Draco Malfoy sedeva ad un’estremità del tavolo da pranzo in mogano lungo una decina di metri. La grossa pila di pergamene che gli giaceva davanti pareva prendersi gioco di lui, mentre firmava l’ultimo foglio con le circonvoluzioni della sua penna d’oca. Fissò incredulo il titolo: Istanza di scioglimento di Matrimonio. Non riusciva a credere che la situazione fosse arrivata a questo punto. Pansy era stata la sua migliore amica, la sua confidente… sua moglie. Come aveva potuto fargli questo? Le aveva offerto tutto e negato nulla. Per otto anni ogni cosa s’era svolta secondo i piani. Erano stati felici, no?
Poco dopo la guerra, Draco aveva realizzato che gli serviva un erede. Pansy, la sua più cara amica, certamente aveva bisogno di migliorare il proprio status nel mondo magico del dopoguerra. Persino dopo che il Ministero della Magia ebbe preteso da Draco un’ingente tassa di successione, lui rimase uno dei più ricchi maghi di tutta la Gran Bretagna. Partecipò di sua spontanea volontà ad ogni comitato istituito dal Ministero per sostenere e rimborsare le vittime dei crimini compiuti dai Mangiamorte. Più d’ogni altra cosa, Draco intendeva restituire lustro e onore al casato dei Malfoy. Il suo erede non era ancora nato, ma non importava. Certe cose richiedevano tempo. Per costruire un impero occorreva un buon piano. Certo lui era palesemente omosessuale, ma questa era una faccenda secondaria. Pansy lo sapeva e non le importava. Anzi, trovava che il piano fosse brillante. Si sarebbero sposati. Lei sarebbe diventata la padrona del Maniero, avrebbe avuto completo accesso ai milioni dei Malfoy e in cambio avrebbe dato alla luce il figlio di lui. Davanti al mondo magico la loro sarebbe stata una famiglia onorata e avrebbe conquistato buone alleanze. Era un piano a prova di imbecille, e loro lo erano.
Draco fece le cose in grande per il corteggiamento e il fidanzamento. L’anello era una pacchiana reliquia di famiglia visibile a chilometri di distanza. Il matrimonio fu considerato il più grosso evento mondano del 1999. Come luna di miele, passarono due mesi in Europa. E poi, un anno e mezzo più tardi, nacque Orion.
Orion Draconis Malfoy era un bambino splendido per gli standard di chiunque. Aveva i capelli biondi e l’incarnato pallido dei Malfoy, ma i suoi tratti erano addolciti dal sangue Parkinson. Aveva occhi di un blu profondo, quasi violetto sotto certe luci. E soprattutto era l’orgoglio e la gioia di Draco. Orion gli apparteneva. Pansy era una madre amorevole, ma in un certo qual modo distaccata. Avevano un’ottima tata e diversi elfi domestici che contribuivano ad allevare il bambino. Draco era profondamente coinvolto, e ovviamente si occupava da solo di tutte le questioni riguardanti il benessere e la salute di Orion.
Per otto anni il piano s’era svolto senza intoppi. Il nome dei Malfoy stava tornando agli antichi fasti. Orion era un delizioso e un po’ viziato bambino di sei anni che faceva da mascotte per tutta l’alta società magica.
Pansy e Draco avevano entrambi trovato conforto tra le braccia di uomini affascinanti e discreti. Insieme vivevano felici. Spesso cenavano in famiglia. Facevano vita di società come coppia. Davano feste al Maniero. Disponendo di una proprietà tanto vasta, le loro camere da letto separate non destavano alcun sospetto.
Draco non riusciva a credere che a ventott’anni avrebbe dovuto ricominciare da zero. Beh, non proprio da zero: aveva Orion.
“Quello stronzo figlio di puttana di un giocatore italiano di Quidditch!” abbaiò Draco in direzione della pila di pergamene. Draco non riusciva neanche a ricordare il cognome dello sciacallo, c’erano un sacco di C e di L con una I finale.
