Finalmente sono tornata! Vi porto il primo capitolo della nuova fic che ho iniziato a scrivere su Naruto ♥
Come al solito è una versione un po' rough, senza beta e che cercherò di rivedere prima di pubblicarla su EFP (prima o poi... molto prima o poi. Il tempo di portarmi avanti di qualche capitolo). Il titolo è preso di peso da una canzone dei Placebo, scoperta quasi a caso sul net :D
Ehm, mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate. Davvero, mi sarebbe di immenso aiuto. T__T
Titolo: Protect me from what I want [1/?]
Fandom: Naruto
Pairing: NaruSasu/SasuNaru
Rating: Per il momento è un PG puro e semplice. Ma salirà fino ad un bel PG-17. Giusto il tempo di costruirci attorno un minimo di tensione.
Warnings: Narutoverse/Canonverse. Combattimenti. Trama.
Summary: Sasuke ha perso il suo cuore da qualche parte. Naruto vuole recuperarlo.
Protect Me From What I Want
Capitolo 1
Grigio, pesante, il terreno ingoiava ad ogni passo i suoi piedi. Naruto, che in quel pantano c’era entrato solo per raggiungere la sottile figura di Sasuke che leggero correva su quello stesso sentiero lasciandolo indietro, imprecò per l’indolenza che il sogno gli stava rimproverando. Avrebbe voluto urlare che non era giusto. Che ciò che era successo era stato solo uno stupido errore e non avrebbe dovuto pregiudicare tutti i suoi sforzi di riportarlo indietro.
Ma il suo corpo continuava a sprofondare e alla vista della schiena di quel bastardo che si perdeva tra le nebbie, non poté che sbattere rabbiosamente il pugno a terra, ringhiando contro la propria ben ritrovata impotenza.
Fu così che lo perse.
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X settimane prima
“Mi sono innamorata di te”
Senza alzare lo sguardo da terra e pestando nervosamente con il piede una zolla di terriccio, Sakura si morse il labbro al pensiero che dichiararsi a Naruto Uzumaki mentre la questione Sasuke era ancora ben lontana dal concludersi poteva trattarsi di un grosso errore. Per cui, man mano che i secondi passavano e un silenzio carico di tensione continuava a protrarsi da una parte e dall’altra, si riavviò impaziente una ciocca rosa che le era caduta sul volto, rifiutandosi capricciosamente di guardare le espressioni sul volto del ragazzo.
Sakura era stanca di essere ferita. Non voleva più essere costretta a guardare in faccia ad un rifiuto. Ricordava ancora di quella notte, quando si era dichiarata a Sasuke: lui le aveva dato per tutto il tempo le spalle e, a lei che lo guardava adorante, non aveva saputo che sorridere e dire grazie, il rifiuto impresso a chiare lettere su quella voce e su quel volto che non la vedeva davvero. Allo stesso modo anche quel Naruto così diverso, che come poteva percepire, invece la stava fissando intensamente, le spezzava quasi il cuore con quel lungo silenzio che presagiva l’ennesimo fallimento.
Nervosamente prese a cercare l’altro con gli occhi; prima spostandoli sul petto, cogliendo così il pugno stretto in una morsa lungo il fianco, poi, facendosi un po’ più di coraggio, sul viso. Ciò che vide - le sopracciglia aggrottate nel dubbio, gli occhi tristi e impregnati di un qualche sentimento che non riusciva bene a comprendere ma che rendeva il suo sguardo vivo - le fecero spostare il peso da una gamba all’altra, a disagio. Non disse nulla. Le lacrime comparse all’improvviso agli angoli degli occhi, le bloccavano la gola, impedendole di parlare, di respirare. Non poteva dire niente. E lui continuava imperterrito nel suo silenzio.
Questa confessione che sembrava quasi il negativo di quell’altra, si stava rivelando l’ennesimo disastro. E lei ancora non aveva la forza di dire niente.
Forse era troppo presto. Non erano ancora pronti, men che meno disposti a rinunciare alle proprie speranze di veder tornare il loro compagno. Sapeva che Naruto non era uomo da lasciare le cose a metà, che per dichiarare i propri sentimenti, lei avrebbe dovuto aspettare e aspettare, fin quando quel crudele primo amore dei suoi non avesse accettato di tornare per incasinarle di nuovo l’esistenza. E lei si era dichiarata proprio per questo, per quell’unica cosa che Sakura desiderava più di ogni altra.
