Buongiorno gente! Per il rotto della cuffia, anche oggi riesco ad aggiornare, e si torna a Sunset Valley, dove la povera famiglia Moondance me ne sta combinando di tutti i colori. E se in questa puntata vi sembrerà che i poveretti siano giunti allo sfascio totale, beh... vi sbagliate di grosso. Come recita un detto: al peggio non c'è mai fine. Ma questo lo capiremo più avanti, perché intanto altre notizie ci giungono dal diario di famiglia, alcune belle, altre decisamente meno, ma in ogni caso novità (forse anche prevedibili).
Comunque oggi il diario passa a Morgana, che, anche se parlerà solo in questa puntata, è in realtà l'erede ufficiale della 6^ generazione... Beh, la parola è sempre stata tramandata di madre in figlia nella famiglia Moondance, fin dagli antichi tempi di Diana ed Oniria, quindi non vedo alcun motivo per cui Morgana non dovrebbe essere la nostra Erede ;) E' stato molto difficile calarmi nei suoi panni: è una persona estremamente semplice, anche se sognatrice. Spero di aver reso bene l'idea.
Ok, ho cianciato pure troppo. Lascio la parola a Morgana.
EPISODI PRECEDENTI:
5.7 6.1,
6.2,
6.3,
6.4,
6.5,
6.6 NELLA PUNTATA PRECEDENTE: Tristan è sempre molto vicino a Morgana, anche se inizialmente non riesce a comprendere completamente ciò che prova per lei. Gli altri membri della famiglia non si accorgono di nulla. Valerio invece ha una cottarella per Jenny Alberghini, anche se la ragazza non sembra corrispondere i suoi sentimenti e lo lascia sempre in sospeso. Ma è a lei che Valerio dà il suo primo bacio. A Tristan fa male vedere la libertà del cugino, così, una sera che trova Morgana sola a casa, ha il coraggio di prenderla fra le braccia, confessarle i suoi sentimenti, e baciarla. Mentre il rapporto tra Valerio e Jenny sembra andare meglio, Tristan e Morgana devono nascondersi dai loro genitori e si amano in segreto, entrambi terrorizzati all'idea di quando la famiglia verrà a sapere di loro. Ma gli adulti hanno altro a cui pensare: una sera Ron, che è quasi al culmine della sua carriera e che quindi non ha più bisogno di fare l'hacker da tempo, confessa tutto a Liviana per non farle sprecare altro tempo, e scoppia un putiferio. Liviana non lo mette in manette, ma decide di troncare ogni rapporto con lui, come se il marito della cugina non vivesse più sotto il suo stesso tetto. E' in questo clima tormentato che per Valerio e Tristan giunge il momento di spegnere le candeline dei 20 anni.
AVVERTENZA! Questo capitolo parla di argomenti per adulti. Pertanto potrebbe non essere adatto ai lettori troppo giovani.
GENERAZIONE 7.1 - Un amore incompreso
PARLA MORGANA
Ciao a tutti, mi presento, sono Morgana Moondance. Di solito non sono bravissima con le parole, anche perché sono parecchio timida e raramente faccio lunghi discorsi. Ok, lo ammetto, i lunghi discorsi li faccio solo in classe durante le interrogazioni. Comunque adesso sono io a dovervi parlare, no? Spero di fare del mio meglio.
Quale fu la mia reazione nello scoprire che il mio biscugino Tristan era innamorato di me? Semplice: di rimando me ne innamorai anch'io, fin da quando posò la sua bocca sulla mia. Inizialmente non capivo cosa stava succedendo, ma durante quel pic-nic serale al parco la mia mente tornò lucida per la prima volta da quando Jessie mi aveva fatto quello che mi aveva fatto. Non so come feci ad innamorarmi di Tristan così velocemente. Evidentemente i miracoli non si compiono mai in maniera graduale.
Se Tristan era il mio innamorato, mio fratello Valerio era il mio eroe. Non eravamo mai stati affezionati da piccoli, ma ora che lui era diventato adulto, ci eravamo avvicinati. Saremmo stati un bel trio di amici, se Tristan ed io non fossimo stati condannati ad amarci e a doverci tenere lontani dagli occhi altrui.
Il miracolo per Valerio si compì un giorno mentre camminava per andare verso la stazione di polizia, dove aveva appena cominciato a lavorare per diventare analista forense. Aveva deciso di alzarsi un po' prima, quella mattina, per andare al lavoro a piedi e godersi la brezza fresca dell'alba primaverile. Passò di fronte a case, villette, piccoli condominii e ville. Stava per sorpassare anche una nuova casupola appena edificata, quando dalla porta uscì lei, e Valerio si bloccò di scatto.
Mio fratello non è mai stato un romantico, anzi il contrario. Eppure quella volta nella sua testa nemmeno lui riuscì a reprimere un moto di poesia. E lì pensò per la prima volta, come tanti altri avevano fatto prima di lui di fronte al loro colpo di fulmine personale, "è la cosa più bella che io abbia mai visto in vita mia".
Un visino d'angelo color marmo e ricoperto di efelidi, incorniciato da una chioma di fuoco. I chiari occhi tra il verde e il giallo, pigmento unico al mondo, emanavano un fascio di luce.
Ma quanto era magra quella ragazza! Sembrava essere scappata dalla fame.
Valerio, incerto sul da farsi, alla fine seguì il proprio istinto e si avvicinò a lei, presentandosi.