Tutto il casino era cominciato un anno prima, quando Zabini aveva sposato una giovane strega italiana. Blaise era uno dei suoi migliori amici e Pansy aveva subito fatto amicizia con la nuova moglie di lui, Isabella. I Zabini erano gli unici che conoscessero la vera natura del matrimonio di Draco e Pansy. Presto le due mogli partirono per un weekend di shopping e Quidditch in Italia. Pansy non era mai stata una fan del Quidditch, perciò Draco non s’era affatto stupito nello scoprire che Isabella aveva organizzato un incontro tra Pansy e un suo amico, un giocatore della nazionale italiana. Draco si convinse che era solo una fase. Per diversi mesi, vide pochissimo sua moglie.
Poi, un mese prima, Pansy gli si era presentata davanti dicendo che era finita. Draco non riusciva a crederci. Doveva aver perso la testa! La accusò di cose orribili e Pansy ribatté con altrettanti insulti. Le disse che il Maniero e Orion restavano a lui e che lei li avrebbe avuti solo passando sul suo cadavere. Fu una lite epica. Draco pensava che le minacce l’avrebbero spinta a ripensarci e a restare. Fu scioccato nello scoprire che si sbagliava. Lei acconsentì a cedergli la piena custodia del figlio e non volle portar via nulla dal Maniero, accontentandosi di un sostanzioso accordo economico e del diritto di vedere Orion. Draco non avrebbe mai e poi mai abbandonato suo figlio. Era sempre stato sicuro che Pansy fosse come lui, da questo punto di vista. Lo rattristò scoprire che s’era sbagliato.
Mentre sedeva fissando la pila di pergamene che rappresentavano gli ultimi dieci anni della sua vita, Draco divenne furibondo e iniziò a riflettere. Dava il meglio di sé, quando s’arrabbiava. Gli serviva un nuovo piano che assicurasse i dovuti onori a Orion e rimpinzasse i forzieri dei Malfoy. Aveva passato l’ultimo paio d’anni a conquistare una licenza da Spezzaincantesimi. Era partito tutto come un semplice hobby che lo tenesse occupato tra le riunioni dei vari comitati. Forse ora avrebbe potuto sfruttare la cosa. Poteva iniziare un business tutto suo, uno d’altissimo livello. Gli sarebbe servito qualcun altro, qualcuno che avesse esperienza, ma senza il marchio del Mangiamorte. Draco si diresse nel suo studio e iniziò a buttar giù qualche nota. Un’impresa simile richiedeva un’accurata pianificazione. Mandò via gufo al suo avvocato una copia delle carte del divorzio e una lettera in cui richiedeva una lista di possibili candidati da assumere. Draco pensava ad alcuni dei maghi e delle streghe più validi della Gringotts o del Ministero. Sì, ci sarebbe voluta una pianificazione accurata in modo maniacale..
Fu solo due giorni dopo che Draco realizzò quanta importanza avrebbe avuto il suo nuovo piano. Su tutte le pagine mondane del Daily Prophet era spiattellata la notizia del divorzio e la versione di Pansy. Descriveva molto dettagliatamente quanto piacessero a Draco gli uomini e diverse altre faccende, tra cui il suo bisogno di tirarsi fuori da quella farsa di matrimonio per trasferirsi in Italia con Fabrizio Cuccalari.
“Troia del cazzo!” Draco si guardò attorno e constatò con sollievo che Orion non era ancora sceso per colazione. Doveva fare attenzione al linguaggio che usava davanti al suo bambino, soprattutto in merito a sua madre, anche se la megera lo aveva svenduto mettendo in pericolo il futuro del suo stesso figlio. L’unica cosa a cui Draco riusciva a pensare era che s’era sbagliato su di lei, sbagliato di grosso. Ma pazienza: aveva Orion e la bozza di un nuovo brillante piano.
Quando i gufi arrivarono in tarda mattinata, replicò meticolosamente “No comment” in risposta a ciascuno di essi.
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La settimana seguente, Draco si recò all’Ufficio Affari Aziendali del Ministero per controllare che fine avesse fatto la sua domanda per ottenere la licenza di Investigatore Indipendente. Sembrava esserci un intoppo, per cui decise di passare all’ufficio di Hermione Granger - no, Granger-Weasley, si corresse. Come diretta consigliera del Ministro, lei era ai vertici della catena alimentare. Sicuramente Potter l’aveva appositamente messa in quella posizione, ma il duro lavoro e l’autentica ingenuità di Hermione le avevano guadagnato rispetto sia dentro che fuori gli uffici ministeriali. Aveva gestito la ricostruzione del dopoguerra per diversi anni, ma ora era un cane sciolto e, soprattutto, era un’amica di Draco.
