[Originale] Mutatis Mutandis

Sep 08, 2009 18:23

Titolo: Mutatis Mutandis
Fandom: Originale
Beta: cialy_girl & izzieanne
Genere: Drammatico
Rating: PG16
Parole: 1.810
Prompt: La vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita! (Forrest Gump)
Avvisi: Linguaggio colorito, death
Note: Questa original partecipa al concorso Dal film alla storia.
- Il titolo (latinoso *sìssì*) significa "cambiate le cose che devono essere cambiate".
- Ci sono un paio di nerdate in questa storia XD spero mi perdonerete XD
Disclaimer: Mio.





Angelo è abituato ad ottenere tutto quello che desidera. È ricco, bello, simpatico - vagamente stronzo, ma è un dettaglio che si dimentica facilmente - bravissimo a scuola, dolce a detta delle ragazze, divertente a detta dei ragazzi.
Spaventoso a detta di qualcun altro, le solite voci di gente invidiosa e incapace di ammettere la propria inferiorità, freddo come il ghiaccio, persone senza un minimo di carattere o talento, esseri che sprecheranno la loro (già di per sé inutile) vita sotto qualche ponte, mezzo sociopatico, la feccia dell’umanità.
Come gli altri curiosi è intento a guardare i medici mentre trasportano la barella, un braccio di Beatrice sta penzolando dal bordo - il lenzuolo lascia vedere solo la sagoma. Matteo De’ Bardi osserva il tutto con il viso completamente bianco, le labbra serrate. Stanno portando via la sua fidanzata, deve essere così dura.
«LASCIATEMI!!!» l’urlo isterico fa voltare gli studenti del collegio verso il corridoio. Due poliziotti stanno cercando di prendere con le buone Maddalena, che piange, strilla e scalcia. «NON SONO STATA IO! NON SONO STATA IO!»
Lo spettacolo non dura molto, in pochi attimi i poliziotti e la ragazza hanno attraversato l’androne, con gli sguardi, i bisbigli e le malignità che li seguono.
Angelo non dice una parola.
Ma c’è chi giurerebbe di avergli visto un sorrisino, in faccia.

*

«Lo sai che sei una bella gnocca, eh, Bea?»
Bea si volta con un sorriso sprezzante verso Angelo; un ciuffo di capelli rossi le finisce davanti agli occhi, lo sposta seccata. Sta camminando per il corridoio del collegio con Maddalena sottobraccio, al solito modo, ridacchiando e sculettando come le puttane che sono.
«E tu lo sai che sei uno stronzo, eh, Angy?»
Angy non risponde. Resta immobile seduto sui gradini, lo sguardo perso altrove - mai su di lei né su Maddalena. «Macché. Sono solo incompreso.»
«’fanculo.» replica, con calma, sempre sorridente.
«Dopo di te.»
Il sorriso si trasforma in una smorfia insofferente: «Non capisco come faccia Matteo a frequentare feccia come te.»
«Già, quel ragazzaccio, sempre a circondarsi di feccia e di troie. Farà una brutta fine, va là!»
Bea schiude le labbra - vuole dire qualcosa di davvero crudele - ma è Maddalena a fermarla: «Lascia perdere, Bea. Andiamo che facciamo tardi alla lezione.»
La ragazza guarda l’amica; lancia un’ultima occhiata di odio verso Angelo e si lascia trascinare via verso l’aula.
Angelo le osserva allontanarsi.
Si sono incontrati a causa di Matteo - se capita qualcosa di disastroso o nocivo a scuola è certamente colpa di Matteo - e devono sopportarsi sempre a causa sua, costretti per qualche insano scherzo del destino a condividere la stessa persona: lei è la fidanzata, lui il futuro socio in affari. Il collegio ospita per di più figli di papà, gente che uscita dalla scuola si scontrerà con il duro e crudele mondo dei dirigenti, coloro che erediteranno aziende, denaro, potere. Un’alleanza tra i De’ Bardi e i Satariel è necessaria ai fini del guadagno generale. Per questo i due si frequentavano, per questo tentavano di piacersi, per questo avevano già tracciato la loro vita in modo che la presenza dell’altro non risultasse fastidiosa.
Poi era arrivata Beatrice.

