Titolo: Delle cinque volte in cui Dean fa bere Castiel (senza farlo ubriacare) e di quella volta in cui è Castiel a far bere Dean (ma c'è qualcosa di sbagliato)
Aka - sicché è troppo lungo - Cinque bevute più una
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean Winchester, Castiel
Rating: PG/SAFE
Avvertimenti: Oneshot, slice-of-life, comica, tra il bromance e il pre-slash (ognuno ci veda ciò che ci vuole); e, sicché è in assoluto la prima cosa che mi accingo a scrivere su questi due che superi le cento parole, segnalo anche possibile OOC perché non si può mai sapere.
Conteggio Parole: 4125
Riassunto: Di drinking game, ultime notti sulla terra, lattine di birra e Sam che semplicemente non ne puo' più.
Note: //
Delle cinque volte in cui Dean fa bere Castiel (senza farlo ubriacare)
e di quella volta in cui è Castiel a far bere Dean (ma c'è qualcosa di sbagliato)
1) Di quella volta che ci sono tanti quarti di dollaro, bicchieri da festa e un mucchio di fortuna del principiante
A dirla tutta, Dean non è sorpreso del fatto che Castiel non abbia mai bevuto in vita sua. Se da un lato i duemila anni che dice di avere sono una gran quantità (davvero gran quantità) di tempo per aver provato qualsiasi cosa, da un altro lato si tratta di Cas, e basta guardarlo in faccia per capire che dice sul serio. Anzi, se c’è una cosa che Dean ha imparato è che Castiel è sempre mortalmente serio. Nessuna eccezione in merito.
Ma quel giorno, dato che gli alcolici ci sono e l’angelo pure, Dean mette su uno dei suoi migliori sorrisi da ho in mente qualcosa e tu ne sei coinvolto. Che dire: è sempre stato convinto che Castiel, da ubriaco, sarebbe stato un tizio divertente; uno di quelli dalla risata facile e dal sorriso idiota. E Dean non ha ancora visto Castiel con un sorriso idiota.
Una cosa con la quale non ha fatto i conti - angeli, pensa tra i denti - sono le stronzate soprannaturali, che hanno impatto su due cose: la prima, è sicuramente la resistenza ai colpi e la quasi-impossibilità di ucciderli; la seconda, è la resistenza all’alcol e agli stupefacenti. Qualsiasi cosa animi il metabolismo degli angeli, è qualcosa di straordinariamente efficace.
Questo, però, Dean ancora non lo sa.
Così fa sedere Castiel davanti a lui e a delle bottiglie di tequila, tira fuori dalla busta - quella del negozio aperto ventiquattro ore su ventiquattro all’angolo con il motel - e un pacco di bicchieri di carta. Apre la busta con i denti. Fa un piccolo foro e lo allarga infilandoci le dita, ancora sorridente. Castiel si limita a guardarlo con le spalle basse, senza sbattere le palpebre - cosa inquietante, tra l’altro.
Il primo bicchiere esce fuori. È fatto di cartone, di quello che sicuramente ha un termine per essere descritto che Dean non conosce. Quello pseudo cartone che sembra essere ricoperto di una patina di plastica e che non fa fuoriuscire nessuna sostanza acquosa e che-Dean si ferma, fa una smorfia e pensa cavolo, non è importante di che diavolo siano fatti.
Lo spezza partendo dal bordo, dall’altro verso il basso. Si ferma a metà e strappa via una parte di bicchiere, in modo da avere solo il fondino e qualche centimetro a circondarlo.
Poi tira fuori li altri bicchieri. Li mette in fila: cinque davanti a lui, altri cinque davanti a Castiel. A quel punto, l’angelo ha quantomeno la buona educazione di sbattere le palpebre e smettere di fissare Dean, solo per abbassare lo sguardo verso i bicchieri.
