Invisible Stalker.

Oct 18, 2007 16:53

Chi: Claude, Nathan
Dove: New York
Cosa: Le persone non sono mai quello che mostrano di essere. Ma Claude non crede molto a questa teoria. Così non può fare altro che seguire Nathan Petrelli.
Quando: Venerdì 23 Settembre 2011
Stato: Finito

Stava seguendo Nathan Petrelli da dieci giorni. )

claude, nathan

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nate_petrelli October 19 2007, 15:45:36 UTC
Continuò a sorridere debolmente anche dopo che Monty e Simon furono rientrati in casa e la macchina fu partita, poi il sorriso si affievolì e gli morì sulle labbra.
Appoggiò la nuca sul poggiatesta e si passò una mano sul viso. Non voleva deludere i suoi figli, ma a volte... a volte era semplicemente troppo complicato. Loro non potevano rendersi conto di quel che significava una candidatura alle presidenziali, e anche se Heidi lo appoggiava e lo sosteneva - lo faceva sempre, senza esitazione - Nathan sapeva che per loro non era altrettanto facile.
I suoi figli avrebbero dovuto essere la sua priorità assoluta. E prima o poi Nathan era certo che tutta questa assurda situazione gli avrebbe presentato il conto.

Prese il cellulare dalla tasca interna della giacca e compose il numero della sua segretaria.

"Emily? Sto venendo in ufficio. Mi ricordi i miei impegni per il pomeriggio, per favore?"

Rimase in ascolto per qualche minuto, mentre la sua segretaria snocciolava un elenco abnorme di eventi concatenati l'uno all'altro con minime pause di decine di minuti concessigli per riprendere fiato. Alcuni erano addirittura sovrapposti. Nathan si chiese quale fosse il mistero recondito della politica americana, quello che permetteva a un senatore di essere in due posti contemporaneamente, a presenziare contemporaneamente due eventi ufficiali che si svolgevano in due luoghi distanti tra loro.
La mano libera vagò verso lo sportellino dove teneva la bottiglia, ma lo sfiorò senza aprirlo.
Non erano neppure le otto.

"Non è possibile saltare il meeting delle diciotto con il senatore Patterson?" Ascoltò la risposta. "No, certo. Certo. Ma potrei avvisare che arriverò in ritardo di mezz'ora per motivi di..." Sospirò. "Naturalmente. Avrei dovuto pensarci. Va bene, grazie. Arrivo tra un quarto d'ora circa. Puoi farmi trovare una copia di quel disegno di legge...? Vorrei cominciare a leggerlo appena arrivo. Grazie."

Richiuse il cellulare e lo rimise in tasca. Se ci fosse stato lì Peter, gli avrebbe detto che era un idiota e che i suoi figli erano più importanti di qualsiasi cazzo di poltrona e che doveva buttare tutto all'aria e al diavolo il Congresso, quei bambini avevano bisogno di un padre, non di un Presidente.
Avrebbe voluto che fosse lì, per sentirglielo dire. Per sentirsi dire in faccia che era il padre peggiore della Terra e che i suoi figli l'avrebbero odiato per tutta la vita. Forse così avrebbe trovato il modo di reagire, in qualche maniera.

Aprì lo sportellino, contemplando per qualche momento la bottiglia piena per metà, poi lo richiuse di scatto.

"Cristo Santo, sto diventando un alcolizzato" mormorò, appoggiando la fronte contro il finestrino.

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pidgeon_claude October 20 2007, 21:06:27 UTC
Quando sentì Nathan parlare al telefono con la sua segretaria -gran bella segretaria, tra parentesi- sbuffò e si accoccolò più disordinato sul sedile. Aveva chiesto di elencargli gli impegni della giornata. Sarebbe stato fortunato se l'elenco sarebbe finito di lì a due ore.
Quell'uomo non aveva alcun ritegno.
Un impegno sopra all'altro, nemmeno il tempo di andare al cesso o di passare del tempo con i suoi figli.
E quella sera si sarebbe sicuramente dimenticato di chiedere al piccolo marmocchio con il nome che iniziava per S -Silem, Sake, Sean, no, forse non iniziava nemmeno per S- com'era andata la sua partita di baseball.
Se Claude fosse stato uno dei figli di Nathan, e ringraziava se stesso per essere stato abbastanza intelligente da non nascere con i suoi geni, lo avrebbe preso a pugni in faccia.
Diamine, lo avrebbe preso a pugni in faccia anche non essendo suo figlio!

