*Autore: Rota
*Titolo: Dare tempo al tempo
*Capitolo: Anno 2
*Fandom: Originali/Generale
*Personaggi: Jake il Mago, Antonio il Cavaliere
*Prompt/Sfida COW-T: Anni/Sesta settimana
*Genere: Introspettivo, Generale, Romantico
*Avvertimenti: One shot, Raccolta, Slash
*Rating: Giallo
*Parole: 2055
*Dedica: Al mio maghetto personale, Prof no Danna.
*Note autore: arriva finalmente il capitolo in cui i due piccolini sono assieme :D Io direi finalmente, non so voi ma ci sono talmente affezionata che mi è stato difficile vederli separati fino ad adesso D: è stata una brutta cosa, sìsì. Ordunque, a parte gli scherzi XD Vi presento una piccola scena di vita quotidiana, per farvi capire quanto questi due pirlotti possano stare bene assieme :D un capitolo felice, di tanto in tanto, perché dal prossimo capitolo non ci sarà tanto da sorridere temo D:
Beh, buona lettura (L)
Pistacchio e stracciatella, se possibile con un'aggiunta di panna in cima da far invidia a ogni bambino grassoccio e goloso. Jake era un abitudinario anche e specie nelle cose che più gli piacevano: erano bastate tre volte al parco perché Antonio capisse quali gusti del gelato preferisse sopra ogni altro, dal momento che prendeva sempre quelli. Oh, e preferiva il cono alla coppetta, anche se una volta sola l'aveva sentito borbottare a proposito del fatto che nessuno metteva una cialda buona quanto quel negozietto tanto carino proprio vicino a casa sua; la cosa lo irritava ed era evidente, ma ci passava sopra quando cominciava a leccar piano e di gusto tutto quel ben di Dio.
Antonio non avrebbe mai immaginato che bastasse così poco per farlo felice. Sembrava quasi uno di quei bambini disadattati che non avevano avuto nulla dalla vita e che si meravigliavano di avere la fortuna di essere vivi ogni giorno che passava. Il Cavaliere non sapeva ancora molto della sua adolescenza ma poteva facilmente intuire che non aveva passato i suoi primi anni nuotando nell'oro - e sebbene il paragone con i più sfortunati del mondo magari non era né calzante né troppo lodevole, ad Antonio era ciò che prima di tutto era venuto in mente.
Come il nonno di Antonio veniva dal Mediterraneo più inoltrato, così aveva saputo che gli antenati di Jake erano di origine germanica. Lo aveva capito quando il Mago gli aveva rivelato il suo cognome, un insieme di “k” e si “h” che difficilmente avrebbe pronunciato, a meno che non fosse stato praticamente costretto dalla situazione. Erano migrati dopo le guerre, scappando da una situazione politica e nazionale che non riuscivano più a sostenere. Si erano arrangiati secondo le loro capacità, arrivando a una condizione di vita accettabile e dignitosa nel giro di mezza generazione. Quello che Jake era se l'era costruito solo con le sue mani e le sue forze.
Antonio aveva provato ammirazione per lui e per i vari componenti della sua storia personale, davvero. Non poteva che pensare bene di persone del genere, lui che aveva avuto la fortuna di nascere in una società che lo avvantaggiava e gli forniva tutto quello di cui necessitava. La laurea in Lettere l'aveva conseguita grazie agli aiuti statali, anche se una buona borsa di studio al primo anno l'aveva motivato parecchio.
Con quei due gelati enormi tra le mani, però, per qualche minuto tutti i problemi passati, futuri e presenti andavano via e lasciavano spazio non altro che a due sorrisi sinceri e compiaciuti.
C'era anche una panchina specifica, quella su cui Jake si voleva sedere sempre dopo aver ricevuto tra le mani il suo tesoro verde e bianco, senza la quale sbuffava irritato e lanciava occhiate di ghiaccio a chicchessia. Era la panchina che dava sul laghetto, sotto la quale le anatre si riunivano per starnazzare in compagnia e sulla quale era possibile vederle, sentirle e dar loro da mangiare come quei vecchietti simpatici che non fanno altro nella vita. Il Mago era proprio anziano dentro, aveva dei passatempi assai imbarazzanti, ma Antonio capì quanto potesse essere divertente vedere quei volatili quasi uccidersi per un tozzo di pane e ingaggiare lotte all'ultimo sangue per una postazione migliore.