«Facciamo un gioco» dice Dean, tirando fuori degli spiccioli - quarti di dollaro - dalla sua tasca e lasciandoli esattamente al centro del tavolo. Il sorriso si allarga. È dai tempi della scuola che non fa giochetti simili. Si sente improvvisamente più giovane. Rigira una monetina tra le dita. Castiel è tornato a guardarlo. «Okay» risponde «Sembra divertente»
«Questo è lo spirito giusto» afferma Dean, battendo le mani. Prende la prima bottiglia di tequila, e la versa nei bicchieri. Li riempie fino a un po’ più che metà, poi torna a guardare Castiel, sorridendo. Una parte di lui vorrebbe che anche Sam fosse lì, per non perdersi lo spettacolo dell’angelo ubriaco; un’altra parte, invece, sa che i suoi cellulari hanno la videocamera, quindi sarà più che felice di far vedere le riprese al fratellino.
Castiel sospira «Anche se non capisco a cosa possano servire tutte quest--».
Dean lo interrompe prima che possa dire qualsiasi cosa «Abbi fede» dice, ed è un gioco di parole così pessimo da meritarsi un’occhiata truce da Castiel - e nessuno, pensa, nessuno vorrebbe un’occhiata truce da chi ti può uccidere così velocemente da non farti neanche capire di essere morto. «Sarà divertente» promette, prendendo una monetina «Ed è semplice, davvero. Si tratta solo di lanciare questa» si posiziona la moneta sul pollice «E di centrare il bicchiere» la lancia. Il quarto di dollaro compie una mezza parabola che ha fine quando rimbalza all’interno del bicchiere «Si lancia la moneta finché non si sbaglia e, ogni volta che qualcuno centra il bersaglio, l’altro deve bere»
Castiel fissa Dean, poi la moneta, poi il bicchiere; infine scuote la testa, annuendo.
«Perde chi si ubriaca prima» detto questo, Dean lancia una monetina a Castiel, come per dire “inizia tu”. E Castiel inizia. Fa uno di quei lanci che sembrano progettati per una monetina, e Dean è sicuro che sia così perché questo l’ha vissuto da sobrio. Poi ne prende un'altra e ding, altro centro. E un'altra. E un'altra.
E Dean osserva Castiel lanciare qualcosa come sei monetine prima che gli afferri il polso, gli rivolga un sorriso tremolante e borbotti un «Vacci piano, Cas» che, in qualche modo, fa veramente fermare Castiel.
L’angelo gli rivolge uno sguardo confuso «Credevo di dover lanciare finché non avessi sbagliato».
Dean afferra uno dei bicchieri «Infatti» dice, e si chiede perché uno che non ha mai lanciato monetine in vita sua sia così bravo a farlo «Dammi solo il tempi di bere prima di lanciare, okay?»
Qualcosa come molti quarti di dollaro più tardi, Dean è ancora convinto che Castiel, da ubriaco, sarebbe oltremodo divertente. Deve solo riuscire a farlo bere, prima; farlo bere parecchio. Ha sbagliato solo un lancio, e quel tanto di monetine che Dean è riuscito a far volare dentro il bicchiere non è stato sufficiente e «Dean, credo di aver vinto» e visto che Dean è abbastanza ubriaco da non reggersi in piedi e si sta facendo accompagnare a letto da un angelo mal vestito sì, sì, crede di essere ubriaco e che un giorno si vendicherà.
2) Di quella volta che potrebbe essere il loro ultimo giorno sulla terra, ma Castiel è comunque sobrio
Quella di Castiel è un’iniziazione, e non ha avuto bisogno di sentire Jo dire “Andiamo, buttalo giù” dall'altra stanza per capire che sarebbe finita male.
Bobby sta ridendo sotto i baffi, una birra in mano e un gomito sulla coscia «Credevo che ci volesse più di così per metterti al tappeto, Ellen». Lei alza lo sguardo, puntando un dito infermo verso di lui; qualunque cosa stia per dire, se la tiene per sé, borbottando un «Ritieniti fortunato» e un «Angeli» tra i denti, e Dean ha la netta sensazione che questa sia la prima volta che qualcuno batte Ellen a una gara di bevute; rimanendo sobrio, tra l’altro.
Dean sorride. Vorrebbe avvicinarsi, darle una pacca sulla spalla e dire “Che ci vuoi fare, questo è Cas”, ma la cosa sembra strana anche alla sua immaginazione, quindi non lo fa. Non che, comunque, questo sia il tipo di cose che si fanno realmente. Più che altro si pensano con una punta di orgoglio.
