*Autore: Rota
*Titolo: Dare tempo al tempo
*Capitolo: Anno 0 - Marzo
*Fandom: Originali/Generale
*Personaggi: Jake il Mago, Antonio il Cavaliere, Miguel il Vampiro, Dimitri l'Angelo
*Prompt/Sfida COW-T: Anni/Sesta settimana
*Genere: Introspettivo, Generale
*Avvertimenti: One shot, Raccolta
*Rating: Verde
*Parole: 2355
*Dedica: Al mio maghetto personale, Prof no Danna.
*Note autore: Siccome non ho intenzione di fare come l'altra volta - ovvero il caos XD - quella che presento questa settimana è una raccolta di One Shot tra Jake e Antonio, ormai i miei prediletti. Sarà una raccolta che parla dell'evolversi del loro rapporto, da 0 a dopo di quanto ho già parlato nella long/quellarobachenondovevofaremachehofattolostesso.
“Munchkin” è un gioco di carte che conosco assai bene, per chi non lo tiene presente consiglio di dare un'occhiata alla pagina che ne spiega le regole altrimenti capirà sì e no mezza parola di quanto io dico XD é molto divertente, comunque, lo consiglio davvero :D
Indi niente, spero sia una buona lettura per tutti voi (L)
La prima impressione che ebbe di lui, dopo che con una lunga e analitica occhiata ebbe analizzato la sua intera figura, non fu quasi per niente positiva. Probabilmente a ragione, dal momento che Jake, nel suo completo da ufficio con tanto di camicia e cravatta, sembrava così tanto fuori posto da far venire da ridere - e Antonio aveva già intravisto attorno a loro qualcuno che nell'adocchiarlo non aveva neanche avuto la buona creanza di nascondere un sorriso divertito.
Stava mangiucchiando un dolcetto preso al bar, quelli pieni di farina di soia e altri dolcificanti che avrebbero relegato l'uomo entro i confini bianchi di un bagno nel momento stesso in cui i suoi succhi gastrici fossero venuti in contatto con l'invasore; Antonio odiava avere uno stomaco tanto sensibile ma purtroppo non poteva farci niente se non adeguarsi e portare tutto il proprio cibo da casa. L'uomo seduto al tavolo era solo e stava fissando il vuoto, con aria annoiata: non si capiva cosa volesse fare davvero e nessuno nella sala pareva intenzionato a scoprirlo, col rischio di avvicinarsi troppo a lui e rimanere infettato.
Era un pensiero brutto da fare, ma Antonio provò davvero pena per lui.
-Ehi, dico a te! Ti muovi a fare la tua mossa!-
Antonio distolse lo sguardo dall'altro uomo e mostrò un ampio sorriso al suo interlocutore. Stava vincendo la partita con una facilità che dava dell'incredibile e l'altro non vedeva l'ora di levarselo dai piedi per iniziare un gioco diverso.
Era così che funzionava, in Sale come quelle: si creavano gruppi di giocatori per ogni tavolo che impiegavano anche diverso tempo a portare a termine una sola partita. Chi aveva la fortuna di entrare dall'ingresso con un gruppo già formato, non spendeva un solo secondo che non muovendo pedine; chi invece ne entrava solo vagava per lo più in cerca di una compagnia alla quale aggregarsi. Antonio non era uno di quelli con la fretta addosso e quella sera aveva già cambiato tre gruppi, familiarizzando con perfetti sconosciuti.
Si divertiva, da matti, anche perché normalmente era lui quello che vinceva. Gli piacevano un sacco di giochi da tavolo, non aveva molta dimestichezza con le carte ma impiegava poco a capirne le regole e i meccanismi, aveva una logica tattica invidiabile. Era, in poche parole, il giocatore perfetto.
Pescò la propria carta e fece un altro sorriso, certo che nel giro di due mani avrebbe concluso la partita. Fece la sua mossa e attese, guardandosi attorno con la coda dell'occhio: l'uomo solo era ancora al tavolo e aveva finito il suo snack, stava cercando qualcuno di interessante a cui avvicinarsi ma non pareva attratto da nessuno in particolare; aveva uno sguardo freddo, e Antonio immaginò dovesse essere un impiegato, perché solo un impiegato potrebbe rimanere così gelido in un luogo del genere.
