimaneva spesso inviolata per intere ore non tanto per bravura sua, quanto piuttosto per uno dei loro Battitori che aveva preso l’abitudine di sistemarsi dalle parti dei pali e scagliare i Bolidi sui portatori di Pluffa. Fernando non capiva se era un gesto consentito o meno dal regolamento, ma sinceramente non capiva perché quel Ramos non si scagliava sul Cercatore, come sarebbe stato più logico, ma lasciava quel compito all’altro Battitore, Pepe, e lui si dedicava unicamente alla difesa dei pali, come una specie di Portiere aggiunto.
Anche i Grifondoro presero quota e presto furono raggiunti dall’arbitro che li costrinse a stringersi la mano uno per uno. Quando fu il turno di Terry e Casillas, più che una stretta di mano, sembrò una gara a chi facesse più male all’altro. Quella volta sembrò vincerla il Portiere avversario e le due squadre ripresero a stringersi le mani velocemente. Navas, Casillas, Pepe, … Fernando la strinse a tutti senza mostrare particolari emozioni: non era un tipo che mostrava la tensione agli altri. Quando fu il turno di Sergio Ramos, Fernando gli sorrise senza nemmeno pensarci. Seguivano insieme un paio di corsi e non si erano praticamente mai rivolti la parola, se non per i classici insulti pre e post partita, se non fosse stata per l’antipatia congenita che intercorreva tra le loro Case e il fatto che fosse palesemente un Babbano di nascita, Fernando l’avrebbe considerato un tipo a posto, probabilmente anche simpatico. Ramos ricambiò il sorriso, leggermente incerto. Poi presero posizione e l’arbitro fischiò l’inizio della partita del secolo.
« Quel Sergio Ramos di merda! » gridò Capitan Terry zoppicando fino alla panca dello spogliatoio. « Proprio oggi doveva iniziare a disinteressarsi dei portatori di palla e prendersela con gli altri Battitori? »
« Hai ragione, John. Che idiota » commentò Cech togliendosi il suo fedele caschetto.
« Parliamone » iniziò Fernando mettendosi in mezzo. « Tu gli hai scagliato un Bolide in piena faccia l’anno scorso! Pensavi che non se lo fosse legato al dito? »
Lampard gli lanciò un’occhiata raggelante mentre Evocò un po’ di ghiaccio per il suo Capitano.
« Torres, è questo il gioco! Non può mica legarsi al dito un Bolide in piena faccia, altrimenti tutte le partite finirebbero in un bagno di sangue » esclamò Terry mettendosi il ghiaccio impacchettato in una delle divise di scorta sul ginocchio contuso.
« E tu cosa hai fatto per anni? Hai spaccato un femore a Suarez di Tassorosso perché ti ha infortunato l’anno scorso! » esclamò Fernando, cercando di non scoppiare a ridere per l’assurdità di Terry.
« Io posso e meno male che esiste questo piccoletto qua » rise, indicando Mata che stava giochicchiando con il suo primo Boccino d’Oro catturato.
E alla fine, dopo la domenica di Quidditch, arrivò anche il lunedì delle lezioni. Fernando se la cavava piuttosto bene in tutte le materie e riusciva a prendere sempre voti medio-alti, grazie a tutto l’impegno che infondeva nello studio, tanto che piuttosto spesso, nei due anni precedenti, si era trovato a dare ripetizioni di qualsiasi cosa a Mata. Anche quel pomeriggio, Juan gli aveva chiesto una mano con i compiti e si erano ritrovati nel grande parco di Hogwarts per sfruttare gli ultimi scampoli di bel tempo prima del sopraggiungere dell’autunno. Così, seduti poco lontano dalla riva del Lago Nero si trovò a ripassare per l’ennesima volta il programma di Trasfigurazione del secondo anno per cercare di inculcare i principi fondamentali a Juan. Ogni tanto gli scappava l’occhio verso il Lago Nero per controllare che la piovra gigante non decidesse di manifestarsi proprio in quei momenti.
« Questa teiera è praticamente perfetta! » esclamò Juan dopo l’ennesimo tentativo a vuoto.
« Mata, non so dove vivi, ma solitamente le teiere non hanno la coda » replicò Fernando, scuotendo la testa, desolato. Non sapeva proprio come fare per fargli capire la Trasfigurazione.
