Nick: Shu-Maat
Fandom: Trinity Blood
Beta:
An_Rua_Mia
Prompt: Seth Nightroad, senilità
Avvertimenti: credo nessuno...
Rating: Verde/Per tutti
Riassunto: Ruotano i cieli,
volgono le ere, cambiano le espressioni e i colori sui volti degli uomini, si
sciolgono in polvere le città un tempo animate di folla. E lei resta sempre
bambina...
I suoi armadi
traboccano di abiti incredibili, complicatissimi capolavori di pietre preziose e
velluto, fioriture fuori stagione di pizzi e passamaneria d’oro. Tenute così
complicate che non si capisce neppure come faccia ad indossarle, o come possa
lei, così minuta, sostenere il peso dei cappelli, dei pendenti, degli infiniti
ornamenti in metallo. Ma è l’Imperatrice, e regge ben più di tutto questo sulle
sue spalle.
Eppure, in
fondo a quegli armadi, sotto alle gonne intessute di filo d’oro, sotto gli
strascichi, a ben guardare -se a qualcuno fosse permesso di guardare negli
appartamenti privati dell’Imperatrice- occhieggia ogni tanto qualcos’altro.
Calze a righe scompagnate, pantaloncini, vestiti come se ne potrebbero comprare
al mercato. E sono quelli per lei gli abiti più preziosi, i suoi segreti meglio
custoditi.
Perché sono
la sua libertà. Sono l'allegria, la curiosità, il capriccio di passeggiare per la
sua capitale, da secoli e secoli, come una ragazzina qualsiasi del popolo.
Si diverte ad
andare in giro per i quartieri alti, incassando rimproveri dagli stessi ministri
che un’ora prima s’inchinavano fino a terra davanti a lei. E soprattutto non si
stanca mai di passare fischiettando, nella luce del tramonto, tra le strade
della città bassa, a guardare lo scorrere di quelle vite misere e affascinanti,
che vede da secoli ma che riescono ancora a sembrarle sempre diverse. C’è sempre
qualche particolare nuovo da cogliere, qualche canzone, qualche insulto
fantasioso, o un gioco di bambini.
Non che tutto
questo sia sempre bello, però. Una volta, richiamata dai sorrisi e dalle parole
gentili, si è avvicinata ad una panchina dove riposavano dei vecchi della stirpe
dei Terran. La vecchiaia è sempre stata qualcosa che la destabilizza un po’. Non
ci è tanto abituata, non è facile da vedere, per le alte sale dei palazzi dei
Metuselah, perennemente splendenti di ori e di giovinezza. Ma quella volta, su
quella panchina, da un anello, da una particolare sfumatura del colore degli
occhi, ha riconosciuto tra quei vecchi un bellissimo kethüda che aveva avuto a
palazzo.
Dio… quanti
anni erano passati? Era l’altro ieri, per lei, che gli lanciava occhiate da
dietro le cortine e che con Mirka ci costruivano su milioni di battute e
scherzi… Non era possibile…
Era rimasta
paralizzata. Un saluto frettoloso, ed era scappata via.
Non era stato
certo vedere l’effetto della vecchiaia, a impressionarla in quel modo… nella sua
lunghissima vita ha visto di tutto, cose centomila volte peggiori, ogni genere
di orrore mai passato sulla terra. Era stato forse… un pensiero… un pensiero
tutt’altro che nuovo, ma che l’aveva colpita con più forza nel colore stupendo,
ormai annacquato e spento, di quegli occhi…
Ruotano i
cieli, volgono le ere, cambiano le espressioni e i colori sui volti degli
uomini, si sciolgono in polvere le città un tempo animate di folla. E lei resta
sempre bambina, su tutto questo passa con passo leggero, ridendo, sempre
scherzosa, delicata e perfetta come una bambola che non può rompersi.
Si era
chiesta quella volta, e tante altre volte si chiede ancora, con un sospiro, come
sia, abbandonarsi alla stanchezza.