Titolo: Il tempo che resta
Fandom: Harry Potter
Parti: 1/3 + Epilogo
Coppia: Rose/Scorpius
Rating: NC17
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale, Erotico
Conteggio Parole: 24700
Riassunto: Rose ha ventisette anni e, dopo aver trascorso molto tempo in giro per il mondo a causa del suo lavoro, torna a Londra per fermarsi e capire cosa vuole veramente dalla sua vita. Durante questa ricerca si imbatte in Scorpius, vecchio compagno di scuola che non vedeva da anni e di cui era stata invaghita. Questo incontro porterà entrambi a compiere delle scelte impreviste.
Parte I |
Parte II |
Parte III |
Epilogo Capitolo 1
«Rose, sono felice di vederti» Albus le aveva aperto la porta tutto trafelato, con in braccio l'ultimo arrivato in casa Potter, il piccolo Arthur di soli nove mesi.
«Che bentornato caloroso» mormorò Rose mentre Albus le passava il bambino che piangeva disperatamente. «Amore, cosa c'è?» sussurrò afferrandogli una manina nel tentativo di calmarlo. Nel frattempo Albus era volato oltre l'entrata e Rose, nel seguirlo, per poco non era inciampata su una scopa giocattolo che volava a mezzo metro dal pavimento.
«Al, dimmi la verità, lo stai affamando?» chiese la donna entrando in una disordinata cucina dove la piccola Ginny, due anni e mezzo, riccioli castani e sguardo furbo, era seduta sul seggiolone intenta a giocare con le mani dentro al suo piatto.
«Ginny, no! Stai ferma!» Albus le tolse il piatto dalle mani e si accasciò su una sedia distrutto.
«Un pranzo tranquillo» ridacchiò Rose mentre cullava Arthur che aveva smesso di piangere e si era quasi appisolato tra le sue braccia. «Dov'è Alice?»
«Ai Tre Manici di Scopa. Sua madre non poteva coprirla per l'ora di pranzo così è rimasta al pub, tornerà verso metà pomeriggio... odio quando devo occuparmi del pranzo dei bambini da solo, è un inferno, quasi peggio dell'addestramento Auror fatto da tuo padre» sbuffò Al prendendo in braccio Ginny e posandola per terra.
Rose gli fece cenno con la testa che Arthur si era addormentato e Albus prese il bambino per posarlo nella sua culla.
«Lo porto in camera da letto. Tu dai un'occhiata a Ginny.»
Rose si sedette sul divano e cominciò a cantare una ninna nanna per la bambola che Ginny stava cullando. Da quando la sua figlioccia era nata l'aveva vista poche volte, trovandosi da più di cinque anni quasi sempre in viaggio per conto dell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale.
«Sono stupendi» disse Rose al cugino quando quello fu rientrato.
«Lo sono, ma non sempre. Fino a dieci minuti fa li avresti scambiati per i cuccioli di un troll... hai pranzato?» le chiese Albus mentre prendeva un paio di uova dal frigo. Rose fece segno di no con la testa.
«La casa offre uova strapazzate quest'oggi, spero che ti vadano bene.»
«Vanno benissimo, l'alternativa sarebbe stato un gelato. Vuoi una mano?» chiese Rose mentre aiutava Ginny a salire sul divano.
«No, stai seduta, sono un cuoco provetto ormai.»
«Lo spero, sono sopravvissuta a troppe cose per morire a causa di un paio di uova fatte male.»
«Ah ah» rise sarcasticamente Albus sbattendo le uova. «Piuttosto come va il trasloco?»
«Sposto le cose da casa dei miei questa domenica» disse Rose alzandosi dal divano e cominciando ad apparecchiare la tavola.
«Sono felice che tu rimanga a Londra per un po', avevo proprio bisogno di una nuova baby-sitter.»
«Ti ricordo che tra cugini e fratelli hai un potenziale quasi illimitato di baby-sitter.»
«Se solo non fossero scappati tutti» borbottò Albus portando a tavola il pranzo.
«Cosa ti fa pensare che non mi smaterializzerò anche io?» domandò Rose prendendo posto a tavola.
«Il fatto che uno di questi bambini ti appartiene per un terzo» rispose Al indicando Ginny che ora dormiva con la bambola stretta tra le braccia.
«Dovevo immaginarlo che volevi incastrami quando mi hai chiesto di farle da madrina.»
«Ormai è troppo tardi per tirarsi indietro. Buon pranzo!»
«Anche a te, brutto impostore» Albus rise di gusto bevendo una sorsata di Burrobirra.
«Ho letto le recisioni sul tuo ultimo libro nella Gazzetta del Profeta, sono tutti colpiti dal tuo ultimo lavoro.»
«Non pensavo che libri di questo genere avrebbero avuto successo al di fuori dell'ambito accademico», sorrise Rose entusiasta, «in fin dei conti sono testi di antropologia, non romanzi d'avventura».
In Sciamani d'Australia, questo era il titolo della sua ultima fatica, Rose parlava della magia e degli incantesimi praticati da alcuni gruppi di maghi aborigeni.
«In realtà sono avvincenti» rispose Albus dopo averci pensato un po' su.
«Invece a te come va il lavoro?»
«Tutto bene, tuo padre è tosto e lavorare nella sua squadra significa sgobbare un sacco. Ma non posso lamentarmi, fare l'Auror è un lavoro che mi appassiona.»
«E con Alice?»
«Abbiamo molto poco tempo per noi... ma non c'è nulla da fare, con due bambini piccoli e dei lavori quasi full time ci restano solo i ritagli di tempo» sorrise con un pizzico di amarezza. «Per il resto, come stai?»
Rose fece spallucce e tirò un sospiro. «Come una che è stata mollata a sei mesi dal matrimonio.»
«Non posso credere che Lorcan ti abbia fatto una cosa simile.»
Rose posò la forchetta sul suo piatto, lo stomaco improvvisamente chiuso. «La colpa è mia, ho sempre pensato troppo al mio lavoro e mi sono dedicata poco a lui.»
«Non è un buon motivo per tradirti in quella maniera, avrebbe potuto essere sincero invece di farti le corna per anni. Non gli ho spaccato la faccia solo perché tuo padre mi ha trattenuto.»
«Mio padre?» chiese Rose con un sopracciglio alzato e con il suo sguardo più scettico.
«È pur sempre il figlio di zia Luna, e zio Ron è più diplomatico di quello che sembra» borbottò Albus infastidito.
«Comunque la sto superando, sono passati diversi mesi ormai. Inoltre sono felice di essere di nuovo a casa e di iniziare a vivere sola in un appartamento tutto mio.»
Albus le fece un sorriso. «Abbiamo solo ventisette anni e tutta la vita davanti, ritieniti fortunata, hai ancora tempo da dedicare a te stessa senza marmocchi a cui badare» disse Albus lanciando un'occhiata a Ginny che stava per rotolare giù dal divano. Con un movimento di bacchetta la fece levitare verso l'interno, allontanandola dal bordo.