Come tutte le catastrofi peggiori, venne sottovalutata. L’ennesima ragazza-oca che Matteo amava prendersi dietro, la tipa tettona e senza cervello. Angelo non l’aveva nemmeno osservata attentamente, il giorno del loro primo incontro, quando Matteo con un sorriso da deficiente lo aveva informato di essersi appena fidanzato. Lei pure sorrideva, sinceramente felice di incontrare quello che da tutti veniva additato come migliore amico del suo ragazzo.
«Come ti pare. Giochiamo a basket, domani?»
Con una nota isterica, Bea aveva risposto: «No, dobbiamo uscire io e lui, domani.»
Non ci aveva fatto caso, non aveva capito che gli stava pisciando addosso per segnare il suo territorio. Aveva alzato le sopracciglia e scosso le spalle.
La prima volta non aveva afferrato il concetto, la seconda sì.

Passano tutto il tempo a darsi addosso, cerando di portare Matteo dalla propria parte, sempre evitando di offendere il nemico davanti al ragazzo - entrambi sanno di pesare nella sua vita, entrambi sanno di non potersi permettere un’accusa infondata contro l’altro senza mettere in pericolo la propria relazione con lui. Sarebbe facile trovare un punto d’accordo se solo fossero disposti a trovare un compromesso - ma non lo sono: Angelo odia piegarsi al volere di chicchessia, soprattutto di una tizia inutile che Matteo dimenticherà appena ne troverà una più bella; Beatrice, da parte sua, detesta lasciarsi mettere i piedi in testa ed essere trattata come se fosse una persona inferiore.
E l’inimicizia affondava per bene le sue radici nel terreno fertile, aspettando il momento giusto per germogliare.

Il professore elenca con calma i cognomi degli studenti, Angelo sospira scarabocchiando sul foglio. «L’affare che ha chiuso tuo padre è una merda.» dice ad un certo punto, rivolto al suo compagno di banco.
Matteo scrolla le spalle: «Non so, non ho ancora controllato.»
«Stai scherzando? E per quale ragione?»
Il ragazzo si volta per guardare Beatrice, china su un quaderno.
«Bene, ti fai comandare a bacchetta da una… da Bea.»
«È speciale. Sai, mi sono innamorato.»
«Speciale? Speciale un corno, stai solo cercando scuse. Scommetto che tuo fratello ha già controllato tutti i documenti del caso. Dovrebbe ereditarlo lui, il patrimonio di tuo padre.»
Matteo ridacchia: «Sai, è quello che dice sempre anche Bea.»
Angelo ringhia qualche epiteto poco carino.

Tra i pregi - pochi, a dire il vero - che Matteo può vantare, la puntualità non spicca di certo, ma è raro come una nevicata all’Inferno che faccia aspettare lui più di un quarto d’ora. Matteo sa quanto detesta aspettare senza far niente, il suo odio per i ritardi. Picchietta il piede sulla strada, cercando la figura del ragazzo tra i vari pedoni, ma ancora niente. Sbuffa, chiude gli occhi, quando li riapre davanti a lui c’è Maddalena.
I capelli sono slegati, lunghi, arrivano fino a metà schiena, indossa una minigonna nera, degli stivali, e una camicia azzurra. Se Angelo non prende ad insultarla è solo perché offendere lei equivale ad offendere la sua padrona.
«Ciao, Ma-»
«Matteo e Bea non possono venire. Quindi hanno mandato me.»
Resta in silenzio con un’espressione stupita e irritata sul viso, cercando di comprendere appieno la frase appena uscita da Bocca di Rosa.
Gli errori sono anche troppi. “Matteo e Bea” è il primo, perché Bea non c’entra niente con il pomeriggio che Angelo e Matteo devono passare insieme, “non possono venire” è ancora più inconcepibile, sono ben poche le cose più importanti del ritrovarsi per litigare sui libri contabili e pianificare gli investimenti per i prossimi dieci anni e quel “Hanno mandato me” risulta solo un’ulteriore presa per il culo, perché, come Bea, Maddalena non c’entra proprio niente con l’azienda De’Bardi, di conseguenza non può in alcun modo rivelarsi utile - avesse mandato Filippo, suo fratello, forse…
«Bea sta cercando di farci mettere insieme.» gli chiarisce con un tono di voce seccato Maddalena, accendendo la lampadina spenta e arrugginita che ha il compito di ritornare in vita quando Angelo comprende qualcosa sui sentimenti umani.
«Oh!» esclama, felice della consapevolezza arrivata, ma si incupisce subito, e: «Oh.» afferma, con una vena che comincia a pulsare, sulla fronte.
Per un attimo pensa che non sarebbe una cattiva idea: se Maddalena diventa la sua fidanzata, forse, Bea passerebbe più tempo con lei che con Matteo, giusto per raccontarsi quelle robe che si raccontano le ragazze che sono state in grado di accalappiarsi un altro essere vivente.
Ma sarebbe una cosa che lei gli ha imposto.
«E perché diavolo Matteo la sta lasciando fare?» sbotta, dimenticandosi della presenza di Maddalena. Sorride magnanima, come se si trovasse di fronte ad un bambino.
«Sesso.» dice: «Tutto qui.» si avvicina lentamente, tenendo le mani dietro la schiena, senza guardarlo più. Quando è abbastanza vicino, gli sussurra, all’orecchio: «Non c’è modo migliore per tenere un uomo in pugno.»
Angelo aggrotta le sopracciglia: «Ma perché non va semplicemente a puttane?»
«Questo, angioletto, lo dovresti chiedere direttamente a lui.»
Nonostante il suo scarso interesse per le emozioni umane e, di conseguenza, la sua scarsa conoscenza in quell’ambito, Angelo si rende conto di non poter porre una domanda del genere all’amico, né di voler sapere la risposta.
«Non mi interessa avere un fidanzato.» comincia Maddalena.
«Allora perché sei qui?»
«Per far piacere a Bea. Lei è ricca.» dice, come se questo spieghi tutto: «Ricca e generosa. Con il denaro, sai, si può fare qualunque cosa. Compare oggetti, persone, anime.»
«E l’ancella di Beatrice è in vendita, per caso?»
Maddalena sorride.

