[Haikyuu!!] Chi fa cosa con chi?!

Jan 18, 2015 00:37

Titolo: Chi fa cosa con chi?!
Fandom: Haikyuu!!
Rating: verde
Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Pairings: Iwaizumi/Oikawa
Disclaimer: Haikyuu!! e tutti i suoi personaggi appartengono a Furudate Haruichi.
Note: "Potreste piantarla di flirtare durante gli allenamenti?!" era un prompt IwaOi del p0rnfest e io, giustamente, ci ho tirato fuori dello pseudofluff. Sono da fustigare.
Trashy title is trashy.
Beta: mystofthestars
Word count: 2932 (fdp)


«Potreste piantarla di flirtare durante gli allenamenti?!»
Era stato Kunimi a pronunciare quella frase, sbuffando scocciato e recuperando l’ultimo pallone per sistemarlo nella cesta.
«Fin adesso nessuno ha detto nulla, ma francamente è disturbante e fa perdere la concentrazione un po’ a tutti.»
Iwaizumi era rimasto sconvolto e totalmente senza parole: chi faceva cosa con chi? Il kohai doveva essere impazzito, non c’era altra spiegazione. Lui non aveva mai flirtato con nessuno, men che meno con Oikawa, come il ragazzo sembrava accusarlo. Il suo amico d’infanzia era solo un idiota che non faceva altro che stuzzicarlo e le sue risposte a tono non avevano nessun significato recondito. Vi era un’abissale differenza tra flirtare e insultare. Per questo si era voltato verso Oikawa convinto di trovarlo per lo meno un filo a disagio, e invece no: quello stupido sorrideva come se avesse appena avuto la conferma di chissà quale verità assoluta. Come se non bastasse l’intera squadra li stava fissando con un misto di rassegnazione ed esasperazione. Iwaizumi era talmente irritato dall’assurdità della cosa che finì per sbottare un: «Che immensa idiozia!» e voltare le spalle al gruppo per dirigersi verso gli spogliatoi.
Davvero non si spiegava come fosse possibile che gli altri pensassero una cosa del genere, rimuginò mentre si cambiava con gesti nervosi. Era vero che Tooru non perdeva occasione di mostrare apertamente la propria idiozia, ma da lì a definire quegli atteggiamenti infantili “flirt” ne passava di acqua sotto i ponti. A maggior ragione perché erano più le volte che lui stesso gli aveva augurato una fine lenta e dolorosa piuttosto a quando era stato vagamente cortese nei suoi confronti. (Ma quello stupido se lo meritava, quindi andava bene così.)
Era talmente preso da quei ragionamenti da non accorgersi che il resto dei ragazzi lo aveva raggiunto chiacchierando tra di loro ed inframmezzando i discorsi con risatine cariche di malizia. Di solito i suoi compagni di squadra erano dei tipi abbastanza seri e tendenzialmente indifferenti a certe dinamiche, ma la battuta di Kunimi - ammesso che di una battuta effettivamente si trattasse, considerando il tipo - doveva aver coinvolto tutti quanti. Ora persino Hanamaki e Matsukawa lo fissavano con espressioni sogghignati, mentre Kindaichi, di solito così rispettoso nei confronti dei senpai, gli gettava occhiate dubbiose.
«I kohai hanno ragione, Iwaizumi.» esclamò ad un tratto Makki. «Di questo passo molto presto il capitano attenterà alla tua virtù.»
C’era scherno nella sua voce e l’asso della Seijou si sentì punto sul vivo.
«Ma chi, Stupikawa? Fammi il piacere!» rispose agitando una mano con noncuranza. «Quello è tutto fumo e niente arrosto, non è nemmeno capace di tenersi una ragazza, figuriamoci di provarci seriamente con qualcuno. Non sa nemmeno che vuol dire.»
«Sarà, dopotutto tu lo conosci meglio di noi, però l’impressione è quella.» confermò Matsukawa, iniziando a sfilarsi la maglia.