«Sapevo che era una pazzia» commenta Sam, prima di dare un sorso alla sua birra. «Sono sorpreso che ci abbiate anche solo provato».
Jo nasconde a stento un sogghigno; Ellen lancia uno sguardo che promette vendetta; Castiel parla «In realtà, con i giusti presupposti, avrebbe anche potuto vincere».
Nessuno capisce se Castiel sia serio, se l’abbia detto per tirar su di morale Ellen o se sia una battuta. Le sfumature sono una cosa su cui sta ancora lavorando.
«Con una quantità di liquore maggiore» aggiunge.
«Come tutto un negozio di liquori?» propone Jo, avanzando un mezzo sorriso. Per qualche motivo, questo fa ridere. Dean è sicuro che se fossero alla roadhouse probabilmente Ellen avrebbe trovato la quantità di alcolici necessaria per farlo ubriacare e per fargli fare qualcosa di imbarazzante perché, hey, quello è un po’ il loro modo di dire benvenuto in famiglia.
Dean si passa una mano dietro il collo «È una pazzia il fatto che non abbiate chiesto a me di farlo ubriacare»
«Oh, perché il ragazzino, qui, è molto meglio di me» sghignazza Ellen, ironicamente. Bobby scuote la testa. Anche Sam, in questo frangente, sembra essere convinto che il fratello non abbia speranze. «Assolutamente» rimbecca
«Vogliamo ricordare l’ultima volta che ci hai anche solo provato?»
«È stato molto tempo fa»
«Tre mesi non è molto tempo fa»
«Abbastanza, però» borbotta, mettendo il broncio.
Ellen sta per aggiungere qualcosa, ma viene interrotta.
«Hey, perché abbiamo smesso di bere?»
Tutti si voltano verso Castiel.
«Un altro giro per l’angelo» conclude Jo.
Quando anche Bobby crolla addormentato, Dean stabilisce che anche l’ultima notte sulla terra è giunta al termine. Esce dallo studio chiudendo le porte, che attutiscono il russare in modo veramente ridicolo.
«Gli angeli non dormono?» propone Dean, prendendo una sedia. È rimasto ancora un po’ di whiskey sul fondo di un bicchiere.
Castiel è appoggiato contro la cucina, le mani sui bordi, la testa inclinata e lo sguardo su di lui. Annuisce, e Dean butta giù quell’ultimo fondo superstite.
«Dean» inizia, e capisce dal tono in cui usa - che è un po’ diverso da solito, lo riconosce, perché piano piano sta iniziando a capire le sfumature di Castiel, anche se sono difficili da interpretare - che è il discorso del stiamo per morire. E non lo vuole sentire, davvero «Se domani dovesse…»
«No» lo interrompe «Non fare l’uccello del malaugurio. No. Domani andrà benissimo. Benone. E se non andrà così, ne usciremo completamente indenni - o quantomeno vivi».
Castiel stira le labbra. Nel suo volto c’è qualcosa che cambia «Non capisco mai se la tua sia stupidità o negazione»
«Solo ottimismo» ribatte Dean, con un sorriso storto.
Castiel lo guarda come se non ci credesse. A Dean ha sempre fatto paura - il fatto che non ci credesse, che capisse sempre, per qualche ragione, i suoi bluff, il suo va tutto bene che non va affatto bene. Ma in qualche modo, forse, riesce a illuderlo, perché Castiel si avvicina e si siede davanti a lui. Si gira un bicchiere in mano. «Sappi che è stato un onore»
Dean alza le sopracciglia.
«Se domani non dovesse andare in modo “Ottimista” - scandisce la parola, sforzando un’espressione eloquente - è stato un onore».
Con questo, Dean non sa cosa dire. Deglutisce e vorrebbe distogliere lo sguardo; oppure sorridere e dargli dello stupido. Invece si alza e dice «Buonanotte, Cas» prima di scomparire al piano di sopra.
3) Di quella volta in cui Sam non ha un’anima, ed è compito di un amico portare Dean a bere.
