Nel romanzo precedente, quello d’esordio, improvvidamente intitolato A cena con Lolita, Eva Clesis pareva corteggiare il lettore del genere «confessione erotica adolescenziale», così appetito da minute case editrici dopo il boom delle scrittrici deflorate e spazzolate. Pareva: poiché in sostanza la sua era piuttosto una storia sulla latitanza morale del maschio e sul vuoto ipocrita dell’istituzione famigliare, scandagliati attraverso l’esperienza sessuale degradante, verso la bulimia e la prostituzione, di una ragazzina.
Schema canonico, stilizzato, da romanzo d’educazione sentimentale: variante fortunata e pruriginosa di quel romanzo di formazione immarcescibile che impalca, come in tanti titoli in libreria, la superficie narrativa della seconda prova narrativa della Clesis.
Il nuovo romanzo,
Guardrail (Las Vegas Edizioni, Torino 2008, pp. 160, euro 10), infatti, è schematicamente esemplare sin dalla trama: Alice (nome che la protagonista adotta da bambina, complice un inseparabile libro da colorare, per sostituire quel marchio d’origine che era Assunzione Maria Addolorata) è figlia di un papà della provincia tarantina e di mamma inglese. La coppia, inaffidabile e scanzonatamente dedita all’alcol, migra ad Asti. Quindi, e Alice ha solo sette anni, perisce in un incidente stradale. L’evento segna lo spartiacque tra il prima e il dopo che determina l’esperienza del personaggio, nonché il debole sviluppo del romanzo. I servizi sociali rispediscono la piccola nel paese di Montemesola, presso l’arcigna nonna paterna, insopportabile maestra in pensione. Questa la prima parte del romanzo: l’asfittica vita nella peggiore provincia pugliese, le amicizie, le delusioni. E allora, è ovvio, l’idea di fuga, verso l’Inghilterra, alla ricerca di quei mai conosciuti nonni materni. Proposito che, complice l’arrivo in regione delle compagnie aeree low cost, Alice cercherà di attuare attorno ai sedici anni e che muove la seconda parte, on the road (ma è solo un’illusione), del romanzo, con finalino (quasi) a sorpresa.
Gli elementi realistici, vagamente sociologici - le amichette fighette, il lavoro al nero, le devianze adolescenziali, la misera quotidianità di una pensionata, l’affresco di vita meridionale, etc. -, appaiono alquanto edulcorati e soccombono ad un impianto che rammenta piuttosto la fiaba per ragazzi cresciuti, con tanto di morale finale, a modo suo consolatoria. Ma se così abbozzata si presenta la tessitura della trama, più mossa ed efficace - soprattutto nella caratterizzazione della protagonista - è la scrittura, particolarmente in quelle lacerazioni del mieloso tono fiabesco, lì dove emerge il dettaglio crudele e disturbante.
Ecco, leggendo Eva Clesis in queste due prime prove, e riconoscendole una discreta dotazione narrativa, un difetto che sicuramente le rimproveriamo è la mancanza di coraggio nella estremizzazione di un rapporto con quella materia disturbante - l’invasione del Reale - che invece rimane al di qua di una patinatura conciliante e prevedibile. Si provi ora a rileggere, per intenderci, e per restare in una letteratura tutto sommato facile alla lettura, Voglio guardare di Diego De Silva o anche Dei bambini non si sa niente di Simona Vinci.
Eva Clesis (pseudonimo; Bari 1980) ha esordito col romanzo
A cena con Lolita (Pendragon 2005). Ha pubblicato diversi racconti su blog e antologie. Grafica free-lance, con esperienze a Roma e Parigi, collabora con la rivista di fumetti Mono (ed. Tunué). Guardrail è il suo secondo romanzo.