[Chicago Fire] Things Just Won't Do Without You (Joe, Leon Cruz)

Dec 06, 2013 13:39

Titolo: Things Just Won't Do Without You
Fandom: Chicago Fire
Personaggi/Pairing: Joe Cruz/Leon Cruz (l'incest c'è ma è di una vaghezza epica)
Rating: PG14
Conteggio Parole: 1204 (W)
Avvertimenti: Fix it, Fluff, SPOILER 2x09
Prompt: #47, Waterval della maritombola @ maridichallenge.
Note: Ughhh quanto li amo, i Cruz sono l'unica ragione per cui ho ripreso Chicago Fire dopo averlo mollato a metà prima stagione. Non ho la minima speranza che il canon decida di proseguire secondo il cammino che ho illustrato in questa fic, ma mi piacerebbe. Sarei una shipper felice.
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.



Things just won't do without you.

Non è la prima volta che ti senti stupido, che detesti il tuo enorme testone e vorresti aprirtelo contro uno spigolo perché tanto non serve a niente, e magari una presa d’aria in più ti fa bene; non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima ma, Cristo, non hai mai odiato così ferocemente il tuo cervello che spara a salve, che si beve il problema come una spugna e poi sta lì, dietro gli occhi, ad agonizzare, incapace di trovare una soluzione.

Leon è troppo caldo e familiare contro di te, ti si aggrappa addosso senza emettere un suono e l’unica cosa che sai è che non puoi lasciarlo andare, che se anche fai solo mezzo passo indietro ti esploderà il cuore nel petto; non puoi lasciarlo andare, le tue braccia attorno alle sue spalle e la sua mano grande in mezzo alla tua schiena tengono l’universo cucito assieme, lo sai, lo senti, è così ovvio, questo ragazzino è il tuo mondo e non puoi lasciarlo andare. Lo senti mugugnare, spostare un poco la testa per accomodare meglio la tua faccia contro il suo collo, e anche se la sua felpa puzza di sangue e polvere da sparo dall’incidente, tu ci affondi il viso e piangi perché non puoi lasciarlo andare ma devi e non riesci a trovare una soluzione ed è come quelle illusioni ottiche con cui Otis ha tormentato l’intera caserma per un mese quando le ha scoperte - che segui l’acqua scorrere lungo un canale all’ingiù e improvvisamente ti ritrovi in cima a una cascata. Hai dovuto guardare Leon riaffondare tra la feccia del quartiere e improvvisamente ti dice, “Abbiamo fatto una cosa buona,” ed è un eroe e te lo vogliono portare via.

Voight sta cominciando a spazientirsi, lo senti muoversi per la stanza, e Antonio gli mormora qualcosa per tenerlo buono; ti stringi Leon addosso con più insistenza e Leon dà un rantolo, ti si nasconde contro. La mano tra le tue scapole e quella sul tuo fianco tremano, ti afferrano la giacca e tutto l’autocontrollo che possiedi ti basta a stento per non renderti ridicolo gemendo forte.

Non sei sicuro del perché non ti sei ancora caricato Leon in spalla per portartelo via; è la sola cosa quasi sensata cui riesci a pensare, il tuo cervello è incastrato in una porta troppo stretta che dice non posso lasciarlo e devo proteggerlo e perché no, in fondo? Moriresti, prima di permettere a chiunque di mettergli anche solo un dito addosso - anche se hai fatto un lavoro di merda finora perché Leon sono già due volte che te lo sei ritrovato coperto di sangue tra le braccia, e non vuoi pensare a tutte le volte in cui non ti ha permesso di vederlo.

È la fottuta cascata: l’acqua, sempre la stessa, sempre le stesse idee inutili e stantie, scende placidamente lungo il canale, il ragionamento sembra funzionare, puoi tenerlo al sicuro, e sul più bello c’è una fottuta cascata che non sai chi ha messo lì ma vorresti tanto fargli avere una conversazione col tuo pugno destro; Leon non può restare nel tuo abbraccio per sempre ed è una maledetta disgrazia, non ha il minimo senso, perché diavolo hai permesso a Voight di farvi arrivare a questo punto?