Draco s’era sottratto ai ranghi del Signore Oscuro e aveva cercato rifugio presso l’Ordine della Fenice durante gli ultimi otto mesi del conflitto. Nonostante i forti sospetti sul suo conto, fu portato al numero 12 di Grimmauld Place e aveva vuotato completamente il sacco sui Mangiamorte. Col tempo - e sorprendentemente - era stata Granger l’unica del Trio dei Miracoli a legare davvero con lui. Draco l’aiutava con le sue ricerche, e la sua conoscenza delle Arti Oscure era risultata preziosa per la squadra. Le aveva salvato la pelle in più d’un’occasione ed entrambi erano riusciti a fidarsi e a rispettarsi l’un l’altra. Potter e Weasley avevano deposto le bacchette e deciso di tollerarlo, o forse era Draco a tollerare loro, e tutto grazie ad Hermione. Negli anni successivi alla guerra, Hermione e Draco avevano partecipato assieme a diversi comitati e si erano ritrovati in un’improbabile amicizia. Avevano perfino presenziato ai relativi matrimoni. Il fatto è che chiedevano davvero le stesse cose al mondo del dopoguerra, scoprendo persino di farsi una piacevole compagnia. Chi l’avrebbe mai detto?
Draco bussò sulla porta aperta e fece capolino nell’ufficio di Hermione. “Ciao. Ti disturbo?”
Alzandosi in piedi per salutarlo, Hermione indicò la sedia libera di fronte alla sua scrivania. “Ehi, ciao, entra. Sono mesi che non ti vedo.”
“Beh, la situazione è stata un po’ complicata,” spiegò Draco con tristezza mettendosi a sedere.
“Già, immagino. Mi dispiace per la faccenda di Pansy…” fece Hermione con sguardo preoccupato. “Ho letto i giornali. Ho provato a bloccare la stampa, ma non ho fatto in tempo. Come stai?”
Draco sospettava da sempre che Hermione conoscesse da tempo le sue preferenze sessuali e la natura del suo matrimonio, ma a suo merito andava detto che non ne aveva mai fatto parola.
“Sto bene,” disse lui con decisione. “Ma sono venuto a chiederti un favore.”
“Certo. Qualunque cosa.”
“Ho fatto domanda per una licenza che pare bloccata agli Affari Aziendali. Spero che tu possa risolvere la faccenda.”
“Sicuro.” disse lei con un sorriso caldo. “E la prossima settimana pranziamo assieme.’
“Dai, sì, facciamolo.” confermò Draco alzandosi per andarsene, tentando di evitare una conversazione seria. “Grazie.”
Lei lo accompagnò alla soglia. “Me ne occuperò immediatamente.”
Era quasi fuori dalla porta quando lei gli mise una mano sulla spalla e disse: “E… Draco, dedicati un po’ a te stesso, okay?”
Draco annuì con un sorriso forzato. Aveva cose ben più importanti a cui dedicarsi.
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Il giorno successivo, Draco decise di prendersi una pausa dalla pianificazione e passare un po’ di tempo con Orion. Sorprendentemente, Orion aveva preso piuttosto bene il trasloco di Pansy. Draco si chiedeva quando avrebbe rivisto la schifosetta per chiarire le cose. Portò Orion a Diagon Alley per fare due passi e un po’ di shopping. Si fermarono a prendere un gelato da Fortebraccio. Guardando Orion che mangiava il suo sundae al triplo caramello, Draco rimase tanto incantato da non accorgersi minimamente degli altri avventori.
“Papi?” chiese Orion guardando un altro tavolo.
“Sì?”
“Quello è Harry Potter?”
Stupito, Draco si voltò a guardare chi stesse fissando Orion. Harry Potter mangiava il gelato assieme a un bambino che poteva solo essere un Weasley, più o meno della stessa età di Orion. Draco non vedeva il Prescelto da almeno un paio d’anni.
“Sì, è lui.” rispose a suo figlio. “E che ne sai tu di Harry Potter?”
“Corintha mi ha raccontato di lui.”
Ah, la tata. Draco sorrise a suo figlio. “Te l’ha detto lei, eh?”
“Mi ha fatto vedere la sua foto sul giornale. Lui ha sconfitto Tu-Sai-Chi.”
“Proprio così.”