Castiel dice che è una convenzione sociale e che ha tutta l’intenzione di rispettarla. Mette le virgolette su “Convenzione sociale”, con una mano sulla sua spalla e lo sguardo puntato nei suoi occhi, abbastanza vicino da far pensare a Dean che la loro discussione sugli spazi personali non sia servita a niente (ma chi vuole prendere in giro? Quella discussione è sempre stata inutile, fin dal principio).
«Non devi prenderla così seriamente, Cas» Dean alza un sopracciglio, portando una mano sul volto «Ti ho solo chiesto se ti va di bere qualcosa con me»
«E me l’hai chiesto perché Sam non ha un anima e quindi gli umani, quando hanno problemi, bevono con altri umani» annuisce, serio.
«Questa vorrei proprio sapere dove l’hai sentita» borbotta, scacciando la mano di Castiel dalla propria spalla e ottenendo uno sguardo confuso in cambio.
«Alla tv, ovviamente».
E Dean spera che quello sia un sì. Prende le chiavi dal tavolo e controlla il cellulare. Ovunque sia Sam non si è preoccupato di contattarlo. Pensa, per un attimo, che forse dovrebbe inviargli un messaggio, un qualcosa come se mi cerchi sono al bar qua sotto, ma poi si ricorda che suo fratello non ha un anima, che non gliene può fregar di meno di dove sia, e sente l’immediato bisogno di trovarsi sullo sgabello del bar con un bicchiere in mano.
«Comunque, non è che gli esseri umani bevono con altri esseri umani» dice «Gli esseri umani bevono con gli amici, sennò non ha senso»
Castiel sembra pensarci. Aggrotta la fronte e rimane immobile sulla porta finché Dean non suona il clacson della macchina per farlo muovere.
Il pub è a qualche miglia dal Motel in cui alloggiano ed è uguale a tanti in cui Dean è già stato in passato. C’è un biliardo che lo tenta, perché sono soldi facili e perché di lì a pochi giorni lui e suo fratello si ritroveranno di nuovo al verde, ma sospetta che Castiel non sia esattamente esperto di truffe, così lascia perdere e ordina per entrambi; solo, ordina qualcosa di un po’ più forte per l’amico, nella speranza di non essere l’unico brillo a fine serata.
«Bevi» ordina, e si ritrova a sorridere dello sguardo spaventato che gli rivolge. Si guarda attorno, come per dire ma dove mi ha portato, e poi beve, tutto di un colpo. Forse avrebbe dovuto dire al barista di lasciare loro la bottiglia; cosa che farà comunque tra qualche giro.
«Bravo ragazzo» sogghigna, e si ricorda che, in effetti, non è mai riuscito nel suo intento di farlo ubriacare. Sam gli ha raccontato che una volta, per essere sinceri, Cas si è ubriacato dopo aver davvero bevuto un intero negozio di liquori, ma quando Dean è arrivato l’angelo era già sobrio, quindi grazie e arrivederci. E, in ogni caso, a lui interessa bere insieme, nient’altro. Quindi beve anche lui, e ordina ancora, battendo la mano sul bancone.
L’unica circostanza in cui ha visto Castiel del tutto strafatto è stato in quel futuro post-apocalittico che non è mai avvenuto, e sì, orge e crack a parte, immagina che averlo in versione più rilassata per qualche ora non sarebbe male.
«Quindi» Cas abbassa gli occhi sul bicchiere mezzo pieno. Sembra lucido. «Credo di aver afferrato la parte del bere insieme» afferma.
«Ah, sì?» Dean vorrebbe veramente sembrare meno divertito, ma non ci riesce. Manda giù un sorso e lancia un’occhiata a Castiel, poi verso la ragazza che li sta guardando da qualcosa come venti minuti, poi torna sull’angelo.
«Sì» conferma «Mi sfugge solo perché lo si faccia».
«Questo la tv non te l’ha spiegato?».
Castiel lo guarda. Lo guarda e basta e non coglie la battuta, quindi immagina che quello sguardo sia un no, Dean, non me l’ha spiegato.
«Uhm» mormora. Giocherella con una nocciolina, lanciandola in aria e riafferrandola «Perché bere con qualcuno tira su il morale. In paradiso» si schiarisce la voce «Quando uno di voi pennuti è giù di morale, che fate per farlo stare meglio?»