Lo vide far scorrere la mano sullo sportellino delle bibite. Lo faceva spesso durante i tragitti in macchina. Molto più spesso lo apriva e ne estraeva il contenuto.

Ma certo, Nathan Petrelli è diverso dalle altre persone. Lui è una persona generosa. Si occupa di far star meglio gli altri.
Certo.

Se il presidente americano è il capo del mondo libero, io mi chiedo, chiunque fa parte del mondo libero non dovrebbe poter scegliere il presidente americano?
Claude, in quel caso, avrebbe sicuramente votato per se stesso.
Almeno lui non era un alcolizzato.
E avrebbe sfruttato il suo ufficio in modi molto più interessanti di Nathan.
Anche se un Whisky ogni tanto...

Sbadigliò senza mettersi la mano davanti alla bocca e tirò un altro calcio sul sedile dell'autista, giusto per vederlo ingoiare infastidito l'insulto che, se non fosse stato un suo dipendente, avrebbe sicuramente diretto a Nathan.

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nate_petrelli October 20 2007, 23:33:08 UTC
A volte aveva l'impressione di essere seguito e spiato. Non che ci fosse da meravigliarsi - nella sua posizione, Nathan si sarebbe stupito del contrario - ma a volte la sensazione era semplicemente troppo forte, troppo vicina. C'erano momenti in cui avrebbe giurato di sentire il respiro di un'altra persona accanto a sé, rumori improvvisi che non avevano una fonte, a volte più semplicemente la presenza di qualcuno che viveva e si muoveva intorno a lui.
A volte la sensazione era così intensa che si ritrovava ad allungare una mano nel vuoto per controllare che davvero non ci fosse nessuno. (Un paio di volte gli era sembrato di toccare qualcosa, ma era anche stato ubriaco. Non molto. Solo un po'.)

Stavolta non era ubriaco, e sì, aveva dormito male, ma era sicuro di essere perfettamente lucido. E quel rumore non se l'era sognato.

La vita era sempre complicata, ma tutto sommato ordinata, prima che cominciasse tutta la storia assurda dei poteri. (Gli fossero toccati dei poteri utili, poi. Nathan avrebbe volentieri fatto a cambio con quella ragazza che riusciva a leggere mille pagine in mezz'ora.) Al tempo, quando qualcosa non tornava, Nathan non avrebbe mai pensato di dover mettere anche l'abbattimento delle leggi della fisica nel conto delle probabilità.
Allungò una mano verso il sedile opposto, ma nel pugno strinse solo aria.

La ritrasse lentamente, vuota.

Un quarto di bicchiere, decise. Solo per schiarirsi le idee.

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pidgeon_claude October 21 2007, 00:02:00 UTC
Gli venne quasi un colpo quando Nathan tese il braccio verso di lui. Non era la prima volta che lo faceva, già altre volte aveva provato ad afferrarlo e un paio di volte era riuscito a sfiorare il suo cappotto. Ma era quasi sempre stato ubriaco. Quindi probabilmente pensava che fosse colpa dell'alcool. E tanti ringraziamenti alla sanità mentale.
Si appiattì contro lo sportello sinistro sperando che la mano di Nathan non gli si avvicinasse troppo. D'accordo che era stato a stretto contatto con lui per più di una settimana, ma per i palpeggiamenti era ancora troppo presto.

La scampò per poco. Sentì il cellulare di Nathan suonare nella sua tasca interna e lasciò andare il respiro trattenuto, chiudendo gli occhi.
Lo sentì rispondere e ascoltare quello che gli veniva detto dall'interlocutore dall'altra parte del telefono.
Non ci fece molto caso all'inizio, un'altra noiosissima telefonata di lavoro. O forse un'altra noiosissima telefonata di famiglia.
Fino a quando il discorso non iniziò a farsi più interessante.

Riaprendo gli occhi Claude si sporse verso Nathan, quasi respirandogli sul collo, per riuscire ad ascoltare meglio il tutto.

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nate_petrelli October 22 2007, 21:58:35 UTC
Il cellulare squillò prima che Nathan avesse il tempo di tirare la bottiglia fuori dallo sportello, e gli passò in mente che forse - forse - il Cielo non era favorevole all'idea di lasciarlo bere, quella mattina. Il pensiero stranamente gli fece passare la voglia. Richiuse il vano, nella speranza che non gli tornasse il desiderio di aprirlo prima di arrivare in ufficio - non che non avesse qualcosa anche lì, ma comunque - e recuperò nuovamente il cellulare dalla tasca della giacca.

