TITOLO: Un rifugio per noi
AUTORE: Akane
SERIE: RPF-calcio: Real Madrid
GENERE: sentimentale
TIPO: 5 capitoli. Slash.
RATING: NC17
PAIRING: Cristiano RonaldoXRicardo Kakà (Crikà), partecipazione di Marcelo e Mourinho. Cenno vago a MarceloXPepe.
DISCLAMAIRS: i personaggi non sono miei ma di loro stessi poiché reali, io scrivo secondo mia immaginazione!
NOTE: esattamente durante i 4 Clasicos di questa primavera, cioè dopo aver vinto la Coppa del Re, era il 29esimo compleanno di Kakà ed ho visto un video carinissimo dove lui in aereo con la sua squadra (ma magari erano in pullman ed io ho capito male la locazione) si faceva firmare la maglia dai suoi compagni perché con loro aveva vinto il primo titolo con il Real Madrid. Questo fa capire quanto per lui conti quel gruppo ma soprattutto quanto sia tenero e dolce. Così ho pensato: sicuramente Cris ne ha pensata una di speciale, come regalo. Ed ho cominciato a pensare, poi grazie a Yukino ho trovato cosa. Poi di cose ne ho messe, ma le leggerete… ce n’è per tutti i gusti come sempre. Però siamo nell’apoteosi dell’innamoramento ed il finale è qualcosa di diabetico, però prima c’è ben altro visto che di mezzo ci si mette la nascita di Isabella, la figlia di Riky, e il mister!
Metto due capitoli per volta.
Buona lettura.
Baci Akane
UN RIFUGIO PER NOI
CAPITOLO I:
APPICCICOSO OSSESSIVO POSSESSIVO
Finalmente Ricardo si decise a sedersi e appena il suo delizioso fondoschiena si incontrò con il sedile dell’aereo privato del club su cui stavano viaggiando, un borbottio basso e rabbioso si levò dalla sua sinistra.
Alzando sorpreso le sopracciglia poiché non capiva proprio cosa avesse da seccarsi, osservò Cristiano ricambiarlo con uno sguardo truce ed un broncio infantile delizioso.
- Che c’è? - Chiese Ricardo allibito spegnendo subito il suo gran sorriso che aveva dispensato a destra e a manca per tutto il tempo.
- La pianti di andartene in giro per l’aereo a farti firmare la maglia da tutti? - Grugnì infatti senza preoccuparsi di mascherare il proprio umore ed il motivo per cui era tanto nero.
Del resto nasconderlo perché? Aveva ragione ad essere scocciato, di questo ne era assolutamente convinto.
- Perché? Che c’è di male? - Fece ingenuamente non arrivando davvero al motivo delle sue sparate.
- Niente, figurati! È solo che da quando sei salito non ti sei ancora fermato e a momenti arriviamo! - Per Cristiano era chiarissimo quale fosse il problema, infatti lo fissava sempre più seccato ed arrogante.
Ricardo però ancora non ci arrivava e stringendosi nelle spalle alzò la propria maglietta di riserva e l’appoggiò al sedile anteriore, la lisciò e la mostrò con orgoglio tornando a sorridere felice come una pasqua!
- Guarda qua che bello! Ho fatto firmare a tutti i ragazzi così ho un ricordo personale di questo compleanno… con tutti loro ho vinto il primo titolo al Real Madrid! Ogni volta che la guarderò me lo ricorderò! -
Cristiano a quello non poté frenarsi e sbottò brusco ed offeso:
- Manca il più importante! -
- Infatti, cosa aspetti a firmare, invece di lamentarti? - Cristiano accentuò il broncio che lo fece apparire ancora più piccolo di prima e prendendo il pennarello indelebile che il ragazzo gli porgeva insieme alla maglia, gli lanciò un’occhiata permalosa per poi porre sulla stoffa bianca da titolare il suo autografo.
Con un ben visibile ’con amore’ che nessuno aveva fortunatamente avuto l’inaugurata idea di scrivere al loro affettuoso amico.
L’idea era stata davvero bella specie perché dimostrava quanto bene stava lì con loro e quanto unico fosse nella sua specie.
