UlquiHime Traduzione The rain that bounds*

Apr 25, 2010 22:47


Eccovi qui la seconda parte del post^^
Qui troverete la traduzione di "The rain that bounds", invece.
Allego in fondo anche la traduzione che Black Hayate ha fatto di questa short-fic, interessantissima sia per la sua personale interpretazione degli avvenimenti della storia, che la rendono godibile anche per chi conosce già la versione originale, sia dal punto di vista linguistico (o perlomeno per me che studio lettere lo è moltissimo), dato che per lei l’italiano è una lingua acquisita.
Buona lettura <3

Se vi interessa vedere la versione originale, la trovate QUI

Titolo: The rain that bounds - La pioggia in grado di creare legami 
Fandom: Bleach
Coppia: UlquiHime
Lingua: Italiano (traduzione dall'inglese)
Rating: G / PG

Disclaimer: non mi pagano D:
Riassunto: Dove Ulquiorra, lavorando sottobanco, si imbatte in una certa donna.

    
The Rain that Bounds*

Lei era bellissima.

Sotto la pioggia battente, senza nemmeno un ombrello con cui potersi riparare, richiamò alla mente i sinuosi movimenti delle sue anche, la sua voce ammaliante, quegli occhi che lo guardavano sorridendo-

Era caduto in tentazione.

Non appena la canzone aveva suonato le sue ultime note, lui si era alzato, fissando su di lei il suo sguardo penetrante. Era un incantesimo. Le luci sul suo corpo, i capelli che le cadevano dolcemente sulle spalle nude, il petto… Se solo avesse potuto sentire su di sé quella pelle, assaporarla tra le labbra, prenderla per mano, rapirla per correre con lei verso nessun domani-lo avrebbe fatto. Se mangiarla, anche ingoiarla, fosse servito a tenerla lì con lui, avrebbe fatto anche quello.

E chiuse gli occhi.

Era una cosa da sciocchi, ed era pericoloso. Scoprirsi incapace di ignorare lo sguardo ora leggermente stupito che le attraversava gli occhi era folle, quasi doloroso.

E che una tale sciocchezza gli stesse quasi facendo perdere il controllo era inammissibile.

Così, andandosene le diede le spalle, lasciando lì il suo cuore.

La pioggia intanto continuava a cadere incessantemente sul suo volto privo di emozioni, scendendogli giù per le guancie e poi via per il collo, fresca sulla sua pelle accaldata. Ma anche il sollievo che gliene derivava, un poco svaniva al pensiero che quanto accaduto lo avesse distolto dai suoi doveri, al punto tale da fargli dimenticare che c’era un motivo preciso se si trovava in quel locale a quell’ora. Se non avesse dovuto incontrare un cliente non avrebbe mai messo piede in quel bar; se non avesse dovuto consegnargli dei documenti per cui aveva rischiato molto, non si sarebbe mai avventurato nei bassifondi della città, in un luogo frequentato per lo più da yakuza e prostitute. Ma quel desiderio che non riusciva a spiegare neanche a se stesso, gli aveva confuso completamente i sensi. Se neanche il suo senso del dovere era riuscito a trattenerlo lì,  questo significava che il suon di lei gli aveva intossicato completamente i sensi; ed era per questo che aveva dovuto andarsene.

Perché se non fosse andato via, sentiva che avrebbe perso contro di lei.

Era difficile da spiegare, ma il modo in cui lei gli aveva sorriso mentre cantava era come se avesse fatto a pezzi tutto il suo mondo. E solo allora aveva realizzato che se avesse continuato ad osservarla, lei lo avrebbe ucciso.

‘Assurdo’ cercò di fargli notare la sua mente ‘torna dentro, ora!’ ma il suo corpo rimase inchiodato a terra, senza potersi muovere. La riconobbe solo allora quella voce proveniente dall’interno del locale; una nota di petto e sentì la sua mente farsi improvvisamente vuota.

Sospirò. In fondo avrebbe potuto trattenersi ancora un po’. Poteva sempre aspettare che il suo turno finisse, vedere la sua reazione, poi magari chiederle di uscire. Lei allora, vedendo le condizioni in cui versava, forse sarebbe arrossita realizzando che lui doveva aver passato ore sotto la pioggia ad aspettarla e quindi sorridendo a mo’ di scusa, gli avrebbe porto il proprio ombrellino rosa.

Si, se ne sarebbe valsa la pena.

Questa invece la versione di Black Hayate. L’ho betata leggermente per togliere quei pochi errori che tuttavia avrebbero reso difficile la lettura e il risultato è davvero ammirevole!

La pioggia che unisce

Lei era graziosa.

Sotto la pioggia, un uomo vestito con una giacca grigia rimase silenzioso mentre era perduto nei sui pensieri. Pensieri che erano attorno ad una donna. Lui era colpito dalla sua bellezza, dalla sua voce, da come si muoveva con la musica dolcemente, dai suoi occhi che lo guardavano in una maniera che non tutti noterebbero. Tutti tranne lui.

Era troppo graziosa. Troppo.

Quando la canzone finì, lui si alzò immediatamente, mentre la guardava in modo penetrante. Se avesse potuto prenderla in braccio e non lasciarla mai, l'avrebbe fatto. La luce che emettevano i riflettori sulla sua pelle, sui suoi capelli che cadevano delicatamente sulle sue spalle nude, il suo petto... chiuse gli occhi. La situazione era pericolosa; il fatto che non potesse fare a meno di notare che lei lo guardava con uno sguardo triste mentre camminava verso l’uscita del bar, diceva tutto. Stava diventando patetico. Era doloroso vederla reagire così, ma aver lasciato che lo colpisse in quel modo era una cosa da sciocchi. Stava perdendo la ragione per colpa di quella donna. Per lei. Si sentiva come uno sciocco.

Così lasciò il locale, ma inconsciamente rimase indietro, lasciano con lei il suo cuore.

La pioggia continuava a cadere intensamente sulla sua faccia di marmo, aiutando a raffreddare il calore che emetteva dalla faccia. Non aveva nemmeno potuto finire il lavoro che il suo cliente gli aveva commissionato; doveva semplicemente incontrare un informatore e fornirgli le prove di cui aveva bisogno in un bar che non aveva mai frequentato in vita sua. Era semplicemente questo. Però... doveva uscire da quel bar. Doveva fuggire da quello sguardo... oppure avrebbe perso contro di lei. Era difficile da spiegare; ma il modo in cui lei lo aveva guardato mentre cantava lo aveva fatto sentire strano. Sapeva una cosa sola; se avesse continuato a guardarla, si sarebbe perso nel suo sguardo. Quel pensiero lo spaventava. Lo spaventava ancora.

'Smettila, buffone' affermò la sua mente 'Torna dentro da lei!' Ma non poteva, era immobile in quel posto isolato sotto la pioggia, intrappolato nei suoi pensieri.

Poi la sentì. La sua voce. Si sentiva chiaramente da dentro il bar. La sua mente si svuotò immediatamente.

Lui emise un sospiro. Dopotutto poteva rimanere qui per un paio d'ore in più. Poteva aspettare che finisse il suo lavoro part-time, per vedere la sua reazione, per chiederle di uscire. Lei avrebbe notato che era tutto bagnato dalla pioggia e gli avrebbe sorriso.

Si, in fondo poteva aspettare ancora un po’.



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