Nome storia: just friends
Rating: rosso, V.M 18
Prompt: Kyoraku Shunsui/ Jūshirō Ukitake, amici, prima di tutto.
Genere: erotico, introspettivo, generale.
Avvertimenti: yaoi, what if, missing moments, oneshot.
Note:
Mi concedo dunque una storia yaoi per il porn fest indetto da Fanfic Italia. Aggiungo che questa coppia mi affascina (mi piacciono gli uomini maturi e virili, abbasso gli uke XD), tuttavia per me è difficile parlare di yaoi, per cui credo di essere caduta in ooc soprattutto verso la parte finale. Perdonatemi quindi, ma qui è la mia scarsa manualità sull'argomento scritto che mi ha un po' impedito.
Per il resto, spero possiate fare una buona lettura. E ditemi cosa ne pensate, grazie
Annaspò in cerca di ossigeno, trovando solo un umido lenzuolo ad ostacolargli il volto.
Seccato per quell'ennesimo inconveniente - oltre per la pesante cappa d'oscurità e calore che lo avvolgeva - il capitano della tredicesima compagnia, Jūshirō Ukitake, sputacchiò via la coperta dalla bocca con un rantolo piuttosto rumoroso.
Quasi ridicolo se si poteva aggiungere, se non fosse stato per il capitano Kyoraku che lo stava bellamente schiacciando contro il futon con tutto il suo dolce peso.
Che fosse stato nella caserma dell'ottava brigata - come in quel caso - oppure nella propria unità, Ukitake si doveva sempre trovare da ridire sul comportamento impulsivo e bestiale dell'amico.
“Uff... Shunsui! Pezzo di idiota... Ah! Fai male così!”
cercando istintivamente di allontanarsi da quelle coperte che avvolgevano entrambi come il coperchio di un sarcofago, l'emaciato capitano allungò un braccio dietro di se per scostarsi di dosso la bestia che lo abbrancava per la vita senza avere intenzione di lasciarlo andare.
“Eh...? Ma che dici? - il tono di voce del capitano Kyoraku rasentava la bonarietà, in contrasto con i suoi atteggiamenti violenti - mi sembri piuttosto in salute per sopportare ben altro, no?!”
senza neppure aspettare una parola dall'individuo che sotto di lui tentava di staccarsi e cambiare le carte in tavola, Shunsui tentò di affondare con più forza nel corpo del compagno, trovando però il compito piuttosto difficile.
“Ouch! Per Dio Shunsui! Ma non puoi prima... Che so... Prepararmi?! Oppure sei così violento anche con le donne?”
“Oh, via amico mio... Non dire eresie. Con le donne è tutta un'altra cosa. Noi siamo uomini, no?”
Il moro tuttavia doveva concederglielo, tra loro i preliminari erano pochi o pressoché nulli.
Appunto, con Jūshirō era tutta un'altra cosa che farlo con una donna. Kyoraku non si adoperava certo ad essere violento con una femmina - sarebbe stato come andare contro il suo stesso credo - ma farlo con lui, con quello che era sempre stato il suo vero ed unico amico, o punto saldo, durante tutta la sua onorata carriera militare, era un altro paio di maniche.
Per tanto, sostituendo tali flebili pensieri volle penetrarlo con più forza e con più rabbia, riuscendo così a fatica nell'impresa portandosi dietro, nell'atto, anche un paio di imprecazioni per la sua scarsa delicatezza.
“Uff... Sarà - borbottò un uomo dalla pelle diafana intrisa di sudore - però mi stai facendo male, accidenti a te!”
“ Jūshirō, tu parli decisamente troppo nel mentre si fanno queste cose - aderì con più forza il petto dai muscoli tesi come corde di violino, alla schiena del compagno ancora reticente - oppure ti perdi in monologhi anche con tua moglie?!”
Senza neppure dargli un preavviso - non era decisamente nello stile del capitano a quanto pare - iniziò a muoversi come un disperato dentro di lui, costringendolo così a mordere il futon sottostante per impedire che lamenti piuttosto alti gli uscissero di bocca.
“Dio... Kyoraku sei una bestia!”
gemendo tra il dolore di una passione indelicata del compagno, oltre che del piacere per le sue audaci carezze - che gli donava massaggiandogli i fianchi e il membro premuto contro delle lenzuola ormai umide - Ukitake morse di rabbia il futon tentando in tutti i modi di mettersi in una posizione più comoda.
Non era decisamente facile averla ogni volta vinta su di lui, complice anche una salute cagionevole che ne minava il fisico robusto.