Nessuno facendo gli anni aveva fatto una cosa simile coinvolgendo tutti i compagni di squadra, anche perché bene o male delle simpatie ed antipatie c’erano. A quanto pareva Ricardo era l’unico veramente amico di tutti, quello che stava a genio a tutto il club. Tirando fuori un’idea simile aveva dimostrato quanto tenesse a tutti loro e questo era stato inevitabile motivo di fastidio per Cristiano che non era più il solo e unico privilegiato.
Non che non avesse mai legato con gli altri, però a conti fatti stava vita natural durante con lui e questo lo indicava come un privilegiato. Ora si faceva addirittura firmare la maglia da tutti, come un ragazzino delle medie!
Questo gli faceva capire molte cose, fra cui che non era affatto cresciuto ma soprattutto che non era più speciale.
Non gli aveva chiesto un gesto specifico a lui che era il suo ‘migliore amico’ -per così dire-. Gli aveva semplicemente fatto firmare insieme a tutti gli altri. Per ultimo per giunta!
Ricardo continuò a guardarsi la maglia in lungo ed in largo ammirando ogni firma con un sorriso ebete sulle labbra, quindi l’altro infastidito soprattutto dai suoi occhi particolarmente luminosi, sbuffò e appoggiò la nuca allo schienale rimettendosi le cuffie sulle orecchie. La musica ripartì ma poco dopo si fermò nuovamente.
Cristiano si girò verso il compagno che gli tolse le cuffie.
- Insomma, che hai? Oggi faccio ventinove anni e due giorni fa abbiamo vinto la Coppa del Re, sei tu ad aver segnato per di più… perché sei così rabbioso? Anche durante i festeggiamenti… non ti sei praticamente dato da fare. Erano tutti lì che facevano i matti e cercavano di coinvolgerti mentre tu sorridevi appena e stavi come un ornitorinco - Al che Cris faticò a non ridere. - a guardare la folla dall’alto del pullman. Dovresti essere quello più contento di tutti perché con Iker sei stato praticamente l’eroe della partita! Grazie a te abbiamo battuto finalmente il Barcellona! - Il lungo discorso pareva tanto di paternale, ma aveva ragione.
Ad eccezione del dopo incontro dove Cristiano aveva addirittura pianto abbarbicato a Iker, successivamente non si era mostrato particolarmente contento al contrario di tutti gli altri che in compenso lo erano anche per lui. Certo sorrideva e faceva ogni tanto qualcosa, ma nulla di particolare, niente che fosse proprio da lui, soprattutto perché in molti avevano tentato di coinvolgerlo e lui era rimasto passivo. Non gli si era nemmeno mai avvicinato… chissà per paura di cosa, poi!
Solitamente Ricardo era piuttosto bravo a capirlo ma quella volta non ci riusciva e potevano passare le stranezze da festeggiamenti, ma lì quel broncio esagerato solo perché si era fatto firmare la maglia da tutti gli altri compagni proprio non poteva farglielo passare.
Cristiano corrugò la fronte e liberamente seccato non si preoccupò di nuovo di nascondere quello che gli prendeva.
- Ho che è da prima di quella dannata partita che non ci tocchiamo, in pratica! Ci evitiamo come la peste, limitiamo i contatti fisici al minimo… sai che queste cose non mi piacciono! Poi divento nervoso e mi irrito per ogni cagata! - Non si era nemmeno accorto di aver ammesso di essersi irritato per una ‘cagata’, ma Ricardo sì e cominciò a tirare i fili.
Lo guardò con aria di scuse e come al solito fu il primo ad ammettere le proprie colpe:
- Lo so, scusami, ma con le voci che hanno cominciato a girare non volevo fomentarle ulteriormente… sai che la nostra relazione deve rimanere solo nostra. -
Andò dritto al punto ma lo fece con discrezione e quasi delicatezza. Cristiano invece di arrabbiarsi di più si spompò realizzando che così non c’era nemmeno gusto ad infuriarsi.
Storse la bocca e disse contrariato:
- Chi se ne frega se ci sono voci? - Era vero che c’erano ma non certo ufficiali, tanto meno ufficiose. In realtà dicerie fra un certo tipo di ammiratori, però anche solo uno per lui sarebbe stato sufficiente.
