[RPF] Melt me slowly down, like chocolate

Sep 14, 2011 19:27

Titolo: Melt me slowly down, like chocolate
Fandom: RPF Calcio
Personaggi/Pairing: Alex Del Piero/Claudio Marchisio (hints), Pavel Nedved, David Trezegol-- Trezeguet, Gggggigggggi Buffon, Giorgio Chiellini
Rating: PG14
Conteggio Parole: 2946 (fidipu)
Avvertimenti: hints slash, commedia (altresì detta, cazzata), linguaggio, boh
Note: BFHGHGJFKDLFHGJKDFH.
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.

~ Melt me slowly down, like chocolate.

È tutto pronto, e Alex è assolutamente certo che faranno un disastro biblico, tipo che qualcuno ci scriverà su un libro, tipo che, prima dell’ora di cena, si ritroverà con la casa ridotta in macerie fumanti nel mezzo esatto dell’Apocalisse. Non hanno neanche acceso il primo fornello, per dire, e Pavel è già riuscito a darsi fuoco alla maglietta, Dio solo sa come, e adesso, sopravvissuto per miracolo senza neppure un’ustioncella piccina picciò, è di là che ravana nell’armadio di Alex, alla ricerca, ha detto, di qualcosa che non sia delle dimensioni di un costume di scena per Biancaneve e i Sette Nani. Alex è talmente preoccupato che non ha neppure la forza d’incazzarsi come dovrebbe.
«Allora!» esordisce Gigi, sfregandosi le mani e sorridendo con aria quasi maniacale. Alex deglutisce a vuoto un paio di volte mentre lo guarda avvicinarsi agli stipetti della sua cucina e cominciare a frugarci dentro. «Che ci serve? Miele? Zucchero? Due cereali, magari?» elenca, tirando fuori scatole e scatolette e piazzandole sul ripiano di marmo accanto ai fornelli. «Il lievito pure, no? Il lievito serve sempre. Ah, e la farina! Dove la tieni la farina, Ale?»
David, che stava contemplando il vuoto con aria molto pensosa, si riscuote dalla catalessi quel tanto che gli basta per accigliarsi e raddrizzarsi un po’ sulla sedia.
«Ci serve la farina?» domanda, guardando prima Alex e poi Giorgio, confuso. Alex dà un sospiro tremante, scuote la testa.
«Non ci serve la farina, Gi’,» dice, cauto, per placare lo slancio di sciacallaggio di Gigi, che si blocca con le mani a mezz’aria, tese verso un barattolo di cetriolini sottaceto.
«Ma come, non ci serve la farina?» chiede, perplesso, la fronte che si corruga tutta in un’espressione concentrata. «Come fai a fare un dolce senza la farina?»
Alex sospira di nuovo. In questo mondo di ladri di biciclette nessuno gli dà più retta, ormai. Non che Gigi sia mai stato granché capace di ascoltare, d’altra parte.
«Non dobbiamo fare un dolce,» dice, forse per la millesima volta, paziente come un santo. Giorgio, semisprofondato nella poltrona oltre il tavolo, ridacchia sottovoce. «Te l’ho ripetuto trenta volte, Gi’. Gli facciamo i cioccolatini.»
«E per fare i cioccolatini la farina non serve?» chiede Gigi, sospettoso. Alex boccheggia per un attimo.
«No,» risponde, infine, tentennando un po’. «Ci serve solo la cioccolata, e quella l’abbiamo comprata.» Riuscendo a mettere a soqquadro in maniera irrecuperabile il supermercato dove sono andati a cercarla, peraltro.
«Quindi la farina la metto via?»
«E anche il miele, grazie,» annuisce Alex. «E tutto il resto della roba che hai preso.»
Gigi, mesto mesto, risistema mezzo cosmo alla rinfusa negli armadietti. Alex lo guarda per un momento, con una certa apprensione, e poi si volta verso le cinque tavolette da un chilo di cioccolato fondente al 60 percento che hanno impilato sul tavolo, e verso la busta di nocciole formato famiglia sistemata in piedi lì accanto. Si acciglia, perché forse hanno un po’ esagerato con le quantità.
«Vabbè,» dice Gigi, e, non appena ha finito di fare la brava massaia, si piazza a gambe larghe accanto ad Alex e schiocca le dita, autoritario. «David, la ricetta.»
