Della serie "a volte ritornano" XD
Sì, perché mi sono spaventata quando ho visto che l'ultimo post sui Moondance risaliva a più di due mesi fà. Approfittando quindi della domenica libera e di un momento di stasi nella mia tesi di laurea (devo aspettare qualche giorno e vedere cosa mi dice la prof. su quello che ho scritto finora), mi sono decisa ad aggiornare, anche perché le prime foto dell'aggiornamento le ho scattate da circa tre mesi O_O
Godetevi quindi l'aggiornamento, dato che con questo ho esaurito tutte le foto che avevo in scorta: dovrete aspettare un bel po' prima del prossimo, forse anche più dei due mesi passati tra quello precedente e questo :(
Buona lettura, spero che non sia pesante come aggiornamento!
EPISODI PRECEDENTI:
gen. 5.7 gen. 6.1,
gen. 6.2 NELLA PUNTATA PRECEDENTE: I problemi matrimoniali tra Abigail e Ron continuano. Oltretutto, per complicare un po' le cose, Ron comincia a fare l'hacker con la speranza di poter mettere da parte qualche soldo per il figlio, che è ancora un neonato. Liviana rimane incinta per la seconda volta, e ora vuole una femmina, mentre Jason vorrebbe un altro maschio, ma Liviana riesce a spuntarla sul marito dando alla luce Morgana. Nel frattempo Valerio e Tristan diventano toddler. Mentre le divergenze tra Abigail e Ron continuano, Valerio e Tristan diventano bambini e Morgana toddler.
GENERAZIONE 6.3 - Una decisione di coppia
PARLA ABIGAIL
Si può odiare la musica perché essa ti sta portando via la persona che ami? All'inizio credevo di sì, ma ora sono convinta che non sia così. D'altronde, che cos'è la musica se non un semplice insieme di note? Se non una semplice accozzaglia di onde trasportate dall'aria? Onde quantificabili, reali, ma pur sempre semplici onde. Non, non la si può odiare.
Ogni movimento di materia scatena delle piccole, invisibili onde nell'atmosfera. Che si trasformano in suoni. Udibili o meno, non ha importanza. Anche chi non le può sentire ne è circondato. E se si presta attenzione, le si può percepire sulla propria pelle: piccole onde che si infrangono sulla nostra superficie. Oppure onde grandi, che ci investono. Ci rimbombano nella cassa toracica, ci scompgliano lo stomaco, accelerano i nostri battititi cardiaci. Noi la musica possiamo percepirla dentro, anche senza le orecchie.
E anche se ci isolassimo dal mondo intero, sentiremmo pur sempre un suono, anche senza timpani. Il suono del nostro sangue che scorre nelle vene, il pulsare del nostro cuore, il guizzare dei nostri muscoli. Noi portiamo una musica dentro di noi.
E anche l'universo ha una sua propria musica. Una propria voce. I pianeti che percorrono la propria orbita producono un suono, basso e grave, non percepibile. Anche il sole e le altre stelle emanano una voce di fuoco. Cantano. Canta tutto ciò che si muove nell'universo. Questa è la voce della Natura, anche se non possiamo sentirla perché assuefatti ad essa fin dal nostro concepimento. Come potrei odiare la sua voce?
Saremo mai in grado di udire la musica dell'universo? Saremo mai in grado di esserne parte e di rendere omaggio ad essa?
Ci sono degli esseri puri in grado di farlo, ma col tempo, purtroppo, questa loro abilità viene a cessare. Sono esseri piccoli, nuovi al mondo. Senza esperienza, essi percepiscono tutto, captano e assorbono ogni cosa come se avessero le antenne. Disimparano le loro abilità di percettori innati a causa nostra: la nostra razionalità, la nostra ragionevolezza annienta le loro facoltà, li rende insensibili e vuoti, vittime di un sistema perfetto che crea di loro dei drogati di piccoli rettangoli di carta coi quali si illudono di poter ottenere ogni cosa. Li estraniano dalla natura e dalla sua perfetta voce, rinnegandola. E' a questo punto che i piccoli esseri dalle enormi facoltà chiamati "bambini" diventano, agli occhi di questo perverso sistema, "adulti".
Correte, piccoli Tristan e Valerio, correte con le vostre biciclette, fuggite da questo sistema, prima che esso corrompa anche voi. Se non vi lascerete acchiappare, sarete per sempre liberi.
Ero felice di vedere i bambini correre su e giù con le loro biciclette nuove. La scuola materna ne aveva regalata una ad ogni bambino alla fine di un progetto didattico nel quale si insegnava ai bambini il codice della strada, e soprattutto a rispettarlo. I bambini, dal canto loro, erano naturalmente più che felici di poter scorrazzare per le strade della città su una bicicletta finalmente senza rotelle. Per loro era un gioco. Ogni tanto sentivo Valerio e Tristan imitare il nitrito dei cavalli, probabilmente nei loro giochi le biciclette si trasformavano in splendenti ronzini che li accompagnavano nelle loro avventure.
Giocate, piccoli miei, abbiate sempre la forza di sognare.
