[RPF Storico]: Difficile est longum subito deponere amorem

Apr 16, 2010 20:30

Titolo: Difficile est longum subito deponere amorem
Autore: ary_true
Personaggi: Sibilla di Gerusalemme, Baldovino IV di Gerusalemme, Guido di Lusignano
Rating: PG
Warning: incest, angst
Word Count: 618 (fiumidiparole ♥)
Disclaimer: Questa fanfiction non è a scopo di lucro. Non si vuole offendere o essere lesivi nei confronti delle persone reali descritte. Niente di quanto narrato in questa fanfiction è realmente accaduto ma è frutto di fantasia, pertanto non si pretende di dare un ritratto veritiero di eventi o personalità.
Note: Baldovino IV di Gerusalemme, il re lebbroso, muore nel 1185.
Nel 1816 sua sorella Sibilla si accorda con l'Alta Corte: promette di sciogliere il suo matrimonio con l'inetto Guido di Lusignano, considerato da Baldovino e dai nobili di Gerusalemme incapace di difendere la città, in cambio della corona e della possibilità di scegliere il suo nuovo marito.
Alla cerimonia di incoronazione, dopo esser stata proclamata regina, Sibilla si toglie la corona dal capo e la consegna a Guido, scegliendo lui come marito e proclamandolo re di Gerusalemme.
Il 4 luglio 1187 si combatte la battaglia di Hattin: l'esercito crociato, capitanato da Guido, viene distrutto, e l'esercito musulmano guidato da Saladino riconquista buona parte della Palestina.
(E' una sintesi orrenda e incomprensibile, I know. Ma la fic in sé è peggio \O/)

Scritta per il F3.U.CK.S. Fest di fanfic_italia, seconda settimana, fuoco_dal_cielo, con il prompt “La vita è una farsa e dobbiamo recitare tutti” (Rimbaud)



Mentre posano la corona sulla sua testa, consacrandola regina di Gerusalemme, Sibilla pensa a suo fratello. Pensa al suo viso serio, bellissimo, quando lo avevano incoronato, ancora troppo giovane, troppo piccolo per regnare, troppo malato per pensare di poterlo fare a lungo, per davvero; pensa alla luce nei suoi occhi quando è tornato da Montgisard, dopo aver assaggiato per la prima e unica volta il sapore dolce della vittoria schiacciante e del sangue nemico, con la città ai suoi piedi, che acclamava il suo nome, e quella sensazione di invincibilità che lo invadeva e quasi gli faceva tremare le membra, tanto lo scuoteva nel profondo; pensa ai suoi silenzi stanchi, offesi, quando il suo corpo lo tradiva e gli doleva al punto da costringerlo a letto, coperto di bende e tessuti finissimi, mentre fuori dal suo palazzo si scatenava la bufera, coi crociati allo sbaraglio e Salah al-Din che pressava ovunque, pronto a prendersi il suo regno e la sua terra e il suo popolo, come se lui non contasse niente, come fosse un semplice fantoccio (eppure, a Montgisard, quasi lo aveva ucciso. Lui, che aveva solo sedici anni e prendeva la spada da poco, aveva quasi ucciso il più potente tra i re); pensa alla sua lotta con Guido, ai suoi gesti secchi e alle sue parole taglienti quando lo aveva intorno, quando suo marito le stava vicino (troppo vicino) in sua presenza, quando questi palesava sfrontatamente la sua inettitudine e la sua vuotezza di fronte a tutta la corte (ricorda quanto la sua voce si fosse ammorbidita mentre le chiedeva, disperato, di annullare il matrimonio, di non lasciarlo morire con la consapevolezza che il loro regno finisse in mano di quell’uomo); pensa che nella sua mente non vi è più ricordo del suo tocco, del suo odore, del suo sapore, nonostante un tempo per lei non esistesse altro oltre lui (solo lui e sempre lui, sole e luna di Gerusalemme, Gerusalemme stessa), perché le è stato portato via da troppo tempo, molto prima che Dio lo reclamasse a sé, e il pensiero di averlo perduto, di aver perduto ogni cosa di lui, la fa impazzire lentamente, la distrugge pian piano, le offusca i sensi, più degli incensi e dei vini, più di ogni cosa.
Per questo, con lo sguardo fermo e le mani tremanti, si toglie la corona dal capo, e dopo averla stretta per un attimo, tra lo stupore generale, la consegna nelle mani dell’uomo che vuol fare re, che vuole sposare di nuovo.
Sibilla lo osserva, osserva lo sguardo affamato e il sorriso deliziato di Guido, e vede nelle mani di quell’uomo, che tante volte l’hanno accarezzata senza grazia, la fine di Gerusalemme, del suo regno e del suo popolo, la propria fine.
Sospira, e si chiede se suo fratello la stia odiando, osservandola in silenzio, se stia capendo il perché del suo gesto egoistico, se dall’alto del Cielo veda come niente conti più, per lei, se non tornare al suo fianco, anche a costo di rinunciare a tutto quello che sono stati, anche a costo di sacrificare il mondo, pur di riaverlo indietro, di assicurarsi l’eternità con lui.
E per un attimo, solo un attimo, si chiede se quando saranno di nuovo insieme lui sarà capace di perdonarla per quello che ha fatto, se effettivamente, alla fine di tutto, arriveranno alla salvezza eterna tenendosi per mano o saranno condannati alle fiamme eterne per aver tentato di non separarsi mai; e il solo dubbio, all'improvviso, le toglie il fiato, le brucia gli occhi, mentre la paura le invade il petto.
Guido la stringe a sé, urlando alla sala sgomenta che nessuno difenderà e amerà Gerusalemme tanto quanto lui, né ora né mai, ma Sibilla non smette di tremare.

autore: ary_true, rpf: storico, !challenge: f3.u.c.k.s. fest, fanfiction

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