[Harry Potter] Mentre la pelle brucia (Remus/Regulus)

Jul 23, 2011 14:28

Titolo: Mentre la pelle brucia
Fandom: Harry Potter
Personaggi/Pairing: Remus Lupin/Regulus Black, (unrequited) Remus/Sirius
Rating: R
Conteggio Parole: 748 (fidipu)
Avvertimenti: slash, angst, vago breath play
Note: *flashsmile*
- B.I.Bi.T.A. per " Attimi rubati" di hikaruryu, che siete moralmente obbligati a leggere perché, #UNF. Buon compleanno (in ritardissimo), tesoro, e scusami se ho scelto una cosa che probabilmente non shippi neppure per spin-offarti, ma mi era piaciuta tantissimo e mi ha aperto il mondo delle R/R XD
- Il titolo è rubato a Spiagge di Renato Zero! Perché in quella canzone si parla proprio di "attimi rubati mentre la pelle brucia", e mi sembrava carino. <3
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.

~ Mentre la pelle brucia.

Remus chiude gli occhi, respira piano. Regulus gli preme una mano sul petto, in alto contro le clavicole, il pollice che si spinge con forza contro la gola, sotto il pomo d’Adamo. Remus trema, Regulus sorride.
«Stai bene, Lupin?» domanda, la voce bassa, morbida contro la sua guancia. Remus inarca appena la schiena, cercando il suo corpo, ma l’altra mano di Regulus gli inchioda i fianchi alla parete dietro di lui.
«Meravigliosamente,» ringhia, tra i denti, e Regulus gli morde il mento, gli mozza il fiato. Remus annaspa, le dita che cercano d’istinto la bacchetta ma Regulus lo ferma piantandogli un ginocchio sul polso. I suoi occhi grigi scintillano nella luce dorata delle torce, i capelli lunghi gettano ombre scure sul suo viso. Remus si morde le labbra, tenta di divincolarsi dalla sua presa e, semplicemente, la mano attorno alla sua gola si serra di più. Regulus lo bacia, famelico, schiudendo le labbra contro le sue e premendo di prepotenza la lingua nella sua bocca. Remus vorrebbe poter andare incontro al suo tocco ma non riesce a muoversi, rimane schiacciato al muro a grattare le unghie contro l’arazzo.
Il ginocchio ossuto di Regulus scivola via dal suo polso e Remus solleva la mano e gliela preme sulla nuca, attirandoselo addosso. Regulus si scosta, ride, lo lascia respirare e poi lo bacia di nuovo, tirandogli i capelli. Remus è magrissimo e debole, ma il primo quarto di luna brilla argentato come uno strappo nel cielo oltre le finestre sottili, e il lupo che gli morde il cuore afferra Regulus per le spalle e lo sbatte di forza contro la parete. Regulus geme nel bacio e il lupo beve quel dolore rosso di sangue e pungente direttamente dalle sue labbra. Remus lo solleva un po’, l’arazzo che si arriccia attorno alle caviglie di Regulus scoprendo la pietra nuda del muro, e lo sente sorridere. Si scosta, ansimando appena.
«Continua, Lupin,» mormora Regulus, che ha sedici anni appena e niente di cui gl’importi qualcosa, non il suo cognome né la scuola e neppure che i denti di Remus gli affondino nel collo, proprio sopra la clavicola, oltre il colletto sbottonato della divisa, fino a farlo sanguinare. E Remus continua, Remus, che di anni ne ha quasi diciotto e troppe cose a cui tiene e ha paura di perdere, ma non Regulus, non davvero, non il modo in cui lo sente tendersi e sibilare e ridere piano quando gli sfiora appena l’erezione tesa sotto i pantaloni.
«Prometti che starai zitto, Regulus,» bisbiglia Remus, rifiatando da un bacio che non voleva saperne di finire. Regulus gli tira una ciocca di capelli, stringe gli occhi. Remus lo spintona ancora un po’, il lupo vorrebbe rompergli una costola e vederlo piangere ma Remus scuote la testa. «Promettilo, Regulus.»
«Come ti pare, Moony,» replica Regulus, ghignando appena, ed è un insulto sulle sue labbra. Remus non controlla più il lupo perché Moony è una cosa privata, è una cosa soltanto di Remus e Peter e James e Sirius, Moony è il segreto della luna piena e di come l’odore di Padfoot sia casa per lui e Regulus è un estraneo, Regulus non c’entra nulla e Remus non vuole sentirlo pronunciare quel nome.
Il lupo aggredisce la bocca di Regulus, gli sfibbia in fretta la cintura e Remus pensa che non è giusto, che deve smettere, che è tutta colpa di Sirius, di Regulus che nei corridoi più bui del castello, di notte, alle volte, gli somiglia terribilmente, e poi non gli somiglia affatto eppure è comunque abbastanza. Remus pensa che non è giusto, che deve smettere, e lascia un segno rosso e possessivo sul collo di Regulus, sotto la mandibola, un marchio che Regulus accetta ridendo.
«Sai che ti tormenterò, non è così?» mormora, e Remus lo sa, sa che lo vedrà tormentarsi quel punto per tormentare lui ad ogni momento, sotto gli occhi di Sirius, in Sala Grande e in biblioteca e nei corridoi e sempre, sempre, sempre, per ricordargli che non ha quello che vuole, che nessuno dei due può averne altro che una copia usata e rotta.
«Lo so,» gli dice, tra un morso e un bacio, e lo sa, davvero, e quando le mani di Regulus si chiudono attorno ai suoi fianchi, forti e sicure e niente affatto gentili, callose per il Quidditch e sottili, Remus si chiede perché dev’essere così difficile volere davvero quello che ha. Il lupo dentro di lui si stiracchia, si lecca il muso, domanda di assaggiare ancora il sangue di Regulus, il sangue di un Black.

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