Accanto al gioco, però, i bambini prendevano sul serio l'imminenza dell'inizio della scuola. A loro piaceva molto imboscarsi in biblioteca e fingere di fare i compiti al computer. Non che a casa non avessimo un pc, ma ce n'era per l'appunto solo uno e se lo sarebbero litigato.
Mentre Valerio rimaneva in biblioteca a fare ricerche su internet - qualcosa mi dice che fosse attratto dall'informatica già allora - Tristan solitamente si stufava presto e dopo un po' correva a casa a guardare "zio" Jason che curava le sue piante. Tristan era più proiettato verso un legame con la natura. E assillava Jason con mille domande sulle sue piante.
Tristan: "Come fai a capire quando i pomodori sono maturi al punto giusto? Quanto tempo ci mettono a crescere?"
Fortunatamente, erano bambini normali in tutto e per tutto e comunque avevano bisogno del loro momento di svago tra i giocattoli. Ma anche lì si potevano notare le loro differenze.
Tristan: "Domani andiamo con la bici fino in spiaggia e poi corriamo nel bagnasciuga, dai! Preparo anche i gavettoni, vado in edicola a comprarli!"
Valerio: "No, domani io volevo andare su YouTube a guardare i video delle Olimpiadi, stasera non posso seguirle in tv, mamma mi manderà a letto troppo presto, come al solito"
Come sapete, in casa c'era anche una terza bambina, la più piccola di tutti. Spesso era tranquilla e non dava noie a nessuno, ma vi erano dei momenti in cui si metteva a fare capricci e nessuno riusciva a calmarla. L'unica soluzione era metterla nel box e aspettare che si addormentasse: quando i bambini fanno così, in genere sono stanchi. E Morgana non faceva differenza.
A me Morgana era molto simpatica, spesso la seguivo più io che Liviana. Non so perché, ma la mia presenza la tranquillizzava, sebbene io avessi i miei problemi.
Tutto sommato, quando non faceva capricci, era anche una bambina tranquilla, che non disturbava nessuno: se nessuno la guardava per un po', trovava sempre il modo di intrattenersi da sola. A volte le toccava proprio farlo, dato che i maschi facevano comunella e raramente la guardavano o cercavano di coinvolgerla nei loro giochi - troppo da "grandi" e troppo da maschi.
Però posso ben capire perché Morgana a volte fosse nervosa: i genitori avevano pochi momenti disponibili per lei, obbligandola a volte a impegnarsi nel fare cose per lei nuove quando in realtà crollava di stanchezza.
Nonostante il poco tempo a disposizione, Liviana cercava di prendersi cura di sua figlia. Se Morgana in me vedeva una sorta di baby-sitter amica che giocava con lei, guardava sua madre con occhi adoranti.
Passavano i mesi e presto per Valerio e Tristan giunse il primo giorno di scuola, con ansie annesse e connesse.
Valerio: "Papà, secondo te ci daranno tanti compiti oggi?"
Jason: "E' il primo giorno, al massimo vi consegneranno i libri"
Tristan: "Sbrigati a mangiare, o perderemo l'autobus!"
Erano già entrambi così svegli e intelligenti, chi di loro due aveva bisogno di andare a scuola? :P
Ad ogni modo, salirono sull'autobus guardandosi intorno con circospezione. Per loro era un'esperienza totalmente nuova.
Ma ora parlerò un po' di noi adulti. Il matrimonio tra me e Ron continuava a non funzionare. Nel senso che facevamo i "separati in casa": abitavamo sotto lo stesso tetto e non ci guardavamo nemmeno, era come se fossimo degli sconosciuti, e in un certo senso era così, dato che ormai non parlavamo più da anni. Sì, purtroppo posso dire "anni".
A me non importava granché: la mattina, che entrambi avevamo libera, non ci vedevamo mai. Ron andava a suonare nel parco, credo che fosse il suo passatempo preferito. Portasse qualcosa a casa, almeno! Tipo qualche mancia. No, niente! Suonava a gratis!
Il suo "guadagno" preferito erano i fan che cominciava ad avere, soprattutto molti ragazzotti, che spesso cercavano di allungare la chiacchierata col loro chitarrista preferito domandandogli dettagli tecnici sulla chitarra e cose del genere. Ron allora partiva in quarta e si trovava in mezzo ad una cerchia di adolescenti che pendevano dalle sue labbra.
Io invece preferivo starmene a casa, preparare nuove ricette e ripetere quelle già consolidate, da mettere in frigo o in freezer come scorta per la settimana. La cosa naturalmente faceva molto piacere a Liviana e Jason, che la sera si trovavano la cena sempre pronta senza dover aspettare che io finissi il mio turno nella friggitoria del vecchio Hogan.
Infatti sia io che Ron continuavamo a lavorare di pomeriggio e di sera. Quando rincasavamo andavamo quasi subito a letto, spegnevamo le abat-jour sul nostro comodino, ci dicevamo "buonanotte" in tono indifferente, ci davamo la schiena a vicenda e cominciavamo a ronfare. Un bellissimo matrimonio.
Inutile dire che il matrimonio tra mia cugina Liviana e Jason funzionava a meraviglia. Avevano due bellissimi figli e questo li aveva uniti, mentre per me e Ron era stato anche nostro figlio, tra le altre cose, a dividerci. Ci spartivamo il suo amore e non ce ne serviva altro. O almeno, fingevamo che fosse così.