“Posso incontrarlo? Corintha ha detto che tu lo conosci.”
E dire che l’avevano tanto raccomandata. “Certo.” Draco avrebbe scambiato due chiacchiere con la tata quella sera stessa.
Orion si alzò in piedi per primo e si diresse verso Potter, seguito da Draco. Potter sollevò lo sguardo e vide Draco. Si scambiarono un breve cenno mentre Orion s’avvicinava al tavolo.
“Ciao,” salutò Orion senza alcuna inibizione. “Tu sei Harry Potter.”
“Sì, sono io. Tu come ti chiami?” chiese Potter con un luccichio infantile nello sguardo.
“Orion Malfoy.” affermò il ragazzino con orgoglio.
“Beh, Orion,” disse Harry, “questo è Charlie Weasley.”
I bambini si scambiarono timidi sorrisi. Draco realizzò in quel momento che si trattava del figlio maggiore di Hermione e Ron. Strano - pensò - che, avendo passato tanto tempo con Hermione alle riunioni ufficiali e ai pranzi di lavoro, non avesse mai conosciuto i suoi figli.
“Ciao, Charlie,” disse Draco tendendo la mano al ragazzino. “Io sono Draco Malfoy. Conosco la tua mamma e il tuo papà.”
“Oh, ho sentito parlare di te.” rispose Charlie stringendo la mano di Draco.
“Hai davvero ucciso Tu-Sai-Chi?” chiese Orion a Potter.
“Orion!” esclamò Draco, rimbrottando il ragazzino per la sua impertinenza.
“E’ tutto a posto.” disse Harry con una scintilla nello sguardo. “L’ho fatto, e tuo padre è stato di grande aiuto.”
Orion alzò un’occhiata adorante verso suo padre, che cercava disperatamente di trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo esasperato.
“Ti va di sederti con noi?” chiese Harry.
Orion annuì e si precipitò a spostare il suo gelato da un tavolo all’altro.
Draco trovava decisamente assurdo starsene seduto accanto a Harry Potter e guardare il Distruttore del Signore Oscuro divorare la più rivoltante mostruosità di sundae. Chiacchierarono del tempo e dei negozi che avevano visitato a Diagon Alley.
Potter guardò Draco e chiese: “Tu non prendi un gelato?”
“Non mi piacciono granché i dolci.” rispose Draco con un pizzico di sdegno.
“Assurdo.” rispose Potter con una risatina, ficcandosi in bocca un’altra gran cucchiaiata di gelato.
Draco credeva che Potter probabilmente avrebbe potuto mangiare sei sundae al giorno e non ingrassare di un etto. Era una ragione in più per detestare il Prescelto, ma in realtà Draco aveva smesso da tempo di odiare Potter. Avevano raggiunto una tregua alla fine della guerra e, anche se non erano mai diventati amici, erano riusciti a farsi compagnia in diverse occasioni mondane.
Potter aveva giocato a Quidditch a livello professionale per diversi anni, ma da allora Draco non riusciva a ricordare l’ultima volta che l’avesse visto.
“Noi ce ne andiamo al parco, se vi va di venire…” suggerì Potter riscuotendo Draco dai suoi pensieri.
Orion sembrava eccitato all’idea, perciò Draco s’incamminò con Potter e il piccolo Weasley al parco giochi magico appena fuori Diagon Alley. Le giostre erano incantate in modo tale che gli scivoli e i tunnel sembrassero il triplo più lunghi di quanto non fossero in realtà. I ragazzini ne parvero deliziati. I due eroi di guerra si sedettero a tenerli d’occhio su una panchina.
“Mi dispiace per Pansy…” disse Potter, cercando di non guardare Draco.
“Grazie. Il fatto che non fossimo una coppia d’amanti non mi fa soffrire di meno.”
“Scusa. Non intendevo…”
“E’ tutto a posto. Non so perché l’ho detto.” ammise Draco.
“Forse perché sei stufo di tutta la gente che ti dice: ‘mi dispiace’.”
Draco guardò Potter dritto negli occhi. Non ricordava che Potter fosse mai stato così diretto. Questo lo fece sentire un po’ a disagio. Draco intuì che Potter doveva essere cambiato quanto lui negli ultimi dieci anni.
“Malfoy?” chiese dolcemente Harry.
“Scusa, mi sono perso un attimo.”
