Titolo: Teen Titans
Fandom: DC
LovvoverseBeta:
cialy_girl (meno la parte di Brian, quindi qualunque svarione è mea culpa xD)
Personaggi:
Allan Wilson,
Brian Locke,
Brion Logan,
Leonor Wilson,
Lily Bloomberg,
Richard Tyler Jr.,
Slade Logan,
Sylar Stone,
Zachary Zatara Jr., Nicholand'r. (Nominato: il mondo xD)
Rating: ... pg?
Parole: 1.927 (word)
Note: Dato che i Titans sono la cosa più stupendameravigliosa di tutti gli Universi, secondi solo ai Terror Titans, questa fanfic non riesce a esprire del tutto la loro meravigliosità intrinseca.
* Teen Titans >>>>>>>>>>>>>>> Infinity Inc.
Disconoscimento: I personaggi appartengono alla gente a cui appartengono, io non ci guadagno ma scrivo solo per divertimento \O/
Allan Wilson, “Jericho”
Aiutare le persone era qualcosa che aveva sempre fatto, una sorta di vizio mortale dal quale non riusciva - non voleva - liberarsi, quasi una componente genetica assorbita dai genitori. Quando cominciò a parlare del bisogno che aveva Los Angeles di un gruppo di eroi che combattessero contro l’HIVE, tutti sapevano dove volesse andare a parare.
La proposta formale l’aveva fatta prima di ogni cosa ai suoi genitori e a sua sorella - ricevendo due consensi su tre - ed era riuscito a trascinarsi dietro anche la cugina, innanzitutto.
La scelta degli altri componenti della squadra era stata semplice ma lunga; volevano membri di cui potersi fidare, e quindi amici, ma anche gente addestrata e in grado di essere un valido aiuto per il team. Ed era certo di averli trovati, i Titans giusti, nonostante lo strano giro di raccomandazioni.
C’erano alcuni difetti, il bisogno di migliorare, ma era piacevole tornare a casa e immergersi in quella confusione così confortante e divertente.
Leonor Wilson, “Ravager”
Era abituata, sin da piccola, a seguire suo fratello. Lui la proteggeva, la viziava e la coccolava: questi motivi erano quanto le bastava per considerarlo una sorta di semi-dio sceso in Terra con il compito di farle piacere. Crescendo, lo aveva elevato al ruolo di suo migliore amico, e certamente non si sognava neppure di abbandonarlo a se stesso mentre tentava di creare dal quasi-nulla un gruppo come i Teen Titans. Anche se, a dire il vero, le sue motivazioni per l’entrata nella squadra non erano completamente candide: l’attanagliava la paura che, lontano dalla loro vera famiglia, sommerso dalle indagini, Allan potesse essere trascinato dall’altra parte, ricommettere gli errori che già altri Wilson - e Roth - avevano compiuto.
Suo fratello era una delle persone più buone che conoscesse, ma era pur sempre un demone, e questo la gente lo dimenticava in fretta - lui compreso. Voleva esserci, al suo fianco, per ricordargli la sua natura e il suo dovere di trattenersi. E nonostante Allan le avesse dato, ogni tanto, qualche motivo per dubitare di lui, era felice di essere entrata nei Teen Titans. Perché quando si concedeva di abbassare la guardia, c’era sempre qualcun altro a controllare il loro leader, ad assicurarsi che stesse bene, che si comportasse nel modo giusto, precisamente come succedeva a casa.
Perché, effettivamente, come Allan aveva promesso, erano riusciti a formare una seconda famiglia di cui poter andare orgogliosi.
Slade Logan, “Terrance”
Inizialmente, Tara si era incazzata. Credeva che Allan li stesse prendendo in giro, che fosse una sorta di frecciatina ai danni dei suoi figli. Era bastato il commento del loro padre a farle notare che Allan non era precisamente il tipo, e che, in ogni caso, il figlio di Raven e Jericho aveva ben poco di cui poter discutere, riguardo tradimenti.
«I supereroi a conoscenza del mio passato non vi riterranno mai degni di fiducia, qualunque cosa facciate.» aveva detto, allora, avvisandoli contro quello che sarebbe certamente accaduto.
A Slade questo non piaceva, ed era stata una delle principali ragioni che lo spinsero a dire “sì”. Credeva di poter cancellare gli errori di sua madre, in qualche modo. Invece, entrando nel team, si era reso conto che ci sarebbe sempre stata gente pronta a guardarlo male, e che non gli importava proprio un bel niente. Gli piaceva la squadra e aiutare le persone lo faceva sentir bene, il resto erano un mucchio di dettagli inutili.
