Titolo: Dodici anni di silenzio
Fandom: DC
LovvoverseBeta:
LindaPersonaggi:
Ibn Al Xu’ffasch,
Allan Wilson,
Jim Kuttler,
Lisa Benni (apparizioni degli
Infinity Inc, dei
Teen Titans e di
Helena Kyle, viene nominato
Brian Locke. Ci sarebbe anche Plasmus, ma è proprio una citazione randomica XD)
Rating: Pg13
Parole: 1.543 (W)
Avvisi: Angst a manetta \O/
Note: Ambientata tra il 2022 e 2030 [
timeline].
- Questa fanfic è stata semplice da scrivere. Nel senso, ho messo le mani sulla tastiera e poche volte ho dovuto fermarmi per riflettere... però. Sapete quando ci metti proprio qualcosa, e questo pesa nella scrittura? Ecco. E' stato "facile", ma non proprio. Mi ha fatto soffrire.
Disclaimer: MIOOOOO. Cioè, non proprio, ma insomma ç_ç no, qui c'è un pezzetto della mia anima baldraccosa, non voglio darne di meriti alla DC ç_ç al massimo li do al lovvoverse, ecco.
Ibn non ha mai chiesto il permesso a nessuno per quella telecamera puntata dritto verso la Titans Tower. L’ha messa lui stesso, cercando la giusta posizione per tenere d’occhio la squadra. Loro certamente lo sanno, perché, oltre ad avere Sylar Stone in squadra, possono vantare diverse collaborazioni con Jim Kuttler.
C’è poi da dire che Ibn non nasconde per nulla la cosa: uno dei monitor che trasmette le immagini da Los Angeles è nella base degli Infinity Inc., in un angolino, sotto alle varie zone controllate.
È durante una riunione noiosa che nota un movimento strano; adocchia senza voglia lo schermo e vede provenire dall’interno della Torre delle luci di un’esplosione. C’è sicuramente un combattimento in atto, ma i Titans se la sanno cavare, alla fine. Ibn si fa prendere dalla discussione, ignora per un po’ il resto del mondo, e solo quando si accorge che sono passate due ore, torna, quasi casualmente, a guardare la Torre.
Non hanno ancora vinto. Questo è strano.
Poi, improvvisamente, la polizia di Los Angeles si mette in contatto con loro.
“Voi, uhm, siete il team affiliato con i Titans, vero? Gli Infinity qualcosa…”
“C’è qualche problema?” chiede Ibn, sperando di arrivare immediatamente al punto. Dietro di lui gli Infinity sono tesi, hanno voglia di muoversi dopo tutto quel parlare e litigare.
“Sì, ci sarebbe Plasmus da affrontare, in realtà. Non abbiamo i mezzi per sedarlo, stiamo cercando di tenerlo sotto controllo però-“
“E non possono pensarci i Teen qualcosa?” fa Jai, seccato più che altro per i meriti non riconosciuti.
“Non riusciamo a contattarli. Di solito nemmeno serve chiamarli, arriva un criminale e sono già lì. Però ora hanno blindato la Torre… e stanno alzando la cupola, mi dicono.”
Ibn dà un’occhiata al monitor. È vero, i Titans si stanno rinchiudendo.
“Saremo lì tra dieci minuti.” Afferma.
Gli ci vuole mezz’ora per sistemare Plasmus, dopo di che contatta Kuttler. Gli Infinity sono già tornati a casa. Ormai è notte fonda.
“Non se ne parla nemmeno.” La voce assonnata di Jim arriva forte e chiara.
“Sono disposto a pagarti, Kuttler.”
“Non è una questione di soldi, Batboy, io con quelli ho degli affari in corso. Mi pagano per non divulgare informazioni. Sai che mi fa Ravager se scopre che non sono stato ai patti?”