“Dimenticato di spegnere il tuo monologo interiore?”
Draco rise. Chi immaginava che Potter fosse anche spiritoso?
“Qualcosa del genere,” rispose Draco. “Allora, che combini?”
“Non molto, ultimamente. Ecco perché bado a Charlie oggi. Aiuto Molly un paio di giorni a settimana, così lei deve occuparsi solo del bambino.”
“Hermione l’ha avuto l’anno scorso, giusto?”
“Sì, Darius ha quattordici mesi.”
Cercando di ricordare i rarissimi pettegolezzi che aveva sentito su Potter dopo la guerra, Draco realizzò che in realtà non sapeva poi molto su di lui. L’ultima conversazione seria che avevano avuto era stata poco prima della battaglia finale. Hermione aveva insistito. Draco s’era ubriacato con Potter e insieme avevano messo da parte tutte le ostilità. Potter aveva ottenuto la sua dettagliata spiegazione del perché Draco avesse defezionato, mentre Draco aveva ottenuto un chiarimento e delle scuse per l’incidente del Sectumsempra. Avevano parlato della loro educazione e s’erano scioccati l’un l’altro con degli orrendi racconti sulla loro infanzia.
“Che cosa hai fatto prima di diventare una bambinaia part-time?” chiese Draco, incapace di contenere la sua curiosità.
“Beh, ho giocato come cercatore per i Cannons per quattro anni fino all’inverno scorso.”
“Ho sentito. Perché hai lasciato?”
“Ero stanco, suppongo. Subito dopo la guerra ho passato due anni ad addestrarmi come Auror con Ron. Lui ha continuato, ma io ho capito che non era quello che volevo veramente.”
“Che cosa volevi?” Draco non poteva resistere, doveva scoprire cosa volesse dalla vita il Salvatore del Mondo Magico.
Potter osservò pensierosamente Draco prima di rispondere, “Non lo so. Mi sono preso un paio d’anni di pausa. Ho viaggiato un po’. Fu Ron a suggerire il Quidditch. E tu?”
“Volevo un figlio.” rispose sinceramente Draco, mentre guardava Orion arrampicarsi sulla torretta delle giostre*.
“Sei a posto, allora.”
“Credo di sì. Tutta la faccenda di Pansy mi ha davvero sconcertato. Pensavo che volesse le stesse cose che volevo io. Avevamo un accordo. Eravamo una famiglia. Non nel senso convenzionale del termine, ma eravamo una famiglia.”
Potter annuì.
“Non posso credere di avertelo raccontato. Sei la prima persona a cui l’abbia mai detto…” disse Draco guardando Potter con curiosità. “Perché l’ho fatto?”
“Non lo so.” borbottò Potter con una piccola scrollata di spalle prima di riportare la sua attenzione ai bambini.
Gli ingranaggi nella testa di Draco iniziarono a muoversi. Potter: nome immediatamente riconoscibile; addestramento da Auror; distruttore del Signore Oscuro; annoiato; nulla da fare e uno Spezzaincantesimi nato. In effetti, il più imponente Spezzaincantesimi al giorno d’oggi. No, era una pazzia. Non avrebbe mai funzionato. Certo, ora si parlavano, ma non sarebbero mai andati d’accordo sul serio. Eppure stavano andando d’accordo adesso. E’ da matti, devo essere fuori di testa. Devo fare in modo che ci pensi lui o meglio ancora Hermione. Deve venire lui da me. Non lo farebbe mai. Svegliati Draco, ti sta fissando.
“Stai bene?” chiese Potter. “Eri di nuovo distratto.”
“Sì,” Draco sorrise. “Stavo pensando a una cosa. Orion ha sentito parlare dello zoo Babbano e mi ha implorato per mesi. Ad essere onesti, non mi ci sentirei molto a mio agio. Pensi che potreste venire con noi, tu e Charlie?” Abbocca all’amo. Ho bisogno di tempo.
“Certo,” rispose subito lui. “Charlie ne sarebbe entusiasta. Venerdì va bene?”
“Questo venerdì?” E’ perfetto. Dammi qualche giorno per mettere tutto in moto.
“Sì. Ho detto a Molly che avrei tenuto Charlie quel giorno.”
“Va bene. Possiamo incontrarci qui.”
“Ottimo.”
