Titolo: Erase and Rewind
Fandom: originale - romantico
Personaggi:
Parte: 1/?
Rating: arancione
Conteggio Parole: 2746
Riassunto: Matthew Harris è un ingegnere che lavora per l'FBI. Un giorno si risveglia in un letto d'ospedale e scopre di aver perso la memoria in seguito ad un misterioso incidente. Non ricorda più nulla degli ultimi quattro anni, e le persone intorno a lui sembrano volergli nascondere qualcosa. Scopre di aver partecipato ad un progetto scientifico che non è andato a buon fine e che ha avuto degli effetti negativi sulla sua personalità. Matt vuole rimettere assieme le tessere del puzzle, ma i suoi amici e famigliari si sono allontanati da lui; perfino la moglie, Celia, è stranamente fredda nei suoi confronti e Lilia, la figlia di due anni di cui non ricorda nulla, sembra essere spaventata da lui. Con l'aiuto di uno psicoterapeuta tenterà di ricostruire cosa sia successo in quei quattro anni e di recuperare la fiducia e l'amore della sua famiglia...
“Signor Harris, riesce a sentirmi?”
Matthew dischiuse le palpebre e un sottilissimo raggio di luce bastò ad accecarlo momentaneamente: la testa gli doleva incredibilmente, come se avesse ricevuto una mazzata sul cranio.
“Dove mi trovo?” chiese con voce flebile, non riuscendo a distinguere che delle sagome indistinte. Già diverse ore prima, non avrebbe saputo dire quante, si era reso conto di trovarsi in un luogo a lui non familiare, ma pur avendo la sensazione di aver dormito per millenni, era ancora troppo stanco per svegliarsi del tutto, e si era nuovamente addormentato. “C'è troppa luce.” Richiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire una smorfia di dolore.
Sentì qualcuno bisbigliare e qualcuno altro muoversi nella stanza; dopodiché, la luce si trasformò in penombra. La testa gli pulsava ancora, ma poco a poco recuperò la vista.
“Signor Harris, sono il dottor Kumar. Lei si trova all'ospedale militare di Quantico. È stato ricoverato qui d'urgenza in seguito ad un grave trauma cranico, ed è rimasto in coma per quasi due settimane. È tornato cosciente la scorsa notte. Come si sente?”
“Uhm... come uno che è appena uscito dal coma” rispose Matt lentamente e scandendo a fatica le parole, ma riuscendo a sollevare gli angoli della bocca in un sorriso ironico.
L'infermiera che aveva abbassato le tendine della finestra gli misurò la pressione mentre il dottore gli poneva ulteriori domande.
“Si ricorda com'è finito qui?”
A Matt parve una domanda abbastanza semplice, ma nel momento in cui aprì la bocca per rispondere, si rese conto che non sapeva cosa dire. Nella sua testa non c'era alcun ricordo riguardo ad un incidente. Nulla, il vuoto assoluto.
“Io... temo di no.”
“Non si preoccupi, era prevedibile. Qual è l'ultima cosa che ricorda?”
Matt si sforzò nuovamente, stavolta con maggiore intensità, cercando di ripescare tra il caos del suo cervello malconcio il suo ultimo ricordo.
Un minuscolo tavolo da giardino incastrato sotto la finestra, tra il cucinino e la scala del soppalco.
Un salottino con un divano a due posti e un bagno vicino all'entrata: l'appartamento finisce lì.
Il bollitore del tè che fischia, il tostapane che ticchetta e il televisore che trasmette il telegiornale del mattino.
Gli scalini di legno del soppalco scricchiolano, lui si volta e le sorride. Lei no. Tiene in mano un rotolo di carta igienica vuoto, e se lo porta davanti alla bocca per usarlo come un megafono:
“Quante volte ti devo dire di cambiare il rotolo quando la carta finisce?”
“Colazione insieme a mia moglie.”
“Ricorda anche il giorno, il mese e l'anno?”
“Lunedì, penso. Maggio. E l'anno, beh... quello corrente.”