Tutta quella sufficienza, tutta quell’ironia malcelata, stavano mettendo a dura prova i nervi di Hajime. Avrebbero dovuto sapere tutti quanti che Oikawa non era una persona da prendere sul serio - non era proprio una persona, avrebbe voluto crudelmente aggiungere - quindi quel genere di discorsi non aveva senso. A meno che…
Una consapevolezza improvvisa gli attraversò la mente: e se si fosse trattato dell’ennesimo scherzo dell’idiota? Se in qualche modo Tooru fosse riuscito a convincere i compagni ad essere suoi complici in una nuova forma di presa in giro ai suoi danni? Magari aveva promesso di offrire loro del ramen o dei dolci se lui ci fosse cascato. Come se giocare con i sentimenti di qualcuno fosse effettivamente divertente. Al solo pensiero si sentiva ribollire il sangue per la rabbia: quanto poteva essere insensibile ed egoista quello che si spacciava per il suo migliore amico? Allo stesso tempo, però, quell’idea stuzzicava il suo istinto di rivalsa. Se Oikawa voleva la guerra, allora guerra sarebbe stata.
«Ve l’ho detto, è tutta una farsa.» ribadì quindi. «Se qualcuno dovesse accettare le sue avances lo vedreste fare dietrofront all’istante e darsela a gambe. Potrei dimostrarvelo in qualsiasi momento.»
Non si rese conto dell’immensità della sciocchezza appena pronunciata finché non vide le labbra di Kunimi piegarsi in un sorrisetto inquietante.
«Mi sembra un’ottima idea, Iwaizumi-senpai. Il capitano sarà di ritorno tra poco, prima mettiamo fine a tutto questo e meglio sarà.»
Iwaizumi avrebbe voluto prendere a testate il primo muro disponibile: se l’intento di Oikawa, tramite i compagni, era quello di metterlo in una situazione di disagio, beh, c’era riuscito in pieno e lui c’era cascato con tutte le scarpe. Complimenti. Tuttavia ora non poteva davvero tirarsi indietro, pena la riuscita del piano dell’idiota e la sua condanna al tormento perenne.
«Lasciate fare a me.» concluse quindi, più un ringhio che una frase, mentre il suo cervello già si arrovellava su come risolvere quell’incresciosa situazione.
Da una parte tutta quella storia lo infastidiva a morte, dall’altra, chissà perché, lo agitava in un modo completamente diverso. Non ne aveva motivo, lo sapeva bene, in fondo si trattava di Oikawa e qualunque cosa avesse fatto non sarebbe stata molto diversa dalle testate che gli rifilava fin troppo spesso.
Era appena uscito dagli spogliatoi con il borsone in spalla, quando vide proprio Tooru svoltare l’angolo del corridoio, di ritorno dal colloquio con il coach. Aveva la netta sensazione di avere gli occhi dei compagni puntati addosso, anche se non aveva sentito nessuno muoversi alle sue spalle. L’amico gli si fece incontro con il consueto sorrisetto allusivo e Iwaizumi sentì lo stomaco contorcersi.
«Iwa-chan~»
Solo quello stupido nomignolo, ripetuto per l’ennesima volta, e Hajime capì di averne davvero abbastanza. Il borsone cadde a terra con un tonfo, le sue mani afferrarono saldamente le spalle del compagno e un secondo dopo la schiena di Oikawa stava sbattendo contro la parete del corridoio. Avvicinò il volto al suo, con decisione, e per un attimo lo vide sgranare gli occhi, mentre la sua espressione si faceva allarmata. Durò solo un istante, prima che Tooru li chiudesse strettamente e voltasse la testa di lato, mentre sollevava una mano. Mano che, con la precisione millimetrica dello schiacciatore, andò a piazzarsi esattamente sulla sua bocca.
Che diavolo di reazione era mai quella?! Iwaizumi si era aspettato di tutto, ma quel breve lampo di smarrimento intravisto nei suoi occhi lo spiazzava completamente.
«Oi!» esclamò bruscamente, allontanando la mano dal proprio volto.
L’istante passò e Oikawa tornò a guardarlo, recuperando il consueto sorrisetto ironico.
«Come sei rude, Iwa-chan!» cinguettò. «Ho pensato che volessi picchiarmi. Cos’ho fatto stavolta?»
Per tutta risposta, Iwaizumi lo afferrò per il polso, recuperò la borsa dal pavimento e lo trascinò via, lontano da occhi indiscreti, da orecchie che avrebbero potuto fraintendere e da quel corridoio in penombra. Nei primi momenti il capitano protestò vivacemente ma, una volta usciti all’aperto, si zittì finché non raggiunsero il retro della palestra.