David annuisce, si sfila il cellulare dalla tasca e ci smanetta un po’, assorto. Alex, intanto, sta contemplando la possibilità di mettersi a piangere o scappare via - solo che è casa sua e Gigi e David e Pavel comunque rimarrebbero dentro, perciò sarebbe una soluzione quantomeno controproducente, - o costruire una macchina del tempo per tornare al momento in cui ha avuto la sciagurata idea di coinvolgere Gigi e David e Pavel - Giorgio no, Giorgio va bene, Giorgio è una persona intelligente ed equilibrata e Alex è veramente grato del fatto che esiste, - e piantarsi un proiettile in fronte un attimo prima di aprire la bocca. Alla fine David trova quello che stava cercando, forse un messaggio o Dio solo sa cosa, e si fa dare carta e penna. Scarabocchia per un po’, e poi mette giù tutto, sorridendo soddisfatto.
Alex scruta il foglio per un momento, tentando di decifrare la sua grafia incomprensibile e nervosa; Gigi, al suo fianco, neppure si scomoda.
«David,» dice, infine, restituendogli il pezzo di carta. «Lo sai che non capisco il francese.»
David fa un sorriso stronzo e compiaciuto e da schiaffi e tira su il mento, teatralmente altero.
«Siete ai miei ordini,» dichiara, lisciando gli angoli della ricetta e Alex chiude gli occhi, conta fino a tre, sorride.
«Che dobbiamo fare?»
David si schiarisce la gola, intanto anche Giorgio s’è alzato e si è sistemato accanto al tavolo, pronto al martirio.
«Pesate trecentocinquanta grammi di nocciole,» dice David, e Alex riflette, ci servirà la bilancia. Terzo cassetto a sinistra, gli ha detto Sonia stamattina, prima di portare i bambini dai nonni nella speranza di riuscire a salvare perlomeno loro dall’incombente catastrofe nucleare di Pavel Nedved in una cucina, e difatti eccola là, una bella bilancina elettronica completa di ben tre piatti di misure differenti. Alex sceglie il più basso e largo, e piazza tutto sul tavolo.
«Ok. Gigi, apri le nocciole,» dice, e Gigi è più che entusiasta di buttarsi sul bustone e schiacciarselo contro il petto per aprirlo facendolo scoppiare come fosse una merendina, perché usare le forbici o la linguetta apposita sarebbe stato oltremodo inappropriato.
La busta si spalanca con un botto molto soddisfacente, lo stesso che avrebbe fatto l’esplosione di un piccolo sole ficcato nel frigorifero, e qualche nocciola pelata e tostata schizza per aria, rimbalzando sulle pareti. David ride e sbatte le mani contento, probabilmente si sente al circo, e Giorgio sorride, scuotendo la testa, imbarazzato per Gigi.
«Le verso?» domanda questi, sorridendo così tanto che deve fargli male la faccia.
«Aspetta, devo accendere la bilancia,» lo ferma Alex, e preme con un pollice l’enorme bottone giallo accanto allo schermino dell’elettrodomestico. Tutti e quattro fissano la bilancia come se fosse Gesù Cristo sceso in terra, aspettando di vedere una lucetta lampeggiare o un qualsiasi altro segno di vita, ma non succede niente, se non che Nedved appare sulla soglia della cucina con addosso una canotta da basket giallo sgargiante che lo copre a stento fino all’orlo dei pantaloni. Alex reprime un brivido, ma si accorge subito che perlomeno non è la divisa autografata da Kobe, perciò può ritenersi un uomo fortunato.
«Allora?» chiede Pavel, e si sta sfregando anche lui le mani con l’esatta espressione da serial killer che aveva prima Gigi e Alex si sta pentendo di essere nato, in questo momento. «A che punto siamo?»
«Siamo al punto che la bilancia ha le pile scariche,» dice Giorgio, e Alex si morde le labbra, sente il cuore sprofondargli un pochino per l’orribile novità.
«Forse ne abbiamo qualcuna in giro,» mormora, sforzandosi di ricordare. «Magari le posso togliere da qualche orologio, aspettate un momento.»
«Ma dove vai, ma dove vai!» lo trattiene Pavel, afferrandolo per le spalle mentre lui tenta di partire per la vitale ricerca di fonti di energia.