Comunque, Jason e Livy, oltre ad essere follemente innamorati tra loro e per la loro famiglia, erano degli assi anche al lavoro. A me, in quel periodo, capitavano raramente occasioni d'oro come quelle proposte a Jason.
O succose promozioni in stile Liviana. Però mi faceva ridere pensare a mia cugina mentre andava su e giù in volante a bacchettare la popolazione di Sunset Valley. Proprio lei! Non avevo la minima idea di come potesse piacerle quel lavoro, eppure sembrava proprio il suo.
Poco dopo l'inizio della scuola, le maestre si erano accorte della vivacità di Valerio. Dicevano che non era molto portato per lo studio teorico: era meglio risvegliare la sua curiosità in altri modi, e premiare i suoi sforzi non coi voti ma con occasioni rare.
Sebbene non fosse mai stato uno sportivone, sicuramente una partita di calcio allo stadio e gratis avrebbe stimolato il suo miglior lato di bambino, quello per il quale era capace di emozionarsi e stupirsi davanti alle novità.
Fortunatamente Tristan e Valerio erano stati messi nella stessa sezione, così erano compagni di classe ed avevano gli stessi compiti, e potevano aiutarsi l'un l'altro. Ma mentre Tristan, anche davanti a cose nuove e difficili, era più paziente e non si dava per vinto, Valerio tendeva ad innervosirsi e spesso minacciava di gettare la spugna a metà compiti.
Valerio: "Ma insomma, cosa ne so io di queste moltiplicazioni? Non mi piacciono e non mi interessano! Io voglio cominciare a fare informatica!"
Jason: "Informatica comincerà nel secondo quadrimestre. E poi non puoi pretendere di capire l'informatica se prima non fai matematica, quindi impegnati con quelle moltiplicazioni, o ti do in testa la chiave inglese che ho in mano, intesi?"
Diciamo che gli argomenti di Jason erano abbastanza convincenti, anche se non li avrebbe mai messi in pratica :P
A udienze avevo conosciuto la maestra di italiano dei bambini, che stava organizzando una vendita di dolci interna alla scuola, ma non tutte le mamme potevano contribuire con qualcosa. Io l'avevo già vista qualche volta in friggitoria, e anche lei doveva essersi ricordata di me, perché mi chiese se potessi preparare io qualche vassoio di biscotti, dato che ero cuoca. Per me fu un'enorme soddisfazione accettare.
Dato che era un progetto mensile, ogni mese le avrei fornito cinque vassoi di biscotti. Per me l'affare era fatto.
Dopo la prima sfornata di biscotti, la maestra di mio figlio rimase così impressionata dalla mia bravura (sue testuali parole) che aveva parlato col mio capo, che era un suo parente di qualche grado, e l'aveva convinto del fatto che il mio talento fosse sprecato nella mansione di semplice affettatrice di verdure (ancora una volta, parole testuali).
Venni così promossa. Certo, il mio nuovo incarico forse non era quello sperato dalla maestra di mio figlio, ma mi portava qualche soldo in più, e già questo bastava come soddisfazione personale.
Anche Ron continuava con la gavetta, nonostante la sua presunta bravura (io non avevo la minima idea di come suonasse, non avevo intenzione di ascoltarlo, quello che sapevo di lui erano voci). Ma a lui non importava: secondo la sua visione delle cose, ogni passo in avanti era un passo verso l'essere effettivamente riconosciuto come musicista. I fan ce li aveva già: ora bastava che fossero i suoi superiori ad accorgersi di lui.
Ma il giorno dopo, cambiò idea. Tornò a casa dopo un'accesa discussione con un suo superiore, e sbraitò qualcosa sul fatto che l'ambiente della musica pop e rock facevano schifo, quello a cui tutti puntavano erano solo vendite che non scendessero sotto sei zeri, e che nella musica non c'era mai nulla di ispirato o di vero, tutto era una volgare massificazione della "melodia cretina che ti entra in testa da quando suona la radiosveglia", la canzone scioccamente ritenuta "bella" era tale perché facile da ricordare e da canticchiare. E giù per qualche ora con questo tono. Io sinceramente non lo ascoltavo nemmeno più (come se avessi mai avuto intenzione di farlo).
Ma le orecchie mi si drizzarono e fui obbligata mio malgrado ad ascoltare, quando lo sentii dire a Jason: "Lascio stare la musica moderna: è tutto uno schifo. Voglio scrivere musica vera, di quella che mette i brividi. Solo un tipo di musica sa ancora farlo: le colonne sonore. Ho scelto: cambio rotta, voglio diventare compositore cinematografico".
Così mi sentii in dovere di dire la mia, per la prima volta dopo anni: "Tu sei tutto scemo. Come pensi che camperai scrivendo la musica per i film? Non è così facile farne una professione!"
Presi uno straccio e cominciai a pulire il pasticcio che aveva lasciato in terra Ron mentre stava facendo la sua suriata sulla musica pop: aveva rovesciato in terra tutta l'acqua sporca dei piatti non lavati che c'erano nel lavandino.