- A me importa, ti ho detto che dovevamo stare attenti e tu hai capito, cosa c’è adesso che non ti và più? - Non era seccato ma ansioso, aveva davvero paura di mettersi a litigare seriamente con lui proprio il giorno in cui compiva gli anni. Era stato così felice fino a quel momento…
Cristiano però non poteva che essere sempre più insofferente. Da un lato capiva Ricardo ma erano così diversi che non riusciva a condividere la sua paura. Si era limitato ad accontentarlo solo perché lui ci teneva.
Sbuffò arrabbiato con sé stesso per averlo oscurato così proprio in quel giorno per lui speciale.
- Per me è difficile trattenermi quando voglio semplicemente venire da te e carezzarti i capelli o toccarti il culo! - Solo lui riusciva a dire una cosa dolce ed una da maniaco nella stessa frase. Ricardo ebbe un piccolo guizzo e sorrise appena, gli piaceva anche per quella sua capacità di unire due cose diverse,
- Lo so che lo è, ti sto chiedendo molto. Però non è che devi evitarmi così tanto, magari basta che ti limiti un po’… insomma, prima eri troppo… - Ma al momento di definirlo non trovò la parola giusta poiché quella che gli era venuta pensava l’avrebbe offeso. Però la espresse Cristiano per lui, convinto che la verità era sacrosanta e che non c’era mai niente di male nel dirla:
- Appiccicoso? Ossessivo? POSSESSIVO? -
Ricardo ridacchiò più rilassato vedendo che lo pensava lui stesso.
- Non volevo dirlo per non offenderti ma… -
- E’ la verità! Quando va detto va detto! Io lo so di essere così ma è il mio modo di stare con chi mi piace! E mi secca che invece a te non vada bene… -
Ricardo se ne dispiacque e lo dimostrò con un’ombra di scuse negli occhi estremamente espressivi di natura. Cristiano si diede dell’idiota per l’ennesima volta: proprio al suo compleanno dovevano parlarne?
- Siamo così diversi… - Disse facendola sembrare una propria colpa. Abbassò lo sguardo mortificato incapace di dire che poteva tornare a fare come gli pareva. L’idea che potessero venir scoperti lo angosciava troppo, ma d’altra parte non poteva fare a meno di lui. Ci aveva provato ed era stato peggio.
Cristiano si insultò ancora e prendendogli la maglia di mano gliela buttò in faccia per distrarlo, quindi lo spettinò e posò la fronte alla sua attraverso la stoffa bianca e firmata che ancora lo copriva.
- E’ questo che ci ha unito! Quindi va bene così! - E solo per lui riusciva a sforzarsi per fare qualcosa che non gli andava, come trattenersi in pubblico dalle dimostrazioni d’affetto -o di marchiatura di territorio- e dal tirarlo su di morale dimostrandosi ottimista e morbido.
Ricardo si tolse la maglia di dosso e rimasero così vicini per qualche secondo, si guardarono con le stesse espressioni di prima, uno serio e preoccupato e l’altro deciso e concentrato.
Era vero che non stavano così vicini ed insieme da molto, questo alla fine non aveva innervosito soltanto Cristiano. Solo che Ricardo era più bravo a controllarsi e a nascondere le cose, l’altro nemmeno ci provava.
- Io non ho una coscienza, tu sei la mia, quindi va bene che ogni tanto mi ricordi cosa va bene e cosa non va bene perché altrimenti mi faccio prendere la mano e ne combino una delle mie! Fregatene dei miei momenti di sclero, va avanti per la tua strada. Fra noi quello che sa cosa è meglio sei tu! Fosse per me metterei i manifesti in giro della nostra relazione. - E sentire chiamarla così fu per Ricardo un gran bel regalo, infatti sorrise spontaneo istantaneamente come se niente fosse successo ma solo qualcosa di estremamente bello.
Cancellò subito tutto e il suo cielo tornò sereno e splendente.
Cristiano si quietò e si complimentò con sé stesso per esserci riuscito, quindi avvicinando la bocca al suo orecchio gli disse basso e sensuale, pieno di malizia che si rispecchiava anche nello sguardo:
- Non vedo l‘ora di darti il mio regalo! -
Non disse nient’altro di particolarmente sconcio e poco pulito, ma dal rossore che coprì subito le guance di Ricardo sembrò che gli avesse detto chissà cosa.
Certamente sentirselo dire in quel modo fece il suo effetto!
