Titolo: If I'm wrong, I'm right
Fandom: The Vampire Diaries
Personaggi/Pairing: Esther, Klaus, Rebekah, Elijah, Finn, Kol
Rating: R
Conteggio Parole: 624 (
fidipu)
Avvertimenti: angst, death, What If?, spoiler per la terza stagione
Prompt: Tutto in una notte @
maridichallenge.
- What If? @
auverse. [
tabella]
Note: Questa era la mia ipotesi (sgn) su cosa sarebbe successo con la comparsa di Esther. Non ci ho preso neanche per sbaglio, però ddddai, ci è concesso sognare XD
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.
~ If I'm wrong, I'm right.
Esther ha atteso un tempo che le pare infinito per quest’unica notte, per questo solo momento; madre e strega e troppo potente sia per l’uno che per l’altro dovere, ha atteso e atteso e atteso, osservando i suoi figli, portando il conto dei minuti, degli attimi, delle vite spezzate dalla follia cui è stata lei a dare avvio.
Tormentata dalla colpa, dal peso del male dai suoi lombi e dalle sue mani generato, Esther ha atteso; ha nutrito la pazienza e ha nutrito l’odio - per nessuno all’infuori di se stessa, perché anche i suoi figli sono stati vittime prive di colpa. È solo pietà che Esther prova per loro, pietà per il dolore che soffrono e causano, pietà per le non-vite che stancamente trascinano ancora sulla Terra.
Ed è pietà, ciò che guida la sua mano nella schiena di Finn, tra le sue ossa, fino a che il legno della quercia bianca non trova il cuore ischeletrito e lo trafigge, mandandolo in pezzi. È pietà che la muove alle lacrime, mentre guarda la luce appassire in quegli occhi tanto amati, e le labbra di suo figlio schiudersi attorno ad una domanda cui lui non ha più la forza di dare voce.
Esther ha atteso questa notte, quest’unica notte, per secoli; ha atteso, senza desiderare di vederlo finalmente giungere a compimento, il momento in cui spinge il paletto ancora intriso del sangue di Finn nella carne di Kol. Spezza una costola, senza fatica, e Kol la guarda, ma la Morte lo miete, infine, prima che possa capire.
Due dei suoi figli - due mostri - già restituiti alla cenere, Esther si rivolge al terzo, ah, Niklaus, l’abominio che più spezza il suo cuore di madre. Gli sorride, poiché non c’è nulla da temere in questa notte di gloria, di pace, di giustizia.
«Non tentare di fuggire,» mormora, con dolcezza. Klaus indietreggia d’un passo, la osserva, guardingo e spaventato. Ha tradito il suo sangue e ha pagato, in questa stessa notte, perdendo quell’amore dei suoi fratelli che è tutto ciò che abbia mai desiderato; adesso trema, di fronte alla fine, ma la mano di Esther è ferma, il suo cuore di pietra.
«Madre,» la chiama, paralizzato dalla paura, dalla sorpresa. I suoi occhi enormi e liquidi tornano alla polvere bronzea che sono stati i suoi fratelli, ed Esther sorride.
«Sarete riuniti, figlio mio,» promette; dopo stanotte, infine, la sua famiglia tornerà ad essere come deve - unita, per sempre, e fedele. Morta.
Rebekah la uccide prima che il legno della quercia riesca anche solo a sfiorare la pelle di Klaus. La bocca di Esther si impasta di sangue, metallico e denso, e il suo corpo, spezzato, tradisce il suo scopo; tradisce la Natura, e la giustizia, tradisce gli esseri umani e le streghe e l’equilibrio dell’universo. Tradisce.
Esther muore, il suo cuore un nodo di muscolo e sangue tra le dita di Rebekah, e con lei muore il senso di quell’eternità spesa ad attendere quest’unica notte, e quest’unico dovere.
«Ho ucciso mia madre,» soffia Rebekah, il cuore ancora caldo stretto in mano. Ha ucciso sua madre e Kol e Finn sono morti, ma lei è viva, e così Niklaus, ed Elijah. Ha perso e ritrovato, in una notte, più di quanto non abbia avuto in centinaia di anni.
«Rebekah,» Elijah le sfiora il viso in una carezza lievissima, gentile; Rebekah si fissa le mani, i polsi, zuppi del sangue della sua stessa madre. Klaus le copre con le proprie, allora; nasconde con la propria pelle la colpa di Rebekah - la colpa di averli salvati, di aver protetto l’abominio, l’insulto che è la loro esistenza, - e la guarda negli occhi, per farle coraggio.
Elijah racchiude tra le proprie mani l’intreccio di quelle dei suoi fratelli, ed è, ancora una volta, una promessa. Sempre, e per sempre.