Se Jake era un pensionato, lui era di certo un sadico.
Dal chioschetto del gelato alla panchina c'era qualche metro di passeggiata, quel poco che bastava perché non si sentissero più le voci concitate dei bambini disperati, delle madri isteriche e dei padri annoiati, ma invece fosse possibile deliziarsi del cinguettio di quei pochi uccelletti ancora vivi e il suono leggero di fluttui che lentamente scorrevano fino al lago.
Antonio aveva compreso fin da subito perché Jake ci tenesse tanto a quel suo piccolo angolo di paradiso: non possedeva altro di tanto bello.
Quella volta, quando arrivarono a destinazione in perfetto silenzio - leccando silenziosamente la panna rimanente sui mucchi di gelato sopra la cialda - dovettero condividere la panchina con una graziosa e silenziosa anziana signora, che non faceva altro che stare ferma e guardare le barche sul lago. Antonio e Jake si sedettero al loro posto, come se nulla fosse.
Ogni tanto, il Cavaliere sospirava. E non per noia, non per capriccio, ma per una tranquillità interiore raggiunta per gradi. Guardava il cielo sgombro di nuvole e sorrideva, guardava i bambini correre da una parte all'altra e sorrideva, sorrise persino quando un cane gli venne incontro per fare conoscenza, attratto da quanto aveva in mano; gli leccò tutta la faccia e lui rise senza malizia, tanto contento.
Era quasi come se stesse scoprendo per la prima volta la vera felicità.
Perché per Jake era davvero così, anche se non lo dava a vedere: prima di quella, aveva avuto solo due altre relazioni, con una donna e con un uomo, durate poche settimane e senza lasciare nei suoi ricordi grandi avvenimenti. Di incontri occasionali qualcuno, di sesso ogni tanto, ma di sentimenti davvero pochi. Con Antonio si era proposto in prima persona e pareva incredibile anche a lui quanto l'avesse preso - tanto che non si ritraeva più quando il Cavaliere gli prendeva la mano in pubblico, non sgusciava via quando gli chiedeva un bacio a fior di labbra. Da qualche mese a quella parte aveva smesso di pensare davvero.
Antonio mise, all'improvviso, una mano sul suo ginocchio, e gli indicò col capo una signora mamma col suo bambino. La scena si presentava abbastanza comica, perché lei era vestita davvero bene mentre i bambino era pieno di fango dalla testa ai piedi: un'accoppiata incredibile, senza dubbio.
E Antonio non poteva resistere un solo secondo di più in silenzio.
-Hai visto quella? Ah, se non sta attenta le metterà tutto quel fango sul vestito! Pensa a quanto possa essere bella una macchia marrone su un vestito così rosa! Starebbe un incanto, proprio!-
Rise da solo, senza darsi la pena di non farsi sentire. Jake fece solo mezzo sorriso e continuò a mangiare, abbassando lo sguardo quando la signora li guardò con un'occhiata davvero poco gentile.
Sospirò profondamente e sulla lingua, all'ennesima leccata, sentì già il sapore di pistacchio che si mescolava con quello del cioccolato. Era il momento della degustazione che lui preferiva su tutti, quindi si godette il momento senza più prestare attenzione ad altro.
Sentì qualche secondo dopo un'anatra avvicinarsi ai suoi piedi. La fissò come lei fissò lui, scuotendo la coda piena d'acqua, poi fece una specie di “quack” e zampettò avanti, verso la sua persona. Pareva ben decisa a farsi dare qualcosa, neanche gli aspettasse di diritto.
Quando Antonio la vide, prese la propria cialda e la spezzò in tanti tocchetti per porgergliela - lui non la finiva mai apposta, divertendosi come un matto a lanciarne piccoli pezzi agli animali. Quando anche le altre anatre videro che era l'ora del pasto, uscirono dal lago e si affollarono davanti a loro, cominciando a starnazzare senza ritegno. Antonio rise forte davanti alla scena, seriamente divertito. Con un altro piccolo pezzo di cialda riuscì a far avvicinare a sé, di tanto, un'anatra particolarmente affamata che zoppicando e scuotendo la coda come una matta allungò il collo fino quasi a toccargli direttamente la mano.