Valerio: "Ciao, nuova di qui, vero? Benvenuta in città! Io sono Valerio Moondance"
Lei: "Piacere, mi chiamo Luce Howe"
Valerio: "Sei qui per lavoro?"
Luce: "Non proprio, diciamo che ne cerco uno"
Valerio: "Se vuoi ti aiuto io, mi guarderò in giro e ti avvertirò, se non hai problemi a lasciarmi il tuo numero di telefono..."
No, Luce di quei problemi non ne aveva. Aveva una vocina sottile ma molto vivace.
Dopo due veloci chiacchiere, Valerio dovette suo malgrado salutarla.
Valerio: "Bene, è stato un piacere conoscerti! Fatti sentire quando vuoi, la mia famiglia ed io aiutiamo sempre i nostri concittadini bisognosi di una mano"
E corse al lavoro che era già in ritardo. Fortunatamente mamma aveva un ruolo abbastanza in alto nella polizia di Sunset Valley e i suoi superiori non osarono digli niente.
Tristan non aveva datori di lavoro. Lui si era dato alla pesca e, anche se non c'era alcun accordo scritto, ogni mattina vendeva ciò che aveva pescato al negozio di alimentari, ed era così che si guadagnava da vivere.
L'unica che ancora andava a scuola ero io, e la compagnia di Tristan che faceva i compiti con me mi mancava da morire. Ma finalmente giunsi anch'io all'ultimo anno di liceo, e ogni tanto, quando rientrava in casa, Tristan mi vedeva immersa nello studio e si offriva di aiutarmi. Sovente però si accertava che io non avessi bisogno di lui: probabilmente non sopportava l'idea di starmi accanto e non potermi nemmeno dare un bacino mentre mi aiutava coi concetti più difficili da capire.
Però se non c'era nessuno a casa, quando lui rientrava io correvo ad abbracciarlo.
Lui mi sfiorava appena le labbra con le sue, mi accarezzava il viso e sospirava, ma non si spingeva oltre. Spesso avevo il terrore che non fosse più innamorato di me, che avesse conosciuto una ragazza della sua età e che giustamente avesse lasciato perdere me, sua cugina di terzo grado.
"Vorrei tanto fare l'amore con te", gli sussurrai una volta, giusto per vedere la sua reazione. Lui si staccò dall'abbraccio e mi guardò dritto degli occhi. "Non ora, Morgana. Non oggi, non sei ancora abbastanza grande", mi rispose.
Allora mi amava ancora? Ma perché si tirava indietro? Avevo quasi 18 anni, avevo un'età più che giusta!
Tristan: "Non guardarmi così. Non sarò io a profanarti, non di nuovo, non ancora. Aspetta di essere più grande".
"Se ti riferisci a quello che successe qualche anno fa con Jessie", gli risposi con le lacrime agli occhi, "sappi che non mi importa ed è già tutto sorpassato".
"Morgana", rispose lui, "non fare la sciocca: fa lo stesso!"
"Appunto", risposi io cocciuta, "fa lo stesso! Perchè con Jessie non è successo niente, solo un grande spavento. Ed ora sono pronta a donare a te la mia verginità: o a te o a nessun altro!"
Mi abbracciò e mi tenne stretta per un po', lasciando che io smettessi di singhiozzare. Non capivo se mi avesse creduta o meno. Quando sciolse l'abbraccio, passò una mano sul mio viso per tirare via le lacrime che mi erano scivolate fuori dagli occhi. Poi, più dolcemente, ripeté: "Non adesso. Prima devi crescere".
E va bene, avrei aspettato, anche se il mio corpo era recalcitrante e sempre più spesso la sua presenza in casa mi offuscava la mente.
Tra un impegno scolastico e l'altro, però, il diploma giunse alle porte ed il tempo scivolò via, e mi ritrovai a compiere gli anni quasi senza accorgermene.
Espressi il desiderio di rimanere con Tristan per il resto della mia vita, e che i nostri genitori non se la prendessero troppo.
Alla festa per il mio compleanno non c'era Ron, era a prove con l'orchestra. Meglio così, altrimenti la tensione tra lui e la mia mamma avrebbe potuto rovinare l'umore della festa. Sinceramente mi dispiaceva che la nostra famiglia non fosse più unita, ma in quel momento avevo davanti a me solo i sogni che avrei potuto realizzare con la maggiore età.
Anche se un po' mi sentivo ancora bambina dentro, come se parte della mia spensierata infanzia fosse sempre rimasta nel mio cuore. Volevo darmi alla pittura ma anche alla musica, che non avevo mai disprezzato ma che non avevo mai avuto occasione di imparare fino a quel momento.
Erano belle le rare volte che ci riunivamo tutti. Anche se non sarebbe mai più successo: sentivo la mancanza di Ron, su quella sedia vuota. E nemmeno la mia mamma era più in buoni rapporti con Abby, ora che aveva rotto ogni relazione con Ron. Mi dispiaceva vederle così separate, specialmente la sera del mio compleanno. Non facevano nemmeno un piccolo sforzo per parlarsi, nemmeno per fare felice me. Forse però non avevano visto che la cosa mi rattristava.
Ma quella sera ebbi un altro motivo per essere felice... anzi, molto più che felice. Ebbi il tempo di rifugiarmi nella camera di Tristan, mentre i miei si preparavano per uscire con un collega di mamma e la sua famiglia. Tristan non perse tempo a notare che mi ero isolata, e mi seguì in camera sua.
Tristan: "Sarà che è la sera del tuo compleanno, ma sei celestiale questa sera!"