«Ti ringrazio per il pranzo e per la chiacchierata, ma adesso devo proprio andare» disse Rose alzandosi.
«Aspetta, sparecchio e ti accompagno.»
Mentre il cugino posava i piatti sporchi nel lavello, Rose aveva dato un bacio sulla testa di Ginny e aveva recuperato la sua borsa.
«Ci sentiamo via gufo?» chiese ad Albus mentre camminavano nel corridoio.
«Certo. Io e Alice ti aspettiamo a cena nei prossimi giorni.»
«Non vedo l'ora di vederla, mi siete mancati un sacco» rispose Rose voltandosi verso il cugino e continuando a camminare. Non guardando di fronte a sé non si accorse della scopa giocattolo che stava ancora galleggiando a mezz'aria. Albus non ebbe la prontezza di afferrarla che Rose era già inciampata.
«Stai bene? Ti sei fatta male?»
Per non cadere Rose aveva spostato tutto il peso sul lato sinistro del corpo, schiacciandolo malamente contro il muro.
«Credo di essermi slogata un polso» rispose mentre Albus la aiutava a tornare in equilibrio.
«Ti accompagno al San Mungo, preparo i bambini e andiamo.»
Albus stava già andando a svegliare Arthur quando Rose lo bloccò.
«Non è niente ti grave, è solo una slogatura.»
«E se si fosse rotto? No, ti porto in ospedale.»
Rose non riuscì a trattenere una risatina nonostante il dolore. «Sei diventato una mammina apprensiva.»
Albus le lanciò un'occhiataccia.
«Comunque andrò da sola, non è necessario che svegli i bambini, mi smaterializzerò appena uscita da qui.»
«Sicura di non voler essere accompagnata?»
«Sicurissima» disse Rose posando un bacio sulla guancia del cugino e reggendosi il polso.
«Mandami un gufo appena sei tornata a casa e fammi sapere cos'hai.»
«Consideralo fatto.»
Appena fuori dalla porta Rose si smaterializzò nell'atrio del San Mungo.
Mentre compilava i moduli dell'accettazione il polso continuava a gonfiare, e solo dopo mezz'ora di attesa la fecero accomodare in una delle stanzette del pronto soccorso.
«Il suo Guaritore sta per arrivare.»
Rose annuì accomodandosi sul lettino. Dovette aspettare appena una manciata di minuti prima che il Medimago entrasse.
«Buongiorno signorina...?»
«Weasley, Rose Weasley» disse osservando le ampie spalle dell'uomo che chiudeva la porta, non appena si voltò Rose lo riconobbe immediatamente.
«Malfoy?» chiese alquanto stupita.
Il biondo posò la scheda sul tavolo vicino e la guardò a sua volta, quando la riconobbe un lampo di comprensione balenò nei suoi occhi grigi.
«Oh, ma certo, Rose Weasley! Da quanto tempo» disse con tono amichevole sedendo su uno sgabello vicino al lettino.
Rose percepì nettamente le sue guance infiammarsi. Erano anni che non vedeva Scorpius Malfoy e il tempo aveva giovato sicuramente a suo favore. Già a diciassette anni era un ragazzo carino, ma adesso era un uomo bellissimo. Rose ricordò con una fitta di nostalgia gli anni di scuola e quell'enorme cotta che aveva preso per lui. Lily e Roxanne l'avevano presa in giro per mesi tentando di incoraggiarla a confessarsi, ma lei non aveva mai osato dichiararsi. Un atteggiamento veramente poco da Grifondoro.
«Posso vedere il polso?»
«Prego?» chiese lei continuando a sbattere incredula i grandi occhi blu. Scorpius sorrise leggermente nel vederla così impacciata.
«Il polso» ripeté gentilmente.
«Ah... certo... ecco», si diede mentalmente della stupida per il modo in cui stava balbettando, «sono inciampata su una scopa giocattolo» continuò provando ad avere un tono più sicuro.
«Hai figli?» domandò l'uomo mentre esaminava il polso con la bacchetta e le lanciava un incantesimo fasciante.
«No, ero a casa di mio cugino Albus. Lo ricordi?»
Scorpius alzò gli occhi e posò la bacchetta sul tavolo.
«Certo che lo ricordo. Cosa fa adesso?» Scorpius la guardò allegramente e a Rose mancò un battito. Stupida cotta adolescenziale.
«Oltre ad essere il padre di due meravigliosi bambini, lavora come Auror.»
«Allora è un vizio della famiglia Potter quello di fare gli Auror» rise Scorpius alzandosi e prendendo una fialetta dall'armadietto delle pozioni dietro la scrivania.
«Tu invece cosa fai?» chiese stupidamente Rose. Scorpius la guardò inarcando un sopracciglio.
«Il Guaritore?»
«Certo, è ovvio» si sentiva una vera idiota, anzi, era una vera idiota.
«Non preoccuparti, sei stordita dal dolore. Il polso è rotto e deve farti un gran male. Tieni, prendi questa, nel giro di due ore si sarà ricomposto» disse porgendole la pozione curativa.
«Grazie mille.»
Mentre afferrava la fiala Rose si accorse per la prima volta che Scorpius portava la fede. La cosa le fece provare un pizzico di delusione. Bevve la pozione tutta d'una fiato e sperò di poter andare via subito, voleva scappare da quella situazione imbarazzante il più presto possibile.
«Ho letto i tuoi libri, sono davvero interessanti, devi avere una vita molto avventurosa» disse Scorpius mentre scriveva qualcosa sulla scheda di Rose.
«Be', sì, ho avuto delle belle opportunità, ho viaggiato molto. Adesso posso andare?»
«Certamente» rispose lui posando la pergamena e la piuma sul tavolo e accompagnandola alla porta. «È stato un piacere rivederti» continuò porgendole la mano. Rose lo trovò ancora più gentile di come lo ricordava.
«Anche per me, e scusami se ti sono sembrata po' strana, ero solo sorpresa di vederti.»
Scorpius sorrise comprensivo.
«Non preoccuparti e vai subito a casa, la pozione porta un po' di sonnolenza.»
«Grazie mille e a presto.»
Non appena Scorpius chiuse la porta, Rose quasi si mise a correre per uscire dall'ospedale. Quell'incontro l'aveva scossa e stupita, ma d'altra parte Scorpius aveva sempre avuto uno strano effetto su di lei.
Ai tempi di scuola non erano mai stati rivali, come avrebbe voluto suo padre, però neanche amici. Si limitavano a condividere di tanto in tanto le ronde notturne o a sedere allo stesso tavolo della biblioteca quando studiavano. Soprattutto ricordava con emozione le partite di Quidditch contro Corvonero, quando si fronteggiavano per ottenere la Pluffa. Era una vera scarica di adrenalina averlo come avversario perché era bravissimo.
Ancora emozionata si smaterializzò di fronte alla porta di casa dei suoi genitori. Entrando trovò Lily intenta a chiacchierare con Hugo.
«Rose! Finalmente ti trovo!» esclamò la cugina abbracciandola.
«Sei qui da quasi una settimana e ancora non ti eri fatta vedere» disse dandole un colpetto sulla spalla.