Non disse una parola nemmeno quando Iwaizumi lo spinse di nuovo contro la parete.
«Allora? Si può sapere che ti è preso?!» sbottò l’asso in tono seccato, sperando di ottenere finalmente una reazione normale.
«A me? Sei tu che volevi picchiarmi senza motivo!» si lagnò Tooru mettendo su una sorta di broncio.
«Ti picchio sempre quando te lo meriti, e non hai mai reagito in quel modo. Ehi, non dirmi che non era una tua macchinazione?»
Oikawa lo fissò perplesso.
«Di che stai parlando, Iwa-chan? La vecchiaia si fa sentire e inizi ad immaginarti le cose?»
Era così irritante che Hajime non sapeva davvero cosa lo stesse trattenendo dall’assestargli un sacrosanto pugno sul naso. Forse fu il cambio di intonazione nella sua voce mentre proseguiva.
«Facevi sul serio?»
Una domanda pronunciata in tono del tutto diverso da quello precedente, la voce bassa, come quando analizzava la tecnica avversaria sul campo da gioco e la sua mente subito gli forniva una strategia di contrattacco. Non era malizia, al contrario, ma faceva ugualmente paura, forse per la sua sincerità.
Hajime non seppe cosa rispondere, lo sciocco gioco con i compagni sempre più lontano dalla sua mente. Se non ci fosse stata quella mano, cos’avrebbe fatto? Si sentì arrossire e, innervosito, sviò lo sguardo.
«Sei tu quello che non fa mai sul serio.» ringhiò.
Oikawa stava di nuovo facendo lo stupido eppure era chiaro quanto poco prima si fosse spaventato per quell’approccio anomalo. Di certo aveva capito fin da subito quali erano le sue intenzioni, che col picchiarlo, per una volta, avevano poco a che fare. Eppure non aveva senso: Tooru era sempre stato il primo ad avvicinarsi a lui in quel modo e, per quanto Hajime lo considerasse un idiota senza morale, nonostante quello che aveva detto ai compagni, in fondo non credeva nemmeno lui che fosse così superficiale da far dietrofront al primo accenno di risposta.
Le dita del capitano si strinsero sulle spalle del suo asso, mentre lo sguardo cercava il suo, insistente.
«Iwa-chan. Davvero?»
«Smettila di fare domande di cui sai già la risposta!»
Perché era ovvio, era semplice in maniera disarmante: se ad Iwaizumi non fosse importato niente, non avrebbe alzato un dito su Oikawa, si sarebbe limitato ad ignorarlo e basta. Il fatto che ogni volta s’infervorasse a tal punto era di per sé una risposta più che sufficiente.
Quegli stessi pensieri dovevano aver attraversato anche la mente di Tooru perché, per la prima volta da che aveva memoria, lo vide arrossire. Un rossore talmente naturale, talmente “non da lui”, che Iwaizumi rimase per un istante di troppo imbambolato a fissarlo, cosa che portò l’altro a coprirsi il volto con le mani, capricciosamente.
«Dannazione, togli quelle mani!» fu il rimprovero che gli arrivò all’istante.
Così dicendo lo afferrò, ricalcando il gesto di poco prima, e prese di nuovo a trascinarlo, questa volta verso l’esterno della scuola.
«Iwa-chan! La mia roba è ancora nello spogliatoio!» protestò Oikawa, seppur con scarsa convinzione.
«Non importa, ti presterò qualcosa di mio.» ribatté brusco Hajime, chiarendo in un solo colpo sia dov’erano diretti, sia di non avere intenzione di tornare sui propri passi.
In tutti i sensi possibili.

Quando giunsero a casa Iwaizumi, la madre di Hajime non fece una piega quando il ragazzo annunciò che Tooru sarebbe rimasto a dormire da loro, abituata com’era alle visite dell’altro. Si limitò a suggerire al figlio di non far girare l’amico per la città con addosso la divisa della squadra umida di sudore se non voleva essere responsabile di un raffreddore coi fiocchi.
Chi invece si stupì al punto da non riuscire a spiccicare parola finché la porta della stanza non fu chiusa, fu Oikawa stesso, che rimase addirittura in silenzio per alcuni minuti di seguito prima di venire invitato ad accomodarsi.