Morgana: "Allora non pensi più che io sia troppo bambina?"
Tristan: "In effetti no... Sei una donna stupenda"
Mi abbracciò e mi posò un delicato bacio sul collo. Mi vennero i brividi.
Notò la mia reazione. Mi guardò dritta negli occhi con un'espressione che non avevo mai visto, e finalmente mi baciò. Fu un bacio diverso da tutti quelli che ci eravamo dati fino ad allora: passionale, carico di emozioni, profondo.
Non riuscivamo più a staccarci. Ma dovemmo farlo per andare a salutare i nostri genitori: Abby andava ad un concerto di Ron, e mamma e papà andavano a prendere il collega di mamma e sua moglie. Anche Valerio uscì con Jenny, la sua ragazza.
Quando la porta di casa si chiuse portando lontano l'ultimo nostro parente, Tristan ed io ci guardammo. Mi colse un moto d'ansia, e lessi la stessa emozione nei suoi occhi. Mi balzò il cuore in gola. Si avvicinò nuovamente a me, ma questa volta con cautela. Mi baciò nuovamente, in modo più dolce, passando le dita tra i miei capelli. La cosa mi causò un altro brivido, che percorse tutta la schiena e che stavolta andò ancora più in basso...
Fu un bacio gentile, cauto, affettuoso, protettivo. Poi mi colse di sorpresa, sollevandomi da terra: mi prese letteralmente in braccio e, senza smettere di baciarmi, andò verso le camere. Le mie braccia erano avvinghiate al suo collo e in quel momento non mi importava di dove stessimo andando: l'importante era rimanere aggrappata a lui, dato che per anni avevo desiderato farlo ma non mi era mai stata concessa la possibilità.
Notai che eravamo entrati in camera di Abby e Ron solo quando mi posò sul grande letto morbido. Venne sopra di me.
Tristan: "Amore mio..."
Ricominciò a baciarmi e no, non riuscivo a credere che stesse veramente per succedere ciò che desideravo da anni! Il mio cuore ebbe un'accelerazione improvvisa, le mie mani cominciarono a tremare. Eppure ero persa nei suoi baci, totalmente ipnotizzata dal calore del suo corpo sul mio.
Mi spogliò gentilmente e poi spogliò sé stesso. Mi abbandonai alle sue carezze e le ricambiai, senza più trattenere i tremori. Che ormai non sapevo più se fossero causati dall'ansia o dal piacere. Ma non mi importava, perché tra le sue braccia mi sentivo protetta e sicura.
Quando arrivò il momento fatidico, fu tutto estremamente naturale. Quando finalmente volle entrare dentro di me, mi accorsi che sentì la barriera infrangersi, e lui seppe che non gli avevo mentito. "Tua per sempre", gli sussurrai, mentre con la prima spinta annullò una volta per tutte la nostra dualità.
Ci addormentammo come due stupidi nel letto dei suoi genitori.
Ci svegliammo giusto in tempo per risistemare il letto e correre nelle nostre camere, non senza prima scambiarci veloci baci che non volevamo mai terminare. Ma fummo costretti.
Da quel giorno approfittammo ogni volta del fatto che la sera Ron ed Abby lavoravano, e quando mamma e papà uscivano noi correvamo su quel lettone. Valerio non era una minaccia: se non usciva, o stava al pc o alla tv, e non si accorgeva mai di niente.
Probabilmente i nostri genitori si chiedevano perché non uscivamo mai la sera, ma fortunatamente non ebbero mai la fantasia di chiedercelo.
E così noi avevamo la libertà di amarci. Libertà di amarci contro ogni regola del buonsenso morale. Eravamo parenti nemmeno troppo lontani, ed eravamo nati con la sfortuna di essere fatti per amarci. Eppure non ce ne importava proprio niente.
Anche se il più delle volte, anziché restare a coccolarci come avremmo voluto, dovevamo rivestirci in fretta e furia e tornare nella solitudine delle nostre camere. Così ci mandavamo sms da una parte all'altra della casa e ci auguravamo la buona notte, con baci virtuali espressi con dei "kiss". Ma ero felice così.
La quotidianità del dover recitare la farsa dell'indifferenza mi pesava fino ad un certo punto. Al mattino solitamente il clima in casa era rilassato. Mamma, papà e Valerio andavano al lavoro ed Abby a fare la spesa o altre commissioni. Tristan, Ron ed io ci alzavamo più tardi rispetto agli altri, e io mi mettevo allegramente a preparare la colazione mentre Ron cominciava a suonare la chitarra.
Ron: "Che ne pensate di questa? Potrebbe essere la base per una bellissima canzone d'amore tra due giovani che non possono amarsi"
A stento trattenni una risata... Come se lui ne sapesse qualcosa!
Dopo colazione, Tristan entrò in camera mia mentre mi stavo vestendo, e disse: "Sai quella canzone avrei voluto dedicartela, se in quel momento non ci fosse stato mio padre"
Ma accidenti, la colazione quella volta non mi restò nello stomaco! Mi diedi della stupida: ci stavamo avviando verso l'autunno e non era saggio continuare a girare in casa a pancia scoperta.
Quando Ron usciva per andare al parco a suonare, anche la mattina ci concedevamo la pazza gioia di unirci, e in quel caso avevamo un po' più di tempo a disposizione. Potevamo rimanere a letto a parlare, a confidarci, a coccolarci.
Quanto a mio fratello, ufficialmente stava ancora insieme a Jenny, anche se era più lui a tenerci che lei. Ma era presissimo da Luce, che ogni tanto sentiva al telefono.
