Nome storia: Profumo
Promt: Aizen Sosuke/Orihime Inoue, profumo
Rating: rosso, V.M 18
Genere: erotico, introspettivo, drammatico
Avvertimenti: oneshot, what if, missing moments, lemon.
Conclusa?: si
Note: Altra storia scritta per il “p0rn fest” indetto da fanfic Italia. Questa volta però, con toni decisamente meno allegri della precedente oneshot.
Quest'anno purtroppo, per quanto riguarda il festival, non ho ispirazione per storie comiche ma solo con alto contenuto di angst
Comunque sulla storia avverto: i personaggi sono tutti maggiorenni e niente di quello che è descritto è realmente successo.
Bene, detto questo vi lascio e spero facciate una buona lettura!
Le mani si allungarono lente e imbarazzate sulla candida superficie del muro posto alle sue spalle, come in cerca di una via di fuga.
Un sospiro, l'ennesimo, le scivolò fuori dalle labbra arrossate quando un umido tocco le portò un brivido lungo la schiena tanto fastidioso quanto - purtroppo in una maniera malsana - piacevole da un certo punto di vista.
Orihime Inoue teneva gli occhi rigorosamente sbarrati, senza avere il coraggio effettivo di vedere cosa lui stesse combinando li sotto. Solo le labbra si muovevano. Ma in gesti che trasudavano ansia e un piacere che a stento riconosceva come suo.
Perchè la tentazione li - in quel preciso momento - di chiudere le gambe di scatto era pressoché forte anche se, per un motivo che non le piaceva e comprendeva, impossibile da farsi.
“Mh...”
dalle labbra dischiuse le fuoriuscì istintivamente un bisbiglio nel sentire un ennesimo tocco umido vezzeggiarle l'intimità esposta al gelo di quella stanza buia e ignota.
Nessuna parete parlava o raccontava di dove fosse realmente. Nessun rumore, a parte quelli umidi e intimi che giungevano ad ogni suo bacio azzardato, riempiva quell'innaturale silenzio.
Lui - si, proprio lui - era la persona che meglio si destreggiava in quell'ambiente che di normale non aveva nulla.
Niente finestre, niente porte... Forse di sicuro c'era solo il pavimento piastrellato in tinta con un candido muro che Inoue, per contrasto di mille emozioni, stava graffiando al limite dell'esasperazione.
Se non voleva vederlo in faccia e osservare quei suoi occhi capaci di guardarle dentro fin nel minimo pensiero intimo, per istinto teneva gli occhi chiusi. Ma in contrasto riusciva a sentire comunque ogni suo gesto e carezza.
Lo aveva sentito chiaramente sollevarle la candida sottana di stoffa sintetica con una mano, per poi farla scorrere agilmente lungo il rettilineo delle gambe e - una volta giunti al torso - fermarsi infine una volta arrivati a destinazione. Indugiando nel guardarla in un modo così intenso, esattamente come si guarda un'opera d'arte creata con le proprie mani.
Lo aveva percepito quel suo sorriso languido e spaventoso, allungarsi alla vista della sua intimità scoperta e dal sano incarnato roseo. Anche se non era riuscito a vederlo, sapeva che stava sorridendo in un modo tale chi bisognava odiarlo per forza di cose.
Poi ancora, quando aveva infine iniziato a baciargliela con il gesto tipico dell'amante collaudato, Orihime avvertì l'anima andarle in fiamme.
Trattenne e trattenne ancora singhiozzi dentro alla gola, mentre lui passava quella sua lingua colma di parole intrise di malizia, dentro di lei fino a portarla a tremare come una foglia.
Quindi ecco che le braccia si allungano su quel muro anonimo. Ecco che i tendini delle dita si tirano e cercano di conficcarsi nella spessa stuccatura di quel muro curato.
Ecco che sente il cuore batterle all'impazzata e il desiderio di urlare e di scappare via, si affievolisce nel constatare che è come se tutte le sue membra stessero dormendo.
Peggio ancora, come informicolate e assopite da un sonno decisamente profondo. Perchè era come dormire anche se restando ad occhi aperti, ed era un particolare questo che non le piaceva affatto.