«Ma infatti,» conviene subito Gigi, e questo chiaramente non può essere un buon segno. «Non ci serve la bilancia, dai, possiamo fare a occhio.»
Alex trasale come se avessero appena camminato sulla sua tomba, e forse il punto è che, in realtà, in questo preciso momento ha cominciato proprio a scavarsela, la fossa. Gigi però sorride, sicuro di sé oltre qualsiasi decenza, e Pavel continua a tenere Alex bloccato dov’è, perciò non può fare niente più che guardare attonito mentre Giorgio, chiaramente divertito dall’insania generale, prende una grossa scodella, la piazza sul tavolo e la tiene ferma mentre Gigi ci svuota dentro tre quarti della confezione di nocciole.
«Ma ce ne avrai messo almeno un chilo,» si lamenta Alex, debolmente. Gigi lo guarda, la busta ancora in mano, e poi osserva con aria critica la montagnola di palline castane che ha accumulato nella ciotola.
«Forse hai ragione,» dice. Mette via la busta, senza curarsi di chiuderla ma grazie a Dio c’è Giorgio che si occupa di dettagli insignificanti come evitare che il pavimento venga sommerso di frutta secca, e prende una manciata di nocciole, versandosele in bocca come fossero granelli di zucchero e poi sorridendogli. «Adesso direi che ci siamo.»
Alex non sa neppure come replicare, e si volta verso David.
«Che altro?» chiede, con un filo di voce, e David si morde il labbro inferiore.
«Adesso dovremmo pestarle finché non diventano una specie di crema,» dice, e Alex vorrebbe gemere ad alta voce quando si accorge del luccichio sinistro che vede accendersi identico negli occhi di Gigi e Pavel. Pestare, ma perché s’è messo in testa di chiedere a questi due pazzi di aiutarlo con una cosa che ha a che fare con il pestare? Ah, ecco, giusto: perché non aveva idea che avrebbero dovuto pestare delle povere nocciole per fare dei dannatissimi gianduiotti.
Probabilmente dovrebbe vergognarsi per la propria ignoranza culinaria, ma al momento la cosa che più lo preoccupa è la necessità di tenere buoni Gigi e Pavel.
«Ok, che altro?» domanda, perché ci sarà qualcos’altro da fare, no? Qualcosa con cui distrarre i bambini mentre gli adulti - Giorgio, cioè - si occupano della parte difficile e pericolosa della ricetta?
David stringe gli occhi.
«Seicentocinquanta grammi di cioccolata,» dice, inciampando un po’ sui numerali. «Dobbiamo scio... scio... scioltarli?»
«Scioglierli,» dice Giorgio, e David annuisce, schiocca le dita.
«Scioglierli, certo. Dobbiamo scioglierli al microonde, poi mettere insieme tutto e far raffreddare.»
«Aspetta, aspetta,» si acciglia Gigi, che intanto sta ancora sgranocchiando le nocciole in eccesso, e solleva la mano libera, nel caso non fosse chiaro che ha chiesto di aspettare. Alex si morde le labbra e si domanda, e adesso che gli manca? «Vuoi sciogliere il cioccolato nel microonde?»
«C’è scritto così,» dice David, stringendosi nelle spalle e mostrando la ricetta, come se poi qualcuno di loro potesse aver voglia di darci un’occhiata.
«Ho capito che c’è scritto così, ma il cioccolato non si mette mica a sciogliere nel microonde!» insorge Gigi, scandalizzato come se fossero venuti a scucirgli una stella dal petto.
«È vero,» Pavel incrocia le braccia al petto, tutto serio. «Da noi in Česko, usiamo due pentole e l’acqua bollente.»
«Il bagnomaria, appunto,» annuisce Gigi, e non appena ha buttato giù l’ultima nocciola si lancia verso l’armadietto dove stanno in bell’ordine tutte le pentole di casa Del Piero. «Vediamo un po’ quali possiamo usare.»
Pavel gli si mette accanto per dargli una mano nell’ardua impresa, e Alex è indeciso se mettersi a sorvegliarli - a sorvegliare la sua maglia dei Lakers che Pavel ha addosso, cioè, nonché l’integrità fisica e morale della sua cucina, - o pestare le dannate nocciole per evitare che possano volerlo fare loro due, non appena si saranno stufati di guardare il cioccolato fondere.
