AVVERTENZE: attenzione, i prossimi capitoli potrebbero causare seri problemi alla vostra igiene dentale a causa dell'improvvisa insorgenza di carie, causa eccessiva dose di zucchero. V.V abbiamo avvisato.
Dunque nei prossimi capitoli non succede praticamente nulla XD questo perché amiamo gli scorci quotidiani e ne regaliamo due ai nostri Spock e McCoy (coi prossimi capitoli riprendono drammi e problemi, tranquille XD), quindi vanno presi in maniera rilassata ^^ tra l'altro non sono più facili da scrivere degli altri Oo vogliamo precisare che tutti i termini vulcaniani che citiamo NON sono inventati ^^ nel caso ve lo siate chiesto.
Ringraziamo davvero tutti in maniera particolare perché ci seguite in maniera molto attiva e per noi è davvero motivante e diventa più divertente fare le cose ^^ speriamo di riuscire a tenervi legate ai nostri aggiornamenti! Buona lettura v.v By Eerya
Ogni giorno si compiono gli stessi gesti e si fanno le stesse cose.
Azioni automatiche cui non si da peso.
La gente la chiama "quotidianità".
Se potessimo vedere con gli occhi dell'altro, scopriremmo perché il suo cuore batte tanto forte.
SENSI UNICI
McCoy era di cattivo umore. Nemmeno Spock riusciva a vantarsi di quella intuizione dovendo ammettere che anche il loro divano si sarebbe accorto della giornata storta del dottore. Questo perché il malumore del medico coinvolgeva tutto quello che toccava, come fosse avvolto da una nube rumorosa di pessimismo e borbottii. Diventava goffo e maniacale, gli venivano strane idee solo per impelagarsi in situazioni difficili e alimentare il suo stato d'animo. Lo si poteva sentire rimbrottare da qualsiasi stanza, era perfino capace di mettersi a litigare con la mobilia in mancanza di altre fonti di sfogo.
Le prime volte che Spock si era scontrato con questa caratteristica del dottore aveva cercato in tutti i modi di comprenderne la causa scatenante, arrivando ad analizzare ossessivamente tutti i suoi comportamenti e quelli delle persone più vicine a McCoy. Un giorno Kirk gli parlò di un detto terrestre, sull'alzarsi col piede sbagliato dal letto e il vulcaniano aveva capito che il medico era incline a sbalzi d'umore che non avevano cause specifiche. Semplicemente c'erano.
Il legame aveva acuito questa consapevolezza. L'unica cosa davvero logica da fare era non offrire nuove motivazioni per alimentare quel circolo vizioso e Spock si ripeteva di essere abbastanza preparato per riuscirci.
La loro convivenza stava andando molto meglio di come avevano previsto. Erano due persone abituate a vivere sole, a gestire i propri spazi senza l'intrusione di altri, ma la casa era talmente grande per loro soli che riuscivano a trovare tranquillamente momenti di privacy. Spock aveva presto capito che la cucina era una specie di territorio sacro per McCoy, più del suo laboratorio medico, una grande stanza al pianterreno che usava anche come ambulatorio locale e che aveva messo a disposizione del compagno.
McCoy aveva diversi ambulatori, in casa, per l'appunto, che usava principalmente per i suoi studi e occasionalmente per dare una mano alla gente del posto, uno condiviso con colleghi a San Francisco e uno proprio all'interno della sede centrale della federazione, dove aveva l'ufficio e riceveva principalmente ufficiali. La loro licenza non sarebbe durata ancora a lungo e di certo a nessuno dei due sarebbe mancato lavoro da fare.
"Spock, cosa fai impalato lì?" domandò improvvisamente McCoy con tono vagamente isterico. Spock trasalì cercando una scappatoia per non far fallire il suo piano: non dare spago al nervosismo del compagno. Lo sforzo di trovare una risposta adeguata lo stava facendo sudare.
"Ammiravo il pianoforte" rispose, assumendo un tono convinto. Non era una gran risposta, ma un tempo eccessivamente lungo senza parlare non sarebbe stata comunque un'opzione valida, inoltre trovava davvero interessante lo strumento.
McCoy si voltò verso l'angolo del salotto che ospitava il pianoforte nero, era stato adibito a ripiano per una serie di felci e libri.