Suresh M.

Suresh non lo chiamava mai sul cellulare. Solitamente comunicavano, se c'era da comunicare, via fax o e-mail o per interposta persona. Il cellulare era riservato alle emergenze, e se c'era una cosa che Nathan odiava al mondo erano le emergenze di Mohinder Suresh.
Non che fosse colpa sua - il suo lavoro Suresh lo svolgeva nel migliore dei modi. Ma a volte le emergenze, gli imprevisti, erano semplicemente inevitabili. E in questo campo le conseguenze erano quasi sempre troppo gravi perché Suresh potesse sbrigarsela da solo.

"Sì? Sì, sono io. L'intero impianto elettrico?... Ci sono feriti? Dio. Sì... sì, va bene. Hai già chiamato qualcuno per cercare di riparare il guasto?... Va bene. L'importante è che non ci siano feriti gravi, ora... Scappato?" Nathan alzò lo sguardo al tetto della limousine, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Quando riprese a parlare la voce era più pacata, ma l'inflessione non più cortese di prima. "Suresh. Tu ti rendi conto...?" La voce si ridusse ancora di tono. "Non possiamo permettere che uno di loro vada in giro da solo in stato confusionale. Con un potere del genere potrebbe fare del male a qualcuno." Pausa. "Prendo il primo volo disponibile. Cerco di essere lì in mattinata. Voi mandate qualcuno a cercarlo."

Richiuse il cellulare. "Cambio di programma" disse all'autista, dopo aver schiacciato il comando che tirava giù il separè grigio fumo. "Andiamo all'aeroporto."
E si trattenne, per dignità personale, dall'aggiungere: Di volata.

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pidgeon_claude October 22 2007, 22:15:08 UTC
Forse era stato il tono con cui Nathan aveva detto quelle parole. Il modo in cui sembrava preoccupato ma allo stesso tempo infastidito e irritato.
Claude ascoltò ancora per qualche istante, ma alla parola potere strinse i denti e fece scattare il capo lateralmente.
Prima di riuscire a reagire, però, Nathan aveva già abbassato il vetro che lo separava dai sedili di guida.
Prese qualche secondo per pensare.
Magari era tutto un malinteso. Poteva essere il crollo di un edificio di sanità mentale. Non era mai bello lasciare libero uno psicopatico. No. Per nulla.
Ma c'era sempre quella parola che non quadrava.
E...
No, era assurda l'idea che la Compagnia fosse stata ricostruita.
O forse non così tanto assurda.

Sentì Nathan dire all'autista di cambiare direzione. Verso l'aeroporto.
Sarebbe stato molto semplice salire su un aereo con lui e seguirlo fin dove diavolo stava andando e vedere cosa c'era di così tanto grave.
Ma Claude non era mai stato un tipo riflessivo. Né tantomeno si era mai tenuto qualcosa dentro per più di cinque minuti.

Aspettò che Nathan risollevasse il vetro separatore, poi si mosse agilmente e, tutto grazie alla sua invisibilità, portò una mano al collo di Nathan, salendo a cavalcioni sopra di lui.
Strinse appena la presa sul suo collo e le gambe attorno alle sue. Non che Nathan si fosse ancora mosso, comunque. Era effettivamente troppo complicato capire cos'era quella sensazione di peso sopra di sè e di soffocamento per riuscire a collegarlo a una persona.
Ma quando Claude decise, per la prima volta in quelli che gli sembravano millenni, di rendersi visibile, vide gli occhi di Nathan aprirsi lievemente di più.

«Ora ti chiederò una sola cosa. E prega di rispondere in fretta se non vuoi finire soffocato e poi buttato fuori dalla tua preziosa macchinona nera da presidente.»
Non aspettò una risposta. La voce era bassa e parlava a denti stretti. Il naso arricciato e la fronte aggrottata.
«Hai appena parlato al telefono con qualcuno che è a capo di un'organizzazione che cattura persone con dei poteri e le rinchiude in un qualsiasi posto nel buco del culo del mondo?»

Non lasciò tuttavia la stretta, anche se Nathan aveva iniziato a cercare di staccarselo di dosso.
Gli tenne ferma una spalla con la mano libera, mentre l'altra continuava a stringere sulla sua gola.
Non si chiedeva minimamente come Nathan avrebbe potuto rispondere se non aveva fiato.
Non gli importava.
Se ci teneva alla sua sanità avrebbe trovato un modo. E anche velocemente.