Fu portato al suo posto dal brusco movimento di una carta. Senza neanche più sorridere, appoggiò sulla superficie del tavolo la carta decisiva e ancora prima che l'altro giocatore si accorgesse di aver perso lui aveva già raccattato le sue robe e si era alzato dalla sedia.
Fu accompagnato da un insulto e da un paio di fischi, ma nulla di più.
Il suo problema era trovare gente abbastanza brava da potergli reggere il gioco, qualcosa di diverso che non fosse scontato e che durasse di più. Erano anni che passava le sue serate in quella Sala e dopo aver mollato la sua vecchia compagnia per questioni personali - una ragazza contesa tra lui e il suo vecchio migliore amico - vagava come un vagabondo alla ricerca di un riparo sicuro.
Solo per un istante gli venne la tentazione di sedersi al tavolo dell'impiegato, per fare conoscenza e per metterlo a suo agio; chissà, magari era anche bravo a far qualcosa, oltre che squadrare tutti con aria superiore. Però fu solo un istante, perché invece che fermarsi al suo tavolo tirò dritto senza neanche dare segno d'essersi accorto della sua presenza.
Andò invece al tavolo dietro, vicino a una faccia abbastanza conosciuta: Dimitri si accorse troppo tardi della sua presenza, quando ormai lui s'era già seduto e non poteva più cacciarlo via. Gli rivolse un'occhiataccia e pregò che almeno qualcuno del gruppo nel quale si era inserito quella sera captasse qualcosa e facesse di conseguenza - niente, la realtà doveva avercela a morte con lui ancora una volta.
-A cosa state giocando?-
Dimitri, quel tizio i cui capelli rosso fiamma facevano assomigliare a un semaforo e gli occhi chiarissimi una figura quasi eterea e ultra- terrena, stava mescolando tre mazzetti di carte diversi con le mani di uno che quelle cose è stato abituato dal tempo a farle.
-Giochiamo a “Munchkin”.-
Antonio fece un fischio e mise il proprio zaino sul tavolo cominciando a rovistarci dentro.
-Io ho il mazzo di “Lascia e raddoppia” e quello sui Caraibi! Voi con che versione volevate giocare?-
-Abbiamo “Munchkin Morde”...-
-Perfetto! Allora li possiamo mischiare!-
Antonio non fece molto caso all'occhiata di fuoco che gli rivolse Dimitri ma anzi appoggiò con una certa energia i mazzi accanto ai suoi, perché li mescolasse tutti assieme. Gli altri membri del gruppo parevano entusiasti della cosa - probabilmente stavano immaginando armi spaziali triple e scudieri con cinque braccia per fianco o qualcosa di molto simile - e quindi l'uomo non poté far prevalere il proprio disappunto. Non era propriamente giusto dire che non lo sopportava: non gli piacevano certi suoi comportamenti, tutto qui, e non era abbastanza in confidenza con lui per permettersi di farglielo notare più di una volta.
Cominciarono la partita in cinque, compreso un tizio dalla pelle scura quanto il cioccolato e dal ghigno furbo. Lui fu il primo a mettersi la Razza del Vampiro, già dalla prima mano, mentre i restanti componenti attesero Classi o Razze più ghiotte; da quel momento Antonio riconobbe Miguel in qualsiasi contesto e lo associò direttamente alla figura del succhia- sangue, con tutto ciò che ne conseguiva.
Fu una partita estenuante, per tutti quanti. Dimitri aveva pescato la Morte proprio quando gli mancavano due livelli alla vittoria mentre Antonio, con quelle sue parole audaci e le sue fortissime risate, si beccava contro tutti i Mostri associati che gli altri gli gettavano addosso senza neanche far finta di non avercela con lui. Stranamente per tutti, a vincere non fu né l'uno né l'altro, ma un tranquillo e scaltro Miguel che si era fatto mezzo Elfo e pure Ladro e, aiutando un proprio alleato, salì in maniera meccanica al decimo livello e quindi vinse.
Come era ovvio, si iniziò una seconda partita.