Juan arrossì a quel rimbrotto di Fernando.
« Navas! » l’esclamazione arrivò da qualche parte alle spalle di Fernando. I ragazzi scattarono in piedi, bacchette alla mano, per vedere che cosa stava succedendo. « Passala ‘sta palla! »
I cespugli vicino a loro sembrarono muoversi appena, quando quella che sembrava una Pluffa sferica sfrecciò verso di loro. Senza nemmeno pensarci, Fernando, non arrivando a bloccare quella palla a mezz’altezza con le mani, distese la gamba e la bloccò lateralmente, prima di posargli un piede sopra per tenerla ferma. Aveva paura che si trattasse di una palla stregata come lo erano i Bolidi. Non si poteva mai sapere - prevenire è meglio che curare, era la frase preferita di Fernando.
« Grandissimo stop, Torres! » la figura di Navas, Cercatore di Grifondoro, era sbucata da dietro il cespuglio da cui la palla era sopraggiunta.
« Ehm, grazie? » replicò Fernando. Non sapeva bene cosa rispondere, non aveva la più pallida idea di cosa fosse uno stop, anche se poteva intuirlo.
« Sai giocare a calcio? » gli aveva chiesto un’altra voce. Fernando spostò leggermente lo sguardo per vedere chi gli avesse appena rivolto la parola. Sergio Ramos lo guardava con un sorrisino divertito dalla destra di Navas.
« Non conosco questi giochi Babbani » rispose Fernando. « Ma scommetto che sarei in grado anche di giocare a questo calcio o come si chiama » aggiunse per darsi un tono. Mata intanto si era mezzo eclissato alle sue spalle, probabilmente nel tentativo di passare inosservato nel caso avessero cercato rogne.
Ramos e Navas si guardarono negli occhi prima di scoppiare a ridere. Fernando non seppe se doversi ritenere offeso o meno. Stavano forse ridendo di lui?
« Sicuramente giocherei meglio a calcio, di quanto voi non giochiate a Quidditch » replicò, alzando il mento in segno di sfida.
« Non vedo Terry da nessuna parte, Torres. Puoi anche evitare il fare il cazzone » Ramos era sembrato incupirsi un attimo prima della risposta. Navas aveva fatto finta di guardarsi attorno alla ricerca del capitano Serpeverde e, non trovandolo, aveva allargato le braccia.
« Non faccio il cazzone » replicò Fernando, cercando di trattenersi dal mettere il muso come era solito fare. Farsi vedere in atteggiamenti infantili dal nemico non era propriamente una bella idea.
« Cos’è il calcio? » chiese Mata sbucando dalle spalle di Fernando e interrompendolo prima che potesse rispondere per le rime a Ramos.
« Il calcio è lo sport più bello del mondo! » esclamò Navas. Fernando non sapeva che avesse origini babbane. « Si affrontano due squadre da undici e l’obiettivo è centrare la rete avversaria, facendo gol, un po’ come fanno i Cacciatori con i pali. Solo che non si può toccare la palla con le mani. Chi segna di più vince » spiegò loro rapidamente.
« Due squadre da undici e un solo pallone che per di più non può essere lanciato con le mani? Che noia » commentò Fernando, facendo finta di sbadigliare.
Sergio Ramos scosse la testa, incredulo. « Voi Purosangue non potete capire la bellezza del calcio. Andiamocene, Navas, questa gente non merita considerazione » concluse, cercando di non scoppiare a ridere.
« La palla! » ricordò Navas a Fernando, che, giusto per provare, gliela calciò contro. La palla arrivò poco al di sopra della testa di Ramos che dovette fare un saltino per prenderla al volo.
« Preciso » commentò prima di fargli un saluto con la mano e girare sui tacchi insieme al suo compagno di Casa.
