Fantasmi

Oct 18, 2011 16:30

Titolo: Fantasmi
Rating: Verde
Genere: Comico, Fluff, Generale, Slice of life
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo (Spagna), Giovanna di Castiglia, Chibi!Lovino Romano Vargas (Sud Italia)
Wordcount: 1240 (fiumidiparole)
«Romano...?» biascicò senza pensarci, cercando d'aguzzare la vista e metterlo bene a fuoco.
Era la prima persona che gli era venuta in mente, nonché l'unica che potesse stare sdraiata accanto a lui aggiungendo un peso quasi impercettibile al proprio sul letto.
Silenzio assoluto in replica, tanto che temette di aver sbagliato ad aver creduto che fosse il giovane Vargas.
Eppure, nonostante il dormiveglia, era abbastanza certo che fosse lui, così tentò di nuovo: «Romano che c'è...?».
Poi - dubbioso se gli avrebbe risposto o avrebbe continuato a tacere - volle provare a provocarlo: «Hai bagnato di nuovo il letto?».
Lo trovava adorabile quando bagnava le lenzuola e cercava in tutti i modi di nasconderle, nonostante poi toccasse a lui lavarle.
«Cosa c'entra, scemo?!».

Romano non avrebbe saputo dire perché la prima cosa che aveva fatto era stata correre da Spagna.
Era stato istintivo, puramente spontaneo, forse perché in casa era l’unico che gli stava dietro veramente, nonostante tutto quanto.
Il bambino guardò l'ombra della porta davanti a sé e poi spostò gli occhi sui due lati del corridoio, immersi nel buio.
Un rumore non troppo lontano lo fece sobbalzare, convincendolo immediatamente che forse era meglio entrare.
Girò il pomello della porta e spinse il battente, varcando la soglia.
Anche nella camera di Antonio la luce era spenta, ma il piccolo Vargas aveva abituato la vista alle tenebre e riuscì a distinguere abbastanza il profilo del letto a baldacchino dello spagnolo, o perlomeno quel tanto che bastava a non andarci a sbattere contro.
Si chiuse dietro la porta e avanzò piano piano, guardandosi intorno con circospezione, come se si trovasse in pieno territorio nemico.
Arrivò fino ai piedi del letto ed a quel punto sollevò un angolo della coperta e, con difficoltà ed una certa goffaggine, salì sul materasso.
Si ritrovò di nuovo al buio, ma stavolta sentiva vicino a sé il calore del corpo di Spagna, che dormiva come al solito scompostamente, occupando gran parte dello spazio del materasso - che proprio piccolo non era.
Mentre strisciava affianco ad una delle sue gambe, il suo ricciolo ribelle sfiorò pian piano la pelle dello spagnolo.
Antonio - al contrario di Lovino - non era proprio insensibile agli stimoli esterni mentre dormiva, per cui iniziò a smuoversi nel sonno sentendosi solleticare una gamba.
Per fortuna non colpì il piccolo italiano, che continuò la sua "marcia" fino a che non fece capolino dalla sommità della coperta, rivolgendo lo sguardo verso l'ombra di Fernandez. Quest'ultimo si svegliò in quel momento e, dischiudendo gli occhi, si trovò ad osservare nel buio una piccola sagoma che spuntava dalla coperta.
«Romano...?» biascicò senza pensarci, cercando d'aguzzare la vista e metterlo bene a fuoco.
Era la prima persona che gli era venuta in mente, nonché l'unica che potesse stare sdraiata accanto a lui aggiungendo un peso quasi impercettibile al proprio sul letto.
Silenzio assoluto in replica, tanto che temette di aver sbagliato ad aver creduto che fosse il giovane Vargas.
Eppure, nonostante il dormiveglia, era abbastanza certo che fosse lui, così tentò di nuovo: «Romano che c'è...?».
Poi - dubbioso se gli avrebbe risposto o avrebbe continuato a tacere - volle provare a provocarlo: «Hai bagnato di nuovo il letto?».
Lo trovava adorabile quando bagnava le lenzuola e cercava in tutti i modi di nasconderle, nonostante poi toccasse a lui lavarle.
«Cosa c'entra, scemo?!» fu la secca risposta che ricevette - finalmente - dalla tenera e familiare voce di Romano.
«Perché sei venuto qui, allora...?» domandò curioso Carriedo, mentre si sistemava meglio sul letto, posizionando un braccio in modo tale che gli sorreggesse la testa. I suoi occhi erano fissi sul profilo della testa di Lovino.
Quest'ultimo emise un rumore a metà tra un mugolo ed uno sbuffo indisponente.
Fernandez lo conosceva abbastanza da sapere che quel suo atteggiamento era dettato dal suo imbarazzo a parlare del suo problema.
Lo spagnolo attese in silenzio, ormai ben consapevole che, se avesse avuto la pazienza d'aspettare, l'italiano avrebbe parlato. E così fu.
«C'è... un fantasma in casa...» borbottò con voce imbronciata Romano.
Spagna si mise seduto di scatto, tirando via le coperte, lasciando scoperto il bambino, che si mise a sedere a guardarlo.
«Che cosa?» chiese, sbalordito «Un... fantasma?» ripeté.
Lovino emise un grugnito che per Antonio era interpretabile solamente come un sì.
Quest’ultimo ridacchiò, allungando una mano ad accarezzargli la testa, scompigliandogli i capelli.