Antonio sentì solo a quel punto, da dietro, il rumore di una sedia che si muoveva. Sporgendo il viso per vedere cosa fosse successo o cosa gli capitasse attorno, vide l'impiegato che si era voltato di 180° gradi e ora gli era alle spalle, a guardargli le carte e a guardare come si muoveva in campo. All'uomo non era capitato così di rado di avere un pubblico, ma che fosse proprio Jake - che non aveva l'aria di una persona tanto avvezza a quel genere di ambiente - gli fece uno strano effetto. Gli rivolse lo stesso un largo sorriso e per le prime mani abbassò anche la spalla perché lui potesse vedere meglio cosa stava succedendo; poi la rialzò all'altezza giusta, sentendo i primi dolori lungo tutto il braccio.
Quella fu una partita molto rapida. Miguel era gonfio di vittoria, Dimitri di irritazione, Antonio di spavalderia come sempre. Tuttavia Dimitri rivelò di sé una tempra e una concentrazione che di primo acchito non si sarebbe davvero detto: a parte l'evidente astio che lo rendeva antagonista ad Antonio, era di suo una persona calma e morigerata, che difficilmente si arrabbiava tanto da desiderare una vendetta. Tuttavia, fu piuttosto crudele con Miguel e schiacciò come un piccolo insetto Antonio, arrivando entro la mezz'ora alla vittoria con la sola Razza di Gnomo e un'ascia larga quanto un cavallo. Fu deprimente per tutti, sul serio, e lo fu ancora di più quando Dimitri sottolineò la cosa con un sorriso lungo tutta la faccia e largo uno striscio di pelle appena rosata.
La cosa richiedeva giustizia.
-... Posso giocare?-
Antonio quasi sobbalzò quando sentì la voce di Jake - distaccata, professionale, neanche si stesse trattando di compilare il modulo di iscrizione per chissà che cosa. Aveva non solo l'aria da tecnico, ma persino le movenze e la parlantina.
Il fatto che sapesse persino parlare la lingua umana fu una cosa talmente sconvolgente per tutti che nessuno parlò per qualche secondo, dopodiché Miguel si fece avanti con una mano tesa e lo invitò a sedersi con tutti loro.
-Se sei capace, prego.-
Jake si mise accanto ad Antonio, come nessuno aveva in realtà mai osato fare: i giocatori erano i più abietti superstiziosi del pianeta Terra e circolavano voci strane sulla fortuna di Antonio, per esempio quella che la carpisse direttamente dalla prima persona a lui vicina e la facesse propria di punto in bianco, neanche avesse fatto un patto con chissà quale stregone nero. Jake, però, non dava neanche l'aria di uno che, conoscendo quelle voci, avrebbe dato loro retta.
Guardò Antonio quando gli passò le sue carte e non gli venne proprio da rispondere al suo sorriso luminoso - l'uomo lo odiò un pochetto, perché gli era proprio antipatico.
Quello che fu chiaro a tutti fin dal principio era che Jake amava con tutto sé stesso le strategie a lungo termine. Non a caso aveva scelto la Classe del Mago e faceva evanescere ogni singolo mostro troppo forte per lui, prendendosi una quantità assai preoccupante di tesori già dalle prime mani. A Miguel non piacque molto la cosa, tanto che ad un certo punto gli scagliò addosso qualche maledizione per il gusto di farlo: riuscì a togliergli l'armatura di cuoio e le calzature anti- fango, ma non beccò invece la pistola laser multi- getto a cui aveva puntato compiacendosi invece di vederla andare nella pila degli scarti. Nonostante tutti i suoi sforzi, Jake restò ancorato al suo livello tre per almeno dieci turni, per poi fare non si seppe bene cosa e arrivare direttamente al nove nel giro di mezza mano.
A quel punto persino Dimitri ed Antonio si preoccuparono, da morire. Anche a buttargli addosso qualche mostro non avrebbero fatto altro che aumentare il numero dei suoi tesori, aveva un Dado Appesantito di quelli che non si schiodavano neanche a pagarlo oro e nessuno della compagnia era un ladro abbastanza abile da ucciderlo e prendersi tutto quello che aveva - che era un mucchio di roba, decisamente. In più c'era quella specie di guardia del corpo, il Lupo Destriero, che si sarebbe sacrificato per lui in ogni occasione, quindi di omicidi portati a buon fine ne dovevano servire due e non solo uno; divenne assai complesso.
