Pubblico anche qui una piccola traduzione che ho postato su
Fire&Blade perchè l'autrice (la splendida
Cold_poet) desiderava avere un link diretto alla storia.
E allora eccola qui.
Here you are, Sasha, Mockity Mock Mock translated into Italian. Thank you so much for everything!
DISCLAIMER: Brian Kinney, Justin Taylor e tutti i personaggi del serial Queer as Folk USA sono di proprietà delle casi di produzione Showtime e Showcase, e di chiunque ne detenga i diritti.
La storia vera e propria appartiene alla sua autrice, questa è una traduzione e non ha alcun fine di lucro.
AVVERTIMENTO: questa traduzione contiene un linguaggio da adulti e soprattutto riferimenti espliciti a rapporti di tipo omosessuale. Per questo motivo non è adatta ai minori e a tutti coloro che non condividono.
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Titolo: Mockity Mock Mock (La fiera della presa per il culo)
Autrice:
Cold_poetTraduttrice:
GraceBeta:
LoriRating: PG13
Trama: Il dubbio non era sulla possibilità o meno di essere preso per il culo. Quello sarebbe successo di sicuro. Il dubbio era su quanto a morte sarebbe stato preso per il culo, e da chi.
Avvertimenti: Scene e linguaggio contengono descrizioni e riferimenti espliciti a rapporti di tipo omosessuale. Se non fa per voi, non leggete.
Link: la storia originale potete trovarla
qui, mentre le pagine di Cold_poet sono sul suo account di
Dreamwidth.
Nota della traduttrice:
Ehm… salve. Io sarei quella che “Ahhhhh! Non esiste altro fandom all’infuori di Harry Potter! Ahhhhh! Non esiste altro pairing all’infuori di Harry/Draco! Ahhhhhh! Ripensandoci, ci sarebbe anche il fandom di Merlin! Ahhhhhh! Non si può non perdere la testa per le RPS Colin/Bradley!”
Ecco, quella. Ora, io lo so che qualsiasi cosa dirò potrà essere usata contro di me, ma Queer as Folk è una di quelle cose che devono stare per contratto nella formazione di una slasher, e il fatto che fino ad ora non abbia mai considerato il relativo fandom è stato solo perché, sai la novità, sono monomaniaca. Però potevo mai resistere ad una storia come questa? Non spiffero nulla, che altrimenti rovino la deliziosa, adorabile scemenza del presupposto, ma leggete e poi mettetevi per un attimo nei miei panni… ;-)
In più, a dispetto del fatto che non è nemmeno iscritta su Fire&Blade,
questa storia è INTERAMENTE DEDICATA a
Lauradumb per il suo compleanno! Auguri anche qui, tesoro!
Non sono sicura che tu abbia mai “frequentato” il fandom di Queer as Folk, ma ricordo con una certa… ehm… gioia le icone che avevi realizzato a suo tempo per il pairing Brian/Justin. E l’occasione era troppo ghiotta per non coglierla al volo! ;-)
Un ringraziamento di cuore va come sempre a
Lori, la mia beta adorata, che mi sopporta perfino quando mi lascio traviare da storie improbabili come questa.
E un abbraccio grande a
Nykyo, che è stata preziosissima in più di un punto di questa traduzione, e soprattutto che ha la capacità di farmi ri-innamorare di Brian ogni volta che lo nomina…
A tutti gli altri, come sempre, buona lettura!
Mockity Mock Mock (di Cold_poet)
Il dubbio non era sulla possibilità o meno di essere preso per il culo.
Quello sarebbe successo di sicuro.
Il dubbio era su quanto a morte sarebbe stato preso per il culo, e da chi.
Forse Michael l’avrebbe risparmiato, in fondo c’erano buone possibilità che anche lui, di nascosto, fosse uno dei tanti fan. Emmett, beh… Emmett aveva fatto la pornostar e il cameriere in deshabillé, non è che avesse tanto da sfottere. Ted era un’incognita da cinquanta e cinquanta. La sua vita sembrava un romanzo di serie B e, da ex tossico, forse non era il tipo da prendere per il culo gli altri. Oppure si sarebbe convinto che la sua era la richiesta d’aiuto di un disperato.