Brion Logan, “Beast Boy”
Non avevano ancora fatto in tempo a terminare la domanda che aveva già risposto un sì. Un po’ perché, effettivamente, l’irritazione della mamma aveva un che di divertente, un po’ perché con Slade accanto non percepiva davvero la paura, un po’ perché pensava che ne sarebbe uscito fuori qualcosa di buono - o di estremamente idiota, ma di sicuro sarebbe stato uno spasso.
Era stato lui a fare il nome di Sylar, quando si parlava di costruire la Torre, ed era stato lui a supplicare Allan di portarlo nella squadra - aiutato da Terrance, ovviamente. L’acquisto era stato più che buono, pareva che per ogni cosa bella accaduta ai Titans tutti riuscissero a guadagnarci. E, forse, non era solo per gli scherzi o per suo fratello se si ostinava a restare alla Torre e a pronunciare il nome della sua squadra con un misto di orgoglio e rispetto.
Sylar Stone, “Cyborg”
Aveva acconsentito più che altro per allontanarsi da suo padre e dal destino di sportivo che desiderava per lui. Buttarsi nel lavoro era stato un ottimo rimedio, ed era riuscito, con fatica, a trasformare in realtà un’idea vaga.
Poi aveva visto nascere l’Infinity, con una base grandiosa e bellissima già creata e rifinita, con tutta la fiducia riposta in quel branco di figli di papà e una dose letale di aspettative. Era questa, più o meno, la differenza: loro avevano degli obbiettivi prefissati da raggiungere individualmente, mentre i Teen Titans, sin dall’alba dei tempi, erano una manciata di ragazzini che mirava a capire quale fosse il proprio scopo, il proprio posto. Era evidente che per i primi fondatori non fossero i Titans l’assoluta priorità, mentre chi era venuto subito dopo si era legato in modo quasi nocivo al gruppo.
Si chiedeva se sarebbero finiti come loro, se ad un certo punto ci sarebbe stato uno spacco tra i Titans; e capiva che non sarebbe mai successo, che erano stati scelti anche in base a quel criterio. Per un motivo o per l’altro, avevano bisogno di quella squadra e difficilmente l’avrebbero lasciata, difficilmente avrebbero smesso di considerarla casa.
Richard Tyler, “Second Boy”
Quando sua madre, con un sorriso smagliante, gli aveva fatto notare che, forse, avrebbe dovuto trovare un team in cui entrare per migliorarsi, per imparare il gioco di squadra, per crescere, e che, magari, gli Infinity Inc. potevano essere un buon inizio, Richard aveva pensato che l’incubo fosse appena iniziato. Jesse era capace di arrivare a costringere l’Infinity ad ammetterlo nel gruppo, nel temibile caso che si impuntasse abbastanza. A lui gli Infinity non piacevano: erano sempre seri e con i musi lunghi, sembravano incapaci di divertirsi e completamente estranei alla parola “relax”, per non parlare del fatto che avevano già due velocisti, senza contare i Super. Non aveva nemmeno provato a dirlo, era semplicemente corso via di casa, diretto verso New York alla ricerca di un primo rifiuto. Per fermarsi di botto a metà strada e cambiare completamente direzione.
I Teen Titans stavano combattendo contro una sottospecie di gigante dall’armatura ridicola. Li aiutò senza presentarsi e, quando il bestione cadde per terra, furono loro ad avvicinarsi a Richard, straniti.
«Non è che vi serve un velocista, per caso?» aveva chiesto, col fiatone.
Sua madre lo aspettava con gli occhi luminosi di speranza.
«Allora, com’è andata?»
«Mi hanno preso.» aveva atteso qualche secondo, giusto per lasciare che si godesse l’illusione di avere un figlio decente, giusto il tempo di farla gioire un po’: «I Teen Titans.»
Si era trasferito alla Torre praticamente subito, quasi cacciato di casa da Jesse. E questo, a dirla tutta, lo divertiva da morire.
Brian Locke, “Lanterna Verde”
Glielo aveva chiesto Jericho su due piedi, mentre Ibn lo fissava dalle lenti bianche. Brian in quel momento desiderava più di qualunque altra cosa sapere che emozioni stessero provando, ma loro non lo permettevano.
Non sapeva nemmeno che fossero i Titans, o gli Infinity, e le spiegazioni lo avevano comunque lasciato pieno di punti oscuri. Sentiva con precisione che la risposta da dare sarebbe stata sì (perché quel qualcosa dentro di lui desiderava questo), ma la paura era un forte blocco persino ai desideri di quel qualcosa.