In quel periodo ebbe la sua prima promozione, e ne approfittò per chiamare Luce e invitarla fuori.
Le diede appuntamento alla spiaggia. Era da un bel po' di mesi che non la vedeva e, a parte qualche veloce telefonata, non sapeva granché di quello che la ragazza faceva nella vita. Di come si era sistemata, se aveva ancora bisogno di una mano, e cose così.
Arrivato alla spiaggia, vide che non era solo. Avrebbe preferito un po' più di intimità con Luce, ma subito quel desiderio svanì, poiché il suo posto venne preso dallo stupore. Stupore causato da una sensazione che mai aveva provato prima. Guardando l'anziana coppia ancora innamorata, in quel momento desiderò anche lui di poter trovare qualcuno da amare fino alla fine dei suoi giorni. Ed era una cosa alla quale non aveva mai pensato seriamente fino ad allora. Non lo aveva escluso in precedenza, ma realizzò completamente di volerlo anche lui solo in quel preciso istante.
L'attesa che lo stava innervosendo presto svanì. Ancora prima di vederla, ebbe la certezza che finalmente Luce era arrivata.
Si diresse verso di lui con sguardo enigmatico. Forse anche a lei faceva un certo effetto rivederlo dopo qualche mese, specie perché probabilmente, avendolo visto una sola volta, non ricordava bene il suo volto.
Valerio: "Luce, che piacere rivederti! Non ricordavo quanto fossi bella!"
Luce: "Adulatore... vuoi proprio farmi arrossire, eh?"
La voce fine, gentile e vitale della ragazza lo avvolse nuovamente.
Fecero due passi lungo la spiaggia, ed arrivarono proprio sotto casa nostra. La invitò ad entrare per incontrare la nostra famiglia: almeno avrebbe avuto qualche conoscente in questa città completamente nuova per lei.
Erano già arrivati a "qual è il tuo film preferito", "il libro che ti è piaciuto di più", "il tuo numero preferito", "il tuo colore preferito". Luce rispose: "A me piace tanto il giallo, come i miei occhi! Sono fiera che i miei genitori mi abbiano donato due occhi di questo colore!"
Valerio: "E in effetti il tuo nome è azzeccatissimo... con quei capelli poi sei splendida non solo come la luce, ma come la luce infiammata del tramonto"
Erano già cotti l'uno dell'altra, poco ma sicuro.
Fu invitata a cena. Eravamo tutti contenti di conoscere qualcuno di nuovo, in città. Specialmente in questo periodo, durante il quale Sunset Valley si stava spopolando. Gli anziani morivano ed i giovani andavano a vivere nelle metropoli. Ma lei aveva fatto il contrario.
Fu in quell'occasione che, non so come, ebbi all'improvviso una certezza, una consapevolezza che mi colpì come un fulmine a ciel sereno. Non so come, ma sentii che vi era un bambino dentro di me. Questa consapevolezza mi elettrizzò e mi terrorizzò al tempo stesso: il bambino non poteva che essere di una persona. Una persona che non avrebbe mai dovuto esserne il padre.
Il giorno dopo mi nascosi in bagno a fare il test di gravidanza. Il suo esito positivo non mi meravigliò più di tanto, ma mi gettò nello sconforto. Dovevo dirlo a Tristan, ma avevo paura anche della sua reazione. In ogni caso non avevo scelta, così raccolsi tutto il mio coraggio e lo trattenni in un momento in cui eravamo soli in casa.
Morgana: "Amore mio, ti prego ascoltami, sono terrorizzata"
Tristan: "Angelo mio, calmati! Di cosa si tratta? Ancora paura che ci scoprano?"
Morgana: "Sì... perché ci scopriranno, non abbiamo scelta"
Tristan: "Di cosa stai parlando, mio innocente angelo?"
Innocente angelo... un angelo decaduto, piuttosto. Feci un respiro profondo ed ebbi il coraggio di tirare fuori le parole che non avrei mai voluto pronunciare.
Morgana: "Sono incinta"
Tristan rimase ammutolito. Lo sapevo... tra di noi era finita.
Morgana: "Vorrei tanto tenerlo, ma non si può... però ti giuro che lo vorrei tanto"
Tristan: "Sei impazzita per caso?"
Ecco. Era ovvio che sarebbe andata a finire così. Ovvio che non voleva un figlio, non da me, non da sua cugina. Scoppiai in singhiozzi ribelli.
Morgana: "Va bene, vado ad informarmi sull'aborto"
E cercai di fare un mezzo sorriso. Un sorriso totalmente falso.
Tristan: "No! Angelo mio, intendevo dire questo: saresti impazzita se tu pensassi anche solo lontanamente che voglio vederti abortire"
Morgana: "Come?"
Tristan: "Hai capito bene. Il bambino è nostro ed è la cosa più bella che il nostro amore potesse regalarci. Sono pronto a prendermi questa responsabilità. Io voglio questo bambino"
Rimasi senza parole. Il mio stupore era così grande che anche i singhiozzi si arrestarono all'improvviso.
Tristan: "E se ci toccherà fuggire, andremo via insieme. Noi due e il nostro bambino, e saremo la famiglia più felice del mondo"
Mi prese all'improvviso tra le sue braccia e mi strinse forte, baciandomi con passione, sentimento, trasporto.
Mentre Tristan ed io ci crogiolavamo nella nostra felicità causata da questa consapevolezza, qualcun altro aveva deciso di porre fine ai propri tormenti scegliendo una via estrema.