Sei un idiota e prenderti cura di Leon era l’unica, l’unica cosa importante, più importante di fare il pompiere, più importante di qualsiasi incendio e della vita di qualsiasi civile e più importante di Zoya - oh, Cristo, Zoya, - Leon è il tuo fratellino e hai bruciare vivo un uomo per lui e non è servito a niente. Non puoi fare nulla per Leon e non puoi accettarlo e lasciarlo andare, ora, sarebbe come ammetterlo; e non ce la fai, non ce la fai, ma non riesci a trovare un’alternativa perché sei troppo cretino e non capisci perché debba essere tutto così complicato, tu vuoi solo proteggerlo.

“Joe,” mormora, giusto contro il tuo orecchio, e per quanto poco puoi muoverti scuoti la testa e non lo lasci andare. Leon espira una specie di risatina umida e incerta, ti si pigia addosso da capo a piedi. È magro e solido contro di te, ossuto attorno ai fianchi e un po’ inclinato in avanti. È la sensazione più appagante che tu abbia mai provato e decidi che non puoi sopravvivere senza, non sai come hai fatto finora, a non impazzire anche senza prenderti questo abbraccio dopo ogni turno, dopo ogni disastro e dopo ogni bella giornata.

Leon non può andarsene in Florida; non senza di te.

Voight tossisce; è al limite della poca pazienza che è riuscito a racimolare e dice, “Deve lasciare la città stanotte, Cruz. Prima della prossima era glaciale.”

Senti Leon trattenere il fiato, riempire i polmoni d’aria e tenerla lì, il petto gonfio pigiato contro di te e siete così vicini che non te lo stai immaginando, il pugno ritmico del suo cuore contro la gabbia toracica, in controtempo al tuo. In bilico sull’orlo della cascata, avvolgi una mano attorno alla nuca del tuo fratellino e ti fai un po’ indietro, non lo guardi perché a stento stai trattenendo le lacrime. Annuisci, e Leon espira, smette di tenersi a te, le braccia gli ricadono lungo i fianchi, ma tu non hai intenzione di lasciarlo. Non puoi.

“Vado con lui,” dici a Voight con la voce più ferma che hai, quella di quando una trave in fiamme sta per crollarti sulle spalle ma devi tirar fuori una bambina terrorizzata da sotto il suo letto. Voight arriccia il naso, si pianta le mani sui fianchi, ma Antonio gli dà un colpetto sul petto col retro della mano, fa un passo avanti. Ora cercherà di dissuaderti ma non c’è nulla che possa dire che ti convincerà, perché il cuore di Leon è appena impazzito sotto il tuo pollice ed è l’unica prova di cui hai bisogno per sapere che non è un’idea completamente del cazzo.

“Joe,” dice Antonio, cauto, “sei sicuro? La vita sotto copertura non è uno scherzo, dovrai lasciare il lavoro, gli amici, la tua intera identità, e non-non posso prometterti che tornerai.”

Non t’importa. Zoya è l’unico pensiero che ti ronza sul fondo del cervello, Zoya ha bisogno di te, le hai promesso il mondo, ma magari vorrà seguirvi in Florida e, se non vuole, la perderai e riuscirai a convivere col pensiero di averla persa; Leon è più importante.

“Joe, non-”

“Leon, taci,” soffi, e finalmente lo guardi e, Cristo, non smetteresti mai; il suo viso dorato fatto apposta per essere stretto nel palmo della tua mano, i suoi occhi neri lucidi di lacrime, così adulti da tentare di nascondere la paura, ed è con un orgoglio ridicolo a darti fiato che gli dici, “Non vai da nessuna parte, senza di me.”

È così semplice.

Leon scuote piano la testa e vuole dirti qualcosa ma non sembra riuscire a trovare le parole; ti guarda e ti guarda e ti guarda e non sai cosa legge nella tua espressione, ma nel momento in cui vedi l’incertezza sul suo viso sciogliersi in sollievo, quando si morde il labbro inferiore per impedirsi di sorridere e semplicemente annuisce, capisci che è fatta.

È così semplice.

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