La cosa non si risolse con la vittoria di Jake, affatto. La sua scarsa dialettica gli impedì di farsi amico chicchessia e benché potesse aiutare praticamente chiunque, il suo aiuto veniva sempre rifiutato, con la spiacevole conseguenza di un isolamento via via più marcato. Per questo motivo fu Antonio a vincere, lui Alto Elfo Cavaliere d'oro mezzo Medusiano: gli era venuta contro una cosa chiamata Ratto Mannaro, un affarino che il massimo che poteva farti era rosicchiare le calzature e portarsele via; fu spazzato con un colpo di mano in un solo istante, e l'uomo vinse.
Tuttavia, fece proprio un gran sorrisone a Jake e non per cattiveria e malizia, né per infierire sulla ferita aperta. Si era solamente divertito e metà del merito era del Mago.
Accadde che, quella volta, Jake rispose con un mezzo sorriso appena, rivelando un'anima più o meno umana all'altro - era la prima volta che gli vedeva quell'espressione di euforica contentezza, come se nella sua vita non avesse fatto niente di più entusiasmante di quello, e fu bello potersene accorgere così, in maniera naturale.
Attorno a loro ci fu un coro di lamenti funesti e di parole non poco lusinghiere. Miguel sbuffò qualche secondo prima di concedersi un sorrisetto, mentre Dimitri aveva già gli occhi puntati verso gli altri e non li staccava più di dosso a loro.
Perché era evidente, almeno a loro quattro, quello che sarebbe successo da quella sera d'innanzi. La nuova compagnia si era formata, proprio a quel tavolo, e non si sarebbe certo sciolta presto.
Jake il Mago, Antonio il Cavaliere, Miguel il Vampiro e Dimitri l'Angelo si erano dunque riconosciuti e uniti - l'unica cosa che in quel momento mancava loro era l'effettivo collante che li avrebbe obbligati a rimanere un gruppo esclusivo.
Prima che qualcuno chiedesse una nuova mano, Miguel sbadigliò rumorosamente e si diede sconfitto, rovinando con l'intera faccia sul tavolo senza neanche guardarsi attorno. Era passata l'una di notte e a momenti sarebbe suonato il campanello che avrebbe annunciato la chiusura della Sala. Cominciarono ad alzarsi tutti e a sgranchirsi braccia e gambe con fare più o meno sonnolento.
Antonio si alzò, sbadigliando a sua volta, e lentamente separò le proprie carte dai mazzi che non erano suoi. Jake se ne andò senza dire nulla e fu tanto rapido che quasi il Cavaliere si sorprese di non averlo più accanto. Tuttavia lo incontrò fuori, proprio sotto la veranda che dava all'esterno, poco lontano dall'ingresso della Sala.
Era così evidente che stava aspettando qualcuno che Antonio gli fu accanto in meno di due passi.
-Ehilà!-
Si sorprese di vederlo sorridente, con un'aria stanca che non gli si addiceva quasi per nulla - o non si addiceva alla figura da perfetto impiegato secchione che a priori gli aveva incollato addosso. In quel momento provò un moto di simpatia per lui.
Jake allungò una mano, cordialmente.
-... Jake.-
Non disse il proprio cognome, ma fu uguale: probabilmente tutto ciò che richiedeva era una conoscenza ristretta e relativa all'ambito del gioco. Andava perfettamente, perché Antonio si rese conto di voler esattamente la stessa cosa.
Strinse quindi quella mano con vigore, scuotendolo tutto.
-Io sono Antonio! É stato proprio divertente giocare con te, sei un mago! Come mai non sei mai venuto qui, prima? Dovresti giocare più spesso con noi: sei bravissimo!-
Jake gli fece ancora quel mezzo sorriso ma non si degnò di rispondere alle sue domande. Antonio si rimase un poco male, ma con il passare del tempo avrebbe imparato quanto parsimonioso fosse quello strano individuo, specie in fatto di parole.
L'anno zero, l'inizio di tutto, ebbe come origine una bella giornata di Marzo, già sotto il segno dell'Ariete.
*Autore: Rota
*Titolo: Dare tempo al tempo
*Capitolo: Anno 1 - Maggio
*Fandom: Originali/Generale
*Personaggi: Jake il Mago, Antonio il Cavaliere, Miguel il Vampiro, Dimitri l'Angelo
*Prompt/Sfida COW-T: Anni/Sesta settimana
*Genere: Introspettivo, Generale
*Avvertimenti: One shot, Raccolta, Slash leggero leggero
*Rating: Giallo
*Parole: 2500
*Dedica: Al mio maghetto personale, Prof no Danna.