Sunset Valley non solo si stava spopolando, ma stava anche cadendo nella miseria economica. I nuovi arrivati non trovavano facilmente lavoro, e Luce era una vittima troppo facile e una preda troppo gustosa per i giri loschi.
La disperazione la portò ad entrare nella malavita, cosa alla quale era riuscita a stare alla larga fino ad allora solo per un pelo. Ma alla fine, dopo un'adolescenza tormentata ed un continuo girovagare senza meta soffrendo la fame, decise di cedere a quella tentazione.
Nel periodo seguente, cominciai ad essere in ansia. Più il tempo passava e più si avvicinava il momento in cui avrei dovuto annunciare ufficialmente ciò che non avrei più potuto tenere nascosto. Mi si gelava il sangue nelle vene al pensiero.
Al pensiero che avrei spezzato il cuore alla mia mamma, che era sempre così felice e si godeva la vita andando in palestra, a correre sul tapis roulant come piaceva a lei.
Che avrei spezzato il cuore al mio papà, quell'uomo tanto grosso quanto pacato e saggio, che tornato dal lavoro si gustava un buon libro in santa pace.
A Ron ed Abby, miei cugini, e genitori del mio amato.
Ma soprattutto a Tristan, col quale condividevo questo terribile segreto. Avevamo condannato noi stessi alla vergogna e al disprezzo da parte della nostra famiglia. Scusami, amore mio, scusami tanto. Mi dispiace da morire.
Più passava il tempo e più mi sentivo triste, a dispetto dello stato di euforia in cui avrei dovuto essere in quel periodo, mentre cominciavo a sentire il mio bambino muoversi e scalciare affettuosamente. Nemmeno la pittura mi dava sollievo: dipingevo svogliata ed ero priva di idee. E ogni volta che sentivo il bambino muoversi mi bloccavo e non riuscivo più ad andare avanti.
Ed infine giunse la giornata che tanto temevo. L'ora della verità. L'occasione si presentò una domenica pomeriggio, quando tutti eravamo a casa, tranne Valerio. Stranamente ci ritrovammo tutti a tavola a discorrere dopo pranzo, cosa che non era accaduta quasi mai: anche nelle giornate in cui eravamo tutti a casa, di solito ognuno schizzava via a fare qualcosa, dopo pranzo. Quella volta invece, complice una pioggia invernale, restammo attorno al tavolo a parlare.
Mi alzai per andare in bagno, e mio padre all'improvviso si accorse che la figlia era un po' cambiata.
Jason: "Morgana, sei ingrassata?"
Liviana: "Ah, te ne sei accorto anche tu, caro?"
Feci due passi e poi restai immobile, cominciando a tremare.
Scoppiai a piangere. I miei genitori si alzarono per venire a vedere cosa avevo e per consolarmi, ma Tristan li bloccò prima che arrivassero a me.
Tristan: "Dobbiamo dirvi una cosa"
Tristan: "Morgana è incinta, ed era terrorizzata all'idea di dirvelo".
Mio padre non fiatò, così fu mamma a fare le domande: "Che cosa? Ma cosa stai dicendo? E come fai tu a saperlo?"
Tristan: "Ecco, è questo il punto. Il problema principale è che il padre sono io"
Jason: "Aspetta un attimo... Tristan, CHE CAZZO STAI DICENDO? COME FAI AD ESSERE TU IL PADRE?!"
Tristan: "Jasono, SONO IO IL PADRE, te l'ho detto e te lo ripeto. Sono io il padre! E ti assicuro che me ne prenderò cura io, sia di Morgana che del bambino"
Jason: "CHE CAZZO DICI, DISGRAZIATO!!! COME HAI POTUTO FARE UNA COSA DEL GENERE ALLA MIA BAMBINA!!! IO... stai attento, ragazzino, perché ho tanta voglia di SPACCARTI QUELLA TESTA DI MINCHIA CHE TI RITROVI!"
Tristan: "Calmati!"
Jason: "CALMO UN CAZZO!!!"
Anche mamma era infuriata, e dovetti sorbirmela io.
Liviana: "SIGNORINA, E' VERO QUELLO CHE DICE???!"
Morgana: "Mamma, sì, ma ti prego, non arrabbiarti con lui"
Liviana: "CERTO CHE NO! HO UNA FIGLIA DISGRAZIATA!!! RAZZA DI STUPIDA CHE NON SEI ALTRO!"
Morgana: "Mi prenderò le mie responsabilità..."
Liviana: "NON E' IL FATTO CHE SEI INCINTA IL PROBLEMA, MA IL FATTO CHE SEI INCINTA DI TUO CUGINO, RAZZA DI PUTTANELLA CHE NON SEI ALTRO!!!!"
Naturalmente scoppiò la lite del secolo anche tra i nostri genitori, che ormai si urlavano in faccia senza nemmeno più badare a Tristan e a me. Rischiavo di svenire da un momento all'altro, ma Tristan era lì, pronto a sorreggermi e proteggermi.
Fortunatamente mamma era troppo affezionata ad Abby per mettersi a litigare seriamente con lei, quindi si limitò ad andare in camera sua sbattendo la porta, ma papà e Ron non arrivarono alle mani per pura fortuna.
Jason: "HAI VISTO COSA HA FATTO QUELLO STRONZO DI TUO FIGLIO??! E' COSI' CHE LO AVRESTI EDUCATO, SECONDO TE?! MI HAI ROVINATO LA VITA!!!"