Era proprio bello vederlo così, senza pensieri a corrugargli la fronte.
Jake lo lasciava fare e aspettava il suo turno: quando la cialda di Antonio finiva c'era quel pezzo di cono finale che il Mago non mangiava mai e quindi dava agli animali, prendendosi la sua giusta parte di divertimento.
Quella volta non si intromise alcun bambino, ma Jake sapeva che quando un discreto numero di bestie arrivava ai suoi piedi era molto frequente che si avvicinassero anche bimbetti di tutte le età, attratti da quell'insolita forma di gioco. Se andava bene si univano a lui e gli chiedevano un tocchetto di cialda da offrire alle anatre, se andava male cominciavano a inseguire i poveri pennuti fino a quando non li vedevano scomparire in direzione del lago. Jake aveva molta pazienza, specie se si trattava di bambini.
Gli volò addosso un piccione, costringendolo ad abbassare la testa di scatto per non essere colpito alla testa. Era molto popolare in quel parco, Antonio glielo fece notare con una certa forte risata.
Dopotutto, era davvero bello - Antonio lo pensò nel momento esatto in cui lo guardò con attenzione, mentre allungava il cibo e lo distribuiva equamente ai richiedenti. Non aveva la solita aria pragmatica di sempre, né quella spossata del dopo lavoro.
Il Cavaliere gli sorrise quando Jake, accortosi dello sguardo fisso che lo stava investendo in pieno, si era girato dalla sua parte. Senza imbarazzo aveva risposto alla sua espressione gioiosa per poi tornare dalle sue anatre.
Antonio si sporse all'improvviso verso di lui, con un fazzoletto in mano. E prima che gli occhi dell'altro potessero chiedere chissà che cosa, lui gli stava pulendo il bordo della bocca ancora sporco di gelato verde.
Ah, da quant'era che non riceveva un gesto del genere? Probabilmente, l'unica che si era permessa tanto era sua madre - nessuno oltre lei avrebbe potuto provare un moto di tenerezza nei confronti di una tale seria, diligente e zelante persona. L'unica eccetto Antonio, che con un concetto del “normale” e “carino” fuori dal comune gli ripeteva in continuazione che era grazioso. Jake una sola volta gli aveva fatto notare come la grazia fosse una virtù molto femminile, ma l'altro aveva riso e aveva continuato a definirlo così, imperterrito nella propria convinzione. Strano lui, davvero strano.
Jake lo guardò mentre terminava il gesto con un largo sorriso, visionando bene tutta la zona della bocca per vedere di non aver lasciato altre briciole o altre macchie sulla pelle. Poi alzò lo sguardo ai suoi occhi e il sorriso sulle sue labbra si fece ancora più amplio e luminoso.
-Ora stai meglio! Sei tutto pulito!-
Se ne fosse stato davvero capace, Jake gli avrebbe detto che stava bene da tempo: stava incredibilmente bene ogni volta che gli prendeva la mano come se fosse la cosa più naturale del mondo, stava incredibilmente bene ogni volta che sorrideva a lui e a lui soltanto senza considerare altro pubblico che non la sua persona, stava incredibilmente bene ogni volta che si accorgeva che stava parlando per le sue orecchie e non quelle di altri uomini o donne. Stava bene, Jake stava davvero bene.
Per quel motivo, senza sorridere, si sporse a sua volta verso di lui e gli diede un piccolo bacio - una tenerezza discreta - sulle labbra, senza pretendere nulla di più. Con gli occhi aperti, lesse la sorpresa nei suoi e subito si ritrasse per tornare da dove era partito.
La vecchia accanto a loro vi aveva visti e li stava ancora fissando, con uno sguardo di fuoco che non lasciava intendere proprio niente. Sarebbe stata la prima volta che avrebbero accusato il Mago di atti osceni in pubblico.
Ma ecco, ecco l'indifferenza per come andava il mondo oltre sé stesso che riempiva di colore gli occhi di Antonio. La sicurezza di muoversi nel giusto che lo rendeva sfacciato oltre ogni immaginazione era quanto di più bello potesse esserci, perché lo isolava da ogni maldicenza e lo rendeva pressoché invincibile di fronte al giudizio sociale. Jake si era accorto da parecchio di essere stato attratto, fin da subito, proprio da quello.