«Scusami, ho avuto un sacco di cose da sistemare in ufficio e non è stato facile trovare un appartamento.»
«Non capisco perché hai tutta questa fretta di andartene» borbottò Hugo.
Suo fratello dopo il diploma era stato assunto alla Gringott come Spezzaincantesimi, ma non aveva mai accennato all'idea di volersene andare di casa, con sommo dolore di suo padre che da anni pregustava il momento in cui i figli avrebbero nuovamente lasciato soli lui e Hermione.
«Ma cosa hai fatto al polso?» domandò Lily afferrandole il braccio sinistro con il polso che Scorpius aveva fasciato.
«Nulla, sono inciampata sulla scopa giocattolo di Ginny. Sono appena tornata dal San Mungo», disse Rose mentre si sedeva sul divano, «e non indovinerai mai chi mi ha curata».
«Chi?» domandò Lily con un lampo negli occhi, sempre entusiasta di fronte a un po' di sano pettegolezzo.
«Scorpius Malfoy. Non lo vedevo da anni» sospirò Rose appoggiando la testa sulla spalla del fratello.
«Davvero? È un Medimago adesso? È stato un peccato che abbia mandato a monte la sua carriera nel Quidditch» disse Hugo sconsolato.
«È stato un giocatore professionista per un paio di anni, vero?» domandò Rose ricordando di aver assistito anche a un paio delle sue partite.
«Già, giocava nel Puddlemere United ed era bravissimo. Era entrato subito come titolare.»
«Sapete perché ha lasciato?»
Lily fece spallucce.
«Nessuno lo sa. Inoltre nessuno ha avuto sue notizie per anni, sembrava essere scomparso. Io l'ho rivisto a una riunione di ex alunni l'anno scorso, prima non aveva mai partecipato» la informò la cugina con aria saputa. Lily era una giornalista e credeva che il suo mestiere consistesse nel sapere tutto di tutti.
«Piuttosto vuoi dirmi che effetto ti ha fatto rivederlo?»
Rose guardò Lily con aria di rimprovero.
«Che effetto avrebbe dovuto farmi?»
«Lo sapevamo tutti che avevi una cotta per lui, è inutile che fai finta di nulla» rispose Hugo scompigliandole i riccioli rossi.
«Oh, va bene. Un po' di effetto l'ha fatto, è stato il primo ragazzo che mi sia mai piaciuto. Ma eravamo tutte un po' innamorate di Scorpius, no?»
«Ma lui non era pazzo di tutte noi» ridacchiò Lily. Rose la guardò infastidita.
«Non avete nessuna prova che lui mi ricambiasse.»
«Si vedeva da lontano un miglio che gli piacevi, c'avrei giocato la bacchetta» disse Lily convinta.
«Comunque è il passato, adesso sono successe tante cose. Poi ho notato che porta la fede.»
Rose non riuscì ad evitare un pizzico di dispiacere nel suo tono di voce, sperò vivamente che Lily non lo notasse.
«I più belli sono i primi ad accasarsi» sospirò Lily rassegnata.
«Il più bello è ancora a piede libero e pronto a soddisfare tutte le donne che lo desiderano» ghignò Hugo beccandosi una cuscinata in faccia da Rose.
«Sei pessimo.»
Capitolo 2
«Tesoro, sei sicura di non aver bisogno di aiuto?» domandò Ron mentre dava un bacio sulla fronte a Rose.
«Sicurissima. Tutto quello che mi serve è stato rimpicciolito ed ora è al sicuro nella borsa. Mi basterà posizionare ogni cosa a al suo posto e riportarlo alle dimensioni originali, non ci metterò neanche un pomeriggio» disse la ragazza infilandosi la borsa a tracolla e raccogliendo la gabbietta con il suo nuovo gatto.
«Ma perché non resti un altro paio di giorni con noi?»
Rose roteò gli occhi esasperata.
«Ron, smetti di assillarla», disse sua madre arrivando con un sacchetto pieno di metropolvere, «è un adulta, è giusto che voglia essere indipendente. Tieni, prendine un bel pugno».
Rose raccolse un po' di polvere nera e diede un bacio alla madre.
«Ma è stata via così tanto...» borbottò Ron infilando le mani in tasca.
Rose gli mandò un'occhiata affettuosa. Suo padre nonostante l'età sembrava ancora un bambino.
«Papà, devi stare tranquillo. Adesso che sono a Londra ci vedremo quasi tutti i giorni. Infatti non ho alcuna intenzione di mettermi a cucinare, verrò spesso a pranzare e cenare da voi» rise Rose posizionandosi di fronte al camino.
«Basta che avverti, purtroppo il cibo non si cucina da solo» le sorrise Hermione. «Se hai bisogno di una qualunque cosa sai dove trovarci e ricordati che stasera siamo tutti a cena a casa di zia Ginny.»
Rose annuì e dopo un cenno di saluto scomparve dentro il camino. Riapparve tutta impolverata nel salotto del suo nuovo appartamento. Avrebbe dovuto ricordarsi di pulire la canna.
Messo piede in casa si diede intorno un'occhiata soddisfatta. Aveva scelto un appartamento condominiale non molto grande con un'ampia cucina-soggiorno, una camera da letto e un bagno sufficientemente grande da contenere una vasca (non avrebbe mai rinunciato ai suoi bagni pieni di schiuma e bolle). Il palazzo era situato in un quartiere completamente babbano e il suo grande pregio era di avere un cinema e una biblioteca a portata di mano.
Posò al centro della stanza la gabbietta con dentro Grattastinchi II.
«Vieni fuori» disse al gatto rosso incoraggiandolo a uscire. Quello mise il muso fuori dalla gabbia, annusò l'aria e con passo felpato cominciò ad aggirarsi nella stanza.
Voleva un gatto da quando la vecchia palla di pelo di sua madre era morta, ma il suo lavoro non le aveva permesso di tenerne uno. La sera dopo essere tornata a casa e aver annunciato ai suoi che sarebbe rimasta a Londra a tempo indeterminato, Hugo le aveva fatto trovare nella sua stanza una cesta con un gatto rosso appisolato. Era stato davvero un magnifico regalo di bentornata.
Mentre Grattastinchi prendeva confidenza con il nuovo ambiente, Rose aprì la tracolla iniziando a uscire i mobili in miniatura e posizionandoli in giro per l'appartamento. Nel giro di due ore aveva sistemato tutto, quadri e locandine di film babbani inclusi.
Fu allora che si accorse che la porta di casa era leggermente aperta e che di Grattastinchi non c'era più neanche l'ombra. Si precipitò fuori dall'appartamento sperando di ritrovarlo sulle scale del primo piano, ma purtroppo si accorse non solo che il gatto non c'era, ma che anche il portone del codominio era aperto. Si precipitò per strada, cominciando a cercare Grattastinchi ovunque.