Una decisione chiara. Un punto fermo. La prova di un cambiamento.
E Naruto era l’unico da cui potesse pretendere questo. Più lei desiderava il ritorno di Sasuke, più irrazionale diventava la paura di tornare quell’insulsa dodicenne che amava senza chiedere nulla in cambio. Per cui da Naruto si era ridotta a mendicare quest’unica cosa. In fondo, lei gli voleva bene. Lo amava, in un modo diverso da come aveva amato Sasuke, ma si sa, l’amore cambia. Quindi poteva farlo. Poteva dare a Naruto quello che aveva sempre desiderato, il suo amore, e prendere in cambio la rassicurazione di essere diversa.
Poteva funzionare.
“Non posso ancora darti quello che cerchi”
Mi dispiace.
Le diede le spalle. Sakura si coprì il volto con le mani.
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Tornando a casa, Naruto si fermò a controllare se gli fosse stata assegnata qualche missione; non trovando niente se non un ordine di convocazione da parte di Tsunade per il giorno dopo, fece tappa all’Ichiraku per acquistare qualche porzione di ramen precotto, furtivamente per evitare contatto umano il più possibile, per poi sgusciare via e seppellirsi nella confortante solitudine della sua stanzetta. Qui le immagini che aveva represso fino a quel momento presero ad affastellargli la mente senza coerenza.
Aveva rifiutato Sakura.
Come avrebbe potuto guardarsi in faccia di nuovo? Come avrebbe potuto guardare lei? L’enormità della cosa fu abbastanza da fargli girare lo stomaco; preso da nausea, si tolse la giacca e corse in bagno. Fortuna nella sfortuna, non aveva mangiato quasi nulla per tutto il giorno, per cui si risolse solo a rimanere a testa in giù sulla tazza per qualche minuto, prima di alzarsi e distendersi sul letto, esausto.
Non gli era chiaro cosa fosse successo, precisamente. Gli riusciva difficile spiegare, capire. Razionalizzare. Aveva visto qualcosa negli occhi di lei, quando si erano guardati, qualcosa che gli aveva paralizzato la mente. E anche prima, quando lei si rifiutava di incrociare il suo sguardo… Qualcosa non aveva funzionato. Era bastato un istante perchè la gioia che aveva provato ne fosse massacrata e fatta a pezzi. Naruto si girò su un fianco, a disagio con se stesso. Aveva sempre pensato che Sakura fosse così innamorata di Sasuke che l’unico modo per averla per sé fosse di diventare così importante che lei non potesse evitare di guardarlo o di pensare a lui soltanto. Per ottenere ciò, si era impegnato a rendere reale l’impossibile, sorridendole sempre e facendosi carico di ciò che avrebbe potuto ferirla.
Eppure ora, tutto ciò non valeva più nulla. Con una sola frase, aveva spazzato via tutti i suoi sforzi.
“Sasuke, dove sei quando ho bisogno di te?”
Sicuramente se ci fosse stato lui, una cosa del genere non sarebbe mai successa. E anche nell’assurda ipotesi che Sakura gli si fosse dichiarata lo stesso e lui l’avesse respinta, almeno avrebbe avuto lui al suo fianco. Naruto sentì le lacrime inumidirgli gli occhi. Chissà se si sarebbe sentito meno solo?
Chiuse gli occhi, piombando in un sonno profondissimo. Sasuke, pensava. Sasuke.
Nascosto tra le tenebre, qualcuno sorrise.
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Riaprendo gli occhi, Naruto scoprì che la Luce era svanita. Sbattendo le palpebre nel dubbio di non averle aperte per nulla, avanzò a tentoni per qualche passo, accecato dalla notte, non incontrando però alcun ostacolo. Fermandosi, cercò di adattare in fretta la vista al buio ma le tenebre sembravano tanto più fitte quanto più vi penetrava. Sullo sfondo, poteva scorgere l’oscurità muoversi, farsi meno intensa, più grigia, a intermittenza. Era un sogno. Soffocò una risata nervosa. Non gli capitava spesso di averne uno consapevolmente.