“Voglio solo sapere cosa diavolo è successo. Ci sono dei provvedimenti disciplinari da prendere quando una squadra viene meno ai suoi doveri, e-“
“Erano nella merda, Ibn. Ora è finito, ma erano nelle merda, e non potevano combattere quel budino ambulante, va bene? Guarda che non è così grave se ogni tanto pari il culo anche alla brava gente, oltre che agli stronzi.”
E chiude la conversazione. Ibn aggrotta le sopracciglia, poi, sospirando, attiva l’altra linea.
“Hai sentito, Oracolo?”
“Sì, ci sono. Ho tutti i filmati interni di oggi.” Risponde lei: “Ma credo che me l’abbia lasciato fare, sai?”
“Riesci a mandarmi il necessario?”
“Sì, ma… cazzo.”
“Cosa? Un virus?”
“No. No, sono- i video. È roba pesante, questa.” La sente imprecare in italiano, e poi: “Ti mando l’indispensabile, però… Ibn, quando Anonymous ti ha detto quella cosa sul difendere la brava gente…”
“Sarò io a deciderlo.” Termina il discorso, e aspetta che arrivino i file.
Visto il primo, quasi in trance, l’unica cosa che riesce a fare è dirigersi vero la Torre.
La cupola è stata rimossa, ma questo non significa che entrare sia stato semplice. Con i loro sguardi gelidi addosso, poi, è difficile pure restare.
“Cosa diavolo sei venuto a fare, qui?” Brion gli salterebbe volentieri al collo. La maggior parte di loro ha gli occhi rossi, i loro vestiti sono strappati e bruciati in più punti, si stavano medicando. Alcuni tengono lo sguardo fisso per terra, altri invece guardano lui, ed è evidente che hanno appena trovato un pretesto per scaricare la rabbia e la frustrazione.
“Devo vedere Jericho.” Risponde, senza pensarci.
“Ah, certo! Scommetto che hai scoperto tutto, eh, brutto stronzo?! E credi davvero che ti lasceremo andare a far del male al nostro capo?”
Rimane immobile, Slade posa una mano sulla spalla del fratello minore e quello comincia ad imprecare in tedesco. Non che gli altri Titans sembrino pensarla diversamente…
“Lasciatelo passare.”
Si voltano tutti verso Leonor.
Ha le braccia incrociate: “Forse è la volta buona che a mio fratello girano le palle e gli dà quello che si merita.”
I ragazzi vacillano, e Slade rincara la dose: “Lasciatelo passare. Allan è sul tetto, sai come arrivarci.”
Ibn non può fare a meno di pensare che sarebbe bastato un solo gesto di Jericho, perché i Titans obbedissero. Li supera senza dire una parola.
Allan è seduto con le gambe a penzoloni sull’orlo della Torre. Ha lo sguardo perso in alto e una birra in mano.
“Ecco perché erano così infuriati, di sotto. Cominciavo a pensare che stessero organizzando un ammutinamento.”
Loro non lo farebbero mai, per il semplice fatto che lo adorano e gli vogliono bene. Ibn non lo dice, si limita a pensarlo.
Resta fermo sull’uscio per un sacco di tempo. O almeno gli sembra che ne sia passato davvero tanto, prima che si decida ad avanzare, a fare il primo passo - non è abituato con Allan, è sempre lui quello che si avvicina per primo, quello che si espone e fa la mossa più coraggiosa, con una naturalezza da lasciarlo stordito. Ma di certo non può chiedergli tutta quella forza anche in una situazione del genere.
Sposta la maschera dal viso e con passi decisi va a sedersi al suo fianco. Allan beve un altro sorso di birra.
Brian Locke era un ragazzino spaesato e confuso che avevano trovato nel bel mezzo del nulla; con il suo anello creava case invisibili di cui poi dimenticava la locazione, non aveva ricordi del proprio passato e gestiva il proprio potere come se fosse stato parte integrante di lui.
A Ibn non sembrava affatto innocuo.