Aveva corso per tutto il quartiere, fatto il giro del suo isolato e di quelli vicini almeno tre volte ma di Grattastinchi neanche l'ombra. Rossa in volto, con la coda di cavallo ormai completamente sfatta, abbattuta e esausta si avviò verso casa. Avrebbe affisso dei volantini nella speranza che qualcuno glielo riportasse, e se non lo avesse trovato non si sarebbe mai perdonata di averlo perso in quel modo.
Proprio mentre asciugava una stupida lacrima di sconforto, vide in lontananza Scorpius Malfoy giocare con Grattastinchi di fronte al portone del suo palazzo. Il maledetto gattaccio gli stava facendo le fusa e quello si lasciava leccare il naso in assoluta disinvoltura. Con un ultimo sforzo li raggiunse correndo.
«Ehi!» disse affannata, appoggiando una mano sul fianco dolorante e tentando di recuperare il fiato.
«Ciao, Rose». Scorpius era evidentemente stupito di vederla.
«Grattastinchi... è mio» boccheggiò la ragazza indicando l'animale.
«Intendi il gatto?»
Rose annuì. «Pensavo di averlo perso, l'ho cercato per tutto il quartiere.»Capitolo 4
«L'ho trovato proprio qui di fronte, accucciato vicino a quel cestino della spazzatura rovesciato, miagolava come un pazzo» disse Scorpius porgendole il micio.
«Ti ringrazio» mormorò Rose riprendendo il gatto e realizzando pienamente solo in quel momento di avere di fronte un elegante Scorpius Malfoy, in completo nero e spolverino, che la guardava con una certa ironia e curiosità. Si vergognò per il modo indecente in cui era conciata, jeans, sneakers e t-shirt vecchia di almeno dieci anni.
«Tu che ci fai da queste parti?» gli domandò tentando di dissimulare il suo imbarazzo.
«In realtà ci vivo» disse Scorpius guardandosi intorno.
«Oh, che coincidenza, io mi sono appena trasferita in questo palazzo» e gli indicò l'edificio alla loro destra.
«Allora chissà che non ci sia l'occasione di incontrarci più spesso.»
Rose non seppe cosa rispondere e lo guardò con quella che probabilmente era la sua faccia più stralunata e perplessa. Rimasero diversi secondi in silenzio fin quando Scorpius non si decise a parlare.
«Allora io vado...»
Rose pensò che stava facendo la figura dell'idiota per la seconda volta e che probabilmente non avrebbe avuto la possibilità di rincontrarlo una terza.
«Perché non sali? In fin dei conti hai riportato Grattastinchi sano e salvo a casa, il minimo che io possa fare è offrirti qualcosa» disse tutto d'un fiato. Scorpius si irrigidì leggermente e Rose capì di averlo messo in difficoltà.
«In realtà...» cominciò Scorpius con quello che Rose riconobbe come un tono di scusa.
«No, tranquillo. Così ben vestito starai sicuramente andando da qualche parte, faremo un'altra volta, ormai sai dove vivo» si affrettò a dire. Si era già voltata per tornare al suo appartamento quando Scorpius la trattenne per una spalla.
«Stavo per dire che mi farebbe piacere... non ho nulla da fare, sono appena uscito dal lavoro e stavo tornando a casa.»
«Se è così... seguimi» rispose Rose esultando interiormente ma stando attenta a non darlo a vedere.
«Carino», disse Scorpius entrando nell'appartamento di Rose, «ma non è un po' piccolo?» domandò abbassandosi per accarezzare Grattastinchi che si strusciava contro la sua gamba. Rose lo aveva lasciato sul pavimento ed era andata a controllare cosa sua madre avesse infilato dentro il frigo prima di ridurlo.
«Per una persona sola c'è spazio più che a sufficienza» disse Rose sporgendosi da oltre lo sportello del frigorifero. Scorpius annuì e si tolse lo spolverino.
«Cosa preferisci? Succo di zucca, Burrobirra, limonata... c'è un po' di tutto» Rose appuntò mentalmente di ringraziare sua madre che pensava sempre ogni cosa.
«Della Burrobirra andrà benissimo.»
«Calda o fredda?»
«Calda.»
Rose con un colpo di bacchetta estrasse due boccali dalla credenza, versò la Burrobirra e la riscaldò.
«Ecco tieni. Ma prego, accomodati pure» Rose gli indicò il divano vicino a un'ampia finestra che dava sulla strada. Le piaceva l'idea di poter osservare la città in movimento stando comodamente seduta sul suo divano blu. Scorpius si sedette e allentò leggermente il nodo della cravatta, Rose si accomodò sulla poltrona nell'angolo.
«Turno duro?»
«Quelli notturni lo sono sempre. Ce ne sono solo di due tipi, o mortalmente noiosi oppure pieni di emergenze.»
«Com'è stato questo?»
«Pieno di emergenze.»
«Non si spiega com'è che tu abbia un aspetto così impeccabile nonostante la brutta nottata» scherzò Rose bevendo un sorso della sua Burrobirra.
«Trucchi del mestiere.»
«Quindi al corso di Medimagia vi insegnano, oltre che a curare le persone, anche a vestirvi e a sembrare freschi come delle rose dopo turni massacranti?»
«Certo, c'è un corso tutto dedicato al trucco copri occhiaie» Scorpius le fece un occhiolino e Rose non trattenne una risata.
«Non ti ricordavo così simpatico» disse posando il boccale di Burrobirra sul tavolino.
«Con il tempo si migliora. Quando andavamo a scuola forse ero un po' troppo timido.»
Rose annuì ricordando che a quel tempo quasi sempre lo vedeva solo o in compagnia di pochi amici.
«Invece tu sei esattamente come ti ricordavo.»
Rose lo guardò con aria interrogativa. «Cosa intendi?»
«Buffa... goffa a volte» disse Scorpius assorto. Rose si sentì un po' morire dentro, sapeva di non essere mai stata una seduttrice nata come Roxanne, o simpatica e spigliata come Lily, ma addirittura goffa e buffa?
«Non volevo offenderti» aggiunse subito Scorpius vedendo Rose incupirsi. «Eri abbastanza tenera.»
«Come un cucciolo?» chiese sardonica. Nel giro di due parole Scorpius aveva distrutto la già tenue illusione di essergli mai piaciuta.
«Non mi sto esprimendo bene», Rose lo vide arrossire e improvvisamente le sembrò meno irraggiungibile, «intendo dire che avevi un modo di fare impacciato che si discostava dall'immagine di studentessa brillante e sicura che volevi dare di te... questa cosa mi ha sempre incuriosito.»
Rose lo scrutò dubbiosa. In fin dei conti non la stava propriamente insultando, anzi, si sforzava di descriverla quindi doveva averla esaminata con una certa attenzione in quel periodo.
«Non ci sai proprio fare» concluse bonariamente ironica.
«No, sono proprio pessimo» rise Scorpius di gusto, di un riso che la contagiò.
Chiacchierarono allegramente per il successivo quarto d'ora, ricordando aneddoti sulla scuola, sui compagni e sui professori.
«Sei rimasto in contatto con qualcuno?»