Seccato, Ukitake si mosse ancora, riuscendo questa volta a voltarsi quanto bastava per riuscire a guardarlo in faccia. Per quanto il torso era dolorante in più punti con una respirazione che andava quasi a rasentare l'affanno, riuscì a sfiorargli le labbra gemendo tra il dolore che si propagava dalle sue natiche ad ogni spinta del compagno, fino al piacere per come quelle mani spesso rudi lo stessero accarezzando esperte e incredibilmente delicate.
Con gesti comunque altrettanto urgenti come le spinte che si propagavano all'interno del pallido capitano, portando quest'ultimo a chiudere gli occhi nell'atto di assaporare tutte quelle sensazioni come in trance.
Comportamento che portò Kyoraku a sorridere e abbassare la guardia, non notando così che l'apparente sottomissione del partner era una trappola bella e buona.
Non fu con un gesto di passione ardente che il capitano della tredicesima compagnia si era voltato verso il compagno di lontane origini ispaniche, quanto per assestargli una testata contro il naso che lo colse totalmente impreparato.
Un grido, un piccolo grido strozzato si levò dalla bocca di Shunsui - e fu addirittura sicuro di aver sentito un osso scricchiolare - prima di alzarsi a sedere di scatto scostando così le coperte che rivestivano i due improbabili amanti come un sudario.
Una sferzata di aria gelida investì le membra bollenti dei due compagni d'armi e di letto, senza però essere realmente notata a causa dei movimenti goffi e un po' convulsi dei due che, piuttosto che fare l'amore, sembravano darsele di santa ragione.
Con una forza ritrovata, il capitano Ukitake riuscì a rovesciare la situazione prendendo le redini del gioco, sbattendo a pancia in su un compagno ancora dolorante - e sanguinante - sulle lenzuola, sistemandosi poi meglio sopra di lui.
“Ahh... Finalmente! Ora tocca a me se non ti dispiace”
il pallido guerriero dai lunghi capelli argentati - ora lievemente sporchi di sangue - si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, nel mentre che si allacciava dietro la schiena le gambe di un amico ancora dolorante e confuso.
“Uuh! Jūshirō! Che modi sono di colpirmi così? Siamo amiconi, no?”
l'uomo colpito a tradimento si massaggiò l'attaccatura del naso dolorante, mugugnando in modo infantile senza quasi accorgersi che ora era lui a sottostare ad una violenta passione.
“Certo... Amici... - il candido Shinigami iniziò a violare il corpo del compagno senza prestare ascolto ai suoi sussulti - fino a che non inizi a fare lo stronzo, amicone!”
poteva sembrare strano nel sentirlo così sboccato verso qualcuno, anche perchè generalmente Ukitake era una tra le persone più educate di tutta la Seireitei, tuttavia la sua pazienza poteva giungere anche al limite portandolo ad essere lo spietato guerriero che era stato addestrato ad essere.
Un dettaglio questo, che a Shunsui piaceva da morire.
[…]
Era l'indelicatezza che la faceva da padrona.
L'indelicatezza, mista ad una componente essenziale di ossessione che rasentava la insanità più assoluta.
Jūshirō Ukitake e Shunsui Kyoraku si conoscevano fin da quando erano bambini.
Fin da quando giocavano nei giardini curati della caserma in cui appresero il difficile mestiere del dio della morte, le loro vite si erano viste intrecciate in intricate matasse costantemente sul filo del rasoio per ogni pericolo sfiorato.
Fianco a fianco, spalla a spalla nel combattere contro nemici che si stagliavano sino all'orizzonte come oceani ruggenti e carichi d'odio, la loro era sempre stata una lotta e una missione per salvaguardare la salute dell'altro. Cercando sempre di rimanere in vita assieme.
Sbadigliando in modo assai cavernoso, il capitano Kyoraku si avvicinò alla veranda aperta - quella delle sue stanze private - per raggiungere un amico che si godeva lo spettacolo notturno di lucciole e grilli.
Il giardino dell'ottava brigata era piuttosto curato e ben tenuto, e di sera si trasformava in uno spettacolo delizioso per gli occhi.
Il capitano Ukitake, che in quel momento era seduto sul pavimento il legno intento a fumare dalla lunga pipa da oppio e totalmente assorto nel guardare lo spettacolo offerto dalla natura, quasi non badò alla presenza di un Kyoraku ancora dolorante che si sedette accanto a lui con un lamento sottile.
Stava iniziando a far fatica a sedersi, segno che l'età avanzata li stava cogliendo sempre di più.
“Hm, ti fa ancora male?!” il tono del candido Shinigami era sottilmente preoccupato per la testata data al compagno, che ora recava un cerotto bianco ove si era fatta la ferita pulsante di dolore.