Fernando non voleva ammetterlo ma la questione sollevata poco prima sugli sport babbani l’aveva incuriosito non poco. Non riusciva a capire cosa potesse avere questo calcio di bello e perciò aveva deciso di andare in biblioteca a informarsi. Sicuramente un libro sulle usanze babbane l’avrebbe trovato, e con molta fortuna avrebbe trovato un capitolo dedicato al calcio. Non appena era arrivato alla sezione della biblioteca dedicata ai libri sugli studi dei Babbani, aveva scoperto che non solo il calcio era uno sport molto popolare, ma anche che parecchi maghi si erano dedicati al suo studio per cercare di capire quale fosse il potere insito in esso, perché non era possibile che un gioco fosse in grado di unire tutti. Aveva afferrato un libro a caso, intitolato “Usi, costumi e magie del giuoco del calcio” di uno studioso filobabbano olandese - un tale Marco Van Basten - e si era messo a leggerlo nascosto in un angolo della biblioteca, al riparo da occhi indiscreti.
Il libro era pesantemente farcito di dettagli tecnici, regole, moduli, schemi e ben presto Fernando capì che non era uno sport istintivo come aveva creduto all’inizio: insomma, tirare calci a un pallone gli sembrava più uno sfogo che una nobile arte come volevano far credere Ramos e Navas. Aveva divorato il libro in poche ore - storia della nascita dello sport e spiegazioni sui vari campionati europei e mondiali compresi - ed era giunto all’appendice finale in cui alcune foto magiche illustravano azioni di gioco con tanto di spiegazione sotto.
In pochi minuti si trovò a ripercorrere la storia del calcio, guardandolo per la prima volta. Vide gol spettacolari da metà campo, in area, dalla trequarti, di destro, di sinistro, di testa - uno che doveva essere famosissimo di mano, addirittura - con torsioni più o meno facili del busto, rovesciate, rigori, prodezze di portieri e difensori, cross, cucchiai,…
Continuò a sfogliare quelle pagine, a bocca aperta, incantandosi ogni tanto su qualche azione particolarmente interessante, quando qualcuno gli si parò di fronte, facendogli ombra sul libro. Fernando alzò lo sguardo controvoglia e notò subito che la sera era calata e tutte le candele erano già accese. Non si era reso conto che il tempo era passato così velocemente.
« La biblioteca sta per chiudere, Torres » lo rimbeccò l’alta figura di Sergio Ramos.
« Che ci fai qua? » gli chiese Fernando, stropicciandosi gli occhi che avevano iniziato a dolergli per tutte le ore passate a leggere con quell’illuminazione piuttosto debole fornita dalle candele.
« C’è Mata che ti cerca da tutto il pomeriggio perché ha una teiera che squittisce e un topo che vomita tè caldo. Ne sai qualcosa? »
Fernando scoppiò a ridere, causando la sorpresa di Sergio che non poté fare altro che unirsi alla risata.
« Ero curioso di scoprire cosa fosse il calcio » replicò una volta che riebbe preso un contegno.
« Lo sapevo » commentò Sergio. « Per questo sono venuto a cercarti qua » concluse dedicandogli uno dei suoi soliti sorrisi tutto denti. Fernando pensò che avesse un bellissimo sorriso e non riusciva a capire perché l’avesse sempre preso in giro con i suoi compagni di Casa.
Gli si sedette di fronte e gli rubò il libro di mano, guardando la copertina. « Marco van Basten? Quel Marco van Basten? » chiese, sgranando gli occhi e ottenendo in risposta solo uno sguardo confuso.
« Non so chi sia » gli rispose francamente, stringendosi nelle spalle.
« Non sapevo fosse uno di noi, un mago… » disse come se avesse appena fatto la scoperta del secolo. « Era un calciatore » gli spiegò. « Ha vinto un sacco! Pure il Pallone d’oro, una specie di premio per il migliore giocatore dell’anno » concluse, sfogliando le pagine finali del libro per godersi le foto.
« Tu giochi a calcio? » gli chiese Fernando, realizzando improvvisamente una cosa. Il modo in cui Sergio si appostava nei pressi dei pali e del Portiere per attaccare i portatori di Pluffa gli aveva ricordato un ruolo fondamentale del calcio che aveva letto poco prima nel libro.
« Sì, prima di venire a Hogwarts sempre. Ora solo con Navas posso fare qualche tiro al pallone. Gli altri figli di Babbani che conosco non sono bravi quanto lui o addirittura hanno disconosciuto completamente il calcio a favore del Quidditch » rispose con una strana espressione a metà tra l’amaro e il dispiaciuto.
« In che ruolo preferisci giocare? In difesa? » gli chiese.