«No, solo con Lysander. Ho ritrovato due compagni di Casa a lavoro, ma non erano miei amici al tempo e a dire il vero non lo sono diventati neanche ora.»
«Voi Corvonero siete davvero degli scontrosi musoni» ridacchiò Rose posando il boccale vuoto sul tavolino.
«Non tutti possono essere Girfondoro confusionari incalliti» replicò Scorpius ironicamente. «Semplicemente seleziono attentamente le mie amicizie. Poi, anche se non entro in intimità con le persone, non significa che non ci vada d'accordo.»
Rose ricordava bene che Scorpius, nonostante la timidezza, a scuola era abbastanza rispettato da tutti per il suo modo di fare giusto e onesto. Ricordava anche che gli ci erano voluti anni per mettere a tacere le voci sul suo conto e su quello del padre, riuscendo solo alla fine a emergere per ciò che era realmente. Lei, nonostante l'avvertimento di Ron, l'aveva sempre stimato e rispettato per la sua intelligenza e posatezza.
«Adesso credo che andrò a dormire, sono davvero esausto» Scorpius bevve l'ultimo sorso di Burrobirra e si alzò.
«E poi tua moglie ti starà aspettando» aggiunse Rose allusiva indicando il dito con la fede. Scorpius strabuzzò gli occhi e si guardò la mano, mutando l'espressione rilassata di poco prima in una piccola smorfia.
«Già» disse secco infilandosi la giacca.
«Scusami, non volevo essere invadente» si affrettò a dire Rose allarmata.
«Non preoccuparti, non è niente» tagliò corto lui bruscamente.
«Allora ci vediamo.» Rose provò a sorridergli in modo amichevole.
«Se capita» disse lui accigliato. Se ne andò senza aggiungere una parola, lasciandola con una sensazione di confusione sulla soglia dell'appartamento.
*
Dopo che Scorpius se ne fu andato, Rose trascorse la giornata buttata sul divano con Grattastinchi appollaiato sulla pancia, sfogliando distrattamente un libro o guardando oltre la finestra il cielo diventare sempre più cupo. Il modo in cui l'uomo se n'era andato l'aveva messa di cattivo umore, in fin dei conti non credeva di aver detto nulla di particolare.
Si riscosse dal torpore in cui era caduta solo quando si accorse di essere in ritardo per la cena a casa degli zii. Senza nessuna voglia si alzò dal divano e si preparò velocemente. Quando si smaterializzò di fronte casa Potter ad aprirle la porta era arrivato un arruffato James con in braccio la sua primogenita, la treenne Jane, che le volò tra le braccia in un impeto di gioia.
«Finalmente ho anch'io l'onore di rivederti» disse James baciandola su una guancia e facendola entrare, dietro di lui comparve un sorridente Albus.
«Rose, ma che diavolo fai ai bambini che si precipitano tutti su di te?» le chiese il più piccolo dei Potter vedendo Jane aggrappata al suo collo, intenta ad accarezzarle i lunghi capelli sciolti.
«È un mistero anche per me.»
«A quando una peste tua?» la prese in giro James mentre entravano in salotto. Albus lo fulminò con gli occhi.
«Manca la materia prima» rispose Rose ridendo per la reazione del cugino. «Non è necessario che tu incenerisca James con lo sguardo, non mi ha offesa.»
«Ma perché, cos'ho detto?» domandò ingenuamente James. Poi improvvisamente un lampo di comprensione apparve nei suoi occhi e ricordò il matrimonio fallito.
«Oh, vero, quello» disse incupendosi.
«Sei davvero una cima», lo rimproverò Albus sedendosi su una poltrona del grande salotto di casa Potter, «mi chiedo come tu abbia fatto a superare i test per il corso Auror» continuò scuotendo la testa.
«Non litigate voi due!» disse zia Ginny entrando nella stanza con in braccio Arthur. «Rose, tesoro, ben tornata. Sono così felice di rivederti» Ginny le posò un bacio sulla guancia e le sorrise dolcemente.
«Dove sono tutti gli altri?» chiese Rose guardandosi intorno.
«Tua madre, tuo padre e Hugo devono ancora arrivare. Lily tra poco tornerà dal lavoro e Alice e Margaret sono in bagno a cambiare il pannolino a Ginny» rispose la zia sorridendo.
«E lo zio Harry?»
«Prova a cucinare» disse Ginny alzando gli occhi al cielo.
«Sono un ottimo cuoco» urlò suo zio dalla cucina. «Stasera assaggerai il timballo di riso più buono della tua vita, Rosie» disse affacciandosi dalla porta, mestolo alla mano e grembiule da combattimento addosso.
«Non ho dubbi» sorrise Rose facendogli un occhiolino.
Guardandosi intorno, con ancora in braccio Jane, un senso di calma e di calore le invase il petto. Era felice di essere nuovamente con la sua famiglia.
Si sedettero a tavola con un'ora di ritardo tant'è che alle nove erano ancora seduti a mangiare il dolce, con Ginny e Jane che correvano da una capo all'altro della tavola tentando di rubacchiare il cibo. Rose pensò che a quest'ora anche lei sarebbe stata sposata e forse incinta. Non aveva mai pensato con serietà alla possibilità di diventare mamma, il suo lavoro l'aveva assorbita per tantissimo tempo e quasi non esisteva altro. Ma la rottura con Lorcan aveva messo in dubbio le sue certezze. Una volta aveva sognato di essere vecchia e sola circondata dai figli di suo fratello e dei suoi cugini, con un cappello che assomigliava in modo inquietante a quello della vecchia zia Muriel, che Merlino la protegga. Era rimasta così scossa da quel sogno da non riuscire a chiudere occhio per due notti di fila.
«Rose, tutto bene?», le chiese Lily preoccupata fissandola negli occhi, «hai una faccia terribile.»
«Sono solo stanca, oggi c'è stato il trasloco» rispose Rose afferrando il vassoio col budino e mettendosene una porzione abbondante nel piatto.
«È andato tutto bene?»
«Sì, se non fosse stato per Grattastinchi. Non so come ma è riuscito a scappare e ho passato tutta la mattina a cercarlo.»
«Spero che tu l'abbia ritrovato» disse Hugo con la bocca piena. «Regalandoti quel gatto ti ho dato un pezzo del mio cuore.»
«Sei uno stupido» ridacchiò Rose lanciandogli una mollica in testa. «In ogni caso, sì, l'ho ritrovato. O meglio, l'ha ritrovato Scorpius e me l'ha restituito.»
Lily tossicchiò, il budino le era andato storto. «Scorpius? Quello Scorpius?» chiese strabuzzando gli occhi.
«Sì, ho scoperto che vive nel mio stesso quartiere.»
«Non inizi a incontrarlo per sbaglio un po' troppo spesso?» domandò Lily con aria maliziosa.
«È stato un caso. Comunque l'ho invitato a salire e abbiamo bevuto una Burrobirra» aggiunse Rose con tono casuale.
«Ma non era sposato?» chiese Lily perplessa.