Abigail: "Tu pensi a coglionate come scrivere stupide colonne sonore di stupidi film che costano troppo per essere visti al cinema e per essere comperati in DVD, mentre io mi spezzo la schiena nella cucina di una friggitoria, torno a casa stanca morta e puzzolente di fritto e mi tocca pure pulire per terra per rimediare ai casini che TU combini mentre disquisisci sul senso della musica e cazzate varie. ADESSO MI HAI PROPRIO ROTTO LE PALLE!"
Ron: "Sì, va bene cara, ma adesso SPOSTATI CHE DEVO PASSARE, ALTRIMENTI LASCIO LE IMPRONTE PER TERRA! E se proprio ti da fastidio pulire lo faccio io, nessuno ti ha chiesto di farlo".
A quel punto non ci vidi più.
Abigail: "Ma prego accomodati pure, quello che ha sempre fatto tutto in casa, certo! Quello che NON va ogni mattina al parco a suonare con una cazzo di chitarra, quello che è SEMPRE stato a casa per il bene della famiglia, quello che ha portato in grembo un figlio per nove mesi e che si è SEMPRE svegliato di notte per dargli da mangiare e che non se ne va in giro con CERTE idee sulla musica, tanto quello che conta non è guadagnare qualcosa da mettere via per suo figlio, l'importante nella musica è SOLO scriverla con sentimento, chissenefrega se vende o meno! CERTO MIO CARO, HAI TUTTE LE CARTE IN REGOLA PER POTERTI LAMENTARE!!!"
Ron: "Ma che cazzo stai dicendo Abigail, ma ti rendi conto? TU SEI ESAURITA!"
E così cominciò la lite del secolo, una di quelle che fanno più danni che altro poiché si dice ciò che si è sempre pensato ma che non si dovrebbe MAI dire, una di quelle in cui tutte le sofferenze represse e inespresse vengono a galla portandosi appresso pesanti accuse, quelle delle quali non si viene a capo perché non hanno altre finalità se non l'accusa stessa, quelle che non vogliono risolvere i problemi ma solo offendere l'avversario.
Io accusavo Ron, Ron accusava me, e nulla a questo punto avrebbe più salvato il nostro matrimonio. Per quanto mi riguardava, potevo buttare la fede nuziale nella spazzatura.
Da quel momento non ci guardammo veramente più. Ed era la cosa migliore da fare: se solo i nostri sguardi si fossero incrociati, ci saremmo fulminati a vicenda, e a quel punto non saremmo sicuramente riusciti a tenere le bocche chiuse. Per il bene dei bambini, ma anche per la nostra dignità, era meglio che non ricominciassimo con vuote accuse e che tenessimo a freno la lingua.
E naturalmente Ron si tenne alla larga dal nostro letto, decidendo di dormire sul divano. Saggia decisione, altrimenti l'avrei costretto io a farlo con un calcio nel sedere.
Il mattino dopo la tensione a casa era alle stelle, l'atmosfera era irrespirabile. Anche i bambini, che naturalmente ci avevano sentiti, non osarono profferir parola a colazione. Poveri tesori, loro che non avevano nessuna colpa erano maggiormente vittime della situazione! Era questa l'unica cosa che mi dispiaceva. Per il resto, non mi sarei rimangiata nessuna delle mie parole.
Io ero uscita a far la spesa in lacrime prima che Ron si svegliasse. Così Liviana approfittò della mia assenza per parlare con lui.
Ron: "Livy, che cosa c'è che non va in me? Perché mia moglie mi odia tanto?"
Liviana: "Non ne ho la più pallida idea, e al pensiero di ciò che vi sta capitando il mio cuore muore"
Ron: "Dovrò trovarmi un'altra casa"
Liviana: "Non se ne parla proprio! Questa è anche casa tua, mia cugina dovrà passare sul mio cadavere prima di cacciarti! Io non lo permetterò. E ricorda che puoi contare su di me, per qualsiasi cosa ti serva. Vedrai, assieme risolveremo questo casino"
Ron: "Quanto mi piacerebbe che ciò che dici sia vero!"
Era vero. Mia cugina non poteva fare proprio niente.
Ad ogni modo tutti cercavano di restare alla larga da casa: era come se fossimo diventati improvvisamente claustrofobici, e le pareti ci soffocassero. Io me ne rimasi tutto il giorno fuori a fare compere, Ron al parco, i bambini a scuola e in biblioteca, e Livy e Jason nel nostro orticello.
Nessuno voleva rimettere piede in una casa nella quale tra le mura riecheggiavano ancora le urla e gli insulti volati tra me e Ron.
La sera era il momento peggiore della giornata. Se non volevamo dormire sotto le stelle, eravamo costretti a rientrare e respirare l'aria impregnata di veleno. E così anche il giorno dopo fuggimmo tutti dalle mura domestiche, e lo stesso capitò nei giorni seguenti. Nessuno voleva morire soffocato.
Incoraggiavamo i bambini a stare dai loro compagni di classe quanto più possibile, a volte ce li mandavamo anche a dormire. Era meglio così, piuttosto che farli rimanere in una casa così piena d'odio.
Il sabato pomeriggio, Valerio approfittava dei biglietti gratis per le partite.
E Tristan rimaneva al parco a pescare.