« Già… da cosa l’hai capito? »
« Da come proteggi i pali quando giochiamo a Quidditch. All’inizio mi sembrava una cosa illogica visto che solitamente li si scaglia contro o i Battitori o il Cercatore avversari, invece così impedisci agli altri di segnare eccessivamente e spesso e volentieri Grifondoro vince anche se Navas non prende il Boccino » gli spiegò velocemente, avvicinandosi a lui come se gli stesse rivelando un segreto.
« Perspicace » commentò Sergio con un sorriso. « Sì, è esattamente quello che faccio ».
Fernando, soddisfatto della sua intuizione, si era finalmente rilassato. Non si era nemmeno accorto di essere rimasto un po’ sulla difensiva dal momento in cui Sergio l’aveva raggiunto e si era seduto di fronte a lui.
« Non ho mai giocato a calcio, ma credo che mi piacerebbe imparare » gli spiegò. Sergio si sistemò meglio sulla sedia di fronte a Fernando, improvvisamente era diventato nervoso e Fernando lo guardò dritto negli occhi per cercare di capire cosa stesse succedendo.
« Sì, è che non è uno sport per fighette, Torres » gli disse con una smorfia contrariata sul viso.
Fernando trattenne il fiato, cercando dentro di sé la forza per non saltargli addosso e picchiarlo a sangue giusto per contraddirlo. « Io non sono una fighetta » esclamò sulla difensiva, scandendo le parole con tono aggressivo. Sergio scoppiò a ridere e Fernando si sentì ancora più offeso.
« Oh, andiamo! » iniziò Sergio, rilassandosi finalmente sulla sedia e sprofondando quasi a livello del tavolo. Aveva allungato le gambe sotto al tavolo e in quel momento le sue ginocchia si toccavano leggermente con quelle di Fernando. « Come siamo suscettibili di fronte alla verità, niño » concluse andando a incrociare le braccia dietro la testa. Lo fissava con uno dei suoi classici sguardi prepartita, quelli che a Fernando facevano tornare in mente il motivo per cui tutta Serpeverde sembrava avercela con lui. Era a metà tra un sorriso canzonatorio e una faccia da schiaffi e Fernando seriamente in quel momento avrebbe voluto solo piantargli un pugno in mezzo alla faccia.
« Se sono a Serpeverde un motivo c’è, Ramos. Non puoi sperare di parlarmi così e non subirne le conseguenze » sibilò Fernando a labbra strette. Sergio, per nulla intimorito da quella minaccia poco velata, scoppiò a ridere.
« Mi stai simpatico, Torres » gli rivelò. Quella risposta spiazzò Fernando per un momento. Non sapeva come poteva replicare, perché Sergio Ramos non era propriamente il ritratto della simpatia ai suoi occhi. Sì, avrebbe potuto stargli simpatico, ma dopo quella conversazione era sceso nella sua scala di preferenze, raggiungendo il livello di un’Acromantula.
Fece per alzarsi e riporre il libro per poter finalmente evadere da quella situazione paradossale, quando la mano di Sergio gli si strinse attorno al polso, gelandolo sul posto. Non si era aspettato che lo fermasse e quella leggera stretta l’aveva fatto sussultare. Dei piccoli brividi gli stavano scendendo giù per la colonna vertebrale e sperò solo di non essere arrossito come gli capitava spesso di fare per colpa della sua carnagione fin troppo chiara.
« Non mi ero mai accorto che avessi così tante lentiggini ». Senza lasciargli il polso, Sergio fece il giro del tavolino per pararglisi di fronte. Fernando, preso in contropiede, non seppe come reagire e si limitò a indietreggiare come il suo istinto gli aveva suggerito di fare. Dopo nemmeno un passo, però sentì il freddo muro di pietra che gli impediva di allontanarsi ulteriormente per fuggire via da quella situazione che lo stava mettendo a disagio.
« Di solito le copro con un incantesimo » replicò ironico Fernando, cercando di tenergli testa ma ottenendo il risultato opposto. Sergio lo guardava negli occhi e lui non poté fare a meno di ricambiare quello sguardo intenso. E quando Sergio calò sulle sue labbra per baciarlo, lui non riuscì a fare a meno di ricambiare con uno schiaffo secco.
« Che cazzo fai? » gli sibilò Sergio, tenendosi il punto in cui la mano di Fernando lo aveva colpito.