«Già... ma quando gli ho chiesto della moglie ha cambiato atteggiamento e se n'è andato via bruscamente» Rose stava tornando di cattivo umore al ricordo del biondo che usciva quasi senza salutare dal suo appartamento.
«Forse sta attraversando un brutto divorzio» buttò lì Lily.
«Non so e credo che non lo scopriremo mai, se n'è andato via così innervosito che non penso lo rivedrò più» sospirò Rose.
«Ma cos'è? Ti dispiace? Sta tornando a galla la cotta di dieci anni fa?» Lily le sembrò sin troppo divertita.
«Tagliala, non è come pensi.»
«Sarà, ma io scommetto dieci Galeoni che lo rivedrai, e anche presto» Lily le fece un occhiolino e riprese a mangiare.
Capitolo 3
Rose era rientrata dal lavoro dopo una giornata sfiancante. Aveva dovuto incontrare i rappresentanti dell'ambasciata italiana e discutere di alcune normative sul commercio di manufatti magici. Mentre parlava con i suoi ospiti un incidente nell'Ufficio per l'Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani aveva cominciato a far piovere dentro gli uffici, quindi con grande imbarazzo aveva dovuto scortare fuori gli italiani e rimandare la riunione al pomeriggio. Finalmente alle sei di sera era riuscita a liberarsi, dopo quella che sembrava essere stata una giornata infinita.
Sbucò fuori dal camino e si distese senza forze sul divano. Le sembrava di aver pagato con gli interessi il dolce oziare del pomeriggio prima. Chiuse gli occhi e senza neanche rendersene conto era sprofondata in un sonno profondo. A svegliarla ci pensò il rumore di un becco che batteva sui vetri della finestra. Rose aprì un occhio e intravide un grosso barbagianni che reggeva un mazzo di fiori. Si alzò di scatto o lo fece entrare, quello per tutta risposta le lanciò tra le braccia un fascio di tulipani gialli. Il pennuto uscì velocemente com'era entrato mentre Rose apriva con curiosità il bigliettino che li accompagnava. Riconobbe immediatamente la grafia bella e ordinata di Scorpius, la ricordava dai tempi di scuola.
“Scusami per il modo in cui sono scappato ieri. Ti piace il cibo cinese?”
Rose rilesse il bigliettino tre volte senza capirne bene il significato. Poi si avvicinò alla finestra per guardare di sotto e vide Scorpius con dei sacchetti in mano e lo sguardo rivolto verso di lei. Rose alzò leggermente i fiori facendogli un sorriso, lui le rispose puntando un dito verso l'alto e lei gli annuì sorridendo.
Nel giro di pochi minuti l'uomo era salito e mangiava con lei cibo cinese seduti sul pavimento intorno al tavolino del soggiorno.
«Ho vissuto in Cina per circa un anno» disse Rose addentando un involtino primavera. «Ho imparato un po' di Mandarino, credo sia la lingua più difficile del mondo» poi si bloccò meditabonda. «No, mi correggo, le lingue africane lo sono di più.»
«Perché hai deciso di smettere di viaggiare?»
«Non ho deciso di smettere, ho bisogno di una pausa per capire certe cose. Sai, dopo quello che è successo...» Rose si bloccò senza riuscire a terminare la frase. Parlare del matrimonio la metteva a disagio, era il suo primo vero fallimento. Scorpius la guardò interrogativo.
«Non fare finta di non saperlo» Rose non riuscì a trattenere uno sbuffo irritato. «Li ho letti anche io i giornali di gossip. “La brillante scrittrice Rose Weasley, figlia di Ron Weasley e Hermione Granger, eroi della seconda guerra magica, è stata abbandonata e tradita a pochi mesi dal matrimonio da Lorcan Scamandro, famoso Magiavvocato”. Più o meno dicevano così, no?» domandò Rose picchiettando le sue bacchette sul piatto. «Fortuna che in quel periodo mi trovavo in Sud America...»
«Mi dispiace, non volevo riaprire una brutta ferita.»
«Non avere quel tono dispiaciuto. Non lo aveva neanche Lorcan quando mi ha piantata.
Non capisco perché debba avercelo tu che non c'entri nulla.»
«Non deve essere stato facile. Eri molto innamorata?»
Rose si sentì improvvisamente inquieta. Non sapeva cosa rispondere a quella domanda.
«Per un po' di tempo lo sono stata» disse dopo un momento di incertezza. «Ma forse, quando mi ha lasciata, non lo amavo più così tanto» concluse con un sussurro. Era la prima volta che lo ammetteva di fronte a qualcuno. Dirlo a voce alta la faceva sentire ancora più in colpa. Stava per sposare una persona che non amava, e perché poi? Probabilmente per abitudine.
Scorpius le afferrò una mano e l'accarezzò. Rose trasalì e lo guardò con un certo stupore per quella confidenza inattesa.
«Anche l'amore più forte può scemare. Certe volte è inevitabile» le disse ritraendo la mano come pentito per un gesto troppo familiare. «Pensa di aver evitato di legarti a qualcuno che non ti amava e che soprattutto tu non amavi più.»
Rose annuì a disagio e, con la mano che lui le aveva sfiorato, portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Non ne avevo mai parlato con nessuno, per questo sono un po' scossa. Non è facile ammettere certe cose» disse guardandolo negli occhi sperando che percepisse la gratitudine che provava nei suoi confronti in quel momento.
«Comunque adesso sono pronta ad andare avanti, sono felice di potermi stabilire in un posto per starci più di nove mesi. Soprattutto se questo posto è casa», si guardò intorno sollevata.
«Vedo che collezioni locandine» disse Scorpius indicando l'immagine di Anita Ekberg che danzava a piedi scalzi.
«Ti piacciono i film?» domandò incuriosita. «Credevo che i purosangue si tenessero ancora alla larga dalle diavolerie babbane» ridacchiò Rose.
«Non hai notato che vivo in un quartiere babbano?» Scorpius la guardava sarcastico. «Eppure ti credevo una persona brillante e deduttiva. Dovresti aver capito che sono un purosangue atipico già dai tempi della scuola, precisamente quando mi smistarono a Corvonero» concluse Scorpius bevendo un sorso di succo di zucca. Rose tentò un'aria offesa.
«Io sono brillante» disse rubandogli dal piatto un riavolo al vapore.
«Solo che anche tu hai ancora alcuni pregiudizi sui purosangue. Non siamo tutti uguali.
Soprattutto da te mi aspetto una mente più aperta» Scorpius non voleva davvero offenderla, parlava scherzosamente e la guardava divertito.
«Sai essere davvero pungente. Mi chiedo com'è che il cappello non ti abbia smistato Serpeverde» disse Rose fingendo disappunto.
«Se lo sono chiesto anche i miei genitori per anni» ridacchiò Scorpius asciugandosi una lacrima di ilarità da un occhio.
«Speravi di essere smistato Serpeverde?» Rose stava per rubargli un altro raviolo dal piatto, quando lui le colpì la mano con le bacchette.
«Non so, forse no. Comunque sia sono felice di essere stato un Corvonero, mi ha permesso di essere veramente me stesso» Rose annuì comprensiva, sapeva cosa volesse dire essere intrappolati nello stereotipo della propria casa di appartenenza.