"E perché lo guardi da dieci metri di distanza?" chiese scuotendo la testa per quella che gli sembrava un'assurdità. Guardò il piano come se si fosse accorto solo in quel momento della sua reale presenza "è bello, vero?" chiese con aria indagatrice.
"Davvero pregiato" si affrettò a rispondere Spock e la sua aria sicura amplificò il complimento, tanto che McCoy parve acquietato.
"E' un sacco che non viene usato. Noi non lo sapevamo suonare. Puoi usarlo se vuoi, sai era di mia madre" il tono decisamente più calmo del medico fece cantare vittoria al vulcaniano.
"Grazie"
McCoy sapeva che Spock si sentiva intimidito e cercava di rivolgergli il minor numero possibile di parole per evitare di innervosirlo. La cosa gli dispiaceva. Sapeva di essere intrattabile e gratuito con lui che non gli aveva fatto niente, ma non poteva farci nulla. Aveva la testa troppo affollata, non riusciva a concentrarsi su niente e questo lo infastidiva. Erano passati due giorni da quando il legame era stato creato, McCoy sperava di riuscire ad abituarsi presto a quella sensazione. Era diverso da come aveva immaginato, molto meno opprimente che nelle sue peggiori previsioni, era un misto di sensazioni confuse ed estranee che lo destabilizzavano. Non sentiva i pensieri di Spock come aveva immaginato, ma spesso veniva distratto da sensazioni o percezioni che non gli appartenevano. Non avevano ancora imparato a gestire bene la situazione e la linea tra le loro menti non era affatto stabile, c'erano momenti in cui si acuiva all'improvviso.
McCoy guardò Spock frustrato, avrebbe voluto dirgli qualcosa di carino per rassicurargli che non l'avrebbe aggredito ma non riusciva a pensare a niente.
"C'è il sole e la temperatura esterna è piuttosto moderata questa mattina. Potresti mostrarmi il lago di cui mi hai parlato" azzardò Spock come se avesse intuito il desiderio del compagno di ricreare un clima normale.
Il vulcaniano sapeva che il medico aveva qualche problema con gli effetti del legame, stava cercando di controllarne la presenza in modo che fosse il meno invasiva possibile, ma era la prima volta anche per lui. C'erano momenti in cui nella sua testa esplodevano una serie infinita di immagini e parole che lo lasciavano interdetto, McCoy non era mai o felice o triste, era un milione di cose insieme e Spock stava imparando a viverlo su di sé, come contorte scosse elettriche che scorrevano sotto la sue pelle arrivando al cervello.
"Va bene" concesse l'uomo con aria indifferente "ma copriti che non voglio dover continuamente assicurarmi che tu non ti stia assiderando"
"Dicevo sul serio per il pianoforte. Non credevo ci fosse bisogno di dirtelo, ho visto che lo fissavi anche l'altro giorno" disse McCoy mentre tornavano verso casa. Camminava tenendogli la mano e il calore della pelle dell'uomo era piacevole quanto l'aria pulita. L'atmosfera tra loro era tranquilla, segno che l'ondata negativa del medico era passata.
"Non ero sicuro a riguardo. Viene usato in maniera diversa dalla sua funzione"
"Bé, potevi chiedere, Spock" rispose con il tono da battibecco, osservando le nuvolette create dal loro respiro a contatto con la gelida aria invernale.
"Indubbiamente..."
"Va bene, va bene! Abbiamo risolto, suonalo quando vuoi!" sbottò il dottore esasperato "magari potessi usare questo maledetto legame per impedirti di partire per le tue lunghe tiritere, perfino i morti resusciterebbero per impedirtelo!"
"La tua affermazione non ha nessuna base scientifica, come medico..."
"E' un modo di dire, Spock." Il vulcaniano sorrise e McCoy capì che lo stava facendo apposta. Gli diede una spinta sbuffando. "Ma come siamo spiritosi, oggi!" commentò.
"E' un comportamento tipico umano quello di opporre atteggiamenti scherzosi al cattivo umore"
"Si? Senti quanto sono divertito" McCoy gli prese una mano con il probabile intento di trasmettere a Spock il suo stato d'animo. Era divertente il suo tentativo di usare il legame come fosse una specie di interfono o qualcosa di simile. Il vulcaniano spiazzò il medico, portandosi la mano del compagno al viso e baciandone il dorso. Il medico gli assegnò mentalmente il round.
