[Robin Hood] What if the day will stay in bed? (Allan/Will)

Dec 22, 2008 15:49

titolo What if the Day Will Stay in Bed?
fandom Robin Hood (BBC)
personaggi Allan-A-Dale, William Scarlett
pairing Allan/Will
conteggio parole 1084 (W)! AYEEE! XD
rating PG13
note *canta e balla* questa fanfic ha una storia travagliata alle spalle. All'inizio erano due paragrafi distinti, che non sapevo come connettere. Poi, l'illuminazione! Ficchiamoci un po' di fangirling indiretto (AHAHAH;) di Allanollolo! \O/ Perciò eccola, in tutto il suo splendore XD
spoiler no. Davvero, vi giuro. È un missing moment dell'episodio 1x01. TOTALLY SPOILER-FREE. e____é
disclaimer non mi appartengono (figuratevi; se mi appartenessero, di certo non starebbero lì a correre nei boschi e_e). Non ci guadagno un centesimo. Sono maggiorenni. Neanche il titolo della fanfic mi appartiene. È stato fregato ai giustamente meravigliosi Foo Fighters.
~ I commenti sono l'amore. I lurker sono il male.


~ What if the day will stay in bed?
Il nuovo arrivato ha gli occhi luminosi di un animale selvatico.

Quando il secondino l’ha malamente sbattuto dietro le sbarre, quello si è voltato verso di lui, coprendolo d’improperi, giurando di non essere di Locksley, e le torce, dal corridoio, gli hanno acceso il volto. I suoi occhi hanno brillato, Will è pronto a giurarlo.

Occhi così accesi significano uno spirito irrequieto, e uno spirito irrequieto significa nessuna speranza di dormire, stanotte, per i giovani di Locksley.

Inaspettatamente, invece, il tizio con gli occhi lucenti si rintana in un angolino vicino all’unica finestra della cella, sfodera un broncio enorme e rimane in silenzio, pensieroso, corrucciato. Will, accucciato nell’angolo di fronte, non può fare a meno di osservarlo. L’angolino di cielo che s’intravede dalla finestrella è troppo poco interessante.

A parte quegli occhi, Will non riesce a vedere molto del suo viso, solo un naso non particolarmente piccolo - deve esserselo rotto più volte. Certo che, medita Scarlett, quegli occhi sono davvero incredibili. Cielo, sembra che assorbano tutta la fievole luce della luna e poi l’amplifichino, donandole pure una tenue sfumatura d’azzurro.

Cavolo, sono davvero lucenti, non è solo una sua impressione.

“Ehi, come ti chiami?” domanda il tizio, all’improvviso. Il suo sussurro è appena udibile, a causa del rumoroso russare di Luke. Will guarda il fratellino che dorme tranquillo. Non è che lo invidi, sia chiaro. Non è che Will non riesca a dormire perché ha le budella tutte attorcigliate all’idea che tra qualche ora verrà impiccato, e non ha mai amato nessuno, e non ha mai visto l’Oriente, e non ha mai seriamente lavorato il legno e ancora un milione di altri ‘e’, che domani, nel cortile del castello di Nottingham, dovrà ingoiar via, e cancellare.

“Ehi? Oh, fantastico, uno psicopatico che dorme con gli occhi aperti, ci mancava solo questa,” borbotta il tizio con gli occhi lucenti, dal suo angolino buio.

“William. Mi chiamo… William Scarlett.”

“Uh, eri sveglio, allora. Io sono Allan, Allan-A-Dale,” si presenta il tizio, avanzando carponi sul sudicio pavimento della cella e poi porgendo una mano a Will, perché questi la stringa. “Il capellone, lì, è tuo fratello?” E indica, con un cenno del mento, Luke.

“Lukey… Luke.”

Allan annuisce, sedendosi sui talloni. Osserva Will con un’espressione strana, quasi inquietante, come se stesse cercando, sul viso di William, qualcosa che è comparso solo per un secondo, e l’ha stregato.

“Non sono di Locksley davvero, comunque,” dice, senza schiodare lo sguardo dal volto di Will. “Tu sì, invece?”

“Sì.”

Allan-A-Dale, ora nella penombra, sorride, e i suoi occhi sono ancora più accesi di prima.

“Un tipo di poche parole, eh?”

