Note Tecniche: Dallo scorso capitolo a questo è passato qualche anno. Spock e McCoy continuano ad abitare a Fairfax ma il loro lavoro è ripreso a pieno regime. Spock è salito al grado di capitano e presto diventerà istruttore. McCoy continua il suo lavoro di ricerca medica e quello di medico vero e proprio.
A volte si ha bisogno di conferme.
Anche dopo anni. Anche quando ormai la tua vita non è più solo tua.
Quando le tue abitudini nascono da quelle dell'altro.
A volte si ha bisogno di conferme. Anche per quelle cose che già sai.
SCELTE DIFFICILI
L'auditorium era tanto gigantesco che McCoy aveva avuto momenti di puro panico temendo che non sarebbero mai riusciti a riempirlo tutto, o peggio, che ci sarebbero riusciti costringendolo così a parlare di fronte a migliaia di persone.
Spock si era spesso domandato come il compagno fosse riuscito a farsi un nome tra i luminari della medicina pur dovendo fare i conti col suo animo ansioso, quel pomeriggio quando l'aveva visto parlare tranquillamente davanti ad una folla di persone che rideva alle battutine con cui farciva il suo discorso e pendeva dalle sue labbra, aveva capito che la facciata professionale del medico era una corazza forte e resistente che emergeva con prepotenza quando serviva.
Nonostante il vulcaniano avesse sentito parlare fino alla nausea della delicata ricostruzione cocleare *, un'operazione capace di ridonare l'udito a chi ne fosse privo, aveva assistito lo stesso al congresso e lo aveva fatto con grande interesse poiché i colleghi di McCoy si erano dimostrati altrettanto interessanti.
A conferenza finita erano stati in molti a fermarsi a chiacchierare coi relatori approfondendo gli argomenti discussi o pianificando improbabili collaborazioni di ricerca. Chiunque avesse visto il medico parlottare animatamente con i colleghi non avrebbe mai detto che lo stesso uomo aveva passato settimane a ingurgitare caffè e ripetere ad ogni cosa in movimento pezzi della sua relazione.
Spock rimase a lungo a fissarlo da lontano, McCoy era radioso nella sua alta uniforme rossa, il vulcaniano lo sentiva felice e appagato come solo il suo lavoro lo sapeva rendere e dopo averlo visto prepararsi per mesi per fare bella figura e ottenere i fondi, Spock avrebbe dovuto essere entusiasta per lui.
Non è che non fosse contento o orgoglioso, ma stava partecipando a quell'evento semplicemente per il fatto di essere il compagno del relatore principale, non aveva nessuna funzione in quella sala e si sentiva a disagio. McCoy si sarebbe offeso se lui non fosse venuto ma ora che era là non poteva dedicargli troppa attenzione perché preso giustamente dal suo momento di gloria.
Il dottore sosteneva che come coppia c'erano cose che dovevano fare insieme quando possibile, per lo stesso motivo il medico insisteva sempre per presenziare a quelle di Spock di riunioni e conferenze, con la sola differenza che McCoy era capace di reclamare attenzione e rivolgere la parola a chiunque senza problemi.
Il medico si accorse della sua presenza, più per il legame che perché l'avesse effettivamente notato, e gli rivolse un sorriso allegro.
"Spock!" lo salutò, costringendolo così ad avvicinarsi. La donna e l'uomo attorno a lui si voltarono a fissarlo "signori, vi presento il capitano Spock. Spock, i miei colleghi, il dottor Clovis Moreau e la dottoressa Brynn Collins" l'uomo, notevolmente più anziano di McCoy, rivolse al vulcaniano un cenno del capo, la donna gli sorrise amabilmente porgendogli la mano.
"Il suo intervento è stato molto interessante, dottoressa" disse Spock rigidamente, rispondendo alla stretta.
"La ringrazio, capitano. Non si riceve tutti i giorni un complimento da un uomo della sua fama" rispose lei. Era una bella donna, di quelle cui l'età dona rendendo più vive e naturali l'espressioni del viso grazie ai segni del tempo. "Spero sarà nostro ospite a cena"
Spock aveva temuto quell'invito, poiché non aveva altro da fare e il galateo imponeva che lui accettasse.
"Sarò lieto di prendere parte alla cena, dottoressa" disse con voce monocorde. McCoy gli sorrise fino a che la voce della donna non reclamò nuovamente la sua attenzione.