“Ah, via non preoccuparti! Sono ancora abbastanza in gamba da sorbire i tuoi pugni! Mi dispiace solo di dover preoccupare la mia adorata Nanao quando mi vedrà in questo stato”
il compagno aspirò tabacco in modo assai pensieroso, nel sentire le lamentele dell'uomo ferito. Massaggiandosi un ginocchio avvolta dagli hakama neri come la pece, gli lanciò una occhiata scettica.
“Puoi sempre dirle che eri ubriaco come una spugna e che sei caduto dalle scale... Dopotutto non è una visione che si discosta molto dalla realtà”
A quella battuta Shunsui rise debolmente in modo del tutto sincero. E come voler dar ragione al compagno andò a frugare in una tasca interna dello yukata per estrarre una piccola fiaschetta per il liquore.
Ne bevve un gran sorso, quasi come a voler dimenticare una serata malinconica, prima di sospirare soddisfatto alla bevuta e lasciare che un lungo e interminabile silenzio calasse sui due.
L'intenso aroma del tabacco fumato da Ukitake arrivava sino a lui, portato da una lieve brezza estiva che trascinava via il fumo come se fosse stato un sottile velo di seta.
Con il suo grigio candore il fumo andava a toccare il cielo notturno senza stelle, finendo col morire li senza lasciare scampo alcuno.
Una visione più che perfetta per la loro malsana unione, che dopo l'euforia di ogni notte spesa assieme non lasciava altro che quello.
“Ti sei mai chiesto il perchè?”
la voce bassa del moro non colse impreparato il compagno ancora intento a guardare la danza delle lucciole, che rispose con un lento sospiro alla malinconia del capitano Kyoraku.
Sapeva a cosa si stava riferendo. Sapeva che parlare di loro due era una cosa ben più difficile che finire a letto assieme.
“Francamente amico mio, no”
“Hm... Magari mi vuoi semplicemente troppo bene...”
“Testata a parte? Comunque scusami”
l'ennesima mezza battuta dello Shinigami malato portò ancora il non più giovane Shunsui a ridersela in modo sottile. Oltre che a bere nuovamente dalla fiaschetta per sopperire ad un profondo disagio che lo coglieva spesso alla notte, senza però darglielo troppo a vedere.
A differenza sua Ukitake si era fatto una famiglia e amava alla follia la donna che aveva sposato.
L'amico glielo ripeteva spesso di dover smetterla di correre dietro alle ragazzine e iniziare a mettere su una famiglia vera e propria, ma per lui era una cosa totalmente impossibile.
La sua famiglia era l'ossessione - o forse era più giusto chiamarlo affetto in fin dei conti - che lo legava all'amico malato.
Ma per quanto fosse una cosa totalmente malata oltre che improbabile, era l'unica cosa che non se la sentiva di dover rinunciare ad ogni costo. Poiché farlo - esattamente come il compagno seduto accanto a lui - valeva dire recidere un legame importante che li aveva uniti sin dall'inizio.
“Beh... Credo che si sia fatto tardi. Meglio se vai da tua moglie ora...”
il capitano della tredicesima brigata accolse quel consiglio con un ultimo sbuffo dalla pipa cesellata, prima di chinare la testa a mo di consenso e nascondere così un sorriso amaro.
“Si è vero... non se lo merita di...”
“Eh! Vedi che amico sono io? Se non fosse per me che penso a quella cara ragazza...”
“Direi che si ci stai lontano è meglio - sorrise questa volta con più sincerità alla battuta bonaria del capitano, voltandosi verso di lui - sennò la prossima volta assaggerai le mie nocche!”
“Ahh! Che uomo di poca fede! Come puoi dubitare che io possa correre dietro alla tua bellissima moglie?”
“Oh cielo... Farò finta di non aver sentito!”
il vociare quasi infantile dei due capitani, ora persi a battute di spirito e non più presi da una pesante situazione al limite dell'ingestibile e del disonorevole, venne preso da entrambi come una nota positiva - forse l'unica - di tutta la serata che si prestava a morire.
Perchè loro per quanto erano amanti, per quanto compagni di spada e di guerra - e sempre pronti a sostenersi fino a sfiorare un sentimento scomodo e insidioso - erano prima di tutto amici.
Amici, prima di tutto.
Prima di finire sotto le coperte. Prima di trovarsi a mordersi le membra e a profanarsi con una violenza tale da lasciare intravedere una passione che toccava l'assoluta ossessione.
Loro erano semplicemente questo, e tutto ciò che accadeva dopo erano semplicemente dettagli a parte.