Sempre guardandosi attorno con circospezione, prese a camminare senza curarsi di inciampare. Sapeva bene che diversamente dai Genjutsu, le illusioni, quelle vere, non feriscono il corpo, bensì scaturiscono dal cervello per colpire il Cuore. E questo sogno sembrava proprio uno di quelli appartenenti alla sua infanzia, che ogni tanto riaffiorava alla memoria giusto per ricordargli chi fosse veramente. Rabbrividendo, si sfregò le braccia con le mani. Doveva uscire di lì. Provò a urlare un “c’è nessuno?!” che gli tornò indietro sotto forma di eco; ma oltre a quello, il silenzio. Non sapendo che altro fare, riprese a camminare.
Dopo un tempo indefinito, il paesaggio cambiò. Arrancando, arrivò verso quella che con un po’ di fantasia poteva sembrare una foresta, anche se in verità non era più che una macchia nera sovrapposta ad un’altra leggermente meno oscura, sanguigna in qualche modo, e dalla vaga forma di alberi, vegetazione. Seguendo il proprio istinto, vi si avventurò senza indugio. Qualcosa lo guidava, lo attirava verso quella direzione. Si aggirò per quel nuovo ma bizzarro ambiente fino a che non udì da lontano uno scroscio d’acqua. Del vento gli accarezzò le guancie, consolandolo quasi. Ma Naruto si fermò. Si voltò. Proseguì nella direzione opposta.
E lì, dietro l’ultimo cespuglio in fondo alla valle, lo vide. Avvolto nel fuoco e dalla luce accecante del fulmine, stava Lui. Aveva gli occhi chiusi, il corpo raccolto in posizione fetale e tutt’attorno una bagliore che tuttavia non illuminava lo spazio circostante, piuttosto sembrava separarlo nettamente da esso.
“Sasuke”
Non si mosse. Naruto fece per avvicinarsi, intenzionato a scuoterlo, a strappargli un segno di vita, ma arrivato lì vicino, scoprì di non poterlo raggiungere. Il fuoco e il fulmine lo ingabbiavano, lo proteggevano dal mondo esterno. E da lui. Sbuffando, si sedette. Diamine, quello era il suo sogno, no? Preso da un moto d’irritazione, sporse il labbro, esattamente come faceva spesso da ragazzino quando Sasuke lo stuzzicava. Al ricordo, sorrise.
“Sasuke, ti ricordi? Quella volta, quando…” e prese a raccontare, di qualunque cosa gli passasse per la testa. Era strano, ma quel Sasuke lì, dall’animo consumato dalla sua stessa passione, intrappolato dalla sua stessa devastante potenza senza sentire o vedere niente, in un certo senso era Sasuke. Un Sasuke nato dalla sua percezione di lui, a cui nonostante tutto poteva parlare. Il suo Sasuke.
“…e subito dopo Iruka-sensei mi inseguì per tutto il villaggio agitando la scopa in aria e gridandomi di restituire quella rivista sconcia al suo legittimo proprietario, mentre tu, senza farti vedere da nessuno, eri andato ad avvisare il maestro porcello, quell’Ebisu, che “il libro” che tanto cercava, ce l’avevo io e lo stavo sbandierando a tutto il villaggio, al che mi sono ritrovato alle calcagna anche quel maledetto, e avrei voluto ucciderti con le mie stesse mani se non fossi stato troppo impegnato a liberarmi di quei due, eppure…”
Interrompendosi, lo guardò intensamente.
“…eppure, è stato divertente.”
Nonostante si fosse sforzato di odiarlo, aveva quasi pianto dalla gioia quando aveva scoperto che uno come lui aveva permesso ad un qualcosa di formarsi, tra loro due. Di fronte a Sasuke lui non era più “nessuno”. Era Naruto.
Tacque. Ringraziando quasi il suo inconscio per il metodo che aveva adottato per sciogliere i sentimenti caotici di quella giornata, sorrise ancora, non sapendo bene cosa fare. Fu allora che sentendosi all’improvviso molto leggero, si accorse di star diventando trasparente. Si stava svegliando. Lanciando un’ultima occhiata a Sasuke, lo vide sbattere le palpebre e aprire gli occhi, uno sguardo confuso fisso su di lui. Naruto non aveva idea di cosa questo significasse e nemmeno era sicuro che tutto ciò dovesse avere un senso. Ma poco prima di sparire, ricambiando lo sguardo con la stessa intensità, mentre il proprio corpo diventava sempre più luminoso, formulò un desiderio.
Che Sasuke non svanisse da nessuna parte.
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“Sssssh! Zitto Suigetsu! Sasuke sta dormendo!”