Deb. Deb l’avrebbe sfottuto di sicuro. Dolcemente, con amore, ma comunque sfottuto, sfottuto, sfottuto.
Brian.
Già. Da lui prese per il culo infinite.
E poi c’era il problema del suo lavoro. Quella sera doveva essere di turno. E se con quelli di Pittsburgh poteva risolvere il problema delle prese per il culo chiudendo la comunicazione e staccando il telefono, con i suoi colleghi doveva lavorarci e non era ancora riuscito a trovare una buona scusa - che non fosse la pura e semplice verità - per chiedere un cambio di turno. In pratica l’unica cosa che funzionava sempre era “È arrivato Brian”, e visto che il suo vicino di casa era anche un suo collega, sarebbe saltato un po’ all’occhio che era una balla.
In sintesi? Tutta la situazione era un bel casino.
Se avesse potuto tornare indietro nel tempo non ci avrebbe pensato due volte ad impedire al se stesso quattordicenne di entrare in quella libreria con Daph. Anche con la forza bruta, se fosse stato necessario, pur di evitare che, dieci anni dopo, si trovasse costretto a confessare a mezza voce: “Sì, vado alla festa di mezzanotte per l’uscita del settimo libro di Harry Potter. E allora?” Fanculo a quei cazzo di maghi affogati nel sottotesto gay e alle loro cazzo di bacchette che erano la fiera del doppio senso.
E non aveva neanche cominciato a pensare ad un modo per trattenere Brian a Pittsburgh per quel weekend.
* * * * *
E così le due settimane successive erano state tutto un:
“Blablabla, Rage, blablabla, vendite record, blablabla, tutta quella gente impazzita per Harry Potter?”
“Cosa? Oh, sì, non capisco neanch’io. Cosa ci sarà da essere così eccitati?”
“Ma davvero! Figurati che sono venuti un paio di ragazzini a chiedere se potevano pre-ordinare il libro. Ma cazzo, è un negozio di fumetti! Anche se potrei farci un sacco di soldi… devo informarmi su come fare… blablabla…”
E poi ovviamente c’era stato anche:
“Ho avuto SETTE richieste diverse per organizzare delle feste a tema su Harry Potter per il 21! Sette! Certo, non posso farle tutte, ma ne ho accettate un paio e ho assunto un tipo che si occupi di quella per la nipotina di Matilda, tanto quella vecchia stronza non la posso sopportare. E ovviamente ho chiesto un occhio della testa come tariffa, ma sto cercando di leggere tutti i libri per capire l’atmosfera e oh, Justin! Ho così tante idee! È un vero peccato che non sia possibile avere un soffitto che faccia vedere il cielo, non sarebbe assolutamente il massimo?”
“Uh, certo.”
“E devo assolutamente trovare qualcuno che venda delle bacchette! Si potrebbero regalare come ricordo della festa, e poi ci vogliono le tuniche! Tutti devono essere vestiti con una tunica da mago e blablabla…”
E Deb stava organizzando una festa alla tavola calda “perché è importante incoraggiare la gente a leggere, Sunshine! Quindi tutti quelli che compreranno il libro sono invitati a portarselo e a leggerlo qui! Bello, no? Abbiamo anche previsto una versione speciale per il dolce, La Bacchetta di Harry Potter al limone! Ovviamente puoi immaginarti i commenti deliziosi di quello stronzetto di come-lo-chiami, ma chi se ne frega. Cazzi suoi.”
Justin non aveva potuto fare a meno di unirsi alle risate, perché avanti, cos’altro si può fare quando Deb è lanciata come un razzo a quel modo?