« Ma che cazzo fai tu! » gridò Fernando, con un tono vagamente isterico, prima di oltrepassarlo e scappare via dalla biblioteca.
Fernando, nei giorni seguenti a quello che definiva il “fattaccio della biblioteca”, aveva preso accuratamente a evitare tutti posti in cui sapeva avrebbe incontrato il ragazzo. Purtroppo condividevano l’ora di Pozioni, ma sapeva bene come non farsi trovare mai da solo. In aula condivideva sempre il calderone con Terry e Lampard, inoltre era sempre uno degli ultimi a entrare e tra i primi a uscire, ma mai come in quel periodo aveva cercato di non girare da solo per i corridoi. Arrivava a lezione scortato da Terry e se ne andava con qualche ragazza del suo anno. Si era reso conto che probabilmente stava esagerando, ma la prudenza non era mai troppa. Nel frattempo, l’atteggiamento di Ramos non era cambiato di una virgola. Arrivava a lezione con Navas in netto ritardo, entrambi col fiatone e le guance rese rosse dalla corsa a perdifiato per i corridoi, e se ne andava non appena il professore finiva la lezione, salvo fermarsi qualche volta a scambiare battute ironiche con Terry a fine lezione, per quello Fernando cercava di dissolversi in compagnia di qualcuno, visto che a Hogwarts era impossibile Smaterializzarsi nei corridoi. Fernando aveva preso anche a evitare il parco e la biblioteca, ma un giorno dovette arrendersi alle suppliche di Mata che aveva ancora problemi piuttosto gravi con la Trasfigurazione di esseri animati. Era riuscito a non incrociare Sergio Ramos per lunghi pomeriggi, ma quel giorno purtroppo per lui lo incontrò in biblioteca. Fernando aveva fatto attenzione a sedersi il più lontano possibile dal banco in cui Sergio e Jesus Navas stavano studiando.
Aveva aperto il libro di Trasfigurazione a una pagina a caso, mentre Juan cercava di comporre il tema richiesto dalla professoressa. Fernando non riusciva a concentrarsi su quello che leggeva però, sentiva in sottofondo le risatine di Navas e Ramos e si trovò a rileggere la stessa riga senza tuttavia capirne il significato. Alzò lo sguardo verso i due, cogliendo lo sguardo di Ramos fisso su di lui. Si limitò a fissarlo malissimo, con l’espressione più cattiva del suo repertorio. Forse però non doveva sembrare così cattivo visto che il ragazzo e il suo amico lo fissarono e scoppiarono a ridere ancora più fragorosamente.
« Basta » sbottò, alzandosi in piedi e richiamando l’attenzione dell’intera sala su di sé. La sua pelle presto raggiunse un livello di rosso mai visto prima. Si sentiva scottare la faccia. « Qua è impossibile studiare » concluse con la voce più alta di un’ottava, scatenando una serie di risatine dai banchi vicino al suo.
A passo marziale, uscì dalla biblioteca senza nemmeno voltarsi per controllare se Mata lo stesse seguendo o meno, e si intrufolò nel primo bagno che gli capitò a tiro, sperando ovviamente di non fare brutti incontri. Mirtilla Malcontenta sembrava avere una cotta per lui e non voleva ritrovare il suo riflesso dietro di lui mentre si specchiava dopo essersi sciacquato la faccia. Quando però si girò alle sue spalle, poco prima di chiudersi dietro la porta del bagno, pensò che forse Mirtilla in quel preciso istante sarebbe stata una compagnia migliore di Sergio Ramos.
« Ehi, niño » lo salutò, bloccando la porta prima che Fernando riuscisse a sbattergliela in faccia. « Ho notato che mi stai evitando » gli disse con un sorriso dei suoi stampato sulle labbra.
« Non ti sto evitando, sto solo continuando a fare finta che tu non esista come ho fatto per ben sette anni con successo » replicò Fernando, avvicinandosi ai lavandini e dandogli le spalle. Non si era nemmeno accorto che Sergio l’aveva seguito dalla biblioteca fino in bagno e si diede mentalmente dello stupido. Che razza di mago era se non si accorgeva nemmeno di ragazzone di quasi due metri che lo seguiva?
« Effettivamente » considerò Sergio. « Volevo farti una proposta, però ».