Tra tutti i pesci che era riuscito a pescare, volle tenerne uno da mettere in una boccia sul suo comodino, forse lo vedeva come un "amichetto" che lo aiutava a sopportare meglio il clima domestico.
(N.d.A.: il nome della ciprinide non l'ho scelto io, è stato generato a caso dal gioco. Di solito cambio i nomi dei pesci, ma il fatto che questa ciprinide fosse stata rinominata con un nome così umano mi ha fatto tenerezza e ho voluto lasciarglielo :))
Liviana nel frattempo aveva portato a termine le ricerche cominciate anni prima per la facoltà di Scienze, e di buon grado andò a mostrare i risultati ai colleghi di Jason quando le si presentò l'occasione.
Anche Ron accettò incarichi gravosi per tenersi il più possibile lontano da casa, praticamente dalla mattina alla sera.
Pian piano la tensione calò, le deboli eco del nostro litigio andarono scemando e scomparendo, le accuse che ci eravamo rivolti cominciavano a svuotarsi del loro significato e le ferite iniziarono a cicatrizzarsi. Naturalmente ci vollero dei mesi affinché questo capitasse, ma pian piano tornammo tutti a vivere nella nostra casa. L'atmosfera non tornò quella di prima, ma ora l'ambiente famigliare era di nuovo vivibile.
Finché una sera non vidi una cosa che mi avrebbe fatto cambiare per sempre la mia prospettiva. In realtà era una cosa da niente, un gesto comune, una cosa talmente normale che non so nemmeno perché mi colpì. O forse mi colpì proprio perché era normale. Una normalità che avrei dovuto vivere anch'io, ma che avevo sempre rifiutato.
Stavo per andare al bistrot per consegnare del cibo da parte della friggitoria, quando vidi Liviana e Jason scambiarsi un bacio. Appunto, una cosa normale. Ciò che mi colpì non fu il bacio in sé, ma i loro sguardi, i loro gesti, la loro tenerezza. Dopo anni di matrimonio, ancora si guardavano comme due innamorati al primo appuntamento, e non mancavano mai di ritagliarsi uno spazio di intimità tutto per loro nonostante due figli e un lavoro.
Quella cosa mi aprì completamente gli occhi. Fu una pugnalata dritta al cuore, che però non mi uccise, mi fece anzi capire che in realtà tutto quello che avevo sempre odiato nel mio matrimonio non aveva alcun senso. Mi fece male perché mi fece capire che la felicità io l'avevo sempre avuta a portata di mano, ma non l'avevo mai intuito. L'avevo cercata in cose impossibili e rifiutata quando in realtà sarebbe stata così facile da avere.
Basta poco per conservare l'amore. Una carezza, un bacio, una coccola, una parola gentile. Senza fare nessun altro sforzo. E io non l'avevo mai capito. In quel momento mi sentii la peggiore persona del mondo.
Avevo accusato Ron di ciò che aveva sempre fatto, cioè, nella fattispecie, essere stato un bravo marito che sopportava sempre le paturnie della moglie, e un bravo lavoratore che aveva a cuore il suo lavoro. Nonché un magnifico padre che aveva sempre avuto cura di suo figlio. Potrò mai perdonarmi di averlo accusato del contrario?
Mi ci volle una frazione di secondo per realizzare tutto ciò: Jason e Liviana non si erano ancora staccati del tutto, quando io seppi improvvisamente cosa fare. Avrei dovuto aspettare un paio di ore al massimo, ma avrei atteso con pazienza e non mi sarei tirata indietro.
Quando Ron tornò a casa dal lavoro, molto tardi come al solito, sia i bambini che mia cugina e suo marito erano già a dormire. Avrei dovuto essere anch'io nel mio letto, come al solito, ma non quella volta. Quando Ron rincasò, mi trovò seduta sul divano, quello che era diventato il suo giaciglio.
Non fece nemmeno in tempo a guardarmi e a stupirsi nel vedermi ancora alzata, che io mi fiondai di fronte a lui e dissi solo: "Ron, mi dispiace. In realtà io ti amo. Voglio ancora essere tua moglie e voglio che il nostro sia un matrimonio felice. Possiamo ancora farlo, siamo ancora in tempo".
Ron non rispose. Non a parole, per lo meno, ma la sua risposta valse più di mille parole.
Ron: "Non hai idea di quanto io abbia aspettato che tu finalmente me lo dicessi, che ti rendessi conto che potevamo farcela, che ti rendessi conto che IO volevo che ce la facessimo"
Abigail: "Potrai mai perdonarmi?"
Ron: "Ora hai capito tutto, quindi non c'è nulla da perdonare"
E in quel momento la felicità mi venne offerta come sempre, facile e sicura. Anziché rifiutarla, questa volta l'afferrai.
Ovviamente non andai a portare il cibo preparato dalla friggitoria per il bistrot.
Quella sera fui occupata a fare altro, e del bistrot non me ne poteva fregar di meno.
Fu una cosa indescrivibile. Quasi mi vergogno a dirlo, ma erano passati anni dall'ultima volta, e mi ero completamente dimenticata di ciò che si provava. Era come se fossi tornata vergine di colpo, perché quella fu la prima volta della nostra nuova vita.