Ted invece l’aveva chiamato per confermargli ufficialmente che, grazie alle vendite dei suoi quadri di quell’anno, aveva guadagnato parecchio. “Probabilmente potresti smettere di lavorare in quel ristorante, se vuoi. Con gli investimenti che hai fatto negli ultimi sei mesi sei sistemato abbastanza bene. Se non proprio alla grande.”
Il che non aveva niente a che vedere con Harry Potter, se non che forse Justin poteva semplicemente abbandonare il lavoro, invece di cercare una scusa per cambiare il turno del 20.
E proprio mentre rimuginava su quella possibilità (anche se di fatto il suo lavoro in qualche modo gli piaceva, lo costringeva ad uscire dall’appartamento o dal suo studio, e a stare a contatto con la gente, anche se in genere la gente gli stava sulle palle, soprattutto i clienti, e Angel viveva nell’appartamento accanto al suo, quindi non è che non avrebbe più rivisto i suoi colleghi…) il suo cellulare aveva cominciato a vibrare al punto da minacciare di suicidarsi giù dal tavolo.
Era un sms di Brian.
Come sei messo per il prossimo weekend?
Justin aveva preso un respiro profondo. Cazzo.
Incasinatissimo.
Ecco, era stato bravo. Breve. Semplice. E non una vera e propria balla.
In che senso?
Nel senso che sarò troppo occupato a stare in fila nel bel mezzo della notte per comprare un libro che parla di un maghetto, e poi passerò il resto della suddetta notte a leggere finché non crollerò dal sonno e dormirò per le successive dodici ore. In quel senso.
Nel senso che non mi avanzerà il tempo per fare niente. Neanche per succhiartelo.
Cazzo.
Che era come dire “Mi manchi”, e a quel punto Justin si era sentito proprio a meraviglia, eh.
Mi dispiace.
”Mi dispiace” è una cazzata.
Lo so.
Lo so.
D’accordo, ci faremo venire in mente qualcosa. A dopo.
A dopo.
Merda. Harry Potter del cazzo.
* * * * *
Alla fine non aveva mollato il lavoro. Il fidanzato di Michelle era impegnato con la prima di una qualche commedia e lei si era offerta di prendere il turno del venerdì se lui avesse preso quello del sabato. Brian aveva dovuto volare a Chicago il giovedì per la Brown Athletics e aveva deciso di passare il weekend lì, Michael non era riuscito ad avere una fornitura di libri, ma aveva deciso di restare aperto tutta la notte per tutti quei ragazzetti gay che volevano leggere insieme ai loro amici, ma che erano terrorizzati all’idea di mettere piede alla tavola calda, e Emmett aveva trovato un fabbricante di bacchette in grado di soddisfare un ordine gigante in tempo per l’uscita del libro.
E così Justin si era messo in fila, con una certa trepidazione, in una libreria dall’altra parte della città (non aveva intenzione di correre alcun rischio di essere visto. Ma proprio nessuno) e aveva preso il numerino per comprare il suo libro. L’atmosfera era allegra e rilassata e visto che la maggior parte delle persone in fila insieme a lui erano adulte la conversazione, pur essendo ragazzo-sopravvisuto-centrica, aveva toni piuttosto intellettuali.
Poco dopo mezzanotte, quando i commessi della libreria stavano per cominciare a chiamare il primo gruppo di numeri delle prenotazioni, Justin era andato a tanto così dal farsi venire un infarto. Un braccio energico e abbronzato si era avvolto attorno alla sua vita e l’aveva attirato contro il corpo muscoloso a cui apparteneva.
“Vuoi una caramella, bel bambino?” gli aveva mormorato all’orecchio una voce roca.
Era stato solo grazie a sette anni di familiarità con quel braccio, quel corpo e quella voce se Justin era riuscito a non strillare come una ragazzina o a non usare quel poco di allenamento che aveva acquisito nel suo breve periodo con la Pink Posse. “Porco di quel CAZZO, Brian! Mi hai fatto prendere un colpo!”