Spock attese in silenzio il momento di spostarsi.
Il bicchiere di McCoy era nuovamente pieno. Spock provò a calcolare quanto ci sarebbe voluto prima di poter ufficialmente dichiarare il dottore brillo. Non molto.
La lunghissima ed esosa cena aveva lasciato nel vulcaniano un profondo fastidio che non riusciva a spiegarsi e andava al di là della sua naturale repulsione verso il futile e lo spreco. Le conversazioni in cui era stato coinvolto, spesso sotto sforzo di McCoy, non lo avevano aiutato e di minuto in minuto il controllo necessario a rispondere in maniera educata e interessata, si faceva più faticoso.
Era qualcosa che non capiva e non capire aumentava la sua agitazione. Era nato tutto con un senso di disagio ma era dilagato in un malessere cui Spock non era abituato. Aveva smesso da tempo di fingere di non poter essere nervoso, ma quella sera era qualcosa di più e vedere le persone alzarsi da tavola con bicchieri di alcolici in mano e la chiara intenzione di protrarre a lungo la conversazione non faceva che amplificare la stretta allo stomaco.
McCoy aveva presto capito che per lui non era giornata e l'aveva lasciato perdere, dopo qualche tentativo di renderlo partecipe andato a vuoto.
A Spock non serviva affidarsi al legame per capire cosa provasse il compagno, bastava sentire le esplosioni della sua risata roca che riempivano la sala avvolgendo il gruppetto di persone attorno a lui, uomini e donne, soprattutto donne, che conosceva da tempo e che chiamava per nome. Tra queste c'era anche la dottoressa Collins. Aveva provato più di una volta a parlare col vulcaniano, fissandolo con gli scuri occhi indagatori, ora rideva appoggiata alla spalla di McCoy, i folti capelli mossi le ricadevano a curve morbide sul petto, mostrato con disinvoltura dalla maglia scollata. La stessa donna che a tavola aveva chiesto dolcemente al vulcaniano da quanto tempo conoscesse "Len".
Spock provò a concentrarsi sull'architettura della sala a grandi archi, ma nemmeno la fattura del legno riuscì a distrarlo. C'era troppo rumore, voci, risate, vetro, tacchi, vino. Spock chiuse gli occhi cercando di estraniarsi e respirare a fondo. Non aveva mai amato quel genere di cose e a quel punto della serata avrebbe potuto semplicemente andarsene ma qualcosa di nero e pesante lo costringeva a restare almeno finché il compagno non fosse stato disposto a seguirlo. E si augurava che quel momento sarebbe arrivato presto.
Spock ci mise un po' a capire di sentirsi arrabbiato. E non con se stesso, per non essere capace di partecipare con naturalezza ai festeggiamenti del compagno, ma con McCoy. E senza ragione. Con McCoy e il suo impianto cocleare, con le sedie scomode dell'enorme auditorium, con il troppo cibo e il vino, ma soprattutto con McCoy e le sue colleghe. Non voleva prendere parte alle sue conversazioni ma ancora più importante è che non voleva vi partecipasse nemmeno lui.
Il dottore lo stava guardando, probabilmente allarmato da quello che avvertiva tramite il legame, allungava il collo oltre le teste dei colleghi per vedere cosa Spock stesse facendo. Il vulcaniano vide il compagno scusarsi con gli altri e avvicinarsi a lui, aveva uno sguardo preoccupato.
"Spock, tutto bene? Ti sento strano..." chiese con gentilezza fissando i freddi occhi neri.
"E' ora di andare." sentenziò. McCoy accennò ad una mezza risata.
"Cosa?!" chiese. Spock era serissimo.
"Hai capito. Ora andiamo." non era uno tono monocorde, era prepotente. L'uomo ne avvertì nella testa tutta la freddezza e l'ira.
"Sei impazzito?" chiese, con aria dubbiosa, ma dai suoi occhi si vedeva che stava prendendo la cosa seriamente. Spock non rispose, sembrava stesse seriamente attendendo che McCoy prendesse la sua roba per andare. "Spock, non so quale sia il tuo problema stasera ma risolvilo. Se vuoi andare vai pure" rispose cercando di tenere a freno l'irritazione per evitare scenate.
"Andiamo insieme" la voce grave di Spock dava forza ad ogni parola, scandendola pesantemente.
