Titolo: Through the looking-glass
Fandom: The Vampire Diaries/Lost
Personaggi/Pairing: Damon Salvatore/Boone Carlyle
Rating: R
Conteggio Parole: 1544 (
fidipu)
Avvertimenti: slash, PWP lime, crossover, inutily
Note: Allora, il titolo doveva essere "Boone, Bones, Boner", ma me lo riservo per quando riuscirò a scrivere qualcosa di più decente su questo pairing. *ridemuore* Per ora vi prendete una PWP inutile.
- *ride* *piange*
- Le persone da incolpare sono
shariaruna e
nemofrommars .
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.
~ Through the looking-glass.
Damon arriva al bancone come un divo del cinema, bellissimo e sicuro di sé, e l’intero locale è già ai suoi piedi. Fa alla barista un sorriso tale per cui nessuno nella storia dell’universo dubiterà mai che la stia spogliando con gli occhi, anzi che nella propria testa già la veda nuda e deliziosamente piegata sul lavello, la schiena inarcata in uno spasmo di piacere e le dita che tremano, il respiro spezzato, e si fa servire del bourbon, liscio. Mentre aspetta, dà un’occhiata pigra alla sala - adolescenti imbranati attorno al biliardo, documenti falsi al sicuro nelle tasche posteriori dei jeans; il club delle disperate a ore dodici, nessuna sotto la trentina; coppietta, coppietta, coppietta disgustosa, coppietta, - e decide di restare seduto lì dov’è, non è che altrove riuscirebbe a trovare grande divertimento. Si preannuncia una serata lenta e noiosa, e probabilmente Damon finirà per soggiogare proprio la barista e portarsela via un paio d’ore prima che finisca il turno, ma, insomma, ne ha viste di peggio.
Il bourbon è buono, ottimo, gli accarezza la lingua e gli brucia il palato quasi come se ce l’avesse con lui. È la cosa più vicina ad una sensazione vera che Damon abbia avuto nell’ultimo mese, perciò lungi dalle sue intenzioni lamentarsi. È al terzo bicchiere, e la barista gli sta praticamente sbavando sui piedi, quando sulla nuca scaldata dall’alcol sente uno sbuffo di aria fredda, rapido come un battito di ciglia, e un altro respiro, eccezionalmente quieto, si aggiunge a quelli che già rimbombano tra le pareti del locale.
L’unico motivo per cui Damon si volta a guardare è che il nuovo arrivato cammina facendo davvero il minimo rumore possibile, come se fosse a malapena lì, come se il parquet neppure si degnasse di cigolargli sotto i piedi, e l’unico motivo per cui non si soffoca con il sorso di bourbon che ha in gola è perché non respira, di conseguenza non può, tecnicamente, soffocare. Il tizio è bellissimo. Sta sistemando la giacca sull’appendiabiti accanto alla porta, ed è di spalle per metà, ma Damon riesce a vedere quanto gli basta per decretare che, sì, il tizio è bellissimo, e lui non è neanche uno di quelli che si fermano a guardare gli altri uomini, non di solito, comunque.
Il tizio sta venendo verso il bancone, ora, e nella luce soffusa del locale, se Damon avesse un cuore vivo e pulsante, probabilmente lo sentirebbe tremare un po’ e fare i capricci. Il tizio è bellissimo, così tanto che Damon riesce a malapena a staccargli gli occhi di dosso, ed è come guardarsi allo specchio, ma perlomeno trenta volte meglio. Il vampiro butta giù un altro sorso di liquore per nascondere la propria ovvietà mentre segue ogni suo singolo movimento, il modo in cui occupa uno degli sgabelli come se fosse la sua poltrona preferita, o il cenno con cui saluta la barista.
Damon è sinceramente strabiliato dalla bellezza del tizio. Svuota il bicchiere in un sorso e decide di andargli a parlare - in realtà non lo decide neppure, lo fa e basta senza avere bisogno di pensarci perché, andiamo, come potrebbe starsene lì e accontentarsi di una misera barista quando c’è questo che lo aspetta, un simile viso messo lì apposta a tentarlo? Fa il giro del bancone e si sistema ad uno sgabello di distanza da quello che è, a tutti gli effetti, il suo sogno erotico fattosi carne, e ordina altro bourbon. La barista lo serve a tempo di record, sorride tutta seducente, Damon sta guardando di sottecchi il tizio seduto lì accanto e non riesce ad aver voglia di prestarle attenzione.
Beve, si lecca le labbra. Quando si volta di nuovo, il tizio lo sta guardando, vagamente sorpreso. Gli sorride, affascinante e misterioso e sinceramente irresistibile. Il tizio deglutisce.
«Salve,» mormora, perplesso e forse un pochino spaventato. Damon china elegantemente il capo, solleva appena il bicchiere, che gentiluomo che è.
«Salve a te,» dice, poi accenna al drink colorato che il tizio si sta coccolando tra le mani da quando è arrivato. «Non ha un aspetto invitante.»
Il tizio schioda un po’ a fatica gli occhi dal viso di Damon, si guarda il bicchiere, fa un sorrisino imbarazzato.
«No, in effetti non... è quello che mia sorella ordina di solito,» spiega, vagamente impacciato. Damon stringe un po’ gli occhi, fa una smorfia.