Sentire la sua pelle calda aderente alla mia, il guizzare dei suoi muscoli sul mio addome, il contrarsi di quelli delle braccia sotto le mie mani, braccia nelle quali sentivo l'impulso irrestistibile di affondare le unghie, il suo collo che diventava un richiamo istintivo nel quale affondare i denti. Una pazza frenesia incontrollabile, un perdere il senso del tempo e della realtà, un estraniarsi dal tutto, un vanificarsi di qualsiasi altra percezione. Tutto diventa vacuo, l'autocoscienza si riduce ad un livello minimo. C'è solo l'istinto. Sentire i propri gemiti e le proprie urla come se provenissero da fuori, lontani, e il non farci caso, in quel momento non ha proprio alcuna importanza.
Anche questa è la voce dell'universo, e talvolta canta attraverso di noi in questo modo.
La mattina dopo, Liviana aspettò che Ron uscisse dalla nostra camera. Sembrava che stesse aspettando apposta. E quindi si fiondò dentro, e con tono a metà tra il divertito e lo stupito mi disse: "Avete fatto pace?!". La sua non era del tutto una domanda, ma nemmeno un'affermazione.
Arrossii violentemente: "Si è sentito, eh?"
E anche se non si fosse sentito, credo che si sarebbe indovinato comunque: nella stanza c'era un'esplosione di abiti, coperte e lenzuola non avevano più la minima apparenza di essere tali e i miei capelli andavano in tutte le direzioni.
Liviana: "Dico solo una cosa: per fortuna le stanze dei bambini non sono affianco alla vostra, e per fortuna oggi è domenica e né io né Jason lavoriamo..."
Ci guardammo per qualche secondo con espressione seria, e poi scoppiammo a ridere, e poi a piangere, abbracciandoci come se avessimo appena scoperto che non saremmo più morte dopo aver aspettato per anni la pena capitale.
Sciogliemmo il nostro abbraccio quando Ron tornò in camera, con l'espressione e l'aspetto di uno che non aveva alcuna voglia di vestirsi e cominciare la propria giornata. Liviana si affrettò ad uscire e, facendomi l'occhiolino, richiuse dietro di sé la porta della mia camera.
Ron ed io passammo tutto il mattino a coccolarci e baciarci nel letto, senza dire quasi niente. Non serviva, parlare in quel momento era del tutto superficiale.
Liviana e Jason invece ripresero le loro tipiche attività domenicali. Liviana si occupò della loro bambina prima che si svegliassero Tristan e Valerio.
Poi andò a preparare la colazione per Valerio e Tristan, che fortunatamente non davano segno di essersi accorti di nulla. Così fu Jason a occuparsi di Morgana.
I bambini però si guardavano attorno come storditi. Tra una forchettata e l'altra di frittelle di mele Tristan infatti domandò: "Dove sono i miei?"
Liviana: "Sono in camera e stanno... parlando. Sì. Quindi per oggi è meglio lasciarli stare, non credi? Anzi, sai che facciamo? Oggi vi porto in un bellissimo posto che non avete mai visto!"
I bambini dimenticarono di chiedere altro a proposito di me e Ron, finirono la colazione in un boccone e si vestirono in fretta e furia. E' così facile per loro trovare l'entusiasmo!
Così, mentre Jason cominciava a fare delle ricerche per conto della facoltà di Scienze...
... Liviana imboccò con Tristan e Valerio il sentiero che qualche anno prima aveva percorso correndo.
Liviana: "Bambiniiii! Non così in fretta, andate piano!"
E raggiunsero la meravigliosa spiaggia deserta. I tre, travolti dall'entusiasmo di Tristan, cominciarono una gara di pesca, che ci fruttò un'ottima cenetta.
Quella sera, i bambini erano così eccitati dal nuovo posto che avevano scoperto, che non parlarono di altro, anche durante il dolce. E per la prima volta presero in considerazione anche Morgana.
Valerio: "Non vedo l'ora che mia sorella sappia camminare, così potremo portare anche lei alla spiaggetta"
Tristan: "E io le insegno a pescare, così poi facciamo le gare con lei!"
Valerio: "Spero che all'asilo anche a lei diano una bici, così andremo in spiaggia a cavallo!"
Ogni giorno al lavoro ricevevo sempre più compiti, ed anche Ron aveva una grande quantità di mansioni da svolgere oltre al normale orario lavorativo, così, dopo la nostra nottata di fuoco e la mattinata di dolcezze, non avemmo tempo per parlare. Naturale: ci eravamo assunti così tante responsabilità pur di non incrociarci per casa che ci avremmo messo un po' di tempo prima di smaltire tutto.
Il mercoledì della settimana successiva, Ron aveva la giornata libera, così ne approfittò per studiare il manuale per andare a caccia di talenti. Quando quella sera tornai dal mio turno di lavoro, lo trovai ancora seduto a leggere, mentre il resto della famiglia si preparava per andare a letto.
Abigail: "Ron, ti va di andare a fare una passeggiata? Dobbiamo parlare"
Ron: "A dire il vero sono io che ti voglio parlare"
Telefonammo ad un taxi, che ci venne a prendere poco dopo e, mano nella mano, silenziosi come due fidanzatini che passeggiano al chiaro di luna, giungemmo alla cascata sopra la città.
Abigail: "Allora, cosa volevi dirmi?"