Ron: "E allora, come la mettiamo con tua figlia, che ha SEDOTTO il mio, di figlio!? CHE CAZZO C'ENTRO IO, JASON?! SPIEGAMELO!"
Non volli più sentire altro. E forse non lo sentii soprattutto perché le orecchie mi ronzavano forte e attorno a me si stava facendo tutto buio. Fu il mio angelo a salvarmi dal baratro, poco prima che io cadessi rovinosamente a terra. La sua voce e il calore del suo corpo mi rischiarirono un attimo le idee.
Tristan: "Non preoccuparti, gioia mia, ci sono io qui con te. Lascia che loro parlino ed urlino, io non ti lascerò mai sola"
Mamma e Ron non si parlavano più da un pezzo, ma da quel giorno la rottura tra le due coppie dei nostri genitori divenne insanabile. Mamma ed Abby non si parlavano più, mentre papà e Ron ogni tanto alzavano ancora la voce tra di loro, accusandosi a vicenda ed accusando me e Tristan. Ma per la maggior parte del tempo non si guardavano nemmeno in faccia.
I miei genitori mi rinnegarono completamente, ostentando il fatto che per loro l'unico figlio degno di essere tale era solo Valerio. Abby e Ron invece, sbollita la rabbia, furono più comprensivi nei confronti di Tristan e anzi, cominciarono pure ad accettare la mia gravidanza. Probabilmente facevo loro pena.
Così decisero di darmi addirittura una mano. Usando i loro soldi e senza alscoltare il parere dei miei genitori, fecero abbattere la parete che c'era tra la camera di Tristan e quella di Valerio, creando un ambiente unico e ristrutturandolo. Mio fratello avrebbe dormito nella mia cameretta finché non avesse deciso di andare a vivere per conto proprio. Quindi arredarono la camera per me e Tristan e per la bambina. Sì, nel frattempo le ecografie mi avevano rivelato che era una femmina. Lei per lo meno stava bene.
Potei quindi trascorrere l'ultimo periodo della mia gravidanza in un clima di pace, all'interno della camera mia e di Tristan, che divenne il mio rifugio personale.
Ora Tristan ed io avevamo una nostra camera e potevamo vivere come una coppia qualsiasi. Anche se chiaramente avremmo preferito poterlo fare prima, ma purtroppo non saremmo mai stati una coppia come le altre: tra di noi c'era un grado di parentela troppo vicino.
Negli ultimissimi tempi prima del parto, quindi, potei fare affidamento su Abby e Ron, che misero da parte la rabbia e mi accettarono come una figlia. Specialmente Ron, che mi teneva tanta compagnia, aveva sempre una parola gentile per me e che si preoccupava che non mi mancasse nulla. Avevo perso l'affetto dei miei genitori, ma avevo guadagnato quello di una persona squisita come Ron.
Chi invece se la passava bene, tra tutti noi, era mio fratello. Ormai Valerio aveva la testa completamente altrove, e si era perdutamente innamorato di Luce.
Una sera la invitò a cena addirittura al bistrot.
Luce: "Grazie mille, Vale, anche se mi domando se accetteranno una poveraccia come me, in questo posto"
Valerio: "Ma stai scherzando? Tu per stasera sei la bella dama che viene invitata a cena da un abbiente cavaliere!"
Luce rise di gusto. In compagnia di Valerio i suoi problemi svanivano, ed i pesanti segreti che si portava nell'anima si svuotavano della loro gravezza.
Ma fu proprio in quell'occasione che, avendo fatto male i propri calcoli, Valerio fu visto dalla sua fidanzata ufficiale, la ricca Jenny Alberghini, che andava a cena al bistrot una sera sì e le altre pure.
Ma Valerio non se ne accorse. E se se ne fosse accorto, non gli sarebbe importato più di tanto: ormai aveva trovato la sua compagna ideale in Luce.
Si goderono così la loro cena a lume di candela senza l'interferenza da parte di nessuno. Valerio era molto attratto, divertito e intenerito da quella ragazza così taciturna, famelica e parecchio magra.
Spesso la invitava a fare due passi al parco, la sera. Ogni giorno si lanciava in complimenti sempre più smaliziati: stava partendo all'attacco.
Ma tra di loro non mancavano momenti da semplici amici, poiché quello erano, come fare una partita a palla.
Una sera Valerio prese l'autopattuglia di mamma per andare fuori con Luce.
E la portò a mangiare nella friggitoria dove lavorava Abby.
Valerio: "Che c'è, non ti fidi? Guarda che qui ci lavora mia cugina, è la cuoca principale!"
Luce: "Non è quello, è che mi offri almeno 3 cene alla settimana ultimamente, comincio a sentirmi in debito"
Valerio: "Ma non dire sciocchezze, dai vieni dentro! Per te questo e altro"
Fu mentre loro mangiavano da Abby che a me si ruppero le acque. Ron era al lavoro e quindi non potevo fare affidamento su di lui, e Tristan era a pesca. I miei mi guardarono con indifferenza. Mia madre disse solamente: "Spiacente, ma l'autopattuglia l'ha presa Valerio stasera. Arrangiati. Se vuoi ti chiamo un taxi"
"No, no, grazie", dissi ansimando, "lo chiamo io".
Quando finalmente arrivò il taxi, cominciavo a stare veramente male. Sia fisicamente, a causa delle contrazioni sempre più forti e ravvicinate, sia moralmente, pugnalata nell'anima dai miei genitori.
Raggiunsi l'entrata dell'ospedale zoppicando.