«Non dirmi che adesso ti metti a fare complimenti?» lo rimbrottò Iwaizumi, per vederlo quindi afferrare la sedia della sua scrivania e sistemarsi a cavalcioni con la braccia incrociate sullo schienale.
«Mi hai praticamente rapito, Iwa-chan, non puoi pretendere che sia a mio agio.»
Iwaizumi decise di ignorarlo, lasciando che si dondolasse sulla sedia mentre cercava un cambio d’abiti nell’armadio. Accadde in un attimo: se si fosse voltato un secondo dopo avrebbe potuto succedere il peggio. Aveva in mano una delle sue magliette quando vide Oikawa sbilanciarsi troppo all’indietro e perdere l’equilibrio. Alle sue spalle, minaccioso, si trovava lo spigolo della scrivania. Iwaizumi allungò un braccio istintivamente, per ripararlo, per spingerlo lontano dal pericolo, non lo sapeva bene nemmeno lui. Il risultato fu che precipitarono entrambi a terra accanto al tavolo, in un groviglio di braccia, gambe e sedia. Quando riaprì gli occhi, ammaccato e dolorante, scoprì di essere steso su Oikawa in una posizione improponibile, mentre l’altro emetteva mugolii di sofferenza. Qualunque cosa avesse potuto attraversare la sua mente in quell’istante, dall’eventuale imbarazzo per la vicinanza al disagio dovuto a diversi fattori, venne stroncato sul nascere dalla voce di sua madre che gridava dal piano di sotto: «Hajime! Cos’è successo?»
«Niente, mamma, tutto a posto.» rispose in automatico, senza preoccuparsi di trovare una spiegazione, prima di rivolgersi al diretto interessato. «Idiota!» gl’inveì contro.
«Iwa-chan, prima tenti di uccidermi e poi m’insulti?» si lamentò Oikawa senza però accennare a spostarsi.
«Altro che ucciderti! Se avessi sbattuto la testa contro il tavolo… Sei un cretino!»
Non riusciva a capire cosa diavolo avesse nel cervello: era vero che Oikawa era sempre stato un tipo assurdo, ma distratto in quel modo mai.
«Si può sapere che diamine hai per essere così nervoso?»
Ebbe la soddisfazione di vederlo spalancare gli occhi, ma la battuta era sempre pronta.
«Non sono io quello nervoso.»
«Ah no?!» ribatté Iwaizumi, frustrato.
In effetti però Tooru aveva ragione, anche lui era teso come una corda di violino e il motivo erano solo e unicamente le reazioni anomale di quello scemo. Se si fosse comportato normalmente, si sarebbe limitato ad insultarlo, ma era tutto troppo strano e ora Iwaizumi voleva capire.
«Iwa-chan, potresti alzarti? Il mio braccio è ancora bloccato sotto la sedia e se questo dovesse compromettere il mio servizio…»
«Ma taci. Da quando batti di sinistro?»
In ogni caso dovevano alzarsi, non potevano certo rimanere sul pavimento con addosso una sedia rovesciata.
«Comunque il tuo gomito è ancora nel mio stomaco.»
La voce di Oikawa aveva accentuato la nota lamentosa e Iwaizumi lasciò scorrere lo sguardo lungo il proprio braccio, la mano posata sul petto dell’amico proprio sopra il numero 1 che spiccava sulla maglia bianca. Sotto il palmo sentiva un battito cardiaco decisamente accelerato. Alzando gli occhi, notò le guance rosate celate dall’espressione capricciosa dell’altro.
Con un sospiro si districò dalla sedia e la spostò di lato, rimanendo tuttavia sul pavimento e appoggiando le mani a lato delle spalle del compagno.
«Mia madre è di sotto, non fare casino.» lo ammonì preventivamente, ricevendo in risposta un’espressione vagamente allarmata. «Smettila di fare quella faccia, preferisco l’espressione di quando sto per picchiarti.»
«Iwa-chan, quanto sei…»
«Piantala!» lo zittì di nuovo. «Smettila di giocare. Smettila di scappare. Si può sapere cosa diavolo ti spaventa? Sei stato tu ad avvicinarti per primo in quel modo. Se ne sono accorti tutti agli allenamenti, l’hai visto. Quindi ora, dannazione, che ti prende?!»