«Ehi, tranquillo!» aveva sorriso il biondo: «Nessuno di noi ti farà del male.»
Di questo ne era certo.
Poi si era ritrovato in fretta immerso tra gente davvero strana e particolare, persone che in poco tempo avevano messo in chiaro un dettaglio da poco: sarebbero stati sempre dalla sua parte, lo avrebbero difeso a qualsiasi costo e il loro affetto non gli sarebbe mai venuto meno.
Certe notti, era questa consapevolezza la più insopportabile di tutte.
Lily Bloomberg, “Kid Devil”
Inizialmente, la proposta l’aveva lasciata un po’ perplessa. Quando Allan venne da lei non avevano niente in mano, c’era solo suo cugino con un bagaglio di promesse e obbiettivi ardui da raggiungere. Lily sapeva che il ragazzo era abbastanza cocciuto da poter continuare anche senza di lei - in realtà, Allan avrebbe fatto di testa sua anche se tutta la famiglia gli si fosse ritorta contro, solo, magari, in tempi più lunghi.
Mentre il proprio padre faceva i salti di gioia, fiero del fatto che sua figlia stesse per diventare un’eroina e addirittura riprendesse il suo nome (roba che aveva deciso lui sul momento), era stata Rose a tranquillizzarla: «Non devi farlo, se non vuoi.» aveva cominciato: «I Teen Titans sono sempre stati una squadra molto in vista, sempre sotto i riflettori, e non solo quelli del pubblico. Ci sarà chi ti rinfaccerà il fatto di essere mia figlia. Ci sarà anche Deathstroke, Lily.» le aveva carezzato una guancia: «E ignora quell’idiota di tuo padre. Se rifiuterai farà solo finta di rimanerci deluso, a lui importa solo di vederti passare del tempo con Zach. Decidi con calma, noi ti sosteremo qualunque cosa vorrai fare.»
Si era presa il tempo di cui aveva bisogno, aveva valutato con cura i pro e i contro.
«Sarò una Titans.» decise, e lo disse prima di tutto ai suoi genitori, godendosi le coccole del padre e quella luce nello sguardo di Rose, che non aveva faticato a classificare come orgoglio.
Zachary Zatara Junior
A parte le belle parole, in effetti, non è che i Teen Titans, in principio, avessero molto da offrire. Non c’era nemmeno una Torre in cui rifugiarsi - Sy la stava solo ipotizzando -, Allan era spietato negli allenamenti e sembrava non esserci alcuna gloria ad attenderli, con gli occhi dei supereroi adulti fissi su di loro, il fatto che venissero continuamente controllati - spiati - peggiorava ulteriormente la situazione non-situazione.
Si era lasciato convincere più che per inerzia, per quanto somigliasse a suo padre, a dire il vero; il mondo dello spettacolo lo interessava fino ad un certo punto, allontanarsi da quello per qualche tempo gli sembrava una buona idea. Non credeva sarebbe stata una cosa duratura - non avrebbe scommesso due penny su quella squadra. Era rimasto un po’ sconvolto dal constatare che, in qualche strano modo, riuscivano a funzionare, e a piacergli.
Nicholand’r, “Wildfire”
Anni passati su Tamaran lo avevano abituato ad un certo tipo di comportamento; non era per niente preparato a quella confusione che erano i Teen Titans. Agli inizi era convinto che sua madre avesse fatto un grave errore, che lasciarlo con loro invece che con la sorella fosse stato un abbaglio. Questa convinzione era durata una settimana circa, poi aveva cominciato a fidarsi dei Titans in modo totale, aveva cominciato a ridere degli scherzi di Beast Boy e a godere della loro compagnia. La prospettiva di tornare sul suo pianeta, improvvisamente, non gli appariva più così rosea. Non aveva più fretta, e riusciva a godersi appieno il tempo sulla Terra.
Il giorno in cui era stato praticamente costretto ad andare a trovare Mar’i, si era sentito incredibilmente a disagio. La grande casa buia, i dipinti alle pareti, i volti gentili ma duri e inflessibili delle persone attorno a lui, quell’oscurità opprimente che sembrava inghiottire tutto: capiva perché sua madre avesse deciso di affidarlo ai Teen Titans. Non c’erano legami di sangue che lo avvicinassero a quelle persone, ma trovava più semplice pensare a loro come alla sua famiglia che figurarsi come famiglia la Bat-family, con quell’oscurità latente nelle loro vite.