“Quale sarebbe l'anno corrente?”
“Sta scherzando, spero?”
“La prego, signor Harris, risponda alla domanda. In quale anno ci troviamo?”
“2013. No?”
“No, signor Harris. Oggi è il 20 febbraio 2017.”
Matt sussultò.
“Che cosa? Non è possibile!” Cercò di alzarsi a sedere sul letto, ma aveva i muscoli completamente atrofizzati, e si sentiva ancora molto debole. L'infermiera lo aiutò a stendersi meglio e gli sollevò leggermente il cuscino per farlo stare comodo.
“Si calmi, signor Harris. Non c'è nulla di cui preoccuparsi. Il suo trauma e il coma le hanno causato una lieve amnesia, ma è possibile che lei recuperi la memoria, un po' alla volta e con le giuste terapie.”
Matt lo guardò con occhi vacui. Ben quattro anni della sua vita si erano dissolti nel nulla, e più si sforzava di ricordare qualcosa, una cosa qualsiasi, più aveva la sensazione di essere avvolto da un buio impenetrabile e soffocante.
Il suo corpo venne pervaso da un improvviso tremore, e il respiro gli si fece affannoso.
“Infermiera, 5 cc di Valium” ordinò il dottor Kumar. “La prego, signor Harris, cerchi di tranquillizzarsi.”
“Dov'è mia moglie?” chiese Matt. “Le avete detto che mi sono svegliato?”
“Sua moglie è stata avvisata e sta arrivando. Stanno venendo qui anche alcuni suoi colleghi del Bureau, che l'aiuteranno a capire meglio la situazione. Ora, se vuole scusarmi, devo continuare il mio giro di viste. Lei cerchi di riposarsi un altro po'.”
“Aspetti!” lo fermò Harris, iniziando già a sentirsi stordito dal tranquillante che l'infermiera gli aveva iniettato. “Non mi ha detto che tipo di incidente ho avuto.”
Il dottor Kumar ebbe una strana reazione: parve intimorito da quella semplice domanda, e distolse lo sguardo mentre gli rispondeva.
“Come le ho detto, i suoi colleghi le spiegheranno tutto.”
Guardò il medico e l'infermiera abbandonare la stanza, dopodiché cadde in uno stato di dormiveglia.
Quando riaprì gli occhi, non seppe dire se avesse dormito o solo vegliato, o quanto tempo fosse passato. La porta della stanza era chiusa, ma sentì un gruppo di voci concitate provenire dal corridoio.
Un'altra infermiera entrò e, dopo avergli controllato temperatura, pressione, e averlo aiutato a mangiare un'insipida pappetta, gli chiese se se la sentisse di ricevere visite, e invitò con un cenno qualcuno ad entrare.
Matt si sentì sollevato quando riconobbe un suo collega di lavoro e grande amico, Robert Wood, e gli rivolse un gran sorriso, che venne subito ricambiato.
“Rob!”
“Matt!” esclamò l'amico, avvicinandosi al suo letto e stringendogli la mano con energia e affetto. “Non sai quanto siamo stati in pena per te! Sono così felice che tu ti sia ripreso!”
“Grazie, sono contento che tu sia qui. Hai perso un sacco di capelli!” esclamò Matt, stupefatto di quel repentino cambiamento nell'aspetto di Robert. Ma subito ricordò che quello che lui ricordava era il Rob di quattro anni prima. In quel lasso di tempo dovevano esserne cambiate parecchie, di cose.
“Già, ma aspetta di avere anche tu la mia età” ribatté l'amico mostrando un sorrisetto ironico prima di tornare serio. “Come ti senti?”
“Ancora debole, ma questo è il male minore. Non so se te l'hanno detto, ma il mio cervello sembra aver fatto un reset parziale.”
“Sì, ho parlato con il medico poco fa, mi ha detto dell'amnesia.”
“Non ricordo niente oltre un giorno di maggio di quattro anni fa. Sono nella merda, amico” disse Matt con sconforto. Robert si chinò per stringergli la spalla con fare rassicurante.