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nate_petrelli October 23 2007, 10:38:38 UTC
Ebbe solo il tempo di domandarsi cosa fosse quel fruscio alla sua sinistra quando la sensazione cominciò. La sua mente processò tutte le informazioni in meno di un secondo: il peso sulle gambe, la stretta intorno al collo, il senso di soffocamento. Anche se a volte poteva sorgergli qualche dubbio, Nathan sapeva di non essere pazzo. E fu per questo che quando si portò le mani alla gola per liberarla da qualsiasi cosa la opprimesse, e sentì sotto i palmi un'altra mano, calda e invisibile ma Cristo, incredibilmente solida, la sua mente gli presentò il conto di tutte le piccole, ininfluenti stranezze degli ultimi giorni - e in un attimo tutto fu chiaro come non lo era mai stato.

L'uomo sopra di lui aveva gli occhi grigi e la barba incolta e il viso contratto in una smorfia di rabbia atroce, eppure quello che gli ringhiò in faccia sembrò a Nathan, nonostante tutto, perfettamente razionale. La mano continuò a stringerlo saldamente a dispetto dei tentativi di Nathan di liberarsi, e Nathan sentì un ansimo strozzato salirgli dalla gola alle labbra mentre rantolava in cerca di aria.

... organizzazione ... poteri... buco del culo del mondo?

"N-no... non... lascia... mi" boccheggiò, vicino al parossismo, cercando inutilmente di respirare - e al tempo stesso di allungare una mano verso il bottone dell'allarme.

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pidgeon_claude October 23 2007, 13:06:31 UTC
Quando lo vide allungare il braccio guardò la direzione verso cui stava andando e vide il bottone d'allarme.
I politici non sapevano mai cavarsela da soli. A volte a Claude sembrava che avessero bisogno di qualcuno anche per pulirsi il culo.
Pagando, ovviamente.
Dopo averlo sentito boccheggiare per un po' -soddisfazione personale-, lasciò la presa sulla sua gola per portare velocemente la mano, ora libera, a stringere il suo braccio.
«La promessa è sempre valida. Non sfidarmi. Sto aspettando una risposta. E vorrei che arrivasse diciamo... Prima di adesso.» Disse avvicinando il viso a quello del politico.
Non sarebbe stato difficile svignarsela e lasciare Nathan lì, da solo, a cercare di rimettere insieme ciò che era successo. Ma non se ne sarebbe andato senza risposte.
Soprattutto ora che quell'uomo conosceva il suo viso.

Era tutto abbastanza divertente, comunque. Tutte le persone nascondono qualcosa e tutti temono il momento in cui quel qualcosa verrà scoperto da qualcuno.
Vedere l'espressione di Nathan in quel momento faceva concorrenza allo spot di quella carta di credito.
Com'è che faceva?
Seguire il fratello di una persona che ha assorbito il tuo potere: una rottura di palle mostruosa.
Pedinarlo ovunque per più di dieci giorni: ancora più noioso.
Cercare di soffocarlo nella sua macchina non ha prezzo.
Sì. Se le cose si fossero sistemate, un giorno, avrebbe potuto proporsi come consulente pubblicitario.

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nate_petrelli October 26 2007, 23:41:49 UTC
Nathan tossì e si portò una mano alla gola, massaggiandola mentre riprendeva fiato. C'era qualcosa (più di qualcosa) di pazzesco in tutta questa situazione, ma aveva visto troppe cose pazzesche negli ultimi anni per stupirsi veramente che un uomo gli fosse comparso addosso dal nulla.
La prima cosa che si chiese fu da quanto lo stesse spiando, e quanto avesse sentito. La seconda, se sapesse di Claire. La terza, se l'uomo l'avrebbe ammazzato prima di arrivare all'aeroporto.
O se qualcuno avrebbe ammazzato lui, prima di arrivare all'aeroporto.

"Chi diavolo sei? Che vuoi da me?"

E in parte era confusione, in parte la sua mente che con l'ossigeno aveva ripreso a lavorare velocemente. Doveva prendere un po' di tempo. Tenerlo buono, almeno per qualche minuto.
A occhio e croce non poteva essere molto più forte di lui. Non sembrava neanche molto più robusto. E anche se al momento aveva il vantaggio di stare seduto sulle sue gambe e tenerlo inchiodato al sedile, Nathan Petrelli aveva pur sempre fatto la guerra, cazzo.

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pidgeon_claude October 29 2007, 12:30:13 UTC
Sbuffò pesantemente quando lo vide tossire ed in seguito lo sentì fare quelle domande.
Domande idiote da fare a qualcuno che sta sopra di te e che ha appena minacciato di ucciderti.
Probabilmente stava pensando di riuscire a liberarsi in qualche modo.