“Hai un buon sapore... Inoue”
Orihime rabbrividì in un misto di disgusto per il modo infatuato con cui venne pronunciato il suo nome, oltre che per il brivido del piacere della carne quando alla lingua melliflua si sostituirono un paio di falangi.
Più rigide ma non per questo meno lussuriose nei movimenti, la fanciulla gemette in un misto di panico represso e insicuro, in aggiunta alla squisita scossa che la portò ad inarcare la schiena.
Si morse il labbro inferiore quasi a sangue, con le palpebre che si strizzarono dolorosamente tra loro, fino a vedere puntini bianchi nel buio auto imposto.
E la carne della sua intimità - perchè proprio le gambe non riusciva a serrarle - si strinse attorno a quelle due dita per la gioia del suo padrone.
Lui, Aizen Sosuke, sorrise a quello scatto istintivo ma non per questo ritirò la mano. Anzi, il padrone di quella stanza buia come la pece, di quell'oscurità che di normale non aveva nulla, sorrise maggiormente riportando la propria bocca melliflua a contatto con quella carne umida.
Come un esploratore risalì quella conca di carne deliziosa in modo esperto e sicuro. Andando a mordere lievemente il suo sesso esposto e nel mentre, esaminare con le dita le profondità della sua carne.
Ad un ritmo lento e costante, Aizen Sosuke - il dittatore, l'illusionista, il mostro - avvertì che la costrizione che stringeva le sue dita era dovuta anche ad un fattore fisiologico oltre che puramente psicologico.
Un qualcosa che stava portando la sua deliziosa ospite a gemere quasi di dolore a quel contatto, tanto indesiderato quanto irrazionale per la sua mente a resistergli.
Sorridendo, estrasse con riguardo il dito indice lasciando che solo il medio la penetrasse con colpi leggeri e passionali. Alla sua verginità, ci avrebbe pensato qualcun'altro. Non lui.
“Credi che Kurosaki si arrabbierà per questo, mia cara Inoue?”
L'ombra eterna che regnava in quella scatola nera, gelò ancora di più e il sangue di Inoue parve raffreddarsi per un paio di secondi dallo shock per quelle parole cattive.
Finalmente le si spalancarono gli occhi, e un'unghia andò a conficcarsi nella stuccatura del muro. Come una vergine crocefissa ad una candida parete, i suoi occhi dal tenue color miele cozzarono contro quelli scuri e senza remore di chi aveva pronunciato parole azzardate.
Tutto ciò che vide fu solo il suo sorriso. Non una nota preoccupata quando la fanciulla lo osservò con una punta - una punta, il resto non riuscì ad esternarlo tutto - di rimprovero. Neppure l'umiltà di abbassare lo sguardo ma, anzi, guardarla con più intensità possibile.
Con il panico di avere il pensiero di Kurosaki Ichigo a conoscenza di questi misfatti, gli occhi di Inoue si riempirono di lacrime che per nessun motivo al mondo la fanciulla avrebbe fatto scivolare via.
Un odio verso quell'individuo che andava a cozzare - anzi no, stemperarsi - ai suoi baci e alle membra che, invece di obbedirle, la confondevano nel loro rimanere immobili.
Il ritmo della falange del suo padrone prese a muoversi ad un ritmo costante e repentino dentro di lei - accompagnato nuovamente da baci tutt'altro che casti alla sua femminilità - togliendole definitivamente ogni pensiero di odio e di paura.
“Meglio se Ichigo non venga a sapere che hai un buon profumo, Inoue”
A discapito della blasfemia detta, perchè come potesse lui - tra le altre cose oltre al fattore Kurosaki - chiamare “profumo” tutto l'odore che aleggiava nella stanza era un azzardo mostruoso, Orihime avvertì una scossa di piacere più intensa delle altre attraversarle l'intero corpo e culminare con il basso ventre che letteralmente le andava a fuoco.
Reclinò la testa all'indietro come ad uno spasmo dovuto ai tendini ribelli, gemendo con più forza all'ennesimo tocco di quella lingua lasciva alle sue membra delicate.
Piccoli rivoli fatti di lacrime salate solcarono le guance imporporate della fanciulla, generate da il contrasto di una eterna frustrazione a non riuscire a controllare il proprio corpo, sino al dolore di pensieri ben peggiori e alla vergogna di provare del piacere a quell'oscenità.