«Nessuno di noi è mai giù di morale» scuote la testa e poi svuota il bicchiere «Non siamo capaci di essere giù di morale. Possiamo essere feriti fisicamente; o compromessi» Castiel scandisce la parola molto attentamente, come se stesse riflettendo sul suo significato.
Dean alza gli occhi al cielo. «Okay, quando siete, diciamo, compromessi»
«Cantiamo».
Dean lo guarda. Lo guarda e basta. Vorrebbe davvero che non fosse così serio. Davvero.
«Vuoi che canti per te?»
«Cas» Dean continua a guardarlo, il più attentamente possibile «Sei ubriaco?».
Castiel scuote la testa.
«Allora no. Proprio no. Per fare qualcosa di così stupido devi necessariamente essere ubriaco»
«Altra convenzione umana?»
Dean annuisce. Poi ordina un altro giro e cerca di dimenticare quell’orrendo discorso.
Alla fine Castiel non canta e non si ubriaca, ma Dean è abbastanza sbronzo da lasciarsi trasportare al Motel. Sam, per un attimo, finge di voler sapere cosa è successo; poi lascia perdere, perché a quel punto è Dean quello che ha iniziato a cantare.
4) Di quella volta in cui la bevuta è breve, e Dean ci prova solo perché si sta davvero, davvero annoiando.
«Dean, non posso credere che tu ci stia ancora provando» la voce di Sam è al limite della sopportazione. Alza gli occhi dal portatile, mentre Dean sbatte una mano sul tavolo, facendo sobbalzare Castiel. «E non posso credere che tu gli stia ancora dietro, Cas» continua, osservando il quadretto di quaranta lattine di birra disposte sul tavolo; un paio aperte, ma entrambe bevute da Dean - no, davvero, Dean non ha la benché minima idea di come far ubriacare qualcuno; ci aveva provato con Sam per anni, e alla fine Sam aveva ceduto perché per suo fratello sembrava davvero importante (e perché, in passato, gli piaceva passare tempo con lui quando il padre non era troppo occupato a ingaggiarli per qualche caccia, ma questo non l’avrebbe mai, mai ammesso).
Castiel si volta e gli lancia lo sguardo tipico dei bambini che assecondano la mamma quando fa qualcosa di totalmente fuori di testa; quel genere di cose che appoggi comunque perché è tua madre e non puoi fare altrimenti.
«Andiamo, Sam» dice il fratello «Lascia perdere quelle ricerche e unisciti a noi»
«No»
«Perché no?» si lagna, agitando una latina.
«Perché lo trovo già abbastanza patetico così com’è» commenta, con un alzata di spalle. Detto questo, fa tornare il suo sguardo sul computer. Il telefilm di suo fratello è quasi completamente scaricato. Chissà che quello non gli possa far rimettere a posto la birra. Ma se poi proponesse un drinking game sul telefilm? Sam rabbrividisce. Ricorda ancora l’ultimo drinking game su Dr. Sexy M.D., anche se sta cercando in tutti i modi di dimenticarlo.
«Ma mi annoio!» sbotta Dean «Non abbiamo niente da uccidere. Capiscimi, Sam!»
«Esatto» continua, tra i denti «Fammi trovare cosa dobbiamo uccidere e come smettendo di importunami»
Dean sbuffa, come un bambino. «Cas, dì qualcosa! Dì lui che ho ragione»
«Dean, io non credo che---» ma Dean lo interrompe, aprendo un'altra lattina con qualcosa come un al diavolo.
5) Di quella volta in cui Castiel sembra giù di morale, quindi Dean prova a tirarlo su
Non sa esattamente perché; o come; o peggio, da quale angolatura Castiel possa sembrare triste. Davvero, non lo sa - però lo capisce. È una cosa che ha imparato a comprendere, perché Dean è sempre stato un buon osservatore, al contrario di quanto sembri, e sa che c’è qualcosa di strano. Non capisce cosa, ma c’è.
Così sbuffa, come se la cosa lo infastidisse anche quando non è così (perché ha un immagine da rispettare), e prende un paio di birre.