“Non ti devi preoccupare di nulla, ti aiuteremo a rimetterti in sesto. E ti assicuro che il Bureau ti risarcirà per ciò che ti è successo.”
“Che significa?” chiese il giovane uomo, aggrottando le sopracciglia. “Il medico non mi ha voluto dire nulla. Stai dicendo che l'incidente che mi ha fatto perdere la memoria è avvenuto al lavoro?”
Rob sospirò.
“Non potrei parlarti io di questo, ma... hai presente il progetto al quale stavamo lavorando nel 2013? Il microchip da impianto?”
“Ma certo, quello che avevamo proposto di chiamare Progetto Iron Man! Proprio quel lunedì, l'ultimo che ricordo, ero stato chiamato da Gray che voleva propormi qualcosa. Ma...”
L'agente speciale Henry Gray fece il suo ingresso nella stanza seguito da altri due agenti dell'FBI che Matt non conosceva.
Ma del resto lui non aveva spesso a che fare con gli agenti operativi, essendo solo un umile ingegnere che lavorava alla sezione di Scienze Applicate del Bureau.
“Agente speciale Harris” lo salutò Gray, e per un attimo Matt temette di aver udito male.
“Veramente... io non sono un agente speciale” lo corresse, cercando conferma nello sguardo di Rob, ma questi annuì con la testa, sorridendogli divertito.
“Sì, lo sei, da ben quattro anni.”
“Come diavolo sono diventato agente speciale?!” esclamò l'uomo.
“Ci arriveremo con calma” lo rassicurò Gray. “L'importante ora è che lei si riprenda. Per il resto c'è tempo. Mi hanno riferito i medici che l'incidente le ha provocato una perdita di memoria.”
“Non ricorda nulla degli ultimi quattro anni” lo aggiornò Wood. “Cioè, da quando è partito il Progetto Iron Man.”
“Vuoi dire che alla fine hanno accettato la nostra proposta? Si chiama proprio Progetto Iron Man?” chiese Matt con un certo entusiasmo, quasi infantile, nella voce. “E ha funzionato?”
Rob lo guardò con affetto.
“Sei proprio tornato ad essere il vecchio Matt” gli disse con una strana luce negli occhi: gioia, commozione, sollievo.
“È proprio dal Progetto Iron Man che dobbiamo partire” si intromise Gray. “Del resto, è anche a causa di esso se lei ha perso la memoria.”
“Anche?!” ripeté incredulo Robert, lanciando un'occhiataccia di disappunto verso il suo superiore.
“Con calma, la prego, agente Wood. Non vogliamo certo mettere in confusione l'agente speciale Harris, non più di quanto lo sia già.”
Matt provava una certa soddisfazione ogni volta che Gray lo chiamava “agente speciale”, ma sperava che il suo superiore arrivasse subito al sodo. A quanto pareva, quei due avevano la risposta ad ogni sua domanda. Decise di lasciarli parlare senza interromperli.
“Harris, prima di iniziare ci tengo a farle sapere che il Bureau si assume la completa responsabilità per quanto è accaduto, e che lei verrà risarcito debitamente per i danni subiti. Ma di questo parleremo in dettaglio più avanti, anche in presenza del suo avvocato. Come avrà già intuito, gran parte di questa faccenda gira attorno al Progetto Iron Man, di cui la sua squadra di ricerca era a capo. Ricorda in cosa consisteva il progetto?”
“Ma certo, ci ho lavorato per anni” rispose Matt. “Dovevamo sviluppare un microchip che, una volta impiantato nel cervello di un agente, avrebbe migliorato del 40% le sue capacità motorie ed intellettive. In sostanza, lo avrebbe trasformato nell'agente perfetto.”
“Esatto. Come ben ricorderà, nella primavera del 2013 il progetto era arrivato a buon punto, tanto che erano state avviate le procedure di selezione di possibili candidati per l'impianto del microchip. Ebbene, a lei era stato proposto di essere uno tra i primi a testarlo.”