Brian si era limitato a sogghignare come il predatore che era, e ad avvicinarsi per rubargli un bacio. A metà strada fra la parte di quel bacio che stava per “Ciao, mi sei mancato” e il momento in cui era diventato troppo indecente per essere in un luogo pubblico, il cervello di Justin era riuscito a riemergere dalla nebbia del desiderio per annunciare ad alta voce: “Aspetta! Brian, ma che cazzo? Voglio dire… ma Chicago? Perché…? E come hai fatto?”
Brian aveva inarcato un sopracciglio con un’espressione più compiaciuta di quanto Justin ritenesse accettabile. “Sono qui perché non mi hanno più fatto un pompino decente dall’ultima volta che sei tornato a Pittsburgh. Sono andato a Chicago, faceva un caldo da morire, era umido e si stava da schifo. È possibile che tu mi sia mancato. E se non volevi essere trovato avresti dovuto fare più attenzione alla carta di credito che hai usato per pre-ordinare il tuo libro.”
Justin non aveva avuto idea di come rispondete. Ma proprio zero al quoto.
Brian aveva continuato a sbandierare la sua espressione soddisfatta per i venti minuti successivi, e cioè il tempo che il cervello di Justin aveva impiegato per elaborare quelle nuove informazioni. E la suddetta espressione si era trasformata in un ghigno condiscendente quando finalmente Justin era riuscito a mettere insieme un paio di processi mentali e a blaterare: “Okay, d’accordo. Ma se hai intenzione di prendermi per il culo puoi anche andartene ora, prima di rischiare di giocarti come minimo il prossimo anno di pompini.”
“Ma dai, Sunshine. Non penserai davvero che sia venuto fin qui solo per prenderti per il culo perché ti piacciono dei libri per bambini che parlano di maghi, eh?” L’espressione clamorosamente falsa di Brian era bastata a dire a Justin che le prese per il culo si sarebbero fermate lì, per il momento. E poi, davvero, era carino sapere che Brian sentiva la sua mancanza a sufficienza da rintracciarlo nel bel mezzo della notte. E a proposito…
“Cosa intendi dire con la carta di credito che ho usato?”
Brian aveva ridacchiato. “È saltato fuori un addebito di una ventina di dollari sulla carta di credito per le emergenze che non è mai stata usata. Ted mi ha avvertito.”
Se ne avesse avuto uno a disposizione, Justin avrebbe sbattuto volentieri la testa contro il piano di un tavolo.
Brian aveva ripreso la sua espressione compiaciuta e aveva cominciato a palpeggiare Justin più o meno di nascosto, mano a mano che la fila progrediva lentamente.
* * * * *
Circa dieci ore più tardi Brian e Justin erano spaparanzati uno addosso all’altro, sul letto enorme che Brian aveva insistito per regalare a Justin per il suo ultimo compleanno, con settecento e rotte pagine di libri davanti al naso.
“Non riesco a credere che tu abbia ordinato una copia anche per te”, aveva borbottato Justin. “Brian Kinney è segretamente fan di Harry Potter, ma tu pensa…” Non aveva ricevuto risposta e aveva continuato a fissarlo finché Brian non aveva alzato gli occhi. “E allora? Sono tutti froci.”
Si erano guardati in silenzio per un momento, poi Justin aveva seppellito il viso contro la spalla di Brian per soffocare la risatina che non era riuscito a trattenere. Brian aveva sospirato e la cosa l’aveva fatto ridacchiare ancora di più.
“E poi il ragazzino che interpreta Harry nei film ha un bel culo.”
Justin aveva smesso di ridere all’istante e l’aveva fulminato con un’occhiataccia. “Brian! Ma avrà… diciassette anni sì e no!”
Brian si era limitato a inarcare le sopracciglia e a restituirgli uno sguardo eloquente.
Justin aveva avuto il buon gusto di arrossire prima di ricominciare a leggere.
~ Fine ~