"E quando l'abbiamo deciso?!" sbottò il medico, questa volta senza nascondere la rabbia incredula. Spock fece per afferrargli un braccio ma l'uomo fu incredibilmente più veloce "non ci provare, Spock" soffiò con gli occhi che fiammeggiavano.
"Leonard, scusami." una voce femminile interruppe la loro prossima mossa, McCoy si voltò verso di lei cercando di calmarsi quel tanto per sorriderle.
"Si, Brynn, dimmi"
"Non volevo interrompervi, stiamo per fare un brindisi, l'ennesimo" ridacchiò "vi unite a noi? Anche lei capitano Spock..."
"No." rispose il vulcaniano. Il tono secco e la mancanza di giri di parole fecero sussultare la dottoressa. "Inoltre è preferibile, quando si ha intenzione di non interrompere come lei ha annunciato, di non farlo" la donna spalancò gli occhi spaventata da un tono tanto feroce.
"Scusalo, Brynn. Il capitano è un po' stanco, lo accompagno fuori... intanto andate pure avanti senza di me" intervenne immediatamente McCoy, sorridendo all'amica. Le sue mani tremavano. Con passo fermo si diresse verso l'uscita.
Il dottore si fermò a qualche metro dall'ingresso del grande palazzo del centro conferenze, la parola furibondo non era minimamente sufficiente a descriverlo.
"Non osare, e dico, non osare mai più rivolgerti in questo modo ad una mia amica. Sono serio, Spock, non lo tollero. Sai di essere aggressivo e lei non ti conosce e non ti ha fatto niente" ringhiò dopo essersi voltato a guardarlo. Il vulcaniano sembrava di marmo. "Se hai qualche problema ne parliamo, non ti comporti come un pazzo. In pubblico tra l'altro"
"Molto bene. Ne parliamo a casa" disse. McCoy gonfiò il petto.
"No Spock. Non vengo a casa ora, è presto e non ne ho voglia. Ma è meglio che tu ora vada" rispose con la voce più dura e fredda che gli veniva.
"No, andiamo a casa insieme e subito, Leonard" l'uomo lo guardò seriamente.
"Lo sai che non ti puoi permettere di parlarmi così, vero?" rimasero a fissarsi in un silenzio carico di rancore profondo. Spock avrebbe dovuto sapere di non avere giustificazioni ma la rabbia che provava verso il compagno era tale da creare mille giustificazioni nella sua testa. McCoy era incredulo e profondamente ferito dal comportamento del vulcaniano.
"Credevo volessi comportati come coppia"
"Infatti, Spock"
"Però vuoi restare" l'uomo aveva litigato abbastanza volte col compagno da essere abituato a quel terribile tono tagliente.
"Hai una motivazione per comportarti così? Mi piacerebbe saperla, perché sei così arrabbiato con me?"
"Siamo compagni. Noi abbiamo un legame"
"Credevo questo ci mettesse su un piano paritario. Vuoi usare il tuo prezioso legame per comandarmi?" un'ombra scura passò sul volto di Spock, prese con forza il polso dell'altro che questa volta non fece in tempo a spostarsi. Il contatto riempì McCoy della furia del compagno, ma questo non lo spaventò, anzi, fece aumentare la sua rabbia.
"Spock! Ti avverto questo non è un litigio normale. Non ti permetto di fare così, Lasciami." Spock si voltò bruscamente slanciandosi verso di lui, era una cosa rara poiché ancor più nella rabbia, il corpo del vulcaniano diventava immobile e marmoreo.
"Vuoi andare a bere? A fare inutili conversazioni là dentro? Sono io che non te lo permetto e non permetto alle tue colleghe di interferire in una nostra discussione" McCoy aveva l'aria di poter uccidere.
"Tu non permetti?" sillabò "curioso che tu creda che mi serva il tuo permesso" disse con voce innaturalmente calma. Era nei momenti peggiori che il gelo scendeva sull'animo bollente del medico, quando rabbia, paura o dolore non lasciavano davvero spazio ad altro.
"Ti spiego come stanno le cose. Puoi fare il pazzo quanto vuoi, non mi spaventi. E non mi porterai a fare quello che vuoi. Non mi interessa cosa sia successo, io posso capire la stanchezza, il malumore, l'irrazionalità... capisco anche la gelosia. Ma non ti giustifico. Visto che hai tirato fuori l'argomento, stare insieme significa rispetto e fiducia, cose che non si esprimono con l'obbedienza. Tu non mi stai dimostrando ne una ne l'altra e certo non lo farò io" disse gelidamente.