*Note autore: Eccoci al secondo capitolo (L) per quanto riguarda la cronologia del rapporto tra Jake e Antonio, diciamo che siamo ancora in alto mare XD Dal prossimo capitolo saranno una coppia fatta e finita, per adesso non ancora ma qualcosa s'è sicuramente mosso. Diciamo che la long che ho scritto e pubblicato si ambienta tra questo capitolo e quello che segue :D
Antonio era incapace di decifrare le situazioni che gli si presentavano davanti agli occhi, ed era così evidente che quasi tutti loro ci avevano fatto il callo, dopo quei mesi passati assieme a darsi battaglia più o meno esplicitamente. Aveva una fiducia nel prossimo che non arrivava ai livelli di Dimitri, questo no, ma vedeva il mondo o bianco o nero e tutto quanto riguardava la prima parte lo accecava a tal punto da non renderlo più tanto razionale.
Insomma, Miguel aveva cercato di avvertirlo, che una serata del genere sarebbe stata fuori luogo - gli aveva detto, sillabato con quelle sue labbra carnose e scurissime, che non era il caso che quattro tipi come loro si ritrovassero nel medesimo luogo senza avere carte in mano o qualche gioco con cui impegnare il tempo. Il Vampiro era stato chiaro, peccato che aveva evitato, per evidente imbarazzo, di chiarire anche le motivazioni delle sue affermazioni, tanto che Antonio si convinse che il suo era eccessivo pudore e che altro non gli serviva se non una bella serata in compagnia con tutti loro.
Il Cavaliere, se decideva una cosa, era irremovibile. Dimitri l'avrebbe definito ottuso, Miguel a tratti idiota, Jake si sarebbe limitato a guardarlo con divertita sufficienza, ma il concetto non cambiava qualsiasi fosse stata la persona a esprimerlo.
Il punto fu che a loro, il concetto di disastro, si palesò davanti agli occhi nel momento esatto in cui tutti e quattro si riunirono di fronte all'ingresso del locale, mentre ad Antonio non lo fu proprio mai. D'altronde non era soltanto l'estrazione sociale che li divideva, ma anche e specie il modo e l'etica con cui vivevano ogni giorno. Dimitri aveva un completo elegante da signore mentre Jake era arrivato sul luogo direttamente con i mezzi pubblici: la differenza tra i due era evidente e per nulla colmabile.
Antonio non si era accorto del loro disagio e aveva alzato il pugno al cielo - gesto che faceva ogni tanto, durante l'esaltazione massima.
-Bene, ci siamo tutti ! É ora di entrare!-
La pizzeria era carina, uno di quei nuovi locali grandi e allestiti con un certo gusto, pieni di camerieri e cameriere in divisa, il forno e il pizzaiolo in vista sopra un piccolo palco al centro. La cosa era molto semplice: non si doveva ordinare una pizza precisa ma si prendeva una fetta di ogni pizza che un cameriere portava attraverso tutti i tavoli. A eccenzion fatta della bibita, unica cosa che potevano scegliere anticipatamente, i clienti avevano una gamma di possibilità quasi infinita. Antonio aveva scoperto il locale uscendo con altri amici, tempo prima, e l'aveva trovato splendido.
Dimitri non mangiava pizza da almeno un anno e mezzo, a parte quella del bar della Sala giochi che ogni tanto ordinava, giusto per non morire di fame. Sulle prime non protestò, cercando di inserirsi nel gruppo nel miglior modo possibile. Visto senza niente addosso che lo potesse definire un giocatore incallito, sembrava davvero un'altra persona. Aveva i lunghi capelli pettinati all'indietro, un viso pulito e dei modi signorili che nessuno gli aveva mai visto portare. Fu più una sorpresa che tutto il resto del locale, in effetti.
Tra lui e Jake, d'altronde, non vi fu altra differenza: non parlarono molto entrambi e per lo più si limitarono a lanciare occhiate di diversa natura in giro. Dimitri diceva qualche parola in più, giusto per stuzzicare Miguel e non fargli credere che solo perché aveva una bella cravatta al collo allora era diverso dal solito, specie con una fetta di pizza alla salsiccia grande quanto due mani nel piatto. Jake parlò nelle uniche occasioni di ordinare da bere - un'aranciata non frizzante e con tanto di ghiaccio - e per dire no alla fetta di pizza con le cipolle che altrimenti stava male per giorni interi: quella roba non la digeriva tanto bene.