Giorgio gli piazza una fraterna mano sulla spalla, e poi, cosa per cui Alex gli è ben più grato, gli porge un pestello che ha tirato fuori da chissà dove. *

Hanno usato troppe nocciole e non abbastanza cioccolata, probabilmente, perché l’impasto che viene fuori sa più di Nutella che di gianduiotto verace, secondo Gigi, ma il profumo è ottimo e la casa è ancora in piedi e sono ancora tutti e cinque in piena salute, perciò non è che Alex abbia intenzione di lamentarsi.
«Adesso dobbiamo solo aspettare che si freddi,» dice David, quando hanno riempito di crema le formine per il ghiaccio, in mancanza di meglio.
«Molto bene,» annuisce Alex, che magari sta cominciando un po’ a sperare che non sarà per davvero un disastro, che forse forse riusciranno a cavare qualcosa di buono da tutto questo mescolare e fondere e tritare. «Quanto ci vuole?»
David si sta leccando via una traccia di cioccolato da un pollice, e fa finta di non sentire. Alex si acciglia, ma prima che possa aprire bocca interviene Gigi, sventolando una mano bene aperta davanti al naso del francese.
«Daviiiiid?» dice, alzando la voce di un’ottava rispetto al normale. «Hai sentito quello che ti ha chiesto Alex? Quanto dobbiamo aspettare?»
David tiene su una maschera d’imperturbabilità indecente mentre alza gli occhi su di lui e piega un po’ la testa di lato. È l’immagine stessa dell’innocenza, e Alex si sente morire perché ovviamente no che i guai non potevano essere finiti quando Gigi è riuscito a far liquefare il fondo della pentola preferita di Sonia.
«Hmm?»
«Quanto dobbiamo aspettare, David?»
È chiaro che David non ha nessunissima intenzione di rispondere, che preferirebbe potersi tuffare di testa nella fossa dei leoni piuttosto che sparare il tempo d’attesa indicato dalla sua dannata ricetta, ed è un fatto chiaramente catastrofico. Alex si morde le labbra e pensa che sarebbe stato intelligente, da parte sua, magari dare un’occhiata al procedimento prima di mettersi dietro ai fornelli, ma d’altra parte cosa mai si può pretendere da un torinese d’adozione che vuole farsi spiegare da un francese come fare i gianduiotti?
E soprattutto, poi, quando il francese in questione è David Trezeguet.
«David, Dio, dillo! Non è che ci aiuti, stando zitto così,» sbotta Gigi, e David arriccia il naso in un’espressione contrita, piega il collo fino a toccarsi il petto col mento, pigola qualcosa d’incomprensibile e poi, finalmente, alza la testa.
«Un giorno,» dice, e pure se sta guardando fuori dalla finestra, dove peraltro s’è ormai fatto buio, gli altri quattro lo sentono perfettamente.
«Un... giorno?» ripete Alex, con tanto d’occhi, e David si morde le labbra, annuisce.
«Mi dispiace, va bene?» dice. «Pensavo dicesse un’ora, quando l’ho copiata prima, però poi ho controllato, mentre spegnevate l’incendio, e-- mi dispiace, Ale, dice di aspettare un giorno perché sennò non diventano cremosi nel modo giusto, mi dispiace!»
Alex si lascia cadere sulla poltrona, sorpreso e stanco. Pavel è esploso, sta tirando un insulto dietro l’altro su David, - «Vaffanculo!» dice, rosso in viso perché chiaramente ci teneva a ingozzarsi di gianduiotti per cena, «Veramente, cazzo, ma quanto puoi essere cretino? Come hai fatto a non accorgerti che diceva un giorno? È francese, mica-- mica turco, o che ne so!» - e Alex, sinceramente, riesce solo a sentirsi incredibilmente stralunato, perché è tutto il giorno che si comporta come un cretino, per una ragione che cretina non è, e sta cominciando a rendersene conto.
Giorgio viene a stropicciargli i capelli, e Alex non sta pensando a niente di sensato, ha la testa imbrigliata in una specie di nebbia grigiastra che soffoca qualsiasi altra cosa. Pavel si è calmato, nel frattempo, e sta abbracciando David per farsi perdonare. Alex sorride, un pochino.