Spock si era spinto troppo avanti per sentirsi dispiaciuto, troppo avanti per fermarsi e avere rimorsi. Il polso del medico era ancora stretto nella sua mano e sembrava ancora pronto a tirarselo di peso fino a casa.
"Ti dirò un'altra cosa. Siamo compagni perché l'abbiamo scelto, abbiamo fatto il legame secondo le usanze e i bisogni di Vulcano perché tu me lo hai chiesto e io ho scelto di farlo. Ma mettiamo in chiaro le cose, non mi interessano le ripercussioni che tale gesto ha su Vulcano, io sono umano e pur essendo legato a te, la mia rimane una scelta. Spock, come ti ho scelto, posso anche cambiare idea. Ora sarà meglio per te che mi lasci il braccio o finisce davvero male"
Spock lasciò la presa all'istante, senza proferire parola. Il medico si voltò rigidamente cominciando a camminare verso l'entrata.
"Un'altra cosa" disse senza voltarsi "Brynn è mia amica come molte e molti altri. E' sposata se ti interessa, abbiamo studiato insieme e ci conosciamo da una vita. La tua gelosia è stupida e infondata, perché, si Spock, si tratta di gelosia".
McCoy si sciacquò il viso per l'ennesima volta, serrando i muscoli del viso con l'acqua fredda.
Era furioso e triste. Era la prima volta che gli capitava di pensare tutte le cose dette a qualcuno in un momento di rabbia.
Lui amava Spock, non si sarebbe sentito a quel modo se non l'amasse, ma stare con lui era troppo difficile a volte. Era pignolo, pedante, rigido ma soprattutto era possessivo. E la possessività lo rendeva geloso e morboso. McCoy credeva fosse una caratteristica della cultura vulcaniana, impregnata su sacri rituali esclusivi che mettevano in profonda comunicazione solo poche persone tra loro, escludendo gli altri e creando una reciproca condivisione di tutto.
Lo stesso McCoy era piuttosto geloso e reclamava spesso attenzioni esclusive, ma era più capace di controllare certe cose, considerava una fortuna lavorare e vivere anche separatamente dal compagno.
Spock non era così invadente in realtà, proprio perché ossessionato dalla paura di non capire gli atteggiamenti umani, lasciava sempre libertà al compagno, ma a volte scattava qualcosa che nessuno dei due poteva prevedere.
McCoy non era una sua proprietà, aveva una vita al di fuori di Spock così come l'aveva il compagno ed era giusto così. La condivisione non doveva diventare una prigionia.
Il medico si passò ancora più volte l'acqua fredda sul viso maledicendosi, eppure non aveva la lacrima facile. Era stanco, Spock riusciva davvero a lasciarlo spossato e incerto. A volte credeva di non farcela.
"Leonard?"
McCoy si irrigidì sentendo la voce, controllò velocemente allo specchio lo stato del suo viso e prese un respiro profondo.
"Si sono qui. Esco subito" disse lentamente.
All'uscita del bagno l'aspettava Brynn, uno sguardo premuroso e un sorriso tenero. McCoy le sorrise, lei gli passò una mano sul braccio.
"Va tutto bene?" chiese con dolcezza. L'uomo si lasciò carezzare dal tono premuroso e delicato, annuì.
"Non fidarti delle apparenze, è una brava persona e di solito è educato, ma è molto impegnato, sotto stress. Sta organizzando una mitigazione con Romulus. Faccenda delicata... è venuto per farmi un piacere" la dottoressa sorrise.
"Parlavo di te. Stai bene?"
" Solo una discussione, ora mi passa." rispose sforzando maggiormente il sorriso. La mano della donna era ancora poggiata al suo braccio, scorse lentamente verso la spalla e la strinse come fece la sua gemella. All'improvviso McCoy si ritrovò cullato nel caldo abbraccio dell'amica.
"Ah, il nostro Len. Che porta sempre tutto il peso sulle sue spalle ma sorride sempre gentilmente"
L'uomo si rilassò portando le mani sulla schiena della donna per ricambiare il contatto. Era da tempo che non abbracciava una donna. I capelli di Brynn erano lucidi e folti, ci poggiò contro il viso mentre le braccia stringevano i fianchi sottili e le spalle esili, un corpo pieno di morbide curve.