«Dai, Romano... non essere ridicolo... i fantasmi non esistono» esclamò con fare rassicurante.
Un rumore proveniente dal corridoio simile ad un tonfo smorzò il sorriso dello spagnolo. Il Vargas rabbrividì e d'istinto si avvicinò all'altro, anche se poi si discostò.
Il rumore si ripeté, stavolta più vicino.
Spagna deglutì a vuoto, nervosamente.
«Sta' dietro di me, Romano...» esclamò, superandolo ed alzandosi dal letto, curandosi persino di accendere la luce.
L'improvviso cambiamento dal calore fornitogli dal materasso al freddo circostante lo fece rabbrividire, anche perché era solito dormire in canotta e boxer.
Lovino fu svelto a nascondersi dietro di lui: era talmente spaventato che anche il fatto che fosse Spagna non gl'importava più.
Gli bastava semplicemente che lo proteggesse.
La porta si aprì di uno spiraglio sottilissimo, insufficiente a vedere chi ci fosse dall'altra parte, ma Antonio avanzò comunque di qualche passo.
Inizialmente non si era posto il problema, ma adesso che ci pensava meglio... come poteva fare a sconfiggere un fantasma?
Non era un'entità concreta, bensì uno spirito.
Scosse la testa: avrebbe trovato una soluzione. Era lui il capo di Romano, pertanto il suo compito era quello di proteggerlo.
La porta si aprì di più e Fernandez fu sul punto di morire, quando...
«Dammi quel moccioso, Spagna!».
Sulla porta della camera si materializzò la regina Giovanna di Castiglia in camicia da notte e - era il caso di dirlo - con un diavolo per capello, a giudicare dallo stato della sua capigliatura: la chioma era tenuta malamente raccolta da un crocchio dal quale scappavan fuori diversi ciuffi parecchio lunghi, che le incorniciavano disordinatamente il viso.
Romano e Antonio gridarono, poi l'italiano si nascose sotto le coperte gridando: «Il fantasma!». Lo spagnolo domandò, confuso ed agitato: «¿Majestad?».
Dall'aspetto, non c'era da stupirsi se il piccolo l'aveva scambiata per un'entità sovrannaturale, soprattutto considerato che probabilmente l’aveva vista al buio.
Girandosi verso il letto, chiese: «Che cos'ha fatto Romano?».
«Quella piccola peste ha rotto un vaso inestimabile mentre camminava al buio per i corridoi in cerca del bagno e poi è corso qui, quel moccioso...!» spiegò la donna, indignata.
Spagna lanciò un'occhiata a Lovino.
«Romano...» esclamò, con tono di rimprovero, avvicinandosi di nuovo al letto, stavolta affiancato dalla regina. Doveva punirlo in qualche modo, per dare un po’ di soddisfazione alla regina, altrimenti l’avrebbe accusato d’essere troppo tenero con lui e di certo l’avrebbe picchiato - come faceva sempre quando perdeva qualche guerra.
Antonio sollevò la coperta e trovò il Vargas seduto sul materasso con un'espressione di sofferenza sul viso e le manine strette sulle parti basse.
«Romano cosa...?» domandò lo spagnolo, osservandolo incuriosito ed intenerito al tempo stesso mentre il bambino goffamente cercava di scendere dal letto.
«Devo... andare in bagno... ma dov'è il bagno qui dentro, idiota? La casa è troppo grande...» si lamentò Romano, piegandosi leggermente in avanti.
Giovanna e Antonio sgranarono gli occhi, allarmati.
«Non azzardarti a farla qui!» ordinò la regnante, arrabbiata «Spagna! Occupatene te!».
Fernandez, allarmato, lo sollevò di peso da terra e, stringendoselo al petto, corse in mutande fuori dalla stanza.
« Romano, resisti ancora un pochino!»
«Mi stai facendo male, bastardo...!» borbottò Lovino, schiacciando una guancia contro il suo torace, imbronciato.
«Mmh... sbrigati!» brontolò: non riusciva a trattenersi dal farla a letto mentre dormiva, figurarsi se ci riusciva quando arrivava ad avere un così disperato bisogno del bagno.
«Corri, scemo!» esclamò con estremo garbo. Carriedo accelerò un pochettino la corsa, ma fu tutto inutile: con un sospiro di sollievo ben udibile, sentì le mutande di Romano - a contatto con il suo braccio - bagnarsi.
Il bambino si addossò contro il più grande con evidente sollievo, le guance leggermente arrossate ed un'espressione beata sul viso.
«Romanooo!» fece Carriedo, visibilmente schifato, cambiando presa sul suo corpicino, sorreggendolo sotto le braccia e lasciandogli penzolare le gambine nell'aria.
I boxer erano fradici, ma dall'espressione che portava in viso sembrava essere stata una gran liberazione, anche se ricominciò subito a lamentarsi: «Stupido Spagna! La casa è troppo grande! È colpa tua, idiota!».
«Romano se non trovi il bagno da solo dovresti venire a dirmi che ne hai bisogno prima di stare per fartela addosso... e soprattutto dirmelo» replicò Antonio rassegnato, facendo dietrofront per riportarlo in camera sua e cambiarlo.

rating: safe, fandom: axis powers hetalia

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