Miguel ribatteva quanto gli altri dicevano, specialmente a quanto Dimitri gli rivolgeva in maniera diretta, stuzzicandone il braccio e l'orgoglio con sempre maggior evidenza; che fosse rivalità o altro, pura e semplice cattiveria, era difficile dirlo.
Antonio, in definitiva, fu l'unico dei quattro a parlare davvero. Non era una novità, nel gruppo: il Cavaliere era solito tenere lunghi sermoni, infiniti monologhi che si fermavano quei due secondi ogni tanto per fargli riprendere fiato. La cosa sarebbe stata anche tollerabile, se solo non si fosse obbligato di porre domande agli altri, aspettandosi anche una risposta soddisfacente che andava oltre il monosillabo.
D'altronde, era stato lui a organizzare la serata, in meno di mezzo minuto. Stavano ancora giocando a casa della Veggente, quella cara e deliziosa bambina che li aveva accolti nel suo magico mondo col solo intento di dannarli e far loro patire le pene dell'Inferno più buio, quando l'illuminazione l'aveva colto e allora aveva proposto la grande serata. In realtà già da qualche tempo aveva intenzione di fare una simile proposta, perché per una persona come lui era difficile essere sprovvisto di amici con cui condividere qualche ora dopo il tramonto che non per una sola cosa, ovvero “Munckin”, “Bang!”, “Magnifico” e altro per loro. Inoltre gli sembrava assurdo non poter frequentare in altri contesti le persone con cui passava più tempo in assoluto dopo i suoi studenti, ovvero quei tre allocchi con cui faceva role davanti a un orrendo servizio da tè in ceramica rosa. Era nella sua natura affrontare le cose di petto, e infatti li aveva obbligati tutti a seguirlo in quell'assurdo progetto - la Veggente no, poverina, che lei aveva ancora scuola e non poteva stare troppo sveglia di sera, senza contare che la presenza di quattro uomini machi per una sola signorina non la entusiasmava per nulla. Così Dimitri, Jake e Miguel si erano visti costretti a seguirlo, sospinti nella decisione dalla minaccia più che reale di aver Antonio addosso per un periodo di tempo indefinito e di doversi sorbire personalmente tutte le sue lunghe, lunghissime lamentele.
Miguel sospirò più forte del solito, sorseggiando la sua coca con fare distratto: stava aspettando la pizza con rucola e grana, la sua preferita, e adocchiava i camerieri che volteggiavano tra i tavoli qualche metro più in là. Aveva negli occhi una noia evidente.
-In cosa consiste il tuo lavoro, Miguel?-
Il Vampiro quasi si strozzò nel sentirsi considerato all'improvviso e guardò Antonio con un certo odio davvero poco mascherato. Quel maledetto impiastro.
-Niente di troppo diverso da quello che fa un impiegato normale. Cambia il luogo ma non il concetto.-
Antonio insistette, come una locomotiva che sbuffando marcia sulla stessa rotaia un'infinità d volte fino a consumare il metallo.
-E cosa fa un impiegato normale?-
Infatti il Vampiro si spazientì e mancò poco che gli tirasse addosso un pezzo di grissino. Odiava le persone troppo invadenti, con tutto sé stesso.
-Lo puoi chiedere anche a Jake questo, non per forza a me!-
Antonio gli fece un largo sorriso, senza demordere.
-A Jake chiederò un'altra cosa, voglio sapere da te cosa fai tutto il giorno seduto su una scrivania!-
Miguel sbuffò e fece una cosa stranissima con la faccia: in un movimento inusuale, tirò indietro i muscoli che stavano sulle meningi, assumendo in volto un'espressione a dir poco inquietante, che avrebbe zittito chicchessia da qualsivoglia tentativo di avvicinarlo.
Tuttavia, Antonio non diede segno di turbamento e nel piatto del Vampiro comparve magicamente una fetta gigantesca di pizza - quella con rucola e grana che tanto gli piaceva - capace di acquietarlo quel giusto per farlo rispondere.
Aveva ancora uno sguardo di ghiaccio, ma almeno non pareva intenzionato ad ammazzare qualcuno.