Un paio di ore dopo, Tristan corse all'ospedale e mi raggiunse. Quando era tornato a casa, aveva dovuto alzare la voce verso i miei genitori per farsi dire dove ero andata.
Lui non sprecò tempo coi taxi: corse come un disperato da casa fino all'ospedale.
La mia bambina impiegò tutta la notte per uscire dalla mia pancia. Era una bella notte stellata, e c'era una lieve brezza fresca che spingeva le nuvole a giocare a rincorrersi.
Ma quella notte non vidi la bellezza del cielo, poiché i miei occhi si posarono su qualcosa di ancora più bello. Mia figlia, l'incarnazione vivente dell'amore tra me e Tristan.
Tristan mi era rimasto accanto per tutti e tre i giorni che io avevo trascorso in ospedale. Quando dimisero me e la bambina, lui era lì fuori ad aspettarmi. Aveva chiamato un taxi, che ci stava attendendo.
Avevamo patito molto in quel periodo, ma in quel momento tutta la nostra infelicità sembrava essere scomparsa. Stavamo tornando a casa con la nostra piccola Malene.
Quando fummo davanti a casa, smontati dal taxi, da un angolo scuro del nostro giardinò sbucò Luce.
Tristan: "Ciao Luce, come mai da queste parti?"
Luce: "Beh sono passata a trovare Valerio e poi... che Morgana aveva partorito e che sareste tornati a casa stasera, quindi vi ho attesi per salutarvi"
Era stata gentilissima. Il suo gesto mi aveva commossa.
Il periodo subito dopo il parto fu relativamente tranquillo per me: Abby si era tacitamente proposta di aiutarmi con Malene per permettermi di riposare dopo una gravidanza durante la quale avevo molto sofferto. Anche se io non lo sapevo, spesso vegliava sul sonno mio, del figlio e della nipotina, che dormiva nella culla vicino al nostro letto.
Era sinceramente affezionata alla piccola ed era molto affettuosa con lei. Abby era veramente felice di essere diventata nonna. Al contrario della mia mamma, che aveva a mala pena gettato un'occhiata alla creatura che stava nella culla. Soffrivo parecchio a causa di questo.
Abigail: "A chi somigli, eh, eh? A mamma? A papà? Alla tua nonna che ti vuole tanto bene?"
Quel periodo trascorse senza cambiamenti di sorta, e molto più velocemente di quanto mi aspettassi. Il primo anno di Malene giunse in un fulmine. Fu nonno Ron a portarla alla torta. Sì, anche Ron la adorava. Inutile dire che i miei genitori non erano presenti, ma ormai non ci davo peso più di tanto, mi ci ero abituata.
L'importante era che ci fossimo Tristan ed io e i nonni paterni.
Malene crescendo diventò una bambina bellissima, con un viso molto particolare. Molti tratti li aveva presi da Tristan, e così, se c'era ancora qualcuno che avesse una piccola speranza che il padre non fosse Tristan, quel qualcuno avrebbe dovuto ricredersi. Ma la rotondità e la pienezza del viso era stata ereditata da me.
Senza dubbio somigliava tantissimo ad Abby, la "nonna che la adorava tanto".
Subito Malene dimostrò un gran carattere e la tendenza a farsi sentire piangendo come un'ossessa, ma era una bambina, ed era naturale...
Mamma in quel periodo si buttò ancora di più nel lavoro, almeno avrebbe passato meno tempo possibile nella casa che le ricordava ogni sua vergogna, e così presto giunse un'altra promozione.
Ron invece, senza alcuno sforzo e senza dover dimezzare il proprio tempo passato a fare il nonno, arrivò addirittura al culmine della carriera. Dopo essere stato il direttore dell'orchestra sinfonica di Sunset Valley, riuscì finalmente a diventare compositore cinematografico, ed era sempre la sua orchestra ad incidere i brani che lui scriveva per i film.
Valerio continuava a vedere Luce anziché la sua fidanzata ufficiale. E se non la incontrava di proposito, si imbatteva in lei per caso.
Valerio: "Ciao Luce! Anche tu da queste parti?"
Luce: "Sì, ogni tanto passo qui nella speranza di ascoltare tuo cugino mentre suona la chitarra, ma ultimamente lo si vede poco"
Valerio: "Sai com'è, è impegnato a fare il nonno"
Trascorsero un paio di ore insieme al parco a divertirsi, come sempre, e quella volta si lasciarono con un abbraccio molto più affettuoso del solito.
Sfortunatamente per Luce, pochi minuti dopo essere tornata a casa, Ron si era messo nel bel mezzo del parco a suonare la chitarra per festeggiare il coronamento dei suoi sogni lavorativi. Quella sera allietò la gente di Sunset Valley facendo arrivare alle finestre delle loro case la sua musica sublime.
Malene, oltre a piangere spesso, era anche parecchio famelica ed inquieta. Fortunatamente Tristan aveva mantenuto la sua promessa ed era il padre più premuroso e presente del mondo.
Anch'io ero una madre presente, ma spesso avevo l'assoluto bisogno di mettermi a dipingere, cosa che, se durante la gravidanza mi aveva dato sui nervi, dopo la nascita della bambina aveva ricominciato a rilassarmi.
Mentre dipingevo ascoltavo Tristan giocare con nostra figlia e sorridevo... Cos'altro potevo volere dalla vita?