Poteva vedere chiaramente la confusione negli occhi del compagno e intuire alla perfezione quale conflitto interiore si stesse svolgendo. Era certo che Oikawa si stesse chiedendo quanto fosse serio, se non fosse meglio mantenere la cosa a livello di scherzo cameratesco, se questo avrebbe potuto danneggiarli in futuro, se si trattasse solo di pietà nei suoi confronti e altre mille sciocchezze del genere. Sentiva la sua paura, la intuiva dalla stretta delle dita sulla maglia, dallo sguardo sfuggevole.
«Oi! Mi vuoi guardare?» lo richiamò quindi. «Guardami e ficcati in quella testaccia che sto parlando seriamente.»
Oikawa si voltò finalmente verso di lui, l’espressione un po’ più serena.
«Non sei molto romantico, Iwa-chan.» ridacchiò. «Però mi piaci anche così.»
Bastarono quelle poche parole per mandare a quel paese ogni proposito di non cascare nelle trappole del suo capitano e Iwaizumi capitolò, chinandosi su di lui. Caso volle che, proprio in quel momento, Oikawa si muovesse di lato, forse con l’intenzione di andargli incontro. Fatto sta che quel movimento fece finire lo schiacciatore con il naso nel collo del compagno, che ovviamente non lesinò una risatina della sua espressione perplessa.
«Che diavolo combini, Trashykawa? Vedi di stare fermo!»
Era la situazione più assurda in cui si fosse mai trovato, mentre l’altro, sotto di lui, continuava a sghignazzare. La pazienza di Iwaizumi era al limite.
«Va bene, va bene.» cinguettò Tooru di rimando. «Visto che sono il capitano e tu sei il mio asso, ti dò il permesso di farlo.»
«Balle! Io sono l’asso e tu sei il mio alzatore! E adesso chiudi quella bocca.» ribatté piccato Iwaizumi, mettendo subito dopo in atto quel proposito, impedendo così al compagno di ribadire che non avrebbe voluto essere “l’alzatore” di nessun altro.

Lo sguardo di Iwaizumi si sollevò appena e, ancora leggermente appannato, scivolò di lato.
La casa era silenziosa, la sua stanza immersa nel buio, doveva essere quell’ora della notte che non sapeva mai se definire molto tardi o molto presto. L’unico suono che spezzava la quiete era il respiro leggero di Oikawa al suo fianco, immerso nel sonno. Raramente l’aveva visto con un’espressione così distesa, senza il cipiglio corrucciato che assumeva quando qualcosa lo disturbava o l’aria frivola con cui era solito sorridere a chiunque. Ora era semplicemente Tooru, con la frangia che gli ricadeva sulla fronte in ciuffi scomposti, per una volta non perfettamente acconciati, e le ciglia scure abbassate. Indossava una delle sue magliette, di quelle con gli slogan d’incoraggiamento stampati in grossi ideogrammi, che s’intravedeva sotto le lenzuola scostate. Era talmente strana su di lui da far sorridere. Le labbra, appena schiuse, erano ancora leggermente arrossate per quanto sperimentato poco prima e, ripensandoci, Iwaizumi sentì di nuovo il calore salire alle guance. Era stato strano, terribilmente strano, ma non aveva più scorto quell’espressione smarrita sul volto dell’amico di sempre. Al suo posto aveva scoperto una nuova scintilla di gioia e uno sguardo carico di eccitazione che mai avrebbe pensato di vedere fuori dal campo di gioco, men che meno rivolto verso di lui. Ma Oikawa era una continua scoperta, anche se per la maggior parte delle volte si trattava di cose che avrebbe preferito non sapere. Inoltre doveva ammettere di sentirsi anche discretamente orgoglioso per aver trovato un modo per zittirlo, peccato non poterlo utilizzare in campo.
Pensare a cosa aveva portato a quella situazione, alle battute dei compagni e a quella specie di scommessa azzardata, ora lo faceva sorridere: di certo le cose non sarebbero migliorate, non nel modo in cui Kunimi si augurava, e Iwaizumi avrebbe dovuto anche fornire una sorta di spiegazione, ma forse il kohai si sarebbe visto recapitare anche dei ringraziamenti non previsti.

pg_hajime iwaizumi, fandom_haikyuu!!, pair_iwaizumi/oikawa, pg_tooru oikawa, oneshot

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