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Nei giorni successivi Draco iniziò i lavori preliminari per fondare il suo nuovo business. Un agente immobiliare stava esplorando sia locali in affitto sia immobili da comprare. Draco propendeva verso l’ultima opzione. Non c’era ragione di avere a che fare con un padrone di casa e un bene immobiliare sarebbe stato un buon investimento. Inoltre l’indennità fiscale l’avrebbe reso più vantaggioso. Incontrò i suoi avvocati ed esaminò la lista dei diversi candidati. Bill Weasley era in lista. Perfetto. Fissò e condusse diversi colloqui con potenziali candidati ma in modo specifico con Bill Weasley. Il Weasley più grande era conosciuto per essere un eccellente Spezzaincantesimi ma Draco non pensava che avesse il carattere giusto per lavorare insieme. La cosa importante era che così la notizia sarebbe arrivata al Trio dei Miracoli.
Venerdì s’incontrò con Potter e portarono i ragazzini allo zoo. Draco era stato nel mondo Babbano solo in poche circostanze, prima. Ogni volta era stata una terribile esperienza e lui alla fine si sentiva sempre un fascio di nervi; al contrario, il giro allo zoo fu abbastanza piacevole. I bambini si divertirono un sacco. Draco era sbalordito da quanto potesse essere sereno e giocherellone Potter. Suppose che stesse vivendo la sua infanzia perduta.
Proprio come previsto, durante il pranzo Potter tirò fuori molto casualmente la nuova iniziativa imprenditoriale di Draco.
“Allora, Hermione mi ha detto che hai presentato domanda per una licenza al Ministero. Mi ha detto qualcosa riguardo allo Spezzare incantesimi…” cominciò Potter minimizzando, ma Draco gli leggeva la curiosità negli occhi.
“Sì. Dopo che Pansy se n’è andata, ho davvero sentito il bisogno di creare qualcosa di buono a nome dei Malfoy. Ho deciso di sfruttare la mia licenza di Spezzaincantesimi,” spiegò Draco facendo il vago.
“Pensi che ci sia un giro d’affari come Spezzaincantesimi indipendente?”
Draco poteva vedere innescarsi gli ingranaggi della testa di Potter. Sarebbe stato più facile che maledire doxie in gabbia. “Ho fatto qualche ricerca preliminare. Ho dato un’occhiata alle carte Magiche e a storie documentate di casi irrisolti. Ho controllato anche con il Ministero. Pare che solo il venti per cento dei casi venga effettivamente denunciato, mentre il resto delle persone preferisce tenerselo per sé. Sicuramente c'è un business, se siamo discreti e teniamo il Ministero all'oscuro di tutto, ma credo che il Ministero stesso abbia messo a tacere una serie di casi propri.”
“Hermione sarebbe la persona giusta a cui domandarlo.” aggiunse Potter con aria collaborativa.
“Ho intenzione di parlarle.” Draco lasciò cadere il discorso, ma vedeva che Potter sbavava dalla voglia di saperne di più.
Alla fine della giornata si separarono a Diagon Alley.
“Beh, è stato divertente…” disse Potter, quasi come se stesse facendo una domanda.
“Grazie d’essere venuto con noi. Seriamente Potter, penso che sia salutare per Orion esporsi al Mondo Babbano, a piccole dosi ovviamente. Credo che avrebbe fatto bene anche a me.”
Potter fissò Draco per un lungo momento prima di rispondere, “Mi sorprendi.”
“Perché?” Draco lo guardò con attenzione.
“Perché non sei chi pensavo che fossi.”
“E’ una buona cosa?”
“Sì.”
“Arrivederci, Potter,” disse giocosamente Draco.
I bambini si salutarono e Potter ricambiò. Si fecero un cenno col capo e si Smaterializzarono con i rispettivi bambini.
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Il piano di Draco stava funzionando meglio del previsto. Sabato ricevette un gufo dalla Granger-Weasley che invitava lui e Orion domenica a cena. Avrebbe scommesso un milione di Galeoni che ci sarebbe stato anche Potter.
Mentre si preparava ad usare la Metropolvere con Orion, Draco trovò strano che, nonostante fosse stato amico di Hermione per tutti questi anni, questa fosse la prima volta che veniva invitato a casa loro. Vivevano a Ottery St. Catchpole, in una casetta non lontana dai vecchi Weasley. Draco suppose che così Mamma Weasley poteva occuparsi dei bambini, mentre Hermione e Ron si dedicavano alla propria carriera.