«Gli prendiamo una torta strada facendo, allora?» dice, senza entusiasmo, improvvisamente consapevole di com’è che devono sentirsi i palloncini sgonfiati.
Gigi sbuffa, incrocia le braccia al petto.
«Non mi arrendo mica,» dice, e, prima che possano fermarlo, piazza in frigo i cioccolatini, in barba a qualcosa come miliardi di anni di tradizione. *

Claudio dà una risata quasi nervosa, quando li vede tutti e cinque ordinatamente in fila sulla soglia di casa, come se stessero aspettando che un qualche altoparlante nascosto vomiti fuori l’inno della Juve e un tripudio di tifosi si materializzi alle loro spalle.
«Stavo cominciando a pensare che v’eravate persi,» dice, facendosi da parte per invitarli a entrare, e David subito si mette a chiocciare qualcosa di irripetibile su come sia assolutamente impensabile che possano dimenticarsi dov’è che abita o cos’è che gli piace mangiare o il suo colore preferito e dettagli di questo genere. Claudio ride, imbarazzato a morte; si lascia abbracciare, stropicciare i capelli, sistemare la maglietta sulle spalle e ha quest’espressione dolcissima e goffa per cui Alex si ritrova a fare mezzo passo indietro e guardarlo da lì, in silenzio, il cuore troppo gonfio che lo soffoca un po’.
Quasi non sa più come fare a stargli vicino, e quando Claudio lo sogguarda, con un sorriso incerto, perché ha salutato tutti e manca soltanto lui che però continua a tenersi a distanza, Alex ha bisogno che Gigi gli liberi le mani dall’ingombro della busta di gianduiotti e ce lo spinga di peso, addosso a Claudio. L’abbraccio è un po’ goffo e Alex fa fatica a tirarsi indietro e comunque gli pare che non sia durato abbastanza.
«Ma che avete portato?» domanda Claudio, che ancora un po’ e la faccia gli diventa fosforescente, osservando la busta di plastica che Gigi tiene in braccio come un neonato. «Non vi dovevate disturbare.»
«Oh, vedrai,» sogghigna Pavel, con aria furbetta. «Non è niente di che, non ti abbiamo mica fatto i gianduiotti con le nostre sante manine.»
Claudio ride, chiaramente pensa che il cretino stia scherzando e Alex vorrebbe schiaffarsi una mano sulla faccia e non scollarla più, veramente. Poi, siccome nessuno si unisce alla risata, Claudio si guarda attorno, spaesato, e aggrotta le sopracciglia.
«Avete... fatto i gianduiotti?» chiede, piano piano, come se gli sembrasse un’impresa titanica fare i conti con l’assurdità della cosa. Non è che gli si possa dar torto. «Per davvero?»
«Per davvero,» annuisce David, buttandogli un braccio attorno al collo e stampandogli un bacio sulla guancia, così, perché ne ha voglia, e Alex lo invidia, in silenzio, lo invidia a morte. «È stata un’idea di Alex, ma non ce l’avrebbero mai fatta senza di me.»
Pavel spalanca la bocca, scandalizzato, ma Giorgio gli scocca un’occhiata placida e imperturbabile e lui si calma subito, s’incrocia le braccia al petto e s’imbroncia, annuendo appena. Claudio li guarda, uno per uno, e per ultimo pianta quegli occhi incredibili sulla faccia di Alex, che si sente la gola secca, il petto annodato, le ginocchia inutili come acqua.
Claudio gli è mancato così tanto che adesso che è tornato - ed è tornato per sempre, al diavolo la scaramanzia e qualsiasi altra cosa, se qualcuno vorrà venderlo o prestarlo di nuovo dovrà prima passare sul cadavere di Alex, - gli sembra un sogno, gli sembra finto, perché è troppo bello, maledizione, e imbarazzato, e piccolo, assurdamente, magro e bianconero e Alex può solo sorridergli.
«Bentornato,» dice, e il sorriso minuscolo e teso e perfetto che Claudio gli fa gli rivela che avrebbe potuto fare a meno dei gianduiotti, che avrebbe potuto fare a meno di Pavel e Gigi e Giorgio e David e venire da solo, senza portarsi nient’altro che la sua faccia, e sarebbe andato bene comunque, però va bene pure così.

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