"Affrettiamo il passo e torniamo a casa che stai gelando" disse solo.
Il giardino attorno alla casa era deprimente senza la fioritura tipica dei mesi caldi, era assolutamente privo di colore se non fosse stato per la presenza di una chiazza bianca.
"E' quel gatto!" urlò McCoy indicando uno dei davanzali. Erano giorni che il medico era ossessionato dal felino, sosteneva che prima o dopo avrebbe trovato il modo di entrare facendo danni ovunque.
Spock non l'aveva mai visto da vicino prima, aveva il pelo lungo e bianco, li guardava sulla difensiva con chiarissimi occhi azzurri. Come vulcaniano non poteva restare indifferente nei confronti delle curve snelli ed eleganti dei felini e alla loro innata classe.
"Non capisco cosa faccia qui tutti i giorni! Comincia pure a fare freddo. Stupido gatto. Mi costringe anche a dargli qualcosa da mangiare perché se poi me lo ritrovo morto in giardino verrei additato come mostro!"
"Non sembra denutrito" commentò Spock.
"Questo perché ieri ha mangiato la parte di polpettone destinata a te. Credo dorma nel capanno degli attrezzi, ci entravano anche le volpi una volta. Vorrei proprio sapere da dove arriva"
McCoy guardò il compagno chinarsi allungando lentamente un braccio verso il muso bianco del gatto che controllava i suoi movimenti con il suo sguardo magnetico. Il medico sorrise, Spock amava gli animali.
"Dai, Spock. Entriamo che fa freddo, non abbiamo pelo noi. Giuro che ora gli do' qualcosa".
Il calore della casa fu accolto con sollievo da parte di entrambi. Il dottore si diresse direttamente in cucina facendo segno a Spock di seguirlo.
"Dimmi, saggio vulcaniano, qual è l'unica cosa davvero intelligente da fare dopo una passeggiata al gelo?"
"Bere dell'alcol?" McCoy rise.
"Buona risposta. No, non parlo di alcol Spock. Non sarai mai un buon compagno di bevute comunque, quello che ti propongo è meglio!"
Prima o poi Spock avrebbe dovuto arginare questa tendenza di McCoy a riempirlo di generi alimentari, la fisiologia vulcaniana richiedeva molti meno alimenti di quella umana e con un contenuto calorico decisamente minore. McCoy considerava omicidio rinunciare ad una colazione abbondante e ad una buona cena, i suoi pranzi invece erano sempre piuttosto leggeri e sbrigativi.
Quella che il dottore gli mise davanti era una tazza enorme, traboccante di una densa crema scura.
"Cioccolata calda, Spock. I semi di cacao sono la scoperta più grande della storia umana credo, forse possono rivaleggiare con i vaccini, ma la cioccolata è senz'altro... beh assaggia!"
Per Spock la cioccolata fu amore al primo incontro. McCoy per tutta la vita continuò a trovare estremamente divertente il fatto che il vulcaniano, tanto sofisticato, si fosse arreso al peccato di gola più comune tra gli umani, prova evidente di come nessuno sia perfetto. Ma la cioccolata era voluttuosa sul palato, cremosa, scendeva lungo la gola riscaldando il cuore dal freddo dell'inverno. Amara e burrosa, impossibile resistergli.
McCoy si godeva la sua tazza gustandosi il trionfo su Spock, era la prima volta che intuiva dall'espressione del suo viso un vero apprezzamento per il cibo e meditava di bearsene altre volte: conosceva molte ricette che facevano uso di cacao.
Le loro tazze erano vuote da poco quando il segnale di chiamata del comunicatore in salotto si fece sentire.
"Cosa?"
"E' un messaggio da Starfleet, mi hanno contattato ieri. Credo che mi debbano comunicare l'ora dell'incontro..." Spock non ebbe tempo di finire.
"Che incontro?" la voce di McCoy era dura.
"Il comandante Nogura mi ha convocato personalmente, ha bisogno di parlare con me"
"Sei in licenza"rispose l'uomo secco. Spock sospirò internamente, era in arrivo un litigio. Non una bisticciata, un litigio.
"E' solo una convocazione" disse.