Quello è l’unico modo che conosce e che gli sia mai stato insegnato per affrontare i problemi; e condividerlo sembra essere anche più efficace, quindi passa una bottiglia a Castiel e attende.
Non sa cosa, ovviamente. Si limita a sorseggiare e a fissare altrove. Una parte di lui riflette sul quanto sia stupido fermare l’Impala nel mezzo del niente solo perché un angelo ti compare in macchina con il broncio.
«Dean, perché stai bevendo alle dieci di mattina?»
L’altra parte, invece, è semplicemente rassegnata, quindi emette un verso di sufficienza e - da qualche parte nella testa di Dean -, subito dopo avergli ricordato che è un idiota, si gira dall’altra parte e finge di non vedere. È incredibile come la voce dell’altra parte della coscienza di Dean sia così simile a quella di Sam.
Dean alza gli occhi al cielo. Passa la propria birra nella mano sinistra e usa la destra per svitare quella di Castiel.
«Perché mister comparsa miracolosa, qui, ha l’espressione di un cucciolo abbandonato che è stato appena investito da una macchina» commenta «Più volte» aggiunge, fermamente convinto che la macchina abbia poi fatto retromarcia per investirlo di nuovo.
Castiel lo guarda. Apre e chiude la bocca e Dean interpreta il tremore al labbro inferiore come la genesi di una frase che non sarebbe mai arrivata. L’angelo alza le spalle, come se improvvisamente avesse compreso uno dei segreti di Fatima; o come se non avesse compreso affatto, ma fingesse abbastanza bene di averlo fatto.
«Ma» commenta, dopo un sorso, prendendo il giusto tempo per dirlo «Io non sono un cucciolo, Dean» annuisce, alzando le sopracciglia.
A Dean va quasi di traverso la birra «Non letteralmente, diamine» sbotta, strabuzzando gli occhi per un secondo «È un modo di dire».
Castiel inclina le labbra in un sorriso incerto, forse ancora convinto che Dean lo creda un animale.
«Per dire “hey, bello, sembri giù di morale, che diavolo hai?” cercando di farlo sembrare meno gay di quello che in realtà è»
Altro sorso di birra; altra occhiata da parte di Castiel «Sei preoccupato»
«Bingo».
A quel punto, qualcosa in Castiel cambia. Allo stesso modo in cui non sa dire perché l’angelo sembri preoccupato, non sa dire cosa cambi in lui. Sa solo che si agita - sì, una sorta di agitazione, che gli fa spostare il peso da un piede all’altro e per un secondo, solo uno, lo fa sembrare più umano di quanto non sia mai stato. Cristo, pensa, è grave. E se non fosse Cas, penserebbe addirittura che gli stia nascondendo qualcosa. Quasi ride al pensiero perché, sì, andiamo! È Cas.
«Problemi in paradiso» commenta.
E Dean si porta una mano davanti alla bocca, tanto gli sembra stupido quel commento, e si trattiene dal non sputare la birra e scoppiare a ridere; stende le labbra, semi chinato in avanti, e da una pacca sulla spalla a Castiel. Lancia la birra vuota nella borsa frigo e gira le chiavi tra le dita.
Sa che non dovrebbe sembrare così divertente, perché immagina che una guerra civile con un arcangelo sia tutto meno che divertente, ma non può farne a meno.
Per qualche motivo, crede anche che Castiel si sia offeso. Finisce la sua birra - tutta in un sorso - e lo imita nel lanciare via la bottiglia. «Comunque niente che non possa gestire».
Dean sorride, alzando la faccia al cielo, e non sa ancora che Castiel sta mentendo.
0) Di quella volta in cui Castiel è ubriaco, ma c’è qualcosa di sbagliato
Castiel compare senza fare rumore, una busta in una mano e un pugno stretto nell’altro. Dean ci mette qualche secondo per capire di averlo davanti - alza gli occhi dal computer e se lo ritrova semplicemente lì, muto, in attesa. Dean fa un sorriso storto: sa che Castiel potrebbe attendere così per ore; anni, se fosse necessario.
«Giochiamo» dice. Lancia qualcosa dalla mano che ha stretta lungo il fianco - riconosce che è una moneta solo quando la prende al volo. La fissa per qualche secondo, tenendola tra il pollice e l’indice, poi il suo sguardo volge verso la busta, e capisce.
