[The Fast and The Furious] In your mind, you've already succumbed to me (Dom, Brian)

Mar 11, 2011 15:32

Titolo: In your mind, you've already succumbed to me
Fandom: The Fast and The Furious
Personaggi/Pairing: Dominic, Brian, nominée Mia
Rating: PG
Conteggio Parole: 1037 (fidipu)
Prompt: Punto di non ritorno, per la quarta settimana della Cow-T di maridichallenge.
Avvertimenti: pre-slash, spoiler per Solo parti originali (il quarto capitolo della saga *g*)
Note: Gyah!
- Ad aprile (mi pare) esce il quinto episodio di F&F! #sapevatelo Per celebrare la cosa ho riguardato tutto in tempi recenti, e la fic si è scritta da sé \o\
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.

~ In your mind, you've already succumbed to me.

La storia di Brian e Dominic è fatta di velocità, di motori spinti oltre ogni limite della prudenza e curve prese a centocinquanta chilometri orari, dalle quali non si esce se non accelerando ancora, o con le ossa rotte. È una storia frenetica, non brutta, ma così convulsa che loro stessi fanno fatica a seguirla: è come incollare gli occhi al carrello delle montagne russe e pretendere di accompagnarlo su e giù lungo i binari, è uno sforzo inutile e fisicamente doloroso.
Brian è costantemente in bilico sul ciglio di un burrone, quando è intorno a Dominic, e non sta neppure fermo, no: si sente girare su se stesso come una trottola impazzita, la sua vertigine alimentata dagli scatti scatenati con cui Dominic entra ed esce e rientra ed esce ancora dalla sua vita.
La loro è una storia confusa come una macchia di paesaggio cui getti un’occhiata veloce dal finestrino durante una corsa; è una storia che si prende tempi di ripresa lunghissimi, di anni, persino, e poi riparte lasciando due dita di pneumatico sull’asfalto, e un odore di bruciato che ti avvelena i polmoni. È una storia che procede di un quarto di miglio alla volta, di dieci secondi in dieci secondi, una gara dopo l’altra, un limite abbattuto per andarsi a lanciare sul successivo: e non potrebbe essere più perfetta di così, perché questo è l’unico modo in cui Brian e Dominic sappiano guardare la vita.

*

La prima volta che, per Dominic, Brian apre un buco grande quanto Ground Zero nel muro della propria moralità, lasciandolo scappare, compromettendosi una volta e per sempre e con un’aria di fatalistica serietà che gli si addice poco, poi gli scrive una lettera. Una lettera, perché le cose sono successe talmente in fretta che persino Brian ha bisogno di fermarsi un secondo e pensare. È troppo tardi, naturalmente, perché Dom è già ben oltre il confine e c’è poco da fare per la reputazione di Brian se non pregare e pregare un po’ più intensamente, ma comunque Brian si siede sul letto e scrive a Dominic una lettera.
Per capire.

*

Dom,
ehi. Spero che tu abbia capito perché ho fatto quello che ho fatto. E che sono stato sempre sincero, non so precisamente a partire da quale momento, forse da subito, da quando ho schiacciato l’acceleratore nella nostra prima gara. Sono stato sempre sincero, però, con te. Sempre. E mi dispiace che sia andato tutto a puttane, ma penso anche che le cose avrebbero potuto finire molto peggio di così.
Non vado fiero di tutto quello che ho fatto, di tutto quello che ho detto, però di averti lasciato andare sì. Era la cosa giusta da fare, a quel punto. L’unica cosa da fare. Sarebbe stato meglio non arrivare al punto di dover scegliere tra te e la mia carriera, tra quello che è giusto e quello che mi pagherà lo stipendio e la pensione e tutto quanto, ma, ehi, è inutile pensarci, ora che la curva è passata.
Ci pensi mai agli incidenti, Dom? So che ci pensi continuamente, a quello di tuo padre. So che pensi continuamente che qualcuno avrebbe potuto fare qualcosa per evitarlo, che sarebbe bastato un briciolo d’attenzione in più, non un po’ di prudenza ma solo tenere gli occhi aperti e sentire il pericolo. So che ci pensi. Ci penso anche io, tantissimo, forse è un difetto di noi guidatori. E so che è inutile, che quando una macchina si schianta contro un muro succede perché non poteva essere altrimenti, lo so che se imbocchi la strada sbagliata puoi solo continuare ad andare dritto, lo so che ci sono cose da cui non si scappa e decisioni che non ci si può rimangiare e lo so che quando la gara è iniziata e hai fatto un casino ai blocchi di partenza non puoi fermare tutto e riprovare. Lo so. Però, credimi, darei qualsiasi cosa per poter tornare indietro e conoscerti prima. Conoscerti diversamente.
Sarebbe stato magnifico, Dom. Lo sai che lo sarebbe stato.

*

La prima volta che, per Brian, Dominic infrange il proprio codice morale, che gli imporrebbe di pestare il bastardo con un oggetto a caso fino a ridurlo ad un mucchietto informe di carne e ossa spezzate, prima di tutto perché ci ha provato con sua sorella, e in secondo luogo, poi, perché è uno sbirro pezzo di merda, non lo fa con la consapevolezza di aver buttato giù una barriera che non potrà ricostruire.
La prima volta che, pur sentendo l’odore di sbirro da quattro isolati di distanza, lascia entrare Brian in garage, lo lascia entrare nella sua famiglia, Dominic non pensa che, poi, questo ragazzino bianco si sentirà autorizzato a tornare ancora e ancora e ancora e fare un casino delle loro vite, di tutte le loro vite, mandando tutto a puttane, e forse salvandoli, un po’.
La prima volta che gli accorda il permesso di sorridere a Mia e mettere le mani sulle sue auto, la prima volta che accorda a Brian il permesso di scavarsi un posticino nel loro mondo, di portarsi via un pezzo della sua amicizia, Dominic non si accorge di avergli regalato un privilegio che Brian si porterà appresso per tutta la vita.
Dominic non pensa. Dominic vive come se fosse al volante, non ha bisogno di pensare per cambiare una marcia e non ha bisogno di pensare quando vede un bravo meccanico - con la faccia da ebreo alla prima barba, appena uscito dal college, che puzza di piedipiatti e parla come un camionista - gironzolargli attorno con la bava alla bocca per i gioiellini del suo garage. Dominic agisce, sfonderebbe la barriera del suono con una macchina veloce abbastanza, e non gli piace fermarsi a considerare troppo attentamente le conseguenze delle sue sterzate da pazzo scriteriato.
Lui a Brian non scrive nessunissima lettera, ma quando lo vede speronare la corriera che lo sta portando in carcere, di fatto mandando a puttane qualsiasi speranza gli fosse rimasta di essere reintegrato nell’FBI e nella società civile senza ulteriori danni e magari con una pistola, gli concede un pensiero rapido come un sorpasso in autostrada.
Grazie, razza di figlio di puttana, pensa, e fa fuori un altro confine quando Mia lo libera dalle manette e tutto quello che gli riesce di fare è guardare Brian, guardarlo davvero, e sorridergli.

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