Suo malgrado ricambiò rispondendogli sempre all’orecchio, ma non con un tono così smaccatamente sensuale:
- Non vedo l’ora. - Bensì con il suo solito candore che per Cristiano era grandemente meglio della seduzione.
Per contenere l’ondata di desiderio che lo colpì, il portoghese si rimise le cuffie sulle orecchie e accese di nuovo la musica, appoggiò quindi la testa all’indietro, sul sedile, e chiuse gli occhi provando a rilassarsi prima dell’arrivo a Valencia dove avrebbero giocato la prossima partita della Liga.
Certo, magari se avesse evitato di ripensare a quella famosa discussione citata poco prima da Ricardo, forse ci sarebbe riuscito meglio.
CAPITOLO II:
CHI E’ MIO E’ MIO
/Partì tutto con uno slancio eccessivo d’affetto nei confronto di Ricardo. Cristiano non ci aveva nemmeno pensato a trattenersi e affiancatolo gli aveva carezzato la testa spettinandogli i capelli. Lo faceva spesso, era un gesto tipico del portoghese, adorava farlo a Ricardo, lo rilassava e poi riteneva che così non ci fossero dubbi su come stessero le cose fra loro, per cui tutti gli stavano alla larga.
Ricardo si irrigidì e guardò dritto davanti a sé, quindi strinse le labbra e con fare inequivocabile pensò che avrebbe dovuto davvero parlargli.
Cristiano non lo notò -o magari si sforzò di non notarlo-, quindi lo superò e continuò gli allenamenti come niente fosse, osservato da un pensieroso e leggermente turbato Ricardo.
Che covasse qualcosa era evidente a tutti tranne che probabilmente al diretto interessato, ma lui era ottuso per volontà, non per natura, quindi se sembrava che non arrivasse a qualcosa era solo perché non gli andava di affrontare la situazione.
Tendenzialmente preferiva farlo sempre senza perdere tempo, ma se annusava nell’aria qualcosa che non gli garbava, fingeva di non captare niente.
Era un semplice opportunista, uno dannatamente furbo.
Ricardo non si chiese se Cristiano ci fosse arrivato o meno al proprio malcontento interiore, passò direttamente al domandarsi come fosse il caso di dirglielo.
Se non sarebbe stato chiaro non avrebbe capito, quindi doveva essere diretto ma al tempo stesso delicato o si sarebbe solo arrabbiato e basta.
Sospirò mentre Iker lo affiancava dandogli un’amichevole pacca sulla schiena, il giovane si girò e gli lanciò un’occhiata confusa che il portiere parve comprendere al volo, infatti con un sorriso d’incoraggiamento, disse:
- Lo sa, lo sa che esagera… aspetta solo che tu arrivi al limite e che lo fermi. - Ricardo aveva sospettato che le cose stessero così, ma per coscienza non aveva osato pensarlo.
Sospirò di nuovo come se non sapesse fare altro e senza aggiungere altro ripresero ad allenarsi insieme agli altri, ognuno facendo i propri esercizi.
Pareva proprio che quel limite fosse arrivato.
Negli spogliatoi entrambi rallentarono perdendo più tempo possibile per poter avere un po’ di privacy, naturalmente per motivi diversi.
Uscendo sarebbero andati ognuno a casa propria dove le rispettive famiglie li aspettavano, non potevano fare, come le chiamavano gli interessati, le ‘loro cose’, per cui spesso e volentieri facevano in modo da rimanere soli nello spogliatoio dopo l’allenamento giornaliero.
Quando la condizione fu a loro congeniale, ovvero la stanza si svuotò, Cristiano fu il primo e più veloce ad arrivare dietro a Ricardo e a prenderlo per i fianchi. Con le mani scivolò in fretta sul suo ventre piatto che si tese all’istante, non soddisfatto risalì il torace nudo giungendo ai capezzoli che si eccitarono subito.
- Cris… - Mormorò Ricardo emettendo involontariamente un suono più simile ad un miagolio che ad un nome. Il compagno sorrise soddisfatto posando la bocca sul suo orecchio, vi lasciò un leggero bacio che lo fece rabbrividire, poi mugolò a sua volta per chiedergli cosa volesse e senza preoccuparsi di ascoltare la risposta, scese con le labbra sul collo dove cominciò a succhiare una piccola porzione di pelle nel punto più visibile di tutti. Ricardo se ne rese vagamente conto e spingendosi all’indietro contro di lui cercò di farlo smettere, ma il risultato fu tutto l’opposto visto che sembrava tanto che gli si stesse spalmando ancor di più per dargli un accesso migliore.