Karin guardò con occhi d’odio il compagno che chiamando a gran voce Sasuke, aveva levato una mano su di lui nell’atto di svegliarlo. Erano settimane che viaggiavano senza sosta, sempre nascosti, con l’obiettivo di far perdere del tutto le loro tracce a Konoha e Sasuke non aveva un sonno decente e soprattutto libero da incubi da più tempo di quello che le sarebbe piaciuto ricordare. Avere il clan Inuzuka alle calcagna stava diventando una faccenda più seccante del previsto.
“Karin, fai più casino tu di me” e sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
“Ma cosa dici, tu, stupido-”
“Ragazzi, io la pianterei, fossi in voi” intervenne sottovoce Juugo, indicando Sasuke, che aveva ricominciato a muoversi nel sonno.
“…Colpa tua, Karin”
“MA SE ERI TU A VOLERLO SVEGLIARE!”
Realizzando di aver urlato, subito si coprì la bocca con una mano; poi, rossa come un pomodoro, prese Suigetsu per un polso, lo trascinò fuori dalla stanza e lì, tra urla feroci, iniziò a pestarlo senza pietà. Sasuke, svegliato da tutti quegli schiamazzi, pensò che forse viaggiare da solo davvero non sarebbe stata una cattiva idea. Di pessimo umore, per un attimo considerò anche di carbonizzare tutto e tutti con Amaterasu. Invece, scelse di rimanere per un altro po’ disteso, senza pensare a niente, con l’idea di dimenticare e calmarsi, prima di riprendere il viaggio. Ma il cuore continuò a torcerglisi nel petto e all’apice dell’irritazione sbatté le coperte da parte alzandosi.
Nel frattempo, Karin era riuscita a liquefare Suigetsu per ben due volte e, non contenta, a cacciarlo fuori dallo stanzone, dalla cui finestra era ora affacciato con espressione annoiata.
“Buongiorno Sasuke” borbottò Suigetsu.
“Hn”
“Ma quanto hai dormito?!” si lamentò invece Karin, maledicendo interiormente Suigetsu per il fatto di averla anticipata nel rivolgergli la parola.
“Partiamo. Subito.”
“Ohi Karin, ma se fino ad un minuto fa-”
“Taci, Suigetsu!” e qui un’altra litigata furiosa.
Sasuke non disse nulla. Non era nell’umore giusto per frenare nessuno dei due. La rabbia covata fino a quel momento dentro di sé, sembrava non trovare alcuna soddisfazione nel colpire quei due. Perlomeno non loro due soltanto.
Girandosi, trovò Juugo a fissarlo incuriosito.
“Sasuke” gli disse “Fatto un brutto sogno?”
Il ragazzo non rispose. Prese invece a guardare l’uomo quasi sfidandolo a continuare, al che l’altro, sorridendo distrattamente agli uccellini che man mano venivano a fargli rapporto, aggiunse soltanto: “Non far preoccupare troppo quei due”.
Sasuke gli diede le spalle, fingendo di essere troppo occupato a fare i preparativi per il nuovo viaggio per rispondergli. Era pesante. Quei sentimenti erano pesanti. Preoccuparsi per qualcuno; proteggere quel qualcuno. Che c’era di differente tra questo legame e quello che aveva voluto spezzare in passato? Ma lui aveva bisogno del Team Taka, ne aveva bisogno per un’ultima missione. Si trattava di resistere fino a quel momento. Poi avrebbe potuto spezzare tutti i legami che voleva. Tutte le vite che desiderava.
“Allora perché non mi hai ucciso? Sarebbe questo il tuo modo di spezzare un legame?”
Sasuke digrignò i denti, al ricordo. Avrebbe spezzato definitivamente anche quel legame insignificante. Così Naruto avrebbe capito una volta per tutte. Così lui stesso si sarebbe rassegnato una volta per tutte: se, come sembrava, una parte del suo inconscio si ostinava a rimanere attaccata all’idea che Naruto fosse necessario, avrebbe sradicato lui stesso ogni possibilità di tornare indietro. Così forse sarebbe stato chiaro quale strada aveva deciso di imboccare, che ora come ora non aveva alcun senso che la voce di quell’idiota rappresentasse per lui una guida attraverso le tenebre; e che aperti gli occhi, il cuore gli si torcesse alla vista di quel suo sorriso sghembo, avvolto in una nuvola di Luce.
Sognarlo non aveva più alcun senso.
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