Matteo blatera un sacco di scuse inutili che hanno come significato - nemmeno troppo - occulto il “scusa se non sono venuto”. Angelo annuisce in silenzio.
«Farai sempre tutto quello che ti dice?»
«Eh? Cosa?»
«Scala di valori. Dimmi cos’è più importante per te tra: amicizia, amore, lavoro.»
«Li hai messi in ordine alfabetico, che bravo!»
«Rispondi.»
«Non mi dici come è andata con Mad, eh? Ti sei divertito? Perché, sai, su di lei ci sono un sacco di voci, con un nome così…»
«Rispondi.»
«…»
Matteo si volta, si gratta la testa, si schiarisce la voce.
«È meglio di no.»

Beatrice la rivede all’entrata di scuola, con Maddalena. Camminano a passo sicuro, i capelli rossi ondeggiano continuamente.
«Posso sapere cosa cazzo pensi di fare?» le si pianta davanti al naso, l’espressione atona come se le stesse chiedendo che ora è. L’ancella sgattaiola via, abbandonando la sua padrona, lasciandoli soli.
«Stare con il mio fidanzato.»
«Tu non ti rendi conto.»
«No, tu non ti rendi conto. Ci sono cose più importanti del lavoro. Siamo giovani, siamo belli, e ci godremo la nostra vita.» inclina la testa: «Che ti piaccia o no.»
«Non vuoi che Matteo continui la carriera di suo padre, sbaglio?»
«Possiamo vivere di rendita e lasciare il lavoro a chi ne ha bisogno.»
«Che altruismo.»
«Mi viene naturale.»
Lo supera velocemente, senza più considerarlo.

Nella vita, non sai mai quello che può capitarti. Non puoi tenere da conto una Beatrice capace di rovinare il futuro che hai deciso di costruirti, non puoi stare sempre all’erta aspettando che qualche imprevisto distrugga il tuo piano.
Angelo è bravo a falsificare firme, ma quella di Matteo gli viene particolarmente bene. Lascia la scatola di cioccolatini sulla scrivania di Beatrice, e si allontana.

*

Erano avvelenati, tutti quanti tranne uno. Voleva lasciarle la possibilità di una salvezza - o forse prendersi gioco di lei. La colpa è ricaduta su Maddalena perché è così che ha pianificato andassero le cose. Posa una mano sulla spalla di Matteo.
«Non preoccuparti.» Dice. Lui sembra crollare, come se si stesse appoggiando a quella mano.
«È come se…» sussurra: «fossi morto anch’io.» Qualcuno lo porta via, lo allontana per fargli vivere il suo dolore in tranquillità. Angelo esce dalla scuola, la macchina della polizia è parcheggiata lì vicino. Maddalena lo vede e sorride.
Si può comprare qualunque cosa, anche l’innocenza di una persona - o la sua anima.

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