Anche se Valerio non era più stato molto presente in casa da poco prima che io rimanessi incinta, i rari momenti che trascorrevamo insieme erano momenti lieti. Io adoravo mio fratello e lui adorava me. Valerio non capì mai perché mamma e papà mi avessero abbandonata così, come un cane, e non approvò mai il loro comportamento nei miei confronti.
Un giorno ricevetti una telefonata. E mai avrei immaginato che dietro a quella telefonata ci fosse lo zampino di mia madre. Aveva infatti mostrato uno dei miei quadri ad un professore di arte del liceo di Sunset Valley, e il docente era rimasto così impressionato dalla mia bravura (parole testuali) che mi contattò per chiedermi se ero disposta a tenere una lezione di pittura ai suoi studenti.
Io accettai volentieri: mai in vita mai avrei sperato che i folli dipinti di una visionaria potessero piacere al punto da venire considerata una pittrice di professione.
Per i miei genitori e per Abby e Ron giunse il momento di entrare nella terza età. Il primo a varcare la soglia dei 60 fu Ron. In quell'occasione la famiglia era completamente riunita e si cercò di evitare dissapori proprio nel giorno del suo compleanno. In cuor mio ne fui felice.
Poi toccò a mio padre, anche se lui ancora non aveva accettato Tristan e fece la festa quando Ron non era presente.
Poco prima di arrivare a compiere 60 anni, anche Abby riuscì a realizzare il suo sogno in campo lavorativo. Fui molto felice per lei, che negli ultimi 3 anni si era comportata con me come una mamma, molto di più della mia vera madre.
Il quel periodo arrivò una svolta anche per Valerio, che aveva deciso di troncare la sua relazione con Jenny Alberghini, dato che di lei non gli interessava più nulla. Non solo aveva aperto gli occhi e si era accorto che la ragazza era sempre stata spocchiosa, altera ed arrogante, ma era anche peggiorata col tempo.
Jenny: "Noi due dobbiamo parlare, non credi?"
Valerio: "Certo che lo credo, ma credo anche che queste saranno le ultime parole che ti dirò"
Jenny: "Certo che sì! Tradirmi con una poveraccia cenciosa e vestita da puttana come quella là! Credimi, è stato un gesto rivoltante da parte tua, ho il vomito a pensarci"
Valerio: "Molto meglio che stare con una ragazzina viziata come te. Non te ne è mai fregato nulla di me, tant'è che spesso non ti facevi viva per settimane. Se tu avessi tenuto al nostro rapporto, di certo non avrei sentito il bisogno di dedicarmi a qualcun'altra. Bene, chiudiamola qui. Non ho più niente da dirti"
Jenny: "Va bene. Ma sappi che mi hai spezzato il cuore"
Valerio: "Dubito che tu sappia cosa significa averne uno. Trovatene uno come te. Addio"
Quando seppi dell'accaduto, quasi mi misi a fare i salti dalla gioia. Jenny mi stava antipatica fin da quando avevamo cominciato le superiori, anche se alle elementari eravamo compagne di giochi. Saputella ed arrogante: ecco com'era diventata. Si atteggiava da riccona e se la tirava. Era proprio una persona antipatica, non sono mai riuscita a capire come aveva fatto mio fratello a invaghirsi di lei.
Beh, l'importante era che fosse finita, ma soprattutto... che lui si fosse messo con quella squisita persona che era Luce! Certo, era evidente che aveva avuto un passato tortuoso, e probabilmente anche il suo presente lo era, ma almeno era una persona buona dentro, e questo si vedeva. Bizzarra sì, ma spontanea, genuina, e senza troppi vanti.
Valerio: "Luce... non so come dirtelo, ma... io vorrei dedicarmi a te per il resto della mia vita"
Sì, mio fratello aveva finalmente trovato quella del "per sempre".
Anche per Abby scoccò l'ora dei 60 anni. La festa fu intima e senza pretese.
Nei suoi occhi da anziana brillava una consapevolezza da donna veramente saggia e fiera di sé, realizzata e felice degli obiettivi raggiunti. In definitiva, dalla vita aveva avuto tutto ciò che aveva sempre desiderato. La sua vecchiaia non poteva che essere serena.
Avvicinandosi alla terza età, in mia madre avvenne una sorta di miracolo. Un giorno la vidi tenere in braccio Malene. Mi si ghiacciò il sangue nelle vene: per una frazione di secondo, ebbi il terrore che volesse strangolare la bambina, o scappare con lei per gettarla in un fiume. E invece mi disse: "Questa piccolina ha il diritto di vivere in un ambiente sereno. Spero che un giorno tu potrai perdonarmi per come ho trattato te e lei".
Mamma... la mia cara, dolce mamma. Certo che ti ho perdonata, anzi, non ti ho mai portato alcun rancore, nonostante tutta la sofferenza che mi hai inflitto.
Forse in cuor suo lei non perdonò mai Tristan, ma almeno il giorno del suo sessantesimo compleanno fu sereno. Perché era serena lei.
Vedere mia madre invecchiata effettivamente mi faceva un certo effetto, ed a stento trattenni le lacrime. Ma almeno capii che si era riscattata e che nell'animo era tranquilla. Si era tolta di dosso le sofferenze della sua infanzia e dell'ultimo periodo da madre preoccupata. Ora la attendevano tranquilli anni d'oro.
Ma purtroppo non avevamo capito che le nostre sofferenze non erano ancora finite. Perché nessuno si aspetterebbe mai che un piccolo esserino come una bambina di due anni possa in realtà essere una mela marcia. Un frutto che non avrebbe mai dovuto essere concepito.