Chiacchierarono del più e del meno tutta la sera, Rose sentiva che l'imbarazzo dei loro primi incontro andava completamente scemando per lasciare posto a una sensazione di intimità.
«Adesso devo andare, domani attacco presto a lavoro» disse Scorpius posando le bacchette e guardando il suo orologio.
Rose fissò ancora una volta la fede e si chiese se stesse davvero divorziando, ma non ebbe il coraggio di fare nessun commento a proposito, non voleva infastidirlo. Un leggero senso di colpa e di disagio si impadronì di lei. E se ci fosse stata davvero una moglie a casa ad aspettarlo, mentre lui chiacchierava e si divertiva con lei? Scacciò con tutte le forze quel pensiero, anche perché non sembrava per nulla una cosa da lui.
«Rose, tutto okay?» le chiese Scorpius che le porgeva una mano per aiutarla ad alzarsi.
«Sì, certo, ti accompagno alla porta.»
Al momento di salutarsi Rose avrebbe voluto dirgli di rimanere ancora un po' o quanto meno di mettersi d'accordo su quando rivedersi, ma non ne ebbe il coraggio.
«Allora... ci si vede?» domandò incerta. Scorpius annuì leggermente.
«A presto, Rose», non ebbe neanche il tempo di rispondergli che si era già smaterializzato.
*
«Ti devo dieci galeoni» disse Rose sedendosi al tavolo dove la cugina la stava aspettando.
«Hai rivisto Scorpius?»
Ebbe appena il tempo di annuire che la cameriera era già arrivata a prendere l'ordine.
«Cosa desiderate?»
«L'insalata numero sette» disse Lily restituendo il menù.
«Lo stesso per me» aggiunse Rose consegnando anche il suo. La cameriera prese nota e si allontanò.
«Quando l'hai visto?» chiese Lily curiosa.
«Lunedì sera. Mi ha portato un mazzo di tulipani per scusarsi del modo in cui se n'era andato il giorno prima e poi abbiamo cenato insieme.»
«In che locale siete andati?» squittì Lily entusiasta.
«Nessuno. Ha portato del cibo cinese e abbiamo cenato nel salotto di casa mia.»
«Ma è meraviglioso! È una cosa romantica. Penso che sia davvero interessato a te.»
Rose scosse la testa e indicò il proprio anulare.
«Non dimenticarti dell'anello e poi oggi è sabato, non si fa sentire da quasi una settimana.»
«Probabilmente sarà stato impegnato con il lavoro, e poi che sarà mai questo anello?! Probabilmente lo porta per tenere lontane le squinzie che ci provano, sono sicura che fanno la fila se è ancora bello almeno la metà di com'era al liceo.»
«Anche di più» sospirò Rose appoggiando il mento sul palmo della mano.
«Ti piace, vero?» Lily le puntava l'indice con aria accusatorio contro il naso.
«È bello, gentile e intelligente, a chi non piacerebbe?» Rose sperava di uscirsene fuori d'impiccio con una risposta generica. In realtà non era pronta ad ammettere che lui le piaceva, e anche molto. Si sentiva troppo stupida: prendersi una brutta cotta due volte sempre per la stessa persona a distanza di dieci anni? Suonava ridicolo anche solo pensarlo.
«Sarebbe davvero romantico se vi metteste insieme. Come se per tutto questo tempo non aveste fatto altro che aspettarvi a vicenda» sospirò Lily.
«Fantastichi troppo» borbottò Rose mentre la cameriera le metteva davanti la sua insalata.
«Tu, piuttosto, quando seguirai le orme dei tuoi fratelli?» Lily arrossì leggermente e Rose la scrutò con aria indagatrice.
«Allora c'è qualcuno!» disse trionfante.
«Qualcuno c'è, ma ci frequentiamo da troppo poco...» tentennò Lily.
«Chi è il fortunato?»
«Se te lo dico devi essere una tomba e non farne parola con nessuno» disse Lily minacciandola con la forchetta.
«Sarò una tomba.»
«Nathanzambini» farfugliò Lily con una foglia di insalata in bocca. Rose spalancò gli occhi non credendo alle sue orecchie.
«Cosa? Chi?» le uscì un tono di voce troppo stridulo. Lily prese un respiro e ripetette il nome scandendolo.
«Nathan Zabini.»
«Zabini? Quello Zabini di Serpeverde con cui James ha duellato almeno una decina di volte prima di riuscire a prendere i suoi M.A.G.O.? Lo Zabini con cui hai litigato fino a quando non si è diplomato? Che una volta ti ha chiuso nel ripostiglio delle scope e contro cui tu avevi giurato odio eterno?»
«Rose, smettila» disse Lily infastidita. «Sono cose accadute un decennio fa...»
«Da quanto state insieme?»
«Più o meno... quasi un anno.»
Rose spalancò la bocca incredula.
«Come hai fatto a tenere nascosta una cosa del genere ai tuoi due fratelli Auror? Non uno, due!»
«La mamma è stata d'aiuto» mormorò Lily con tono di scusa. «Mi dispiace di non averti detto nulla, solo che volevo essere davvero sicura che fosse una cosa seria. Sono molto innamorata, e presto lo dirò anche ai ragazzi.»
Lily aveva la sua aria più addolorata.
«Ma com'è potuto succedere? Vi siete sempre odiati...»
«L'ho intervistato per un servizio della Gazzetta... sai è il più giovane membro del Wizengamot da sempre, non ha neanche trent'anni... e be', l'intervista è stata divertente, lui è stato gentile e spiritoso. Poco tempo dopo ci siamo incontrati alla festa di ex studenti di Hogwarts di cui ti avevo parlato. Abbiamo bevuto e chiacchierato tutto il tempo. A fine serata mi ha chiesto di uscire a cena e io ho accettato. Il resto è storia...» Lily giocava con la sua insalata, evidentemente imbarazzata. Rose la guardò con affetto.
«Sembri molto innamorata» disse semplicemente Rose facendole un sorriso.
«Lo sono infatti... spero davvero che anche tu trovi qualcuno che ti ami come meriti.»
«Non devi scusarti per essere felice. Se in questo momento sono sola è anche colpa mia.»
Ripreso a mangiare e a parlare del più e del meno. Ma quando Rose uscì dal locale e salutò la cugina una specie di malinconia la colpì dritta al petto. Si sentiva sola, e si sentiva così da anni, da molto prima che Lorcan la lasciasse, in fin dei conti da quando stavano insieme si erano visti poche volte l'anno per periodi neanche troppo lunghi, visto che lei era quasi sempre in viaggio. Si sentiva sola ma anche inadeguata, non credeva di poter essere all'altezza di una relazione, era troppo esigente, troppo piena di impegni, troppo concentrata su se stessa.
Iniziò a camminare senza meta per le strade di Londra, era sabato pomeriggio e finalmente era cominciato il suo breve week-end di riposo. Senza sapere bene come, dopo un lungo girovagare, si era trovata di fronte al San Mungo.