Will non risponde, perché in fondo Allan ha ragione. Si limita a ricambiare il suo sguardo curioso, e in realtà vorrebbe chiedergli come ha fatto a rompersi il naso - insomma, è così evidente che se lo sia rotto! - ma non crede che sia davvero una buona idea. Per quanto ne sa, questo tipo potrebbe impazzire e trucidarli tutti in mezzo secondo.

“Per tutti i diavoli, tuo fratello fa un fracasso infernale, invece!”

“Sì. È sempre stato così.”

“Non riesco a dormire.”

Will vorrebbe dire che nemmeno lui riesce a dormire, ma non per via del russare di Luke. Dopo anni e anni e anni passati a dormire nella stessa casa, nella stessa stanza, ha imparato a tollerare il rumore di sottofondo.

Vorrebbe dire che nemmeno lui riesce a dormire, e zittirsi così, senza aggiungere altro. Ma poi Allan-A-Dale gli chiederebbe ‘Perché, piccolo Will? Perché non riesci a dormire?, glielo chiederebbe con lo stesso tono che aveva sua madre, e lui non saprebbe che dire, perciò Will chiude gli occhi per un attimo e accartoccia la frase in un piccolo groppo che è facile ingoiare via.

Altre parole non dette, che si aggiungono alla lista delle parole che non dirà mai.

“Nemmeno tu, eh?”

“N… no.”

Will si morde le labbra, in attesa della fatidica domanda.

Dovrà mentire.

Dovrà mentire ad uno sconosciuto, inventare una frase qualunque, una scusa qualunque, e sperare che quello se la beva.

Tutto perché gli occhi di Allan-A-Dale, così lucenti, gli impediscono di rimanere zitto.

“Eehh… ti capisco,” sospira Allan, alzando il viso per guardare la luna, al di là della minuscola finestra. Will imita il suo movimento, e pensa che, alla fine, qualcosa sul volto di Allan-A-Dale ha stregato lui, e non il contrario. “Certo che è triste - pensare che è l’ultima notte della mia vita…”

Allan-A-Dale parla a bassa voce, e le sue parole suonano morbide, quasi dolci, molto diverse da quelle che Will gli ha sentito rivolgere a Robin di Locksley, prima, e al secondino, poi.

“…e la trascorrerò in compagnia di soli uomini!” aggiunge Allan, e adesso sta guardando Will, e sta sogghignando. William è leggermente confuso.

“Avevo capito… hai detto… di essere sposato.”

Allan sembra profondamente divertito. Comprensibile, d’altronde: non capita tutti i giorni di trovare un bel faccino che s’indigni di fronte alla poligamia.

“Ho mentito.”

“Ah.”

Will torna a guardare il cielo.

Si sente stupido, perché, per i suoi standard, sta sproloquiando: lui è uno che parla poco, e in genere si limita a pronunciare il suo nome, magari anche quello di Lukey. Col tempo, le parole che ha imparato da bambino gli si sono accumulate in fondo alla gola, e sono rimaste là ad arruginirsi. Ora gli viene abbastanza difficile - non spiacevole, no, ci sono gli occhi allegri di Allan-A-Dale, in fondo - grattar via tutta quella schifezza.

E poi, Cristo, sta per morire, non è esattamente il momento ideale per rispolverare le sue inesistenti doti di oratore!

Per via di tutte queste farneticazioni mentali, Will non si è nemmeno accorto che Allan-A-Dale ha ricominciato a gattonare sul pavimento, e gli si è avvicinato tanto che potrebbe toccargli la bocca con la punta del naso, se solo si sporgesse un po’ in avanti.

In un quarto di secondo, Allan-A-Dale è riuscito ad intrufolarsi tra le gambe di William e a sedersi così, appoggiando, senza tanti complimenti, la propria schiena al suo petto. Sistema per bene la fronte contro il collo di Will, che è praticamente congelato dalla sorpresa, e sospira, apparentemente soddisfatto.

“Diavolo, sei veramente comodo,” mormora, sorridendo. Incrocia le braccia sul petto, si sistema meglio nel suo nido umano e chiude gli occhi.

Will rimane a guardarlo, basito, ancora per qualche minuto.

Poi, come se fosse perfettamente normale che Allan-A-Dale se ne stia raggomitolato tra le sue gambe, china il capo, appoggiando la fronte contro la spalla sinistra di Allan, e, nel giro di qualche respiro, si addormenta.
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