Antonio lo baciò, prendendogli la nuca con la mano e appiccicando la propria bocca alla sua. Davanti alle anatre esigenti, alle mamme e ai loro bambini, alla vecchia che sbuffando irata era andata via in uno scalpitio irritato di tacchi. Jake trattenne il respiro e si concesse il lusso dell'immaginazione: pensò di non essere più solo a quel mondo.
Nel momento in cui si separarono, stavano ancora sorridendo - ed era un sorriso vero quello sulle labbra del Mago, come era vero quello sulle labbra del Cavaliere.
Tornarono assieme alle anatre senza porsi alcuna domanda. Jake magari poteva portare al pensiero l'immagine di quei bambini che non avrebbero più avuto il permesso d'avvicinarsi a lui, non almeno a quando c'era Antonio a tenergli la mano; eppure le anatre starnazzanti non avevano fatto caso al tutto se non come un'immotivata pausa al loro nutrimento e starnazzavano con una certa cattiveria facendo un baccano immenso.
In quel momento, gli bastò sentire la consistenza del suo corpo di fianco per chiudere gli occhi di fronte al mondo e definirsi, sul serio, felice.
Il secondo anno, ciò che sancì ogni relazione ufficiale, fu il testimone della più genuina delle felicità e della più pura delle ingenuità, dove un caldo Luglio rendeva gli animi e i corpi molli di pulsioni ormai svelate completamente.
*Autore: Rota
*Titolo: Dare tempo al tempo
*Capitolo: Anno 3 - Settembre
*Fandom: Originali/Generale
*Personaggi: Jake il Mago, Antonio il Cavaliere
*Prompt/Sfida COW-T: Anni/Sesta settimana
*Genere: Introspettivo, Generale, Romantico
*Avvertimenti: One shot, Raccolta, Slash
*Rating: Giallo
*Parole: 2195
*Dedica: Al mio maghetto personale, Prof no Danna.
*Note autore: Quarto capitolo, hollallallà (L) Nel capitolo precedente abbiamo visto quanto sono amorevoli, puccipucci, etcetc il nostro maghetto e il nostro cavaliere, ora direi che è maturo il tempo per porci di fronte alle prime incrinature che un rapporto del genere comporta èwè non è per sadismo o qualcosa di simile, ho pensato che dati i caratteri che ho dato loro arrivasse naturalmente una cosa del genere - senza contare che qualsiasi rapporto NORMALE non è tutto rosa e fiori D:
Beh, a parte questo, vi auguro una buona lettura (L)
Jake non aveva fantasia, ne era quasi totalmente sprovvisto. Il fatto che riuscisse comunque a giocare ai giochi di ruolo classici, dove la mente non doveva sforzarsi troppo e l'ingegno sopperiva a certe carenze meglio del necessario, lo doveva alla sua naturale capacità strategica che - in altri tempi e in altre occasioni - avrebbe fatto di lui un perfetto ed eccellente soldato. Si destreggiava con pozioni perché come ogni scienza la chimica era esatta, anche se i nomi degli ingredienti li inventava non tanto la fisica quanto la mente arzilla della Veggente. Aveva affinità con gli incantesimi perché aveva un poco di sensibilità linguistica e sapeva inserire nel posto giusto la parola giusta, anche se non conosceva troppo bene né latino né greco avendo alle spalle studi quasi totalmente tecnici. Insomma era dotato di qualità non mediocri ma che non erano in grado di farlo spiccare più del dovuto.
Per questo si sorprese, e parecchio, quando trovò la porta del proprio appartamento aperta, di ritorno dal lavoro. Era una di quelle sere che doveva passare in completa solitudine - Antonio gli aveva anticipato che era dovuto correre da una madre malata per darle un poco di conforto - magari sgranocchiando una ciotola di pop- corn fatti in casa e guardando uno di quei film impegnati che duravano all'incirca tutta la notte. E invece no, invece la porta di casa sua era aperta senza che lui avesse tirato fuori le chiavi dall'apposita tasca e le avesse messe nella serratura.
