p.e.

Nov 14, 2012 08:56

S'incanta a guardare una foto. E’ il sorriso incerto a ricordarle chi lui sia.
Come se quel ragazzino potesse già percepire ciò che sarebbe stato importante nella sua vita. Caro, pazzo Pier.
Facile immaginarselo sfilando dietro gli striscioni del proprio movimento politico, scandendo slogan via via più rabbiosi. E quando quella rabbia non sarebbe più bastata, ad impugnare un’arma con la stessa serietà, per darsi e dare un senso.
Irriducibile anche dopo, quando pentimento e delazione sembravano la strada più veloce per farsi assolvere dalle proprie colpe. Lui, no.
Convinto che, se ci fosse stato un Dio, di una qualche giustizia, pretendesse questo , alla fine: la coerenza. Anche agli occhi di quel mondo che aveva inutilmente cercato di sconvolgere se non cambiare.
E che i conti con la propria coscienza era giusto se li facesse da solo, nel buio della cella dove ogni sera , da anni, rientrava a dormire. Senza sconti né giustificazionismi.
Scuote la testa, ricordando quanto l’invidiasse durante gli anni del liceo. Figlio di un industrialotto di mobili della città, era uno dei pochi a potersi permettere l’ultimo disco o libro, e viaggi. E con la stessa facilità, vestiti firmati se solo c’avesse tenuto. Inutile dire che tutte ragazze avrebbero fatto follie per lui.
“Pazzo e illuso”, si dice facendo rotolare la castagna rinsecchita, ricordo di un momento svaporato via, con una leggera spinta nella parte opposta della scatola.
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