-Principalmente riordino, scrivo e documento. Sono un sacco di tempo al computer a battere sui tasti, come una macchina. Poi leggo i resoconti al capo reparto e li espongo come conviene.-
Antonio non nascose una faccia piuttosto delusa.
-Tutto qui?-
-Te l'avevo detto che non era niente di ché...-
Così, di punto in bianco, Antonio cambiò interlocutore, lasciando Miguel ancora a bocca aperta e pieno d'astio.
-Cosa fai nel tuo tempo libero, Jake?-
Jake mutò radicalmente espressione quando vide il Cavaliere rivolgersi proprio a lui. Stava sogghignando per la durata della tortura di Miguel, un poco divertito da tutte quelle espressioni che gli si dipingevano in viso e lo facevano diventare un mezzo mostro capacissimo di azzannarti. Jake e Miguel non andavano molto d'accordo, mai l'avevano fatto, e questo perché avevano perlopiù mete in comune e seguivano schemi mentali diametralmente opposti - senza contare che, da quella loro prima volta a “Munckin”, Miguel si era legato al dito una sconfitta che aveva attribuito a lui soltanto. Se Jake godeva delle pene di Miguel, Miguel godeva per le sue, ed era un gioco sottile di sfinimento che non sarebbe terminato mai.
A quel modo Jake divenne d'improvviso serio e Miguel d'improvviso allegro.
-... Gioco a carte.-
Antonio rise, senza rendersi conto di essere assai crudele.
-Non fai altro, durante tutto il giorno? Lavori e poi vieni da noi a giocare? Non ti annoi proprio mai di una vita tanto misera?-
Jake non si vergognò della propria vita, non dopo tutti quegli anni passati a convincersi che era la sola possibile per uno privo di qualità come era lui. D'altronde, non aveva di ché lamentarsi: aveva una casa, riusciva a sfamarsi da solo, si poteva concedere due settimane l'anno di viaggi in capo al mondo. Poche cose gli mancavano, specie la vergogna di sé stesso.
-... No.-
Antonio sbatté le palpebre, un poco perplesso. Anche lui viveva una vita modesta, ma non tale da potersi definire anche triste.
Cambiò oggetto di studio, rivolgendosi all'Angelo col consueto sorriso a tutta faccia.
-Dimitri...-
Tuttavia, l'Angelo lo fermò con estrema durezza già solo a quella prima parola. Lo guardò dritto in viso e gli puntò addosso la forchetta.
-Non ho voglia di rispondere alle tue stupide domande. Dovresti farmi il favore di tacere per più di due minuti: stai diventando insopportabile.-
Antonio rise qualche istante per tornare da lui come se tutto quello fosse un grande gioco.
-Non ti facevo così acido!-
No, non lo era. Dimitri era serio, e lo poté capire subito.
-Siamo qui per rilassarci, ma tu non fai altro che farci domande su domande. Sembra un interrogatorio, non una cena. Queste cose le si dicono per piacere, non per obbligo. E scordati che io ti dica per filo e per segno tutto quello che faccio a lavoro, non finiremmo più e io non ho tutto questo tempo da perdere per te.-
Poche volte nella sua vita era stato così ripreso, e ormai poteva affermare di essere entrato in quella fase della crescita dove la gente non ti critica per aiutarti a migliorare ma lo fa perché sei sbagliato e basta. Aveva superato l'adolescenza da un pezzo, d'altronde.
Antonio si irritò per il tono usato dall'uomo e se la prese abbastanza da rimanere in silenzio per più di due minuti. Quando Jake cominciò a parlare, cercando con le sue forze di non far cadere a quella maniera tragica il tutto, il Cavaliere capì quanto doveva essere sembrato sciocco di fronte a loro: l'Angelo aveva ragione, aveva dannatamente ragione. L'Angelo aveva dato prova di una straordinaria dialettica sintetica che avrebbe sempre caratterizzato la sua personalità socialmente riconosciuta da quel momento in poi, come un faro di verità tra di loro.
La serata non finì lì, per fortuna. Antonio si riprese dalla predica nel giro di qualche minuto, quando ebbe la geniale idea di ordinare tre birre - e una limonata freddissima per Jake - per farsi perdonare. Avrebbe offerto lui almeno quello.
Si salutarono di lì a mezz'ora circa, quando una leggera pioggerellina cadeva dal cielo fitta fitta.