E gli Infinity non potevano certamente accettare membri dai poteri instabili o imprecisi, né persone dal passato incerto. I Titans sì. I Titans potevano permettersi qualsiasi cosa e qualsiasi capriccio, perché non cercavano di farsi benvolere da nessuno, ma solo di agire nel modo giusto, e dare una casa a quel ragazzo perso era certamente l’azione giusta.
“Piantala, Ibn, non è stata colpa tua.” Sbuffa Allan, ad un certo punto, rompendo il silenzio.
“Nemmeno tua.” Bisbiglia, quasi si vergogni di quel misero tentativo di consolazione.
“Brian era una mia responsabilità,” replica lui, aggrottando le sopracciglia. “Avrei dovuto capirlo e fare qualcosa. Non posso credere che… che fosse impossibile aiutarlo. Ci doveva essere una soluzione.”
“…”
“Non credo nel destino. Si può far in modo che le cose vadano meglio. Soltanto… certe volte è come se tutto venisse trascinato in basso, e io non riesco a fermare questo decadimento, per quanto ci provi.”
La Titans Tower è davvero alta. Ibn scorge l’oceano nerissimo infrangersi sugli scogli, può sentirne la brezza. È quasi vertiginoso.
“È molto alto, qui.” Gli sfugge dalle labbra.
“Vero? Sembra quasi di poter afferrare le stelle.”
Ibn alza la testa per la prima volta, e si rende conto che in quella frase, in quegli occhi puntati al cielo, è racchiusa l’enorme differenza che sempre li dividerà.
“Grazie per essere qui, Ibn.” Sussurra Allan.
Un anno dopo Ibn si allea con Lena Luthor per distruggerlo.
*
È sera tardi e ci sono delle bellissime stelle anche sette anni dopo, a Gotham City.
Da quando Mar’i se n’è andata, Villa Wayne è un luogo ancora più silenzioso e lugubre, ogni centimetro della casa sembra intrappolare tanta di quella oscurità soffocante da rendere invivibile l’abitazione. Helena, tuttavia, tra le ombre si trova bene, scivola silenziosa senza farsi colpire, non cerca di scacciarle o di portare luce: è solo molto brava a schivare il male.
La chiamata di Oracolo è una delle solite chiamate piene di informazioni su Gotham e sull’attuale stato del governo americano.
“Ah, poi c’è un’altra cosa.” Ora la sua voce è molto più matura e convinta, piena di rancore.
“Dimmi.”
“Non so quanto possa importarti, ma forse colpirà Lena, quindi… ti ricordi di Jericho? Allan Wilson?”
Ibn stringe in pugni. Helena al suo fianco percepisce il cambiamento.
“Sì.”
“Hanno trovato oggi il suo cadavere, davanti alla casa che era di… aspetta… ecco, ci abitava la sua bis-nonna, Angela Roth. Non sono ancora riuscita ad avere i dati relativi alla sua autopsia, ma nell’ambiente si parla di una droga… devo cercare informazioni sulla mafia che amministra lo spaccio e Lena? Pensi che potremmo trovare dei collegamenti?”
Dall’altra parte, il silenzio.
Un decadimento che, nonostante ce la metta tutta, non riesco a fermare…
“Ibn?”
… in quanti modi una persona può chiederti aiuto? Quanti modi esistono per dire la frase “Ti supplico, salvami”?
L’uomo scatta in avanti, allontanandosi dal computer, con Helena che lo segue e grida il suo nome. Ibn non si ferma finché non si trova fuori dalla Villa, nel giardino; Helena lo afferra per il braccio cercando di bloccarlo - cercando di capire - e lui urla.
È un urlo liberatorio che fa sobbalzare Helena indietro, è un urlo che lo piega in due e lo lascia inginocchiato sulla ghiaia. È un urlo che quelle fottute stelle sempre così lontane hanno sentito di sicuro, pensa, mentre le prime lacrime gli rigano il volto.
Note finali: Ibn e Allan si conoscevano da dodici anni, da qui il titolo <3