Chi: Matt, Mohinder
Dove: Boston, Centro Analisi
Cosa: Matt è finalmente pronto a rivedere Molly. Ma Mohinder non ne è così sicuro.
Quando: Giovedì 15 Settembre 2011
Stato:
Finito. (
'Sono Matt Parkman' disse, quasi aspettandosi di essere riconosciuto. )
Le scarpe di pelle usurata che portava ai piedi non produssero alcun rumore neanche una volta raggiunto il pianerottolo. Gli occhi dell'indiano saettarono in direzione del viso del poliziotto in borghese che aveva di fronte: dopo tanto tempo, rivedere quel volto sembrò riempire i vuoti che, nella sua memoria, sostituivano piccoli particolari dell'espressione di Matt : un sorriso sghembo, un'alzata di sopracciglia. Come un fulmine a ciel sereno, gli bastò per ricordare ogni cosa - mai dimenticata, solo ... assopita -.
"Matt." Esordì a mò di saluto senza aggiungere altro, educatamente, non tanto quanto fece nella sua testa.
Certo che sei insistente, eh?
Neanche finì di formulare mentalmente quelle quattro parole irritate che ricordò l'abilità dell'altro di leggere il pensiero altrui, lo stretto necessario perchè si ritrovasse a dover pensare in hindi per garantirsi un minimo di privacy. Cercò di assumere la posizione più rilassata possibile, mani affondate nelle tasche dei pantaloni e peso spostato sulla gamba sinistra, ogni muscolo segretamente teso e tirato.
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"Mohinder."
Certo che sei insistente, eh?
Più per abitudine che per altro, si ritrovò a ricevere il pensiero dello scienziato, così come quello successivo che gli fu comunque incomprensibile. A Matt scappò un sorriso tirato: Mohinder aveva preso le sue precauzioni.
Avrebbe voluto dirgli di non preoccuparsi, che ora il suo potere lo poteva controllare e che quindi non si sarebbe infiltrato nella sua mente senza il suo permesso, ma si rendeva perfettamente conto che Mohinder non aveva alcuna ragione per credergli. Tanto più che se lo avesse detto, avrebbe ammesso di aver letto almeno il primo, di pensiero.
Così si limitò a non dire niente e lo osservò.
Se da lontano gli era sembrato tale e quale a quando si erano visti l'ultima volta, ora che lo aveva a pochi metri si rendeva conto di quanto, invece, quei quattro anni scarsi lo avevano cambiato.
Il viso leggermente segnato, gli occhi velati di una consapevolezza nuova, datagli da quanto accaduto negli ultimi tempi. Sembrava un ragazzo cresciuto troppo in fretta.
Perchè non mi sono mai accorto di quanto fosse giovane? si ritrovò a domandarsi.
Si riscosse presto da quei pensieri, però: era venuto per parlare con Mohinder, e stare lì impalato a fissarlo certo non avrebbe migliorato di molto la sua posizione.
"Vorrei parlarti, se hai un minuto da dedicarmi" disse, cercando di non suonare categorico nè disperato.
"Riguardo a Molly" aggiunse.
Era giunto il momento di fare i conti con il passato.
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Non se ne era accorto, oppure il suo inconscio era riuscito nella sua silenziosa opera di occultamento? Per tutto quel tempo Matt era rimasto relegato in un cantuccio della sua mente perchè essa stessa non ne fosse ferita, ed era tornato a galla solo in sprazzi di coscienza, nei momenti in cui si ritrovava a pensare al futuro e alla crescita di Molly, e qualche volta al suo, di futuro.
Tuttavia, ora non c'era più bisogno di ricordare : quello che spesso era stato solo una proiezione della sua immaginazione ora era lì, reale e concreto, a sbattergli in faccia la sua esistenza con un cipiglio che Mohinder trovava irritante, come se quel poliziotto sovrappeso sapesse di essere di disturbo e, nonostante ciò, proseguisse imperterrito nell'arrecare fastidio con qualunque cosa dovesse dirgli.
La sua voce. Quasi sobbalzò nel sentirlo parlare; le parole gli arrivarono all'orecchio con la veemenza di uno schiaffo, che ti lascia una guancia rossa e un fastidioso quanto durevole pizzicorìo, sia perchè aveva quasi dimenticato quel tono basso e deciso - o, forse, avrebbe voluto -, sia perchè quella frase spezzata e incerta sapeva di pretese e di richieste. Mohinder non sarebbe stato disposto ad accordargli nessuna delle due cose.
"Certo", si limitò a rispondergli, ascoltando la sua stessa voce suonare stranamente cordiale. "C'è un bistrot all'angolo del marciapiede. Non credo che questo sia il luogo migliore per una chiacchierata."
Perchè sarebbe stato solo questo : una chiacchierata. Educata, contenuta, durante la quale avrebbe ascoltato Matt e avrebbe, a scelta, scosso la testa con moderazione o annuito con rinnovata fiducia.
E mentre accennava i primi passi verso il grosso portone in ottone, si ritrovò a chiedersi perchè la seconda opzione lo spaventasse così tanto.
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Fu fortemente tentato di scandagliare la mente di Mohinder per scoprire quale fosse stata effettivamente la sua reazione al loro incontro, e se avesse speso un momento a scandagliare la propria, di mente, si sarebbe scoperto più interessato a quello che l'altro pensava di lui piuttosto che di tutta la faccenda. Alla fine riuscì a controllarsi sufficientemente per evitarlo, anche perchè, comunque, se Mohinder continuava a pensare in hindi non ci avrebbe capito nulla lo stesso.
"Allora, uhm, come vanno le cose? Molly...Molly come sta?" domandò quindi, mentre gli camminava -arrancava- accanto. Cielo, ma perchè Mohinder doveva avere gambe tanto lunghe?!