«Ed è bella come te, questa sorella, o sei il solo orgoglio della famiglia?» chiede; il tizio scoppia a ridere, arrossisce così tanto che persino le orecchie gli vanno a fuoco e Damon lo osserva con curiosità, si domanda se anche la sua faccia si illuminerebbe così tanto se mai qualcosa riuscisse a metterlo in imbarazzo. Non è poi così male.
«Scusami, amico,» sta sorridendo il tizio, ora, e gli occhi gli luccicano in un modo pazzesco e Damon si lecca le labbra. «Stai perdendo il tuo tempo, non... non sono uno di quelli.»
«Neppure io,» replica lui, candidamente, e si volta sullo sgabello per farsi guardare bene, perché il tizio si renda conto di quello che ha di fronte. Lo vede mordersi appena le labbra, sorride. «Ma mi sono sempre domandato come ci si senta a scopare con uno come me.»
Il tizio quasi sobbalza, sgrana gli occhi - azzurri e perfetti e Damon probabilmente è più eccitato di quanto dovrebbe, ma non riesce a preoccuparsene perché con tutto quello che ha passato e combinato in centocinquanta e passa anni di esistenza ha anche smesso di porsi domande sulla propria sanità mentale, - e dà una risatina senza fiato. Tira fuori dal nulla un paio di banconote e dopo un attimo è già in piedi, così in fretta che Damon potrebbe sospettare che sia un vampiro anche lui, che abbia la supervelocità anche lui; scappa via, prendendo la giacca dall’appendiabiti senza neppure guardare e ignorando la barista che vorrebbe soltanto dargli il suo resto.
Damon finisce il proprio bourbon con calma, e raggiunge il suo tizio quattro isolati a Nord-Ovest dal locale. Lo spinge contro il primo muro che vede e quello si oppone con una certa isteria, insultandolo forte, ma, beh, serve a ben poco, sul serio. Damon potrebbe ridere, se non fosse troppo impegnato a resistere al pulsare assordante del sangue sotto la pelle del tizio.
«Lasciami andare, cazzo!»
«Oh, andiamo, stai calmo,» sogghigna Damon, pigramente. Non ha voglia di soggiogarlo, per una volta, non ancora. «Non voglio farti del male.» Non ancora.
«Ti ho detto di lasciarmi,» insiste il tizio, agitandosi tra le sue braccia. Damon è assolutamente intenerito, e gli accarezza la fronte con un pollice per cancellare il suo cipiglio arrabbiato.
«Calmati, non vogliamo che ci vengano le rughe,» dice, e il tizio trattiene il fiato quando Damon lo bacia, senza altro preavviso che non sia premergli una mano contro la gola e schiacciarlo di più contro il muro. Le sue labbra sono appena un po’ screpolate, tremano piano ma Damon potrebbe non stancarsi mai di baciarlo. Gli si spinge addosso, pressandogli un ginocchio tra le cosce, e il tizio gli si aggrappa ai fianchi con una certa urgenza, tirandogli la camicia finché Damon non si ricorda di lasciarlo respirare almeno per un momento.
«Tu sei... sei un pervertito totale,» ansima il tizio, così tanto a corto di fiato che Damon deve concentrarsi davvero tanto per capirci qualcosa.
«E tu sei incredibilmente bello,» gli dice, scostandogli una ciocca di capelli dal viso. Bello, davvero, bellissimo. «Come ti chiami?» Non gli interessa davvero, ma un pochino forse sì.
«Stefan,» risponde il tizio, guardandolo male, e a Damon manca poter avere la pelle d’oca.
«Come ti chiami, davvero?» domanda di nuovo, sorridendo e stringendo la presa attorno alla pelle tenera della sua gola. La faccia del tizio si tinge di rosso, un po’ a chiazze, e lui chiude gli occhi.
«Boone,» pigola, debolmente, con il poco respiro che gli rimane. Damon gli morde un labbro, sente la testa girare per il sangue vicino eppure non abbastanza. Spinge il bacino contro quello del tizio, Boone, così tanto da farli aderire perfettamente, e Boone gli sospira sul collo. «Ti prego, non--»
«Stai tranquillo,» lo blandisce Damon, la voce densa e bassa e gli occhi di Boone si annebbiano appena, soggiogati. Damon gli stringe una mano sulla nuca e lo costringe a piegare indietro la testa perché possa guardarlo ancora un po’, perdersi nella perfezione della sua faccia, delle sue labbra gonfie. «Dio, sei proprio bellissimo.» Lo bacia, non può resistere, a fondo e lentamente e gli tira i capelli, gli pizzica un fianco, e Boone, sorprendentemente ma neppure più di tanto, finalmente si rilassa del tutto e geme pianissimo.
Damon perde il controllo, a sentire la propria voce così bassa e roca vibrargli contro la gola, e in un attimo ha i canini affondati contro l’angolo della mandibola di Boone. Il ragazzo si tende come una corda di violino contro di lui, gli stringe le spalle, ma non si muove. Damon si calma contro la sua pelle, si risolleva a baciarlo e Boone lo guarda con gli occhi sgranati.
«Mi ucciderai?» chiede, con una tranquillità che non è tutta dovuta al controllo mentale, Damon se ne rende conto.
«No,» promette, perché come potrebbe ammazzare questo viso stupendo? «Ma posso farti del male, se vuoi.»
Boone sorride appena, si sporge a baciarlo.
«Grazie,» dice, con un sospiretto contento quando Damon gli tira di nuovo i capelli. È come guardarsi allo specchio, ma perlomeno trenta volte meglio.