Matt sgranò gli occhi. Ecco dove volevano andare a parare. Lui aveva fatto da cavia per il suo stesso progetto scientifico.
Si portò una mano dietro la nuca, là dove sapeva che doveva essere inserito il microchip. Tastando con i polpastrelli, individuò una cicatrice della lunghezza di circa quattro centimetri.
“Oh, non lo troverà, agente Harris” gli assicurò Gray. “Il microchip le è stato tolto subito dopo il suo incidente.”
“Perché io?” chiese, confuso. “Mi sembrava fosse stato deciso di selezionare solo agenti speciali che avessero già anni di esperienza sul campo, e che fossero destinati a missioni antiterroristiche. Io non ho mai operato al di fuori di un laboratorio, non so nemmeno tenere in mano una pistola!”
“Deve sapere che all'epoca vennero selezionati tre candidati, appartenenti a tre tipologie differenti: un agente speciale con anni di servizio alle spalle, una recluta dell'accademia e lei. Ciò che volevamo capire era quali cambiamenti potesse apportare l'impianto del microchip in tre differenti tipologie di agenti.”
“E quali sono stati i risultati?”
“I risultati sono stati... notevoli” rispose Gray, scambiandosi un'occhiata di intesa con Wood. “In breve tempo lei, Abraham Smith e Lisa Chung siete diventati i migliori agenti operativi che l'FBI abbia mai avuto. In quattro anni abbiamo sventato decine di attacchi terroristici, abbiamo catturato pericolosi ricercati che credevamo di aver perso per sempre, abbiamo diminuito il potere della criminalità organizzata. E tutto grazie a voi tre. Quando vorrà, le metterò a disposizione i fascicoli di tutte le operazioni a cui ha preso parte.”
Man mano che il racconto proseguiva, lo stupore di Matt aumentava: in pratica, Gray gli stava dicendo che lui si era trasformato in un super agente, ma non ne aveva il minimo ricordo.
“Tutto ciò è incredibile. Sembra quasi uno scherzo.”
“Le assicuro che è tutto vero, e l'agente Wood glielo potrà confermare.”
“Per quanto mi è possibile, sì” assicurò Rob stringendosi nelle spalle. “Ad un certo punto ho potuto osservare l'evolversi della tua carriera solo da lontano, Matt.”
“Che vuoi dire?”
“Beh, tu sei stato promosso ad agente speciale, io sono rimasto in laboratorio. Abbiamo preso strade diverse. E poi le cose hanno iniziato a cambiare...”
“In che senso?”
“Purtroppo, il microchip ha dimostrato di avere dei difetti” continuò Gray. “Ha provocato dei cambiamenti sulla personalità di voi tre agenti: eccesso di sicurezza in se stessi, perdita del senso del pericolo, sbalzi d'umore, attacchi d'ira...”
La storia stava prendendo una brutta piega. Matt immaginò se stesso come un Hulk arrabbiato e indomabile.
“Purtroppo, l'agente Chung è stata uccisa nel corso di un'operazione antiterroristica: negli ultimi tempi si era fatta sempre più arrogante e avventata, si era convinta di poter sgominare grazie alle sue sole forze un'intera cellula di al-Qaida, e ciò le è costato la vita. Anche l'agente Smith si era fatto intrattabile: disobbediva agli ordini, non si presentava alle riunioni, ed è stato più volte coinvolto in risse. Due mesi fa ha sterminato la propria famiglia ed è fuggito dagli Stati Uniti, facendo perdere le proprie tracce.”
Ha sterminato la propria famiglia.
Quelle parole gli rimbombarono in testa più volte, gettandolo nuovamente in uno stato di agitazione.
“Dov'è mia moglie?” chiese in tono ansioso e spaventato. “Perché non è ancora qui?”
“Stai tranquillo, Celia è qui fuori e sta bene. La potrai vedere fra qualche istante” gli disse Robert, ma Matt aveva il presentimento che gli stessero nascondendo qualcosa.