Fu quando cominciò a sentire anche la sua erezione spingere contro i propri glutei, -e a separarli c’erano solo gli slip, che si rese conto di doverlo fermare per potergli parlare, o non ci sarebbe più arrivato.
Già, come se ora invece fosse possibile!
Era totalmente appoggiato con la schiena al suo petto mentre lui gli strofinava impunemente contro l’inguine che cominciava a tendersi dal desiderio.
La sua mente cominciò ad atrofizzarsi, come se si stesse lentamente immergendo in un bagno caldo pieno di oli profumati e rilassanti.
Sentiva le energie abbandonarlo e la propria volontà schiacciarsi.
Ben presto si dimenticò cosa voleva fare e dire e appoggiò la nuca alla sua spalla.
Certo poi stare appiccicati l’uno all’altro così com’erano, praticamente nudi con sola la biancheria intima addosso, non aiutava di certo.
Anche i capelli bagnati e spettinati che a contatto con la pelle umida e accaldata li facevano rabbrividire, non aiutavano.
Quando le mani di Cristiano scesero sull’erezione di Ricardo e cominciarono a tormentarlo crudelmente attraverso la stoffa, quest’ultimo si lamentò cercando disperatamente di riprendersi. Doveva, era importante quello che aveva da dirgli.
Più importante di quello?
Non sapeva dirlo.
In quel momento non era capace di giudicare il giusto e lo sbagliato, sapeva solo quello che voleva basicamente.
Cris e le sue mani ancora su di sé.
- Cri… - Diminuì ancora il suo nome senza accorgersene in un modo più intimo di prima e questo diede alla testa al ragazzo dietro che smise di lasciargli segni sul collo per cercare la bocca.
Con una mano gli girò il viso verso di sé e con prepotenza e decisione si impossessò anche delle labbra. Erano sue di diritto, ne era convinto.
Ricardo gliele cedette volentieri e quando le loro lingue si intrecciarono gli parve di venir risucchiato in un vortice dove si rendeva solo vagamente conto di essere totalmente alla mercede del suo ragazzo e che ora le sue dita erano sotto l’elastico dei boxer e lo stavano toccando direttamente sul proprio sesso eccitato.
Non poteva più resistere e la memoria era ormai lontana.
Perché doveva trattenersi?
Il brasiliano non lo ricordava più e quando venne fra le sue mani gli parve di svenire per un istante.
Si sconnesse perdendosi e si ritrovò solo quando le braccia di Cristiano rafforzarono la presa per reggerlo, sentendolo cedere al piacere intenso che aveva provato.
- Ehi… - Mormorò con voce bassa e roca il portoghese carezzandogli dolcemente il petto, lieto di essere il suo sostegno e di poterselo tenere in quel modo.
Ricardo allora cercò le sue mani e trovatele intrecciò le dita in quell’abbraccio che esprimeva a pieno tutti i sentimenti di Cristiano, sentimenti pieni di un fortissimo senso di protezione e possessività.
Ricardo lentamente tornò a respirare con calma, quindi girò di nuovo la testa e cercò le sue labbra, una volta che le trovò riprese il bacio interrotto bruscamente nell’apice del piacere di qualche secondo prima.
Fu un bacio estremamente dolce e lento, di chi assaporava quel finale che era solo loro, privato e perfetto.
Quando si separarono rimasero in quella posizione a guardarsi da vicino, i respiri sulla pelle e i battiti che si sentivano in maniera esagerata nonostante avessero finito da un po’.
- Devo parlarti… - Disse finalmente Ricardo ricordandosi ciò che per dei minuti interminabili aveva completamente cancellato.
- Sì? - Chiese nella pace dei sensi più totale, convinto che ora come ora potesse affrontare qualunque cosa!
‘Ok, ci siamo’ aveva pensato Ricardo ‘ma come glielo dico? Dopo quello che abbiamo appena fatto…’
Dubbio più che legittimo.