All’arrivo, Draco fu piacevolmente sorpreso che il loro piccolo cottage fosse molto pulito e decorato con gusto. Draco porse a Hermione una bottiglia di Sauvignon Blanc del suo vigneto di famiglia da gustare a cena. Conobbero il figlio più piccolo, Darius, e poi Hermione li guidò nella sala da pranzo. E, come previsto, Harry Potter era lì. Draco fu molto grato di essere il solo ospite supplementare. Non pensava che sarebbe riuscito a sopportare altri Weasley.
La cena fu abbastanza gradevole e piena di chiacchiere sulle ultime avventure di Weasley come Auror e sulle politiche del Ministero. I bambini raccontarono della loro visita allo zoo. Draco non poté fare a meno di notare che Potter fu silenzioso e lo studiò per tutta la durata dell'intero pasto.
Dopo cena, Darius fu messo a letto e Charlie e Orion vennero assorbiti da una partita a Sparaschiocco.
“Allora, mio fratello Bill mi ha detto di aver avuto un colloquio con te.” chiese Weasley a Draco, mentre Hermione portava in tavola quattro espressi.
“Sì, mi è stato raccomandato da uno che se ne intende. Direi che è in lizza,” rispose Draco cercando di scacciare le farfalle che aveva nello stomaco. Era ora di andare in scena.
“E, Harry?” chiese Hermione con un sorriso amichevole.
“E Harry?” Draco si finse confuso.
Hermione guardò nervosamente prima Harry e poi di nuovo Draco.
Potter sorrise e poi commentò, “Potrei essere interessato.”
“Dubito seriamente che tu possa essere interessato a lavorare per me.” replicò Draco con l’accenno di un ghigno.
“Sicuramente non ti vorrei come mio capo, ma potrei essere interessato ad una collaborazione.”
Questo non faceva parte del piano di Draco. Immaginò che fosse stata Hermione a suggerirlo. Non era una cattiva idea. Potter aveva capitale e avrebbe ridotto il rischio di Draco.
“Cosa ne pensi?” chiese Hermione.
Draco prese un sorso del suo espresso e temporeggiò il più a lungo possibile. “Forse.” Draco tirò fuori la sua bacchetta e lanciò un incantesimo veloce. Diversi fogli di pergamena gli apparvero tra le mani. “Ecco,” disse porgendoli a Potter, “leggi questi e fatti un’idea.”
“Che roba è?”
“Il mio business plan.”
Potter sembrò perplesso.
“Potter, sei un idiota. Non è che puoi fare tutto di corsa e creare un business partendo dal nulla!”
“Lo leggerò.” disse Potter con decisione, sembrando del tutto sordo all’insulto.
“Lo leggerò anch’io.” aggiunse Hermione.
Draco annuì. “Probabilmente è una buona idea. Cercherò un potenziale ufficio domani mattina.” Si concentrò esclusivamente su Potter, “Perché non vieni anche tu e vediamo se riusciamo ad essere d’accordo su qualcosa? Potremo discutere a pranzo le tue idee riguardo al business plan.”
“Sono disponibile.”
“Bene.”
“Ho anche un nome: Potter-Malfoy Senza Limiti!” affermò Potter con aria fiduciosa.
“Il periodo di lavoro è limitato, cretino.”
“E’ un gioco di parole.” rispose bonariamente Harry.
“Oh, ottimo direi, Harry.” intervenne Hermione.
Draco poteva sentire lo stupore nella sua voce. Ci rimuginò su per un momento. “Hmmm, non è male dopo tutto, ma non dovrebbe essere Malfoy-Potter?”
“No, Potter-Malfoy.” rispose Harry con calma senza il minimo accenno di scontro.
“Bene. Se riusciamo a metterci d’accordo sulla proprietà e a non maledirci a morte l’un l’altro nel frattempo, cambierò il nome sulla domanda di attività. Anche se non riesco a immaginare come potrebbe mai funzionare.”
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Incontrarono l’agente immobiliare proprio fuori Mielandia. Millicent Heffalump quasi inciampava, squagliandosi per l’onore di conoscere il grande Harry Potter. Draco tenne a freno la lingua, rinunciando a diversi commenti sprezzanti.