«Giochiamo» asserisce.
Questa volta è Castiel a fare tutto. Dean chiude il portatile e lo mette di lato, guardando le mani dell’angelo posare le bottiglie sul tavolo - una, due, tre, conta - e i denti aprire l’involucro dei bicchieri bianchi e rossi.
Li dispone in fila, e nel farlo sembra che stia osservando un rituale. Così Dean si ritrova a pensare che quello, in qualche modo, è davvero un rituale; o un piccolo altare. Un altare all’alcol.
Qualcosa nella testa di Dean pensa va bene, come se non avesse già detto di sì, lo posso fare. In realtà non ricorda quando è stata l’ultima volta che ha bevuto per ubriacarsi, anche se sente che dovrebbe. L’alcol è stata una componente fondamentale per tanto tempo nella sua vita e sì, beh, almeno questo glielo deve, no? Ma non ricorda. Ha smesso di bere perché necessario da molto tempo.
Poi succede. Dean crede che non dimenticherà mai quello sguardo, quello che Castiel rivolge al niente, come se fosse vuoto dentro. Dura poco. Dura così poco che potrebbe esserselo solo immaginato. E lo spaventa a morte.
Dean deglutisce e scuote la testa. Si passa una mano sulla faccia.
«Iniziamo?» propone.
A conti fatti, non iniziano con le monetine. Castiel versa una, due, tre volte e poi Dean perde il conto, fino a che la prima bottiglia non è andata. È una bevuta silenziosa. Fissa il bicchiere che ha in mano, ancora mezzo pieno, ancora il primo. Per qualche strana ragione, non ha voglia di bere. Osserva Castiel continuare a versare, e versare, e versare, e non l’ha mai visto bere così tanto; mai. Tanto che pensa dio, questa volta si ubriaca davvero, e sorride, perché ha passato tanto tempo a bere con quel tizio e non è mai riuscito a farlo capitolare.
Chissà, forse per far ubriacare un angelo c’è bisogno di farlo tornare indietro dal purgatorio.
«Vacci piano» sussurra. Castiel si ferma per un attimo, le dita strette intorno alla plastica, e fissa una parte apparentemente molto interessante della parete. Si perde, solo per qualche secondo, a contemplare qualcosa di invisibile con lo sguardo opaco, poi sorride e torna a bere.
«Non ho mai capito perché voi umani siate così fissati con questa roba» borbotta, finendo l’altra bottiglia. Dean non credeva neanche che fosse possibile bere così tanto senza rischiare un coma etilico. E lui ha sempre bevuto parecchio. «Ce ne vogliono quantità industriali - industriali - per fare effetto» continua «E poi, alla fine, quando ti manda il cervello in brodo, ti fa solo sentire peggio»
Dean poggia il bicchiere e accenna un sorriso. «Oh, il giorno dopo sicuramente».
Non ha mai immaginato che Castiel ubriaco sarebbe stato così - no, no, nell’idea di Dean Cas ubriaco era divertente e rilassato e capiva le battute; e anche se non le capiva rideva comunque, perché qualsiasi cosa fa ridere se hai nel sangue la giusta quantità di veleno; e, chissà, magati Castiel ubriaco avrebbe cantato davvero e sarebbe risultato stonatissimo, perché se mai esisteva un angelo stonato quello sarebbe stato sicuramente Castiel. E forse, in altri tempi, in altri momenti, forse sarebbe stato esattamente così.
Ma adesso Castiel non è allegro. Adesso lo fissa fitto, mettendolo a disagio, inclinando la testa e buttando giù un altro bicchiere. E Dean capisce cosa c’è di sbagliato - c’è che lo sguardo di Castiel ha dentro tutto ciò che ha distrutto e tutto ciò che ha perso; c’è tutto ciò che non riesce a sistemare. Non sa perché, ma Dean crede di essere lì dentro, da qualche parte.
«Beh, allora alla tua prima sbronza» annuncia, alzando il bicchiere a mo’ di brindisi. E a tutto ciò che si è rotto, aggiunge mentalmente, prima che il calore del liquore gli invada la bocca e cancelli tutto il resto.