Quando cominciò a mordicchiarsi il labbro incerto, Cristiano capì subito che quello che gli avrebbe detto non gli sarebbe piaciuto per niente.
- Cosa c’è che non va? - Fece infatti subito con un tono più ansioso che andava indurendosi sul finale.
Ricardo se ne dispiacque ma sapeva che sarebbe andata così, quindi sentendo che voleva sciogliersi se lo tenne stretto mantenendo le sue braccia attorno alla propria vita e le dita ancora allacciate, come per ancorarlo a sé dimostrando una forza non da poco dal momento che l’altro voleva separarsi.
Cristiano alla fine dovette arrendersi e smise di lottare trovandolo estremamente delizioso mentre insisteva tanto per continuare a stare fra le sue braccia. Del resto gli piaceva stringerlo così da dietro, magari avrebbe affrontato meglio qualunque cosa gli stava per dire.
Ricardo così agganciò i suoi occhi castano scuro estremamente caldi ed intensi, infine con dolcezza e pacatezza si decise:
- So che questo ti farà arrabbiare ma devo chiederti un favore. So anche che ti costerà tantissimo, ne sono consapevole, ma io ho bisogno che tu mi accontenti. - Come se Cristiano fosse capace di dirgli di no… sapeva benissimo che chiedendoglielo in quel modo, con quell’espressione comprensiva e zuccherosa, avrebbe vinto lui.
Cristiano abbassò il capo e posò le labbra sulla sua spalla per evitare di guardarlo in viso, non sapendo che reazione avrebbe potuto avere e volendo invece tentare di controllarsi almeno un po’.
- Quando siamo all’aperto ed in pubblico, potresti cercare di limitare un pochino le tue manifestazioni d’affetto? Sai, quelle più evidenti… tipo quando mi accarezzi i capelli… -
Come da copione, Cristiano si irrigidì come una statua di ghiaccio e tentò nuovamente di separarsi, ma la presa di Ricardo si dimostrò davvero ferrea, per cui dovette rinunciare nuovamente e rimase ad abbracciarlo cingendolo per dietro.
- Non ti piace? -
Chiese subito stizzito e indurito. Aveva alzato infatti la testa e guardava dritto davanti a sé evitando lo sguardo che invece il compagno gli porgeva da quella vicinanza insostenibile.
Sentiva già la rabbia montargli dietro e da una parte non voleva fare una sfuriata con lui, però sapeva che non avrebbe resistito molto.
- No, non è che non mi piace, li adoro. Sai, a me le manifestazioni d’affetto fanno impazzire, mi ricaricano… sono molto importanti, lo sai. Però ho paura che la cosa ci sfugga di mano e che la nostra relazione trapeli fuori da qui, sai che non deve succedere. Sarei più tranquillo se cerchiamo di trattenerci in pubblico, fuori dai luoghi sicuri e chiusi, almeno per quel che riguarda un tipo di manifestazioni. Sai, quelle più plateali… tipo quando mi hai messo la cuffia perché prendevo freddo… - Arrossì al ricordo, gli era piaciuto da matti quando l’aveva fatto ma poi non si era visto che quella foto ovunque, per lungo tempo. Stesso discorso per quando gli carezzava i capelli, piuttosto spesso in effetti, o magari lo abbracciava in pieno allenamento senza apparente motivo.
Erano cose che in realtà gli piacevano molto ma lo spaventavano al contempo… chiunque avrebbe potuto interpretarle per quello che erano e allora la pace sarebbe finita. Quella pace appena raggiunta, finalmente, perché stava di nuovo bene e stava recuperando la sua forma in campo.
Era contento di tutto, di come stavano andando le cose all’interno della squadra, di come si era ripreso, dei rapporti di complicità e d’amicizia che aveva con gli altri… e come se non bastasse con Cristiano andava fantasticamente. Sembrava non ci fosse niente che non andava. Tranne che quando gli veniva l’ansia a pensare che forse qualcuno potesse capire troppo bene ciò che erano in realtà. Chi non poteva arrivarci, vedendo gli atteggiamenti troppo affettuosi nei suoi confronti?
Sapeva che lo faceva perché quelli erano i suoi modi di stare con chi gli piaceva, era oltretutto proprio per marchiare il territorio, per dire a tutti di stare alla larga dalla persona a cui lui teneva poiché la considerava solo sua.