Non osò sospirare troppo forte e con l'animo già si stava preparando al peggio. Non aveva mai messo allarmi strani nel proprio appartamento, più per negligenza che per vera e propria indifferenza. Valutò rapidamente cosa potesse mancare, quali oggetti preziosi potessero far gola a un qualsivoglia ladro. I suoi pc, alcuni risparmi nascosti qui e là, la televisione e qualche elettrodomestico. Nulla di più.
Avanzava già sicuro verso la propria sala, sconfortato nell'animo. Ma quando accese la luce, con un piccolo “click” dell'interruttore, trovò solo quel demente di Antonio che fece scoppiare un festone con un sorriso che gli copriva tutta la faccia.
-Buon compleanno, Jake!-
Il Mago strabuzzò gli occhi, davvero colpito, ma non fu abbastanza rapido a fare altro che già quello gli era piombato addosso e lo stava abbracciando.
-Oggi sei diventato più vecchio! Complimenti per essere come sempre bellissimo!-
Sbatté le palpebre un paio di volte e sentì la cartella da lavoro scivolargli via dalle dita inermi. Vide da sopra la spalla del Cavaliere la tavola apparecchiata e un dolce gigantesco che spiccava in tutto il suo splendore proprio al centro del tale - poteva giurarci che era fatto tutto di panna e crema, dacché se anche Antonio lo voleva mangiare senza rischiare un mal di pancia assurdo non poteva essere fatto diversamente.
L'uomo gli prese il volto tra le mani e lo baciò a stampo per poi abbracciarlo di nuovo, tutto allegro. Ancora mezzo frastornato, Jake rispose alla sua stretta e affondò, con poca delicatezza, il viso contro il suo collo. No, non era ancora così stanco da doverlo mandarlo via per potersi godere la pace.
E poi, un po' di felicità la dovevano pur condividere, in quei giorni. Non era stato un bel periodo, per loro due. Passati i primi mesi di totale e completa euforia, erano venuti a galla i problemi che una relazione simile di sicuro comportava. Problemi di comunicazione, certo, perché non sempre tutto quello che Antonio faceva Jake lo apprezzava, e non sempre quel poco che Jake diceva Antonio riusciva a interpretarlo; allora entrambi si irritavano fino quasi alla rabbia. Problemi di aspettative, perché Antonio aveva avuto una sola volta nella vita una relazione dalle premesse tanto rigide, arrivando quasi al matrimonio, e non riusciva più a impegnarsi a cuor leggero con una persona, mentre Jake prendeva tutta la faccenda in maniera fin troppo seria, volendo chissà che cosa.
Problemi, infine, di resistenza. Appunto perché Jake non aveva mai avuto alcuna relazione, non era neppure troppo pronto a subirne le conseguenze - e specie, ai giudizi altrui.
Antonio, dopo averlo strizzato per bene, gli prese la mano e lo condusse tutto sorridente al tavolo, offrendogli egli stesso la sedia sulla quale sedersi.
Si rivolse a lui con un'intonazione galante e un gesto molto, molto educato, tanto che il Mago gli concesse un mezzo sorriso seppur stanco.
-Prego, signore.-
L'uomo accettò il suo invito e si sedette, aspettando che lui spingesse la sedia in avanti per accomodarsi e quindi guardare quanto aveva di fronte.
Antonio aveva preparato quel pasticcio di carne in cui era tanto bravo, e Jake era sicuro che ci avesse messo dentro una quantità di pepe assurda - il Mago adorava il pepe, era una di quelle spezie che metteva praticamente ovunque per qualsiasi cosa. Poi aveva lessato delle zucchine e delle carote, aveva fatto manualmente della maionese e preparato uno di quei té in polvere di cui Jake andava particolarmente ghiotto. Infine, ovviamente, c'era il dolce.
Il Mago lo guardò in viso, pieno di commossa gratitudine.
Il Cavaliere iniziò a servirlo come si conveniva, aspettando che lui gli facesse qualche cenno per smettere di versargli roba nel piatto. Si servì per secondo e quindi cominciarono a mangiare.
Erano così vicini che non facevano fatica a toccarsi, con le ginocchia e i fianchi. Ogni tanto, quando Jake gli chiedeva da bere e Antonio smetteva persino di masticare per accontentarlo, si scambiavano anche delle occhiate divertite per poi tornare alle loro faccende.