«Maledetto subconscio» mormorò a denti stretti guardandosi intorno e fuggendo nella direzione opposta. Avrebbe dovuto dire a Lily di smetterla di sognare sulla sua via sentimentale, altrimenti avrebbe cominciato a farlo anche lei. Si rifugiò in un vicolo appartato e quando fu sicura che nessuno potesse vederla si smaterializzò di fronte alla porta di casa sua. Avrebbe fatto un bagno per rilassarsi e poi sarebbe andata al cinema, niente film romantici però, non voleva definitivamente affossare il suo umore già precario.
Mentre era immersa fino al naso in una vasca piena di bollicine sentì il campanello della porta suonare. Si alzò velocemente, rischiando quasi di scivolare, si infilò l'accappatoio e andò ad aprire alla porta urlando un “Arrivo”. Probabilmente era Al, le aveva promesso che sarebbe passato per restituirle un libro che gli aveva prestato, così ne avrebbe anche approfittato per vedere la casa.
Quando si trovò davanti Scorpius per poco non ebbe un mancamento.
«Ciao» riuscì a balbettare imbarazzata stringendo ancora di più l'accappatoio.
«Ti disturbo?» domandò lui divertito. Rose pensò di dover avere avere un aspetto ridicolo avvolta in quello scafandro blu con i fiori e le guance rosse per la vergogna.
«Certo che no, hai bisogno di qualcosa?»
«Posso entrare?»
«Sicuro, scusami tanto, sono una cafona. Solo mi hai presa alla sprovvista» disse Rose facendolo accomodare. «Ti dispiace se vado un attimo a mettermi qualcosa di decente?»
«Fai pure, ti aspetto qui.»
Rose corse nella sua camera da letto sbattendo la porta dietro di sé. Il cuore le batteva all'impazzata e si maledisse per non aver guardato nell'occhiello della porta prima di aprire. Sua madre l'aveva sempre rimproverata per questa sua bruttissima abitudine. Si fiondò sull'armadio e prese la prima cosa che le venne sotto mano, un vestito verde che risaliva al suo periodo da figlia dei fiori. Sperò che Scorpius non la prendesse per una pazza e con l'asciugamano ancora in testa lo raggiunse nel soggiorno.
«A cosa devo l'onore?» domandò mentre si sedeva sulla poltrona strofinando i capelli ancora bagnati.
«Hai impegni per stasera?» rispose Scorpius mentre afferrava Grattastinchi e se lo posava sulle gambe.
«Sì... cioè no, o meglio più o meno.»
Scorpius rise un'altra volta.
«Sono il tuo film comico preferito» constatò Rose con un pizzico di rassegnazione.
«Mettiamola così.»
«Comunque non ho nessun impegno, pensavo di andare al cinema.»
«Allora non ti dispiacerà se andiamo insieme» Scorpius sfilò dalle tasche della giacca un paio di biglietti. «Li ho comprati senza pensare che potessi avere altri impegni» disse giustificandosi prima che lei potesse fraintendere il suo gesto. «Ripropongono L'appartamento di Wilder, è uno dei miei film preferiti e non l'ho mai visto al cinema e non conosco nessuno a cui piacciano i film vecchi, tranne te...»
Rose sorrise, Scorpius sembrava leggermente imbarazzato e lo trovò estremamente tenero.
«Sono anni che non rivedo quel film, mi piacerebbe farti compagnia.»
La promessa di non vedere qualcosa che fosse anche solo vagamente romantico si stava infrangendo in mille pezzettini. Per non parlare del fatto che andava al cinema con la sua attuale cotta, di cui non aveva ancora ben capito le intenzioni.
«Asciugo i capelli, metto una cosa decente e usciamo» disse Rose sorridendo.
«Trovo che il vestito ti stia bene, perché lo cambi?» chiese Scorpius mentre giocava con il gatto, Rose ringraziò il cielo che non la stesse guardando.
«T-torno subito.»
Con un incantesimo asciugò e acconciò i cappelli alla bene e meglio, si infilò un paio di scarpe, il cappotto e tornò in salotto. Scorpius posò Grattastinchi sul tappeto e la seguì fuori di casa. Arrivati al cinema Rose insistette per comprare da mangiare e bere, visto che lui aveva già preso i biglietti, ma Scorpius glielo aveva impedito e le aveva comprato un ghiacciolo e una confezione gigante di popcorn al burro e cioccolato. Il film era più bello di come lo ricordava, il tempo le aveva fatto cancellare alcuni passaggi che aveva riscoperto con piacere.
«Ti va di andare a mangiare qualcosa?» chiese Scorpius uscendo dal cinema e aprendo l'ombrello. Una leggera pioggerellina scendeva fitta sulle loro teste.
«Ho mangiato tanto di quel popcorn che sarò sazia fino a lunedì sera» disse Rose scuotendo la testa.
«Allora ti accompagno a casa.»
Rose annuì, si sentiva leggera e a disagio allo stesso tempo. La sensazione di essere fuori posto non l'aveva abbandonata per tutta la sera e aumentava ogni volta che l'occhio cadeva sulla mano del ragazzo. Quell'anello stava diventando una vera ossessione.
«Sei sicura che va tutto bene?» le chiese Scorpius arrivati alla porta del suo appartamento. Rose era stata per tutto il tragitto distratta e meno loquace del solito. Evidentemente la visione di un film in cui la protagonista è l'amante del capo l'aveva turbata più del dovuto.
«Sì... cioè... no» sospirò alla fine, non riusciva proprio a far finta di nulla. «Ho capito che non ti piace parlare di quello» disse indicando l'anello al dito di Scorpius. «Però devi sapere che io ormai ho ventisette anni e non voglio essere l'amante di nessuno, non sono quel tipo di donna.»
Si accorse subito che la frase le era uscita veramente male. Scorpius, che fino a pochi istanti prima era completamente a proprio agio, si irrigidì.
«Non è come pensi. Non farei mai una cosa del genere, dovresti averlo capito.»
Rose non seppe come interpretare quelle parole, poi le passò per la testa l'idea che probabilmente lui non era interessato a lei in quel senso, e che la frequentava solo perché la trovava simpatica.
«Scusami, ti ho frainteso, sono una stupida» si affrettò a dire mortificata. «Mi chiedo solo se a tua moglie non dia fastidio che tu passi il tuo tempo libero con una vecchia compagna di scuola piuttosto che con lei.»
Scorpius le sorrise in un modo del tutto diverso da quello che aveva visto fino ad ora, sembrava amareggiato e rassegnato.
«Tranquilla, non credo le importi. Questa», disse indicando la fede, «è un'abitudine e niente di più» e si ficcò la mano con l'anello in tasca.
Rose pensò che non fosse il caso di fare altre domande, in fin dei conti al momento le bastava sapere che non fosse impegnato.
«Allora io vado, ci vediamo» disse lui passandosi una mano tra i capelli scompigliati, ancora a disagio.
«A presto» mormorò lei sperando di rivederlo davvero il prima possibile.
Continua