Lo conosceva bene, ormai, e se da un lato gli piaceva quando faceva così, dall’altro riconosceva che era pericoloso.
Con sua moglie aveva ritrovato una specie di equilibrio… non poteva permettere che tutto si spezzasse, specie la propria serenità attuale.
Del resto riconosceva i propri doveri ma non poteva negare, come gli diceva sempre Cristiano, che era un essere umano e che come tutti aveva dei bisogno specifici che non poteva ignorare. L’aveva largamente fatto col risultato di affondare in una maniera quasi imbarazzante.
Tornare a combattere di nuovo quello che era equivaleva a sparire e nemmeno quello era giusto.
La sua natura era quella ed ormai non l’avrebbe più rinnegata, ma nemmeno spiattellata in giro. C’era un limite a tutto!
- Non me ne frega un cazzo se parlano di noi! A me piace dimostrare ciò che provo! Se voglio toccarti lo faccio, ovunque io sia. È il mio modo di fare, sono sempre stato così! - Rispose con fervore cominciando inevitabilmente a scaldarsi.
Ricardo che si aspettava una cosa del genere, appoggiò la testa alla sua e gliel’accarezzò rispettando la sua volontà di non guardarlo in viso per non risultare troppo duro.
- Lo so ma tu la conosci la mia situazione ed anche se non fossi sposato vorrei comunque evitare ogni possibile chiacchiera perché io sono fatto così. Non mi piace che violino la mia intimità in quel modo. Se venisse fuori che stiamo insieme la nostra pace sarebbe finita, io non lo voglio. Dobbiamo solo stare un po’ più attenti, poi quando siamo soli possiamo fare come vogliamo… - Continuava a parlare con calma sforzandosi di mantenersi lucido per usare le parole giuste, ponderava con molta attenzione.
Cristiano sbuffò e questa volta riuscì a liberarsi dalla sua presa ma non per aver usato maggiore forza, solo perché Ricardo aveva deciso di lasciarlo andare.
Cominciò a camminare come un’anima in pena per lo spogliatoio passandosi nervosamente le mani sul viso e poi fra i capelli corti ancora bagnati, se li spettinò tirandoseli su come di consueto, quindi continuò a girare intorno ad un immobile Ricardo che lo seguiva con lo sguardo apprensivo, spaventato dall’idea che decidesse di troncare tutto.
- Non mi piace nascondermi e già questa è una cosa che sto facendo contro la mia volontà. Lo faccio per te, perché capisco che sei in una situazione difficile e che per averti posso fare solo in questo modo. - Cominciò lo sfogo a ruota libera, il cervello totalmente disinserito, non aveva effettivamente la minima idea di che cosa stesse dicendo, lo diceva e basta. Con un tono sempre più concitato e seccato, sul rabbioso tendente. L’espressione buia ed il broncio sempre più visibile: - Se per di più mi limiti anche i miei soliti modi di fare, che cazzo stiamo insieme a fare? - Ecco, l’aveva detto. Ricardo se l’era aspettato e non era stato deluso.
Si trovò a trattenere il fiato e a guardarlo con due occhi spalancati, terrorizzato che non fosse tanto per dire. Non sapeva più come rimediare, c’era un modo per sistemare tutto?
Cristiano però continuò impietoso, alzando sempre più la voce scocciata ma mai gridando.
- A me piace toccare quello che mi piace! - Non si rese conto, nella foga del momento, di aver detto qualcosa di buffo, nella sua mente funzionava bene così e Ricardo non lo corresse di certo. - Mi piace marchiare il territorio, far sapere coi gesti che chi è mio è mio. Perché sono possessivo. E già il doverti condividere con qualcuno perché c’era prima di me e tu hai tutta quella fede che ti impedisce di lasciarla, mi manda in bestia. Ma so come sei fatto e ti amo anche per questo. Lo posso accettare. Ce la posso fare lo stesso. Non voglio che tu cambi. - Al che a Ricardo venne un colpo sentendogli dire una cosa del genere, ovvero che nonostante certi suoi modi d’essere lo mandassero in bestia lo accettava lo stesso perché lo amava anche per quello. Rigido come una corda di violino limitò ancora al minimo ogni funzione corporea e lo fissò speranzoso che finisse tutto bene, non aveva proprio idea di che cosa fare, lo vedeva davvero arrabbiato, stava buttando fuori tutto quello che per qualche assurdo miracolo era riuscito a sopportare e trattenere. Ma sapeva che prima o poi sarebbe successo, lui non era capace di tenersi niente dentro, non per troppo tempo. - Però se mi togli anche questo mio modo di fare, cosa mi rimane? Mi snaturi! -
Cristiano non ragionava proprio più, però era vero quel che diceva. Lui era così particolare proprio per quei suoi modi di fare spesso discutibili. Così come ora diceva cose che nessun essere umano avrebbe mai detto perché così era come rinfacciare cose che in realtà faceva per amore. Era questo che lo distingueva da tutti.