Fu un pasto particolarmente silenzioso, per entrambi. Il Cavaliere si trattenne dal parlare a vanvera, quella sera, credendo che così facendo potesse davvero porre totale attenzione al festeggiato. Perché di cose da dire, lui, ne aveva parecchie.
Per esempio voleva chiedere spiegazioni a Jake su quella chiamata bruscamente interrotta proprio di due giorni prima. Sapeva che Jake la sera era stanco, dopo tutte quelle ore di lavoro, e che la sua già poca voglia di parlare diventava ancora più misera, ma perdere la pazienza a quel modo e sbattergli la cornetta in faccia senza neanche salutarlo non gli era sembrata una cosa tanto carina da fare, anche per uno come lui.
Che si trovasse a suo agio o proprio no, ad Antonio serviva parlare. Era stato così all'inizio, quando gli diceva quanto fosse bello avere qualcuno con cui dividere il letto, ed era anche in quel momento, per dirgli che sotto la tristezza che man mano lo avvolgeva sentiva comunque una sensazione di piacevole resa.
Perché tutte le volte che gli diceva che fosse bello, era una sacra e santissima verità.
Finito di mangiare il pasto, Antonio sparecchiò velocemente e tornò con delle candeline che aveva nascosto in cucina e il suo accendino. Jake gli sorrise apertamente nel vederselo arrivare vicino, con quell'aria tanto contenta da sembrare un bambino, e batté le mani per l'emozione.
Contandole una a una, Antonio gliele accese tutte quante.
-Ecco qua! Ora devi esprimere un desiderio!-
Jake lo guardò male e il Cavaliere rise forte a quella sua faccia stranita.
-Così si fa normalmente! É un'usanza cretina ma bisogna attenersi alle regole! Suvvia, la prima cosa che ti viene in mente!-
Jake lo guardò male ancora ma eseguì l'ordine: chiuse gli occhi per qualche istante e rivolse le proprie speranze a un Dio del fuoco poco conosciuto. Poi riaprì gli occhi e, a più riprese, riuscì a spegnere tutte le candeline - Antonio, accanto a lui, rideva sinceramente divertito.
Furono tagliate due fette enormi e, considerando quanto già aveva nello stomaco, Jake era sul punto di rifiutare tutto quel cibo e tutta quella panna, in virtù di una sopravvivenza futura garantita. Tuttavia Antonio non sentì scuse e anzi gli mise proprio davanti al suo naso la parte che gli spettava.
Quella era certo una delle cose che Jake meno sopportava di lui: l'insistenza. Il Mago non era un tipo capace di azioni decise, non si imponeva sugli altri con forza né desiderava farlo. Aveva sempre trovato, durante il corso della sua vita, persone che di fronte a un esplicito “no” si fermavano e si ritraevano, senza aver dovuto dar loro intime spiegazioni per le proprie decisioni. Con Antonio non era così, si doveva ripetere anche cinque volte di seguito - e spesso non bastava neppure quello. Antonio non capiva che la sua pacatezza non era sinonimo di indecisione e che non c'era alcun “sì” nascosto nel suo rifiuto, neppure se cercava benissimo. Convinto delle proprie idee, il Cavaliere non teneva conto delle sue.
Jake fece per prendere il piatto tra le mani, un poco irritato, ma inforcata la posata con le dita fu derubato del proprio dessert da un ancora più ilare Antonio. Sotto i suoi occhi stupefatti l'uomo tagliò un piccolo pezzetto con i denti della forchetta, lo infilzò e glielo porse.
Lo voleva imboccare, in poche parole.
Il Mago non ebbe la forza di replicare e a voler essere sinceri non avrebbe saputo davvero cosa dire. Così lo lasciò fare, e mentre lui tagliava pezzettino dopo pezzettino si limitava a guardarlo in faccia con un'espressione tanto rapita da far quasi tenerezza.
A suo modo, Antonio riusciva a chiedere perdono per ogni marachella compiuta. E lo fece davvero, perché a metà fetta invece del dolce gli porse il proprio viso, con un sorrisetto malizioso a incurvargli le labbra che era impossibile non capire cosa desiderasse. Jake gli sorrise appena e andò a baciarlo, rimanendo poi intrappolato dalla sua lingua e dalla sua bocca che sapeva ancora di carota.