Poiché di quella tortura Orihime, non ne voleva più sapere fin dal principio. Per questo con tutte le forze concesse dalla sua coscienza distrutta, chiese al proprio corpo di reagire a quelle carezze in modo negativo, per poter scappare via il più lontano possibile da li.
Ma tutto ciò che ottenne, fu solo una ennesima scossa che la portò a vibrare di piacere, in quell'oscurità gelida e anormale.
[…]
“Ah!”
Dalle labbra le fuoriuscì un grido poco prima che la tazza di caldo tè fumante tenuta salda tra le mani, si posasse sulla sua bocca arrossata e tremante.
Le dita che tenevano stretto il manico di quella preziosa ceramica, tremarono vistosamente andando quasi a riversare a terra il liquido bollente. Mentre tutta la persona di Inoue veniva scossa da incessanti scosse elettriche - generate dal basso ventre - a stento trattenute per non creare altro imbarazzo.
Come ad un precoce risveglio, la giovane tremò dallo spavento chiudendo di scatto delle gambe già chiuse a causa di una posizione seduta, sentendo chiaramente qualcosa in mezzo ad esse di terribilmente imbarazzante.
Si sentiva... Bagnata li in mezzo. Un particolare che la sconvolse esattamente come per l'urlo lanciato senza preavviso, che portò chi le era seduto dinnanzi a guardarla con un velo di perplessità.
“Mia cara Inoue... Va tutto bene? Sei così rossa in faccia... Ti sei scottata?!”
Quella voce.
Quella voce falsamente preoccupata della sua reale condizione la portò a rabbrividire confusa nel mentre che tutto il suo corpo si stava - assieme alla ragione - svegliando dopo quello che pareva essere stato un sogno adocchi aperti, confondendola su dove fosse stata realmente per tutto quel tempo.
Orihime non era in una stanza buia e ignota. Non aveva perso il controllo sul proprio corpo - anche se lo sentiva ancora tremare lievemente dopo un lungo e strano torpore - e soprattutto, Aizen non era inginocchiato dinnanzi a lei a farle cose impronunciabili e imbarazzanti.
Anzi, se ne stava seduto dall'altro capo del tavolino con in mano una tazza di tè identica alla sua, curioso di vedere la sua ospite - chiamata nelle sue stanze a prendere un tè nel modo più amichevole possibile - come colta da un orgasmo improvviso.
In un misto di imbarazzo e paura, Orihime abbassò la tazza sul tavolo chinando lo sguardo per non incrociare quegli occhi solo in apparenza estranei al fatto. Deglutendo amara, intuì che forse non era stato un semplice sogno dovuto - magari - ad un fattore di stress.
No, non con lui.
“Io... Io la ringrazio ma... Sono stanca - la voce le tremava ancora confusa e allarmata per ciò che aveva vissuto, con l'istinto di volersene andare via il prima possibile da lì - … vorrei ritirarmi nelle mie stanze, io n-non so cos...”
“Va tutto bene mia cara, lo capisco. Vai pure a riposarti... E grazie per la compagnia”
Con il più cordiale dei sorrisi, Aizen Sosuke l'aveva invitata a bere una tazza di tè profumato per discutere un po' sulla sua permanenza a Las Noches. E sempre con un cordiale sorriso - che fermò il respiro alla povera Inoue - decise di congedarla per darle finalmente fiato.
Inoue quasi si precipitò fuori dalla porta, quasi scappando si potrebbe aggiungere, tenendo salda la sottana come spaventata - in un modo forse irrazionale - che qualcuno gliela sollevasse.
Un gesto e un imbarazzo spaventato che portarono Aizen stesso a sorridere compiaciuto, nell'atto di portarsi alle labbra quella bevanda deliziosa.
Deliziosa e profumata come la sua ospite.
Forse Orihime Inoue non aveva intuito che la spada del signore del castello, artefatto capace di mille illusioni possibili, giaceva appena fuori dal fodero sotto il candido mantello del suo proprietario. Forse semplicemente, si era immaginata tutto dal primo all'ultimo istante vissuto in quei pochi secondi scarsi.
Tuttavia, l'unica cosa davvero certa, era il sorriso di Aizen in persona deliziato di un gusto così dolce che solo il tè - Orihime - che stava sorseggiando possedeva.