Aveva dimenticato la sensazione soffice del seno di una donna schiacciato contro il petto, la pelle morbida e il loro naturale profumo. Brynn lo abbracciava con dolcezza, in maniera spontanea e dolce con un calore naturale che Spock per sua natura non aveva mai avuto. Le donne erano così dolci e affettuose, volubili e forti, compagne e avversarie, umane. McCoy aveva conosciuto sua moglie proprio ad una conferenza, una vita prima.
"Grazie, Bry, ne avevo bisogno" ammise l'uomo imbarazzato. La donna lo strinse più forte e con un tale impeto che costrinse McCoy a dare un'occhiata in giro per controllare fossero davvero soli.
"Sarà meglio che torniamo dagli altri" borbottò il dottore cercando di evitare che una ciocca di capelli dell'amica finisse impigliata nella sua divisa.
"Sopravvivranno anche senza di noi" mormorò lei. McCoy rimase spiazzato qualche istante cercando di frenare la mente e non correre a conclusioni affrettate, era difficile farlo con una bella donna avvinghiata addosso. Gli occhi della dottoressa erano liquidi e profondi.
"Brynn... dimmi, come sta tuo marito... Mel?" la donna rise con calore poggiando la fronte contro la spalla del collega.
"Leonard, sono divorziata. Come te" disse sorridendo.
"Bry, mi spiace" lei gli si strinse addosso, ruotando il capo in modo che le sue labbra fossero rivolte alla gola dell'uomo e lui potesse sentire il suo respiro sulla pelle.
"A me no."
Seguì il silenzio. McCoy restò teso e incapace di reagire anche quando avvertì la mano della donna posarsi col dolcezza sulla sua guancia. Era quasi pronto a fermarla quando le sua labbra gli sfiorarono il collo con un bacio gentile.
"Brynn..." disse, con calma. Lei gli carezzò la guancia con un movimento del pollice.
"Tranquillo. Non facciamo niente di male, nessuno è perfetto infondo" lo rassicurò, prendendogli una mano e riportandosela sulla schiena. McCoy la fece risalire fino alla nuca dove venne nascosta dalla cascata di capelli castani. Era tutto così normale, così facile. Essere abbracciato e carezzato senza problemi, cullato da labbra carnose e una voce femminile. Pensò a come poteva essere bello svegliarsi la mattina e fare una conversazione che non implicasse calcoli matematici o complessi concetti fisici. Trovare in bagno profumi e cosmetici, sentire cantare qualcuno dall'altra stanza, sentire i pettegolezzi con i vicini, fare compere, non avere un legame mentale che ti impedisca di fingere di non sentirti triste quando ne hai voglia.
"Mi piaci Leonard. Ti voglio bene, ho sempre amato il modo con cui tratti le persone, l'amore e l'impegno che metti nelle cose che fai. Ho sempre invidiato chi poteva starti accanto in maniera più intima, chi poteva sostenerti e farsi consolare da te" McCoy chiuse gli occhi e fremette, sospirando rumorosamente. La donna avvertì la sua titubanza e ne approfittò, con una lieve pressione sulla sua guancia lo invitò a guardarla, gli sorrise e con dolcezza lo corteggiò, lasciando caldi baci sulla mascella prima di incontrare delicatamente le sue labbra.
Era un tocco completamente diversi dal solito, ma non meno bramoso. C'erano tante differenze, il rossetto per cominciare. Il contatto con le sue mani curate, la pelle morbida delle guance e quella del ventre. McCoy la cinse più stretta, posandole una mano sul costato sotto al seno e un'altra attorno alla vita, lei ne fu piacevolmente sorpresa e gli allacciò le braccia attorno al collo.
Era bella, calda, rassicurante e passionale. Ed era interessata a lui. Forse McCoy avrebbe desiderato davvero riuscire ad essere scaldato da quel corpo così diverso e nostalgico eppure non fu il senso di colpa a fermarlo, ma la semplice constatazione che le sue braccia bramavano stringere altro.
Il medico le posò entrambe le mani sulle spalle e con dolcezza la allontanò da sé, lei oppose poca resistenza e ricambiò il suo sguardo con occhi accesi.
"Che succede? ... Len?" domandò, con voce suadente.
"Mi spiace, non avrei dovuto" rispose.
"Non devi scusarti, lo volevo"
"No. No mi dispiace, non sei tu, sono io, non avrei dovuto. Sono molto onorato, credimi, ma è meglio di no" McCoy la guardò con serietà facendo poi per allontanarsi, ma lei gli prese una mano.