Jake si mise sotto il piccolo tetto della fermata dell'autobus, in attesa dell'ultima corsa del numero 15. Si sedette, conscio di dover aspettare altri sedici minuti, almeno fino a che la macchina di un certo Cavaliere molesto non gli si avvicinò col finestrino abbassato.
-Ehi, sei qui...-
Il Mago gli fu accanto, con un mezzo sorriso in viso: era il primo di tutta la serata.
Antonio fu quasi in imbarazzo a chiederglielo.
-Vai a casa con i mezzi? Non vuoi che ti dia un passaggio?-
L'altro non attese oltre e si fiondò dentro l'automobile con un sol gesto. Si ricordò solo una volta seduto di dovergli dire qualcosa, giusto per educazione.
-... Grazie.-
Fu un viaggio silenzioso. Jake era visibilmente stanco e con meno voglia di parlare del solito, Antonio non era più dell'idea che costringere gli altri a rivelare qualcosa di sé fosse giusto.
Arrivarono a una piazzetta, il capolinea della linea 15, il posto più vicino a casa di Jake che si poteva raggiungere in macchina.
Prima che l'altro sparisse, però, Antonio non riuscì proprio a trattenersi.
-Non è stata una bella serata, vero?-
Il Mago lo guardò in viso e non gli servì neppure rispondere a una domanda tanto ovvia. Ebbe però l'accortezza di non fissarlo troppo duramente mentre sbuffava e se la prendeva con sé stesso.
-Ah, cavolo! É colpa mia! Non avrei dovuto parlare così tanto, vi ho messi in imbarazzo! Sono proprio uno stupido! Eppure non mi era parsa una brutta idea, all'inizio!-
-... Tu devi avere pazienza.-
Lo guardò in viso, nella penombra in cui si era rifugiato.
Per quanto si potesse dire di lui, Antonio sapeva che Jake non adorava infierire sul cadavere di alcuno, specialmente del suo. Già da qualche tempo se n'era accorto: il Mago aveva nei suoi confronti più premura che verso tutti gli altri, e la cosa lo aveva davvero colpito.
Era calmo e tranquillo, come chi fa una confessione a qualcuno di intimo. La cosa non lo spaventò ma anzi lo rilassò, tanto che si sentì in vena di confidenze a sua volta.
-Dici che è per questo che non è andata bene? Sono stato troppo frettoloso, hai ragione tu. Se avessi cominciato a raccontare di più di me forse vi sareste trovati più a vostro agio, ma mi pareva così strano farlo. Non credo che possa essere tanto interessante il resoconto di un insegnante! Cosa avrei potuto dire? Quante note do ai miei studenti perché non stanno zitti?-
Lo sorprese ancora una volta - con quel mezzo sorriso a incurvargli le labbra e una gentilezza mai sospettata.
-... Mi interessa la figura dell'educatore. La reputo interessante.-
Gli sorrise, davvero grato. Si sentiva meglio ed era tutto merito suo.
-Sei molto gentile, Jake. Davvero molto, non credevo che potessi essere una tale sorpresa.-
Guardò in avanti, tenendo il volante della macchina, mentre continuava a parlare. Ora che la brutta sensazione gli aveva lasciato il corpo, andava avanti col discorso in maniera del tutto naturale, e il fatto che ci fosse proprio Jake ad ascoltare quelle sue parole era un dettaglio non poi così insignificante.
-Penso che questa compagnia mi piaccia tanto. Per questo ho cercato di approfondire il nostro legame. Sarebbe anche ora, non riesco più ad aspettare. Tutto quello che so di voi sono i nomi e le generalità, ma non è così che si conosce davvero una persona. Mi pare quasi di essere un bambino!-
-... Sei sensibile.-
Non lo guardò, non osò farlo.
Indicò con un gesto della testa la piazza di fuori.
-Siamo arrivati.-
Il discorso era finito, e il Mago capì al volto. Slacciò la cintura e fu fuori dalla vettura in pochi secondi, senza nulla aggiungere.
-Ciao, Jake. Alla prossima!-
-... Ciao.-
Il primo anno, ciò che rese palese un rapporto ormai in divenire, vide l'avvicinarsi delle due anime durante una sera del primissimo Maggio, dove Primavera e Estate mescolavano pensieri ed emozioni.