Pensò, mentre chiudeva gli occhi per qualche istante, che fosse splendido. Poi li riaprì e tornò a guardarlo davvero, senza più pensare a nulla.
Quando anche Antonio finì la propria porzione, si alzò dal tavolo tutto pimpante e andò verso il divano davanti al tavolo, frugando per terra alla ricerca di qualcosa. Tornò da Jake con una piccola gabbia, in vista sulle grate bianche un fiocco spaventosamente blu. Il Cavaliere la mise sopra il tavolo e la indicò come se fosse stata la cosa più bella del mondo.
-Ecco qui il tuo regalo! Oh, sono sicuro che ti piacerà tantissimo! Te l'abbiamo fatto io e i ragazzi! Anche Miguel e Dimitri hanno contribuito!-
Il Mago aveva già intuito cosa fosse quell'affare, ma non poté che guardare con una certa sorpresa l'esserino che, risvegliatosi dal suo sonnellino per tutto il trambusto che quel buzzurro di un Cavaliere aveva fatto, sbucò dalla segatura sul fondo. Dapprima sporse il naso, poi si arrischiò a uscire con tutto il muso, infine zampettò in avanti alla ricerca di probabile cibo.
Era un topolino bianco, uno di quelli che senza difficoltà si ammaestrano per alcuni giochetti con corde e labirinti. Jake si era lasciato sfuggire tempo addietro che durante la sua infanzia ne aveva sempre desiderato uno - come ogni bambino povero che desidera la compagnia degli animali più semplici e a lui familiari - e quello era il risultato. Non sapeva se esserne felice o altro: considerando che aveva poco tempo da offrire ad Antonio, non sapeva davvero quando si sarebbe potuto prendere cura di quell'animaletto tanto grazioso.
Tuttavia non resistette alla tentazione di allungare le dita verso la gabbia, perché l'affarino gliele annusasse e lo riconoscesse. Il topino si avvicinò a lui con attenzione, si mise sulle zampette posteriori e afferrò la sua falange come se fosse stato il ghiotto seme di una pianta. Non lo morse ma lo analizzò con tutta la cura possibile e, decretando che era solo uno sciocco umano, lo lasciò andare per tornare al suo giaciglio.
Tra sé e sé, Jake lo chiamò Ernest.
Tornò a guardare Antonio solo quando questo gli si rivolse direttamente.
-Allora? Ti piace? É abbastanza di tuo gradimento?-
Jake alzò lo sguardo sulla sua persona e si limitò a sorridergli. Aveva negli occhi tutta la felicità sufficiente perché lui capisse a che livelli gli fosse piaciuto un tale regalo, al di là di ogni preoccupazione e logica.
Antonio batté le mani, entusiasta, e continuò il suo sermone.
-Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto! Miguel non era sicuro, diceva che avresti preferito altre cose, come un set di cravatte o un completo intimo leopardato. Non so sinceramente dirti se stesse scherzando oppure lo dicesse sul serio, tuttavia gli ho detto che non era cosa da farsi. Ho anche aggiunto che tu non metti mai cose stravaganti e che il massimo di stranezza che ti ho visto addosso è stata una mutanda a righe, quindi lui e Dimitri sono ammutoliti e hanno accettato la mia proposta del topo. Tu guarda che gente strana che c'è in giro!-
Jake si alzò, all'improvviso, e andò da lui con passo svelto. Lo fermò nel bel mezzo del discorso - mentre diceva che in realtà Dimitri sarebbe stato più propenso a regalargli un pesce rosso poco vivace quando l'aveva visto al negozio - e lo zittì con un bacio.
Antonio reagì bene: lo abbracciò e lo trascinò con sé sul divano.
Non fecero l'amore ma dormirono abbracciati sopra lo stesso materasso.
Non fecero sogni uguali ma condivisero le medesime lenzuola.
Si illusero, entrambi, che potesse andare tutto bene oltre i litigi e oltre le piccole scaramucce.
Eppure, prima di andare a lavoro la mattina seguente, Antonio non gli diede neppure un bacio per salutarlo.
Il terzo anno, ciò che incrinò di poco l'equilibrio naturale della bilancia, vide lo svolgersi di una realtà sempre più pesante e confusa, in cui malumori e personalità non reggevano il confronto con una felicità sempre più tiepida, nel Settembre che apre le porte al morente Autunno.