“Visitiamo questo?” chiese Potter mentre lei li guidava verso una porta laterale accanto a Mielandia.
“Sì,” Millicent spiegò, “ormai questo edificio è sul mercato da un po’. Penso che potreste fare un buon affare. L’ufficio è proprio in cima alle scale. Mielandia è qui da soli quattro anni con un contratto d’affitto di cinquant’anni che non può essere interrotto da un cambio di proprietà. Molte persone vogliono l’intero edificio.”
La seguirono nell’ufficio. Era una stanza di buone dimensioni, sicuramente abbastanza grande per loro due. Aveva una bella vista su Hogsmeade.
Visitarono altre tre proprietà quella mattina. Draco disse a Millicent che le avrebbe mandato un gufo più tardi con la loro decisione. Harry ritornò con Draco al Maniero per pranzare insieme ad Orion.
“Allora, che ne pensi?” chiese Draco a Potter. Era curioso di vedere se Potter potesse mettere assieme più di due cellule cerebrali.
“Penso che l’edificio di Mielandia sia il migliore.”
“Ooooh!” fece Orion con un sospiro di gioia. “Avete intenzione di comprare Mielandia?”
“Solo l’edificio, tesoro.” Draco riportò la sua attenzione a Poter e lo punzecchiò, “Sei sicuro che non è la fissa per i dolciumi a decidere per te?”
“No. Tutti gli altri sono troppo grandi e dovremo trovare qualcuno che li prenda in affitto.”
“Ottimo Potter. C’è anche un altro motivo,” disse Draco sicuro di sé.
“Quale?”
“Le tre P di una proprietà immobiliare.”
Brandendo una forchettata di arrosto di pollo, Potter fissò Draco con espressione attonita.
“Posizione, posizione, posizione,” chiarì Draco.
“Oh, ma non è che dobbiamo attirare i passanti. Le persone verranno a cercarci se hanno delle maledizioni che non riescono a togliere da soli, no?”
“Vero, ma abbiamo bisogno di essere visti. Sicuramente tu hai un nome riconoscibile, ma abbiamo bisogno di diventare più noti a livello personale. Tu hai vissuto da recluso negli ultimi anni, e non è che prima la gente ti vedesse davvero. Volare in aria alle partite di Quidditch non conta veramente. Ci vedranno camminare per le strade di Hogsmeade. Ci vedranno comprare il nostro the mattutino o pranzare ai Tre Manici di Scopa. Saremo parte della comunità e loro non avranno paura di rivolgersi a noi.”
“Perché Hogsmeade? Perché non Diagon Alley?”
Draco sorrise e rispose, “Adesso stai ragionando sul serio. Mi piace l’idea di tenerci a distanza di sicurezza dalla Gringott e dal Ministero. Impedirà alle persone di associarci a loro. E poi Hogsmeade è più casalinga, più vicina ai Maghi di ogni giorno.”
“Ci hai pensato proprio parecchio,” disse Potter impressionato.
“Un business non è qualcosa che puoi intraprendere con leggerezza. Voglio creare qualcosa che duri, qualcosa che posso espandere e che Orion sarà fiero di ereditare.”
Potter diede un altro dei suoi sguardi indagatori. Draco lo fissò di rimando e chiese, “Che c’è?”
“Niente,” rispose Potter, mentendo palesemente. “Manda un gufo a Millicent e metti il mio nome sull’offerta.”
“Vuoi provarci, allora?”
“Assolutamente sì,” rispose Potter con enfasi.
“Bene. Vediamoci domani al Ministero, così aggiungiamo il tuo nome alla domanda di attività. Manderò un gufo al mio avvocato così che faccia una bozza di un accordo di collaborazione.”
“Solo un’altra cosa…”
Draco inarcò un sopracciglio.
“Chiamami Harry.”
“Perché?”
“Abbiamo bisogno di chiamarci con i nostri nomi. I giorni della scuola sono finiti da un bel po’.”
“Va bene, Harry,” Draco strascicò, sentendosi pronunciare la parola in modo strano.
“Perfetto. Draco, era tutto squisito,” disse Harry in un insolito tono amichevole.
Al che Draco rispose, “Bene, sono contento che ti sia piaciuto.” Ci sarebbe voluto un po’ per abituarsi.
Continua...
Note:
*
torretta delle giostre