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Era sempre stato così? Così difficile porre un passo davanti all'altro, tentare di seguire una linea retta e di non apparire come un ubriacone all'oscuro di dove si trovasse e di chi fosse? In più, trovarsi a strusciare gomito contro gomito nelle porzioni di marciapiede più gremite di persone aveva un che di irritante.
Era già la seconda volta della giornata in cui si ritrovava a riprendersi da quello stato di torpore dato dal troppo pensare, e di nuovo fu Matt a tirarlo fuori dalla massa di pensieri in hindi che gli affollava la mente.
Captò, nella prima domanda dell'altro, una percentuale d'interesse del 4%. Decise dunque di aggirarla con sapiente noncuranza, anche perchè rispondere sarebbe stato più difficile di quanto potesse sembrare, e formulò a mente qualche frase sensata prima di darle voce.
"Molly sta bene", esordì con un tono alla e-non-potrebbe-essere-altrimenti-,-d'altronde. Posato, non troppo distaccato nè sprezzante. "A scuola i suoi voti sono stabili, da quando ha cominciato le medie sembra serena ed è anche riuscita a farsi degli amici." Sorrise orgoglioso, ma tentò anche di darsi un contegno non eccessivamente partecipe: sapeva quanto Matt fosse affezionato alla bambina, e reputava che quattro anni di lontananza non dovessero avergli giovato, nonostante ci fosse più di un buon motivo perchè le cose fossero andate così.
"Tu? Come stai?"
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"E tu? Come stai?"
Sul suo volto si dipinse un sincero stupore. Mohinder si stava interessando a lui? O si trattava di una semplice domanda di cortesia? Matt sentì un pizzicorino alla bocca dello stomaco, che si sforzò di ignorare, e decise di fingere che Mohinder si stesse informando per pura educazione. Non osava pensare alle implicazioni dell'altra ipotesi.
"Sto bene" rispose quindi, stringendosi nelle spalle. "Non so se mi crederai, e non saprei biasimarti se non lo facessi, ma sto bene. Mi sento bene. Ho tagliato i ponti con tutto il mio passato, e l'unica cosa che mi resta, ora, è Molly."
Fece una pausa, incerto, e poi decise che per strada o in un caffè non avrebbe fatto molta differenza. Prese un respiro profondo e poi lo disse.
"Sono tornato per restare, Mohinder. Per tornare a far parte della sua vita."
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La risposta di Matt servì a ridonargli un briciolo di controllo, che tuttavia sarebbe durato poco. Sentirlo esordire con voce tranquilla in qualche modo lo alleggerì di un peso che non riusciva a riconoscere, che non vedeva e che dunque non sentiva suo, ma che era lì, radicato in lui più di ogni altra emozione di cui pur aveva coscienza; sentirlo continuare e concludere con decisione bastò a bloccarlo nel bel mezzo del marciapiede, gli occhi scuri prima fissi sul selciato, poi sul volto di Matt, le nocche delle mani pallide nonostante l'incarnato scuro dell'indiano.
"Davvero", si lasciò sfuggire, con un tocco di sarcasmo. Non riuscì ad impedirsi di curvare un lembo delle labbra sottili verso l'alto. "E cos'è cambiato, in quattro anni, da rendere concreta una possibilità simile?"
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La proteggerò, diceva quello sguardo. Non ti permetterò di farle, di farci ancora del male.
E gli occhi di Mohinder erano così espressivi che Matt non era sicuro di aver avuto bisogno del suo potere per leggervi quel pensiero.
Tuttavia non poteva vacillare. La posta in gioco era troppo alta.
"Io, sono cambiato" rispose quindi. "Ho passato gli ultimi anni a conoscere l'altro lato di me stesso, a capirlo, a controllarlo invece di temerlo. E se l'ho fatto è stato solo perchè non voglio mai più vedere sul viso di Molly quell'espressione terrorizzata quando mi guarda. Credo" la sua voce tremò, e Matt si passò una mano sulla fronte "Credo che se dovesse di nuovo sottrarsi al mio abbraccio come fece quella notte, non potrei sopportarlo."
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Di contro, lo scienziato impiegò tutte le forze di cui disponeva al fine di metter su la più sicura delle espressioni, sopracciglia corrugate e zigomi sollevati e narici leggermente dilatate, in uno strenuo tentativo di contenere tutto quello che premeva disperato contro le pareti della sua testa per poterne uscire, trasportato dalla sua voce. Tuttavia i suoi sforzi vacillarono più volte, durante la breve risposta di Matt. Quanto arrivò all'orecchio dello scienziato, confuso tra le parole dell'uomo, fu soprattutto un disperato bisogno.
Ma sapeva, ne era certo, che Molly aveva bisogno di lui più di quanto Matt avesse bisogno della bambina. Nella fattispecie, aveva bisogno di protezione, e non sarebbe stata la sua disperazione - si stupì di quanto male potesse suonare quella parola - a fargli cambiare idea. Sapeva che quella era la verità, e non stupido orgoglio paterno.
"Forse avresti dovuto soppesare le conseguenze prima che si verificassero. Forse avresti dovuto pensare prima a quanto avrebbe fatto male a Molly, piuttosto che a te, sottrarsi al tuo abbraccio come fece quella notte. Temo che sia troppo tardi, ormai."
Avvertì un'acuta fitta al petto, distinta e reale come se qualcuno gli stesse conficcando un cacciavite in pieno cuore. E man mano che gli avvenimenti che li avevano portati ad un simile punto di rottura gli tornavano alla mente, la sgradevole sensazione non faceva che aumentare.
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