“Quali sono stati gli effetti su di me?” volle sapere. “Un'agente si è fatta ammazzare, l'altro ha ucciso la propria famiglia. E io, che ho fatto?”
“Anche lei, come i suoi colleghi, ha subito mutamenti nella personalità” gli confessò Gray, con un sospiro triste. “La cosa strana è che il suo lavoro non ne ha risentito: non ha mai messo in pericolo la propria vita o compromesso un'operazione con atti avventati. Lei agiva sempre in modo razionale e freddo, obbedendo agli ordini e facendo squadra con i colleghi. E tuttavia mi è stato riferito dalle persone a lei più vicine che si sono notati dei cambiamenti nel suo modo di fare e di interagire. Ma credo che Wood glielo saprà spiegare meglio.”
“Non so come dirtelo, amico” sospirò Rob strofinandosi le mani con imbarazzo.
“Tu dillo e basta” lo spronò Matt.
“In pratica, sei diventato uno stronzo. Ti sei allontanato da tutti i tuoi vecchi amici, compreso me. Hai cambiato compagnie, locali: non ti ho più visto in giro. Non so che cosa l'agente Gray si aspettasse che ti dicessi, ma io non so dirti che cosa facessi fuori dall'ufficio.”
“E Celia? Lei che ti ha detto?”
“Non molto. A dire la verità, era da un po' che non la vedevo. L'ho vista un po' sciupata, e... strana. Diversa.”
“In che senso?”
“Diversa da com'era qualche anno fa” rispose Rob, restando sempre sul vago. “Ma penso sia dovuto a ciò che è successo. In ogni caso, Matt, non devi fartene una colpa: devi tenere presente che non eri in te, in questi anni.”
“Mi stai facendo paura, Rob. Ti prego, dimmi la verità. Che cosa mi è successo? E perché non ricordo niente degli ultimi quattro anni?”
“A questo possiamo risponderle” intervenne Gray. “Al contrario di quanto le ha detto il medico, noi pensiamo che la perdita di memoria sia dovuta all'estrazione del microchip, ma riteniamo che col tempo lei possa recuperare parte dei ricordi di quel periodo. Per il resto, penso sia giunto il momento di farla parlare con sua moglie, se non è troppo stanco.”
“La voglio vedere adesso” rispose con determinazione, anche se la testa gli doleva terribilmente. Ma non poteva aspettare ancora: doveva vedere Celia. Doveva vedere come stava, doveva sapere che cosa aveva fatto in quegli anni. Lei sarebbe stata sincera con lui, lei gli avrebbe detto tutto.
“So che dev'essere uno shock apprendere tutte queste sconvolgenti notizie in così breve tempo” disse Gray. “Ma le chiedo di cercare di stare tranquillo. Il microchip ha interferito con la sua personalità: qualunque azione sbagliata lei possa aver compiuto in questi quattro anni, lei non si deve assolutamente ritenere responsabile o colpevole. Il Bureau è sua completa disposizione per aiutarla a riprendersi.”
I due agenti si avvicinarono alla porta.
“Rob?” chiamò Matt.
“Sì?”
“C'è almeno una buona notizia in tutta questa faccenda?”
L'amico sembrò pensarci sopra, poi il suo volto si illuminò.
“Certo che c'è!”
“E quale sarebbe?”“Che hai una figlia. Una bellissima bimba di due anni.”
Ciao a tutti! Sono tornata con una nuova storia originale, ne avevo bisogno visto che la parodia di 50 Sfumature mi manda in pappa il cervello XD
Spero che questo racconto vi possa interessare, sarà principalmente basato sull'introspezione dei personaggi, il genere verterà principalmente sul triste ma ci saranno anche dei momenti fluff e romantici. Il rating potrebbe aumentare con i prossimi capitoli, come già preannuncia l'avvertimento Non-con, ma non sarà descritto dettagliatamente.
Buona lettura e al prossimo capitolo ^^
P.S. Il titolo della storia non è di mia invenzione, ma è tratto dall'omonima canzone dei Cardigans.