«Oh, scusami se in questa situazione non mi sono presentato. Ciao! Piacere! Io mi chiamo... No, aspetta, non ti devo nessuna spiegazione. Sei tu che ne devi a me. Quindi parla.»
Ancora il viso si avvicinò di più a quello di Nathan, quando iniziò a sussurrare le ultime parole.
Strinse forte il suo braccio con la mano, ma non spostò lo sguardo da lui.

Sentì la macchina frenare appena e poi ripartire, evitando probabilmente il resto del traffico mattutino. Se quell'uomo non gli avesse dato una spiegazione velocemente gli avrebbe fatto davvero provare la sensazione del volo.
Sì. Fuori da una macchina.

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nate_petrelli November 9 2007, 14:15:04 UTC
"Non so di cosa tu stia parlando" borbottò Nathan, tra i denti.

Avrebbe voluto dirgli di scendere dalla macchina e sparire - non che credeva che l'avrebbe fatto, quantomeno non la parte in cui scendeva dalla macchina - la seconda era più probabile - ma doveva prima capire quanto quel tizio sapesse di lui, quanto avesse sentito. Di nuovo, Claire. Gli si strinse lo stomaco. Non poteva lasciare che qualcuno sapesse di Claire. Nessuno doveva sapere di lei, mai. E di tutto il resto.

"Da quant'è che mi spii? Che vuoi? Soldi?"

Un uomo invisibile. Perché non ci aveva pensato subito? Peter poteva... Gliel'aveva visto fare più volte. Non che avesse proprio visto niente, ma insomma.

"... tu... conosci Peter. Vero? Tu hai incontrato Peter. Chi sei?"

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pidgeon_claude November 10 2007, 13:21:36 UTC
Non era la situazione in sé ad irritarlo. Insomma, se non avesse avuto davanti la faccia di un politico che avrebbe gentilmente preso a calci nel culo si sarebbe anche divertito.
Erano le sue parole. Il fatto che mentiva anche davanti all'evidenza.
Esseri umani. Decisamente non li avrebbe mai sopportati.

«Capiamoci, Petrelli» Gli disse allontanando appena il volto da lui. «So capire quando qualcuno mente. Tutti lo fanno. Tu non fai differenza. Sei solo merda. Come il resto delle persone.»

«Da quant'è che mi spii? Che vuoi? Soldi?»
Sentendo quelle domande scoppiò a ridere. Una risata realmente divertita. Possibile che i politici dovessero sempre fare così? Nemmeno nei film erano così stereotipati.

«... tu... conosci Peter. Vero? Tu hai incontrato Peter. Chi sei?»
A quella domanda smise di ridere, anche se il sorriso divertito rimase.

«Oh, Peter... Sì. L'ultima volta che l'ho visto mi ha implorato di aiutarlo a imparare come non implodere su se stesso... O qualcosa di simile. Non ricordo.»
Bugia, bugia, bugia, bugia, bugia.
Ma alla fine non importava nulla. Claude non doveva nulla a Nathan. Tantomeno la verità.

«Facciamo un gioco.»
Un'affermazione più che una domanda. Sorrise inclinando il capo di lato. Le mani sempre strette attorno al braccio e alla spalla di Nathan.
«Io ti faccio una domanda. Tu rispondi. Poi tu mi fai una domanda. Io non rispondo. E io ti faccio un'altra domanda. E tu rispondi. D'accordo? D'accordo.»
La voce meno dura, ma quasi inquietante. Voleva sapere e voleva sapere subito.

«Dove. Stiamo. Andando?»
Tre semplici parole. Pronunciate chiaramente. Lentamente.
Impossibile fraintenderle. Impossibile non capire.
Gli occhi blu si aprirono un po' di più rispetto a pochi istanti prima. Si fissarono in quelli di Nathan e non si spostarono minimamente da lì.

Almeno gli occhi riflettono quello che c'è dentro: merda.

Intensi pensieri mattutini. Oh, come avrebbe fatto senza?

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nate_petrelli November 12 2007, 16:36:58 UTC
Nathan sospirò, iniziando a perdere sensibilità alle gambe. Quel tipo pesava e puzzava e soprattutto non aveva alcun diritto di minacciarlo dentro la sua macchina. Non aveva nessun diritto di pedinarlo, né di ascoltare le sue conversazioni. Non aveva nessun diritto di entrare nella sua vita in questa maniera.
Come se non avesse già i suoi problemi.