"Non trattarmi come un idiota, non è mai solo una convocazione" il vulcaniano sentì le orecchie fischiare, la vicinanza fisica e lo sbalzo d'umore dirompente del medico stavano affollando la sua mente.
"Si tratta di lavoro, Leonard"
"Lo so che si tratta di lavoro, Spock. E' quello che dico, sei in licenza. Chiunque viene lasciato in pace quando è in vacanza ma tu no. Sai perché? Perché sanno che basta chiamarti e tu ti fiondi!"
"Non esistono licenze quando nasce un'emergenza"
"Credevo fosse una semplice convocazione" Spock non sapeva come prenderlo, qualunque sua giustificazione l'avrebbe fatto arrabbiare ancora di più, la cosa migliore da fare era farlo sbollire e lasciare che accettasse da solo la notizia. Avevano parlato del lavoro, sapevano entrambi che non potevano restare a casa tutta la vita, per fortuna nemmeno lo volevano. Per gran parte dell'anno sarebbero stati via entrambi in realtà, con un po' di fortuna nella stessa nave, ma anche in caso di sfortuna erano in grado di vivere separati qualche mese. Faceva una bella differenza andare in giro per lo spazio sapendo che la propria casa e il proprio compagno sarebbero stati lì ad aspettare il suo ritorno. Per quel periodo però avevano chiesto una licenza, per potersi organizzare nella nuova convivenza e godersi un po' di tempo insieme in tranquillità.
"Leonard, è mio dovere recarmi alla convocazione per stabilire la natura e la gravità del problema. Difenderò la mia licenza nel caso questo non fosse adeguatamente importante"
McCoy aveva un'aria infelice.
"Ti farai intortare" sospirò "ti parleranno di non so che fenomeno scientificamente fondamentale e ti si illumineranno gli occhi. Ti diranno che sei indispensabile e che sei il solo in grado di fare quello che devono fare e io mi sentirò un idiota perché so che è la verità e che sei il migliore ma voglio lo stesso che resti qui per questo periodo"
Spock lo guardò attentamente, fissando l'attenzione sulle sopracciglia aggrottate e sulla bocca imbronciata, la tipica espressione del medico quando la tristezza vinceva sulla rabbia ma non sull'orgoglio. Gli prese una mano, stringendogli il palmo caldo e carezzando il dorso con il pollice.
"Lasciami. Sono ancora arrabbiato" lo informò McCoy corrucciato, ma non fece troppa forza per tirarsi via.
"Mi dispiace" rispose serio il vulcaniano, guardando il medico negli occhi e stringendogli la mano con più forza. L'uomo si agitò improvvisamente.
"Lasciami, Spock! Mi stai affollando la testa!" strillò strattonando la presa salda di Spock "che diamine è t'hy'la?!" il vulcaniano gli lasciò andare la mano all'istante.
"Dove lo hai sentito?" gli chiese seriamente. McCoy lo guardò stupito.
"Che ne so, è una parola che ho in testa, ogni tanto comincia a... pulsare, tipo ora"
"Suppongo sia un effetto del legame..." mormorò Spock, l'uomo si accigliò.
"Che vuol dire? E' un problema?"
"E' una parola vulcaniana, Leonard. Il suo significato credo potrebbe essere tradotto come 'anima gemella' " McCoy rimase in silenzio, senza distogliere lo sguardo. Non sapeva cosa dire.
"Non capisco" disse infine.
"Ricordi quando ti ho parlato della scelta di un compagno definitivo?" Spock attese di vederlo annuire "questo va oltre la scelta. E' una comunione. Il mettere in comune ogni sensazione, ogni percezione cosciente e non. Due menti per la stessa vita. Il t'hy'la ha il legame, ovvero tutto il suo compagno."
McCoy lo guardava come se sulla sua faccia fosse comparso un rebus intricatissimo.
"Non vorrei che questa cosa ti spaventasse" concluse Spock, fissandolo con serietà.
Spock non era romantico, non gli sussurrava cose all'orecchio, non lo abbracciava, non provava imbarazzo nel dire certe cose. Spock diceva semplicemente le cose come stavano con una serietà che rendeva ancora più sconcertanti queste sue dichiarazioni.
Il medico rimase immobile a fissarlo, cercando di riordinare le idee.
Spock pensava a questo quando lo guardava. Ed era qualcosa di talmente profondo che quella parola arrivava dritta alla mente di McCoy. T'hy'la era lui.