Ron: "Amore, io non ti voglio più perdere. Ti amo troppo per riuscire a sopportare ancora la tua lontananza. Io farò di tutto pur di veder risplendere il tuo sorriso, d'ora in poi. Qualsiasi cosa"
Abigail: "Oh, tesoro, non sai quanto mi dispiace di essere stata così capricciosa. Non credere però che per me non sia stato un inferno"
In quel momento una forza misteriosa ci attirò vicini l'un l'altra. E mentre lui posò le sue labbra sulle mie, in testa mi esplose una voce, un canto che mi travolse. Era la voce della cascata. La sentii per la prima volta in quel frangente. Ed era bellissima. Era come un diapason che dava il La allo strumento più bello del mondo, formato dal corpo mio e di Ron insieme.
Io ero parte di Ron, ero parte della Natura, ed essa era in Noi, Noi riflettevamo la sua immagine. E la voce della cascata in quel momento era la nostra voce, parlava al nostro posto, ma diceva tutto ciò che noi non avremmo detto attraverso le nostre gole.
La voce dell'Universo cantava attraverso di Noi.
Abigail: "Mai più capricci. Te lo giuro"
La voce della cascata aumentò di volume.
Ron: "Amore mio, non hai la minima idea di quanto tu sia bella, baciata dalla luce della luna"
E la cascata continuava a cantare.
Le mie accuse verso di lui e della sua passione per la musica non avevano più alcun senso. Come avrei potuto continuare ad odiare la musica, quando Ron incarnava la voce dell'Universo attraverso la sua chitarra? Quella voce che io stessa stavo udendo!
Impegni o meno, avremmo continuato ad essere uniti. Se ce la faceva Liviana, come avrei potuto non riuscirci io?
Naturalmente il mio buonumore si ripercuoteva sul mio lavoro.
Le ricerche di Jason lo portarono alle piante carnivore. Eccitato ma al contempo spaventato dalle sue nuove responsabilità, trovai l'umore per fare una battuta: "Stai tranquillo, se vedi che alla pianta comincia a venire l'acquolina in bocca, inventerò una ricetta per servirla ai clienti della friggitoria" :P
Jason non solo doveva occuparsi delle piante carnivore, ma anche di un importante finanziatore della facoltà di Scienze, il famoso sig. Wolff.
Ron passò l'esame per scopritori di talenti, quello per cui stava studiando la sera della cascata, sebbene fosse ancora lontano dall'ambiente dei compositori cinematografici.
In tutto ciò, la piccola Morgana stava crescendo a vista d'occhio. E io ultimamente ero stata così presa dai miei infondati problemi che mi ero persa quasi tutta la sua prima fase di vita.
Ma ora per lei ne cominciava un'altra: stava compiendo i suoi cinque anni! Liviana non sembrava granché contenta del fatto che sua figlia, la piccola di casa, stesse crescendo tanto velocemente :P
Però diventò una slendida signorina, e di questo fu estremamente felice. Non so però quanto lo fosse suo padre Jason, ora che cominciava ad intravvedere le potenzialità della figlia. Si stava già agitando per quando sarebbe stata un'adolescente, e in segreto covava il desiderio di far sbranare certi mosconi che le sarebbero ronzati intorno dalle sue piante carnivore.
Il più felice di tutti del fatto che Morgana fosse cresciuta era mio figlio Tristan. In lei vedeva ora una valida compagna di giochi, e mai più l'avrebbe esclusa dai suoi giochi.
Il tempo scorreva velocemente, più di quanto mi aspettassi. Ma finalmente riuscii a diventare ciò a cui puntavo da tempo: una vera cuoca. Finalmente anch'io ero entrata in quella cerchia di dipendenti della friggitoria che cucinava per davvero.
Purtroppo, per Jason le cose non andarono troppo bene in campo lavorativo. Era così preso dalle sue piante che aveva trascurato gli altri progetti.
Però, vedendo che era veramente attratto dal ramo delle piante carnivore, e sapendo che di piante se ne intendeva eccome, il suo superiore decise di riporre ancora fiducia in lui e di lasciarlo lavorare con esse.
In un battibaleno, un nuovo anno scolastico era alle porte, e ora anche Morgana avrebbe cominciato le elementari. Ne era così entusiasta! E non voleva assolutamente fare una brutta figura di fronte ai suoi nuovi compagni di classe, così stressò la madre finché, qualche giorno prima l'inizio della scuola, riuscì a convincerla a farsi portare dal parrucchiere per farsi un'acconciatura "da grande".
Il primo giorno di scuola Tristan prese le sue difese, e come un cane da guardia la scortò durante tutto il tragitto da casa fino all'aula della sua classe. Perfino in autobus non la perse di vista.
Per stimolare Valerio nello studio, ora che anche sua sorella frequentava la stessa scuola elementare, le maestre decisero di affidare ai due fratelli il compito di svolgere una ricerca insieme.
Ciò che mancava a Tristan, invece, era un po' di sano e vecchio lavoro manuale. Andava bene essere geni in matematica e scienze, ma bisognava anche abituarsi ad usare un po' di olio di gomito.
Io continuavo la mia collaborazione come fornitrice mensile di biscotti.