La verità la potevi sentire dagli ubriachi e dai bambini. O da Cristiano Ronaldo.
Ricardo era sempre più mortificato, si rendeva conto di tutto quello che gli stava dicendo in faccia con una certa ira, però era anche consapevole che viverla così come voleva lui non ne era capace.
Non avrebbe mai potuto.
A quel punto Ricardo rendendosi conto che era vero che non poteva chiedergli una cosa simile e che per lui era troppo, abbassò il capo più amareggiato che mai, capendo che a quel punto solo una sarebbe potuta essere la sua risposta.
Sentì un’ondata bollente esplodergli dentro e la confusione lo colse più tremenda che mai, lo stomaco preso in una morsa d’acciaio si contorse in spasmi dolorosi e pensò che era solo l’inizio.
Aveva rovinato tutto e quella volta con le proprie mani.
Cominciò a mordersi il labbro nell’attesa dell’inevitabile rottura.
Non poteva pretendere certe cose da Cristiano, non era giusto, sapeva com’era fatto e pensare che accettasse era la presunzione più grande di tutte.
Sorprendentemente, proprio mentre era convinto di sentirsi dire un doloroso ‘è finita’, due braccia calde e familiari lo avvolsero e questa volta per avanti.
Come le sentì tornò istantaneamente a respirare.
Rimasero così per qualche secondo e Ricardo gli si abbandonò contro facendo scivolare le mani sui suoi fianchi. Erano ancora praticamente nudi, sempre con addosso solo l‘intimo. Sentirono l’uno il calore dell’altro, una sensazione fisica rigenerante in reazione ad un contatto davvero prezioso.
- Capisci perché non posso evitare di toccarti? - Mormorò poi Cristiano parlando piano al suo orecchio. Era piuttosto brusco perché quello era il suo modo di fare ma non più arrabbiato, solo convinto di avere comunque ragione.
Ricardo annuì con fare infantile e questo intenerì ulteriormente il compagno che lo stringeva possessivo.
- Sono queste cose che ci fanno stare bene. E non si possono comandare. Nascono quando vogliono. - Non era come lo diceva ma ciò che diceva ad essere dolce.
- Hai ragione ma… - Cominciò flebile senza saper come andare avanti. Alla fine come ribattere?
Eppure lui voleva lo stesso che si limitassero…
- Ma per te è importante anche questo quindi ci proverò. Solo che non ti prometto niente. - Concluse Cristiano lasciandogli un insolitamente tenero bacio sul capo, fra i capelli umidi tutti arruffati.
A quello Ricardo alzò la testa con sorpresa, convinto che non sarebbe potuta andare così bene. I due si guardarono e il portoghese sorrise divertito da quella reazione spontanea. Aveva davvero creduto lo lasciasse?
- Ma senza poterti toccare quando cazzo mi pare divento intrattabile, quindi preparati! - annunciò già sapendo come sarebbe andata!
Il compagno che non avrebbe mai sperato in nulla di meglio, gli stampò un entusiastico bacio sulle labbra che venne poi subito approfondito dall’altro, non poteva certo farsi sfuggire le poche occasioni che poteva prendersi…
Quando le loro lingue si incontrarono entrambi si riappacificarono col mondo e dimenticarono ogni tensione e promessa. Per il momento erano lì da soli e andava ancora tutto bene.
Al resto ci avrebbero pensato di volta in volta, quello era il modo in cui avevano scelto di vivere la loro relazione e fino a quel momento aveva circa funzionato.
Finché sarebbe andata avanti, sarebbero andati avanti anche loro./