Loro non erano soliti usare dichiarazioni troppo esplicite, avevano una certa facciata da difendere ed erano molto più bravi coi gesti che con le parole. Almeno questo valeva per il medico. McCoy sentì qualcosa di caldo avvolgersi attorno al suo petto dall'interno mentre al cervello arrivava la consapevolezza che le parole astruse di Spock somigliavano tanto ad un "ti amo".
Spock inclinò la testa di lato senza smettere di guardarlo, gli occhi del medico erano lucidi. L'uomo ci mise qualche istante a riscuotersi, si passò una mano sul viso e distolse lo sguardo con le guance un po' rosse.
"Non credere che questo sistemi le cose per questa convocazione. E comunque vengo anche io che da solo non ti ci posso mandare" brontolò impacciato usando quel tono scorbutico che fece capire a Spock che non era più davvero arrabbiato. Il medico mise via le tazze sporche e si voltò verso il compagno.
"Vieni, devi farti perdonare" disse e la sua voce aveva assunto un tono caldo. Il vulcaniano sapeva già che stava per essere scortato in camera da letto e sorrise quando fu la volta del compagno di prendergli la mano.
Il corpo del dottore era già caldo quando le mani di Spock gli sollevarono la maglietta leggera per posarsi a pieno palmo sullo sterno. La stretta vicinanza fisica, la risposta del proprio corpo alla presenza dell'altro, aveva attivato il legame con maggiore forza, McCoy inarcò con forza la schiena, pretendendo un bacio dall'amante e aggrappandosi al suo collo.
Stringimi. Stringimi. Stringimi.
Spock lo avvertì forte ma non sapeva ben definire cosa fosse, il desiderio di McCoy unito al suo, il fiato dell'uomo sul collo, voci indistinte, baci umidi o pensieri confusi. Avvertì il bacino del medico alzarsi per permettere ai pantaloni di scivolare via e le sue mani che gli afferravano le proprie e le guidavano impazienti lungo la schiena, finendo tra le sue gambe.
Sto aspettando.
McCoy si avventò sulle labbra del compagno mentre lo penetrava con due dita, una mano stretta tra i capelli neri e l'altra sul suo fianco. Poteva sentirlo, poteva sentire Spock ovunque attorno a lui, sopra di lui, dentro di lui e tutto sembrava amplificato. La deliziosa frizione dei bacini stava rendendo scarso l'ossigeno per entrambi, anche se il medico fremeva in maniera decisamente meno inibita, Spock gli sollevò una gamba accostandosi poi ancora al petto dell'amante prima di spingere e sentirlo gemere più forte, stringendo gli occhi chiari.
Guardami.
McCoy si appese forte alla sua schiena, afferrando la pelle sotto le scapole e lasciando che il respiro mozzo e ansante invadesse le orecchie del compagno.
Spock.
Il vulcaniano trovò riparo contro la gola del medico mentre scosse sempre maggiori percorrevano tutte le estremità del suo corpo, non sapeva se fosse McCoy o fosse lui, ma mentre tornava alle sue labbra fremettero insieme, tremando uno contro l'altro e l'uomo si tese gemendo forte senza lasciare la presa sulle spalle nemmeno quando ricadde sfinito sul materasso con il compagno che si accasciò a sua volta pochi istanti dopo.
T'hy'la.
Spock sarebbe andato alla convocazione naturalmente e se fosse stato necessario sarebbe partito. Anche quello faceva parte della loro quotidianità come l'insegnare a Spock la scansione di una giornata e il fare la spesa. McCoy sarebbe tornato ai suoi studi e alle sue conferenze, alle occasionali ricerche, alle visite della figlia, ai suoi normali stress. Sarebbe bastato cercare l'altro e l'avrebbero trovato nella loro testa.
Spock aveva chiesto al medico se la cosa lo spaventava. Certamente. Ma ancora più terrificante era la sola idea di perdere tutto quello. Poteva sopportare qualche mal di testa e un po' di nausea. Si era abituato a cose ben peggiori di avere un vulcaniano incastrato nel cervello. Forse.
"Sei ancora arrabbiato?" domandò Spock nel silenzio.
"Si"
Il sopracciglio del vulcaniano schizzò verso l'alto e McCoy rise.