E grazie ad anni di allenamento, più un lavoro che ora mi permetteva di cucinare veramente, i miei biscotti diventavano sempre più squisiti, al punto che i bambini quasi si lamentavano quando vedevano i vassoi destinati alla scuola, ai quali non potevano avvicinarsi.
La cosa più strana che mi capitò, però, fu quando il signor Hogan mi chiese di portare a mangiare da lui qualche conoscente. Forse voleva farsi pubblicità col buon vecchio metodo del passaparola.
Tristan pescava pesci sempre più belli, e non era raro per la mia famiglia trovare un bel pesce a cena, cucinato sempre in maniera diversa. L'unico pesce al quale non mi era consentito di avvicinarmi era Gianfranco :P
Anche Morgana, a quanto pare, aveva trovato la propria strada. A lei piaceva da matti dipingere. Certo, era ancora una bambina e i suoi disegni non erano proprio da galleria d'arte, ma in futuro me la immaginavo come una avvenente pittrice. Chissà.
Spesso i bambini andavano in biblioteca a fare i compiti, però l'amicizia tra Valerio e Tristan cominciava a sgretolarsi. Da quando Morgana era entrata a fare parte del trio, Valerio si sentiva un po' escluso dall'affetto e dalle attenzioni di Tristano, che ora si occupava gelosamente di Morgana.
Io mi godevo le belle giornate di sole, leggendo ricettari come "Le 1000 e una ricette a base di pesce" e "Il pesce dalla A alla Z: tutte le ricette coi pesci di acqua dolce e salata".
A volte mi facevo raggiungere da una mia collega al parco, e parlavamo di ricette per ore senza stancarci, prima di cominciare il nostro turno in friggitoria.
Fu in quel periodo che a Ron si aprirono le porte per il suo sogno. Finalmente aveva trovato una strada che lo avrebbe condotto a diventare compositore cinematografico, anche se avrebbe dovuto fare un altro po' di gavetta.
Professionalmente, si allontanò dal mondo della musica pop e rock per entrare nell'ambiente di quella classica e sinfonica.
Liviana diventò invece nientemento che tenente!
E in casa arrivò la nostra prima auto, un bene che finora non ci eravamo potuti permettere. Purtroppo però Liviana ci vietò severamente di usare la sua autopattuglia. Peccato, mi sarebbe piaciuto andare alla friggitoria con un'auto della polizia, chissà come avrebbero reagito clienti e colleghi :P
In qualità di tenente, la prima cosa che Liviana fece fu andare a casa di un certo signor Frio, che pareva che col fratello coltivasse strane piante nel suo giardino.
(N.d.A.: io questo Frio lo odio >__< Tempo fa aveva rifiutato di sposare una mia simma, quindi ora lo bastonerò quanto meglio posso!)
Non trovò nulla e ne rimase delusa, ma non troppo, quando si accorse che il signor Frio aveva un figlio adolescente che sarebbe cresciuto quasi sicuramente come un teppistello qualora il padre fosse finito al fresco.
Ma qualcosa di strano i signori Frio ce l'avevano sicuramente, li avrebbe tenuti d'occhio.
Fu quando Liviana era ancora dai Frio che dovetti telefonarle. In friggirotia, a causa di un mio sbadatissimo collega, si stava allagando tutta la cucina. Non c'era alcun idraulico libero in zona, e dovetti telefonare a mia cugina per aiutarci ad aggiustare le tubature.
La cosa accadde quella stessa sera. Liviana ed io eravamo già al dolce ed i bambini erano già in pigiama per andare a letto. Ron aveva un'aria stanca, quasi strana. Gli chiesi se volesse una fetta di torta. Mi rispose con un "No, grazie" e si oscurò alla mia vista, andando a guardare il telegiornale.
Alzai le spalle e continuai a mangiare la torta con Liviana e i bambini.
Poi andai a letto. Ron mi disse che non aveva sonno, che mi avrebbe raggiunta più tardi. Non vi badai. E poi anche Liviana, messi i bambini a letto, si infilò sotto le coperte accanto a Jason, e presto cominciammo tutti a russare. Quando Ron fu sicuro del fatto che tutta la sua famiglia fosse immersa ne sogni, ricominciò a fare una cosa che mai avrei immaginato che potesse fare di nuovo.
Si sedette al pc e pian piano, con molta prudenza, cominciò a studiare un modo per rubare i soldi alla banca mandandone in tilt i server. Aveva ricominciato a fare l'hacker.
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Ho un paio di cose tecniche da domandarvi, due azioni che ancora non sono riuscita a capire come funzionano, non trovo le opzioni:
1) come si fa a fare i pic-nic?
2) come si fa a suonare la chitarra con la custodia a terra per le mance?
Grazie a tutti quelli che mi risponderanno! Si vede proprio che sto giocando poco a TS3 e che soprattutto sto sperimentando poco ^_^'''
Spero che il capitolo non sia risultato troppo lungo e pedante!
Ah, piccola domandina: con cosa volete che aggiorni la prossima volta? Perché potrebbe passare un po' di tempo, quindi sceglete voi: siete più curiosi di sapere le novità della Queen o della Crystal? EDIT: avete tempo per dirmelo fino a venerdì 26/02 ore 18:00.
Bacioni a tutti!