"Leonard..."
"Non avrei dovuto perché sto insieme ad una persona" mormorò cercando di sostenere il suo sguardo, l'uomo poteva vedere tutto il suo corpo intento ad accusare il colpo.
"E' una cosa seria?" domandò lei, McCoy arrossì visto che si era appena fatto baciare.
"Si, lo è. Insomma spesso è difficile e si litiga, in particolare dopo tanto tempo... però è la persona con cui ho scelto di vivere e, nel bene e nel male, lo sceglierei anche oggi. Anche se ci sono alti e bassi non ho mai messo in dubbio che anche i problemi di domani li affronteremo insieme. Non so bene perché..." non aveva bisogno di scelte facili se non erano quello che voleva, poi al mondo non esisteva niente di facile. La donna guardava la sua mano che carezzava col pollice.
"Sei innamorato." disse e non era una domanda così lui non ebbe bisogno di rispondere. Se nella sua voce c'era una nota di tristezza la nascose, McCoy lesse solo un po' di malinconia e delusione, ma quando lei lo guardò rivide la ragazza che aveva conosciuto a vent'anni che gli sorrideva. Il medico aveva avuto bisogno di quell'incontro e lo avrebbe ricordato a lungo.
"Fatti trattare bene, Len" disse solo, dopo un po', avvicinandosi per lasciargli un casto bacio sulla guancia prima di allontanarsi in un guizzo di capelli castani e profumo.
L'aria della notte era piuttosto fredda, McCoy cercò di scaldarsi strofinandosi le braccia mentre camminava per il cortile del centro conferenze. Con gli anni aveva smesso di pretendere che il loro legame mentale potesse funzionare come qualsiasi diavoleria tecnologica potesse venirgli in mente, come un radar ad esempio, così camminava infreddolito guardandosi in giro.
In bagno si era pulito del rossetto di Brynn ma al freddo notturno le sue labbra bruciavano al ricordo di quel bacio che scottava quanto il senso di colpa.
Spock era seduto su una panchina sotto qualche albero artificiosamente potato. Era un'immagine particolarmente tenera ma McCoy era ancora molto arrabbiato.
La verità era che non poteva cambiarlo e non poteva cambiare lui, lo sapeva all'inizio della loro storia e lo sapeva ora. in realtà spesso il suo essere possessivo l'aveva fatto sentire protetto e speciale, la logica lo aveva intenerito, la sua pignoleria lo divertiva e gli piaceva prendersi cura di lui.
Spock si era spaventato, il compagno lo avvertiva tramite il legame, perché in lui non spariva mai del tutto la paura di perdere il medico, inoltre aveva il terrore di perdere il controllo su di sé e sulle sue facoltà. McCoy sapeva che Spock aveva rinunciato a tanto per stare con lui e si era adattato molto, c'erano cose che non avrebbero mai capito l'uno dell'altro e questo rendeva ancora affascinante lo stare insieme dopo tanto tempo.
Il medico non aveva bisogno di ribadire quanto sbagliato fosse stato il comportamento di Spock quella sera e non aveva bisogno che lui gli dicesse quanto era dispiaciuto. Una cosa era certa, McCoy non si illudeva minimamente che la cosa non si sarebbe ripetuta.
L'uomo raggiunse la panchina e si sedette accanto al compagno senza dire niente, poi gli prese la mano e la strinse forte quasi a fargli male. Non avevano bisogno di parlarsi.
Spock poteva sentire vagamente che quella sera la sua gelosia non era stata del tutto infondata, McCoy sentì che la rabbia del vulcaniano non era passata. Ma per entrambi la cosa importante era che il dottore avesse scelto alla fine di sedersi su quella panchina.
Spock distese lentamente due dita unite e l'uomo gliele prese intensamente. Non era una soluzione, c'era anche ancora rabbia tra loro e risentimento, ma forse era normale così.
Nessuno dei due aveva la coscienza a posto, nessuno dei due era perfetto, eppure per qualche strana ragione avrebbero continuato ad affrontare le cose insieme. Avrebbero continuato a scegliersi.
* La coclea è una spirale ossea posizionata all'interno dell'orecchio umano che capta le molecole dell'aria che trasportano le onde sonore e le dipanano nell'apparato uditivo. Spiegato in maniera spiccia XD non studiamo medicina quindi scusateci ^^