L'ultima volta che l'ho visto mi ha implorato di aiutarlo a imparare come non implodere su se stesso... O qualcosa di simile. Non ricordo.

Visti i risultati, Nathan pensò che lo sconosciuto avrebbe potuto impegnarsi un po' di più.

"Non sono tenuto a darti nessuna spiegazione e il mio autista si accorgerà che qualcosa non va entro i prossimi dieci minuti. Ora puoi scendere? Non ho tempo da perdere."

C'erano così tante domande che gli vorticavano nella testa. Non poteva permettersi di lasciarlo andare. Forse sapeva qualcosa - forse sapeva troppo. Sempre il vecchio gioco del do ut des, vero?

La giornata non era ancora cominciata e Nathan era già stanco.

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pidgeon_claude November 12 2007, 17:29:06 UTC
Lo guardò in silenzio per un paio di minuti, come valutando se scendere davvero oppure rimanere lì come peso fisico oltre che psicologico.
Decise per la seconda. Alla fine sarebbe stato divertente.

«Certo. Gli autisti si accorgono sempre delle persone invisibili che ci sono nel retro delle loro macchine.»
Rispose ironico, mantenendo il capo inclinato di lato.
Quell'uomo era davvero un gatto attaccato ai coglioni. Seriamente.

«Ma fammi capire... Tu sei famoso, vero?» Non attese una risposta e staccò le mani dalla spalla e dal braccio di Nathan, portandosene una ai capelli.
«Come mi stanno i capelli? Non vorrei venire male in foto quando aprirai la portiera.» Aggiunse sfoggiando uno dei più strafottenti e irritanti sorrisi esistenti sulla faccia del pianeta.

Non voleva essere fotografato. Per l'amor del cielo! Non voleva nemmeno essere visto! Ma a mali estremi...
Avrebbe corso questo rischio e che si fottesse tutto il resto del mondo.
Doveva sapere. E in fondo Nathan non era diverso da tutti gli altri esseri umani. Ognuno ha qualcosa con cui essere ricattato.

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nate_petrelli November 13 2007, 16:06:33 UTC
Chissà perché tutto il mondo credeva di poterlo ricattare, da sua madre a suo fratello giù fino all'ultimo vagabondo invisibile e puzzolente della città.

"Non così famoso da avere dietro un codazzo di fotografi quando vado in ufficio. Ma se vuoi mostrare la tua bella faccia a tutta New York, prego, fai pure. Scendi dalle mie gambe nel frattempo."

Distolse lo sguardo. Questa situazione era semplicemente, semplicemente ridicola. Ma quel tipo era uno di loro, dopotutto. Era per quelli come lui - come loro - che il Centro era stato costruito.

"Ti dirò dove stiamo andando" concesse alla fine, lentamente. "Ma voglio qualcosa in cambio. E ho i miei metodi per capire quando uno non mi dice la verità. Okay?"

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pidgeon_claude November 15 2007, 01:05:21 UTC
Alle parole di Nathan fece spallucce e sembrò valutare un attimo l'offerta.
Se fosse sceso dalle gambe di Nathan lui avrebbe potuto chiamare il suo autista con un tastino infilato in qualsiasi posto nascosto e poco visibile.
Se non fosse sceso dalle sue gambe l'accordo di Nathan andava a farsi benedire.

Sbuffò poco dopo e, sconfitto, scese in modo goffo e si posizionò sul sedile affianco a quello del presidente o che cazzo era.
Se non poteva più infastidirlo con il suo peso l'avrebbe infastidito con l'odore.
Effettivamente avrebbe dovuto lavarsi prima o poi.

«Non voglio solo sapere dove stiamo andando. Mi importa ben poco della locazione geografica. Voglio sapere cosa c'è nel posto dove stiamo andando. E misura attentamente le parole.»
Locazione Geografica. Wow.
Fece una faccia schifata nell'accorgersi che quasi gli sembrava di aver ingerito un vocabolario, ma tornò ben presto con gli occhi sull'uomo affianco a lui.

Era diversissimo da quello che ricordava di Peter.
Peter era semplice, fin troppo ingenuo a volte, poteva essere il suo studente modello, quello che si mette la prima cosa che trova nell'armadio per uscire di casa al mattino.
Ma Nathan no. E Claude non potè fare a meno di chiedersi se era così per il ruolo che ricopriva o se, in fondo, era sempre stato così.
Freddo, calcolatore, manipolatore. Falso.

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