Fernando si girò a guardarlo, scettico. Inarcò il sopracciglio e incrociò le braccia aspettando che l’altro continuasse e che non si trattasse di una proposta sconcia.
« Ti andrebbe di imparare a giocare a calcio? » gli chiese d’un fiato, sembrando per la prima volta insicuro di quello che stava facendo. « Giocare sempre con Navas alla lunga si sta rivelando noioso » gli spiegò, avvicinandosi di qualche passo.
L’ultima volta che gli si era avvicinato così, se l’era trovato addosso e con la lingua ficcata prepotentemente nella sua bocca, quindi Fernando lo guardò, d’un tratto sconvolto. Avrebbe voluto indietreggiare ma era già in fondo, con la schiena appoggiata al lavabo.
« E se rifiutassi? » gli chiese Fernando.
Sergio sorrise. « Dubito che tu possa rifiutare questa proposta. Ho visto come ti sei preso bene per quel libro ».
Fernando si trovò a ricambiare il sorriso, arrossendo un po’. « Effettivamente mi piacerebbe » gli rispose.
« Mi piace vederti sorridere » gli rivelò Sergio, abbassando di un tono la voce.
La testa di Fernando scattò sull’attenti a quelle parole. Un brivido gli percorse il corpo, giù lungo la colonna vertebrale, quasi come se un Dissennatore si stesse aggirando tranquillo per la stanza.
Non sapeva bene cosa rispondere a quell’affermazione che, sicuramente, non era stata detta con il candore che Sergio voleva far trasparire. Era sicuro che sottintendesse tante cose, ma non era altrettanto sicuro di volerle sapere.
« Io me ne andrei… » iniziò, leggermente incerto, cominciando a indicare la porta.
Sergio fece un piccolo passo in avanti, impedendogli la via di fuga.
« Non così in fretta » gli soffiò a due dita dalle labbra.
Fernando non sapeva bene cosa fare. La volta precedente il suo istinto aveva risposto per lui, piantando un bello schiaffo sulla guancia di Sergio. Quella volta non sapeva bene come doversi comportare perché da un lato avrebbe voluto scappare - limonare in un cesso non era esattamente uno dei suoi passatempi preferiti - mentre dall’altro avrebbe solo voluto fiondarsi sulla bocca dell’altro perché, anche se faticava ad ammetterlo a se stesso e non l’aveva mai ammesso a nessun altro, fondamentalmente erano sette anni che non aspettava altro che poterlo fare.
Ci pensò Sergio a spazzare via tutti i suoi pensieri, annullando le distanze tra loro. Fernando vide con i propri occhi un muro crollare tra loro due. Vide Grifondoro e Serpeverde uniti, vide le differenze che aveva sempre ostentato tra le due Case farsi sempre meno evidenti, travolte dall’emozione di quel bacio a lungo desiderato. Forse, pensò mentre passava le braccia attorno al collo di Sergio, si stava facendo dei viaggi mentali che nemmeno una ragazzina babbana si faceva.
Pensandoci bene, il rumore del muro che cadeva gli sembrava quasi di sentirlo con le sue orecchie, quando si ritrovò a boccheggiare, con Sergio che tutto ad un tratto si era allontanato da lui con uno sguardo terrorizzato dipinto sul volto.
Voltandosi verso l’entrata si rese conto che quello che aveva sentito altro non era che una teiera rotta ai piedi di un Mata imbarazzato.
« Io… » cercò quasi di correre ai ripari, allontanando da sé il corpo di Sergio. « Non è come sembra! » cercò di giustificarsi.
Mata gli lanciò un’occhiataccia. « Non sono scemo, Nando. È esattamente come sembra e sappi che ti odio » replicò, con la voce incrinata e gli occhi che minacciavano di cominciare a lacrimare da un momento all’altro.
« Non sapevo che tu e Mata steste insieme… » iniziò Sergio, sentendosi probabilmente in colpa.
Juan li guardò scandalizzati. « No, deficiente di un Grifondoro, non hai idea di quanto ci ho messo a Trasfigurare questa teiera e voi me l’avete fatta rompere! » gridò, uscendo dal bagno come un’Acromantula inferocita.
Fernando trattenne un sospiro di sollievo.
« Pensavo peggio » commentò Sergio, ricominciando a baciarlo.