TITOLO: Delusioni
AUTORE: Akane
SERIE: RPF-calcio: Udinese, Barcellona
GENERE: sentimentale, malinconico
TIPO: one shot, slash
RATING: NC17
PAIRING: Antonio DiNataleXAlexis Sanchez
DISCLAMAIRS: i personaggi non sono miei ma di loro stessi poiché reali, ciò che ho scritto è ASSOLUTAMENTE inventato!!
NOTE: non potevo evitarlo. Scrivendo Saluti mi son detta che quella era la fine ebbene mi sbagliavo. Ho visto la partita dell’Udinese contro l’Arsenal da buona Udinese che sono e alla fine (con mio zio che quasi piangeva dalla disperazione per l’eliminazione) in camera ho aperto il pc ed è venuta come da sola… si perché la delusione c’è stata ed è stata enorme e a questo punto chiunque si consola a modo suo. Ma a volte il prevedibile diventa imprevedibile… che posso dire? Io sono io e la tentazione di fare ciò nonostante tutto è stata troppo grande… così mi sono impantanata da sola ( e dire che mi ero ‘spantanata’ con tanta fatica ed abilità!! Ora come ne esco? Mah… ). Spero che comunque vi piaccia.
Come sempre niente di pretenzioso, comunque. Solo una specie di sfogo a modo mio.
Grazie a chi legge e commenta.
Buona lettura. Baci Akane
DELUSIONI
Ci aveva creduto.
Ci aveva creduto davvero e così come non mai.
Forse proprio per questo ora gli bruciava, ma era più un nodo enorme alla bocca dello stomaco, un nodo che prendeva tutto l’esofago fino in gola e gli impediva di parlare, respirare a stento e di fare espressioni.
Era una pietra e lo era stato anche per tutto il tempo successivo alla partita persa e alla conseguente squalifica.
Era stato come una statua di marmo, rigido, duro, inscalfibile.
Chiunque lo guardasse rabbrividiva capendo che non stava bene ma soprattutto che era sull’orlo di uno scoppio e quando uno così scoppiava erano guai per chi gli stava accanto.
Dopo aver capito che non avrebbe parlato, lo lasciarono in pace e sopportato le conseguenti interviste del post partita rispondendo a stento alle solite domande di rito che gli erano parse torture, sgusciò via dallo stadio e dalla squadra, via da tutto e da tutti, anche dalla famiglia che lo aspettava a casa pronta per tirarlo su e consolarlo.
Non era facile per lui quel momento, non lo era perché quando erano passati ai preliminari, a giugno, ci aveva creduto così tanto di potercela fare che ora affrontare quella squalifica era per lui impossibile. Specie perché si ostinava a sforzarsi come un matto di bloccare tutto. Non voleva far uscire alcuno sfogo. Molti dei suoi compagni avevano pianto, quelli che avevano combattuto con lui l’anno precedente per arrivare fino a quel punto. Molti si erano arrabbiati. Tutti avevano fatto qualcosa tranne lui, il capitano.
Persino le parole del mister non gli erano state d’aiuto.
Quello che sapeva era che non voleva vedere nessuno, stare con nessuno ma soprattutto sentire nessuno.
Specie uno in particolare.
O forse era per assurdo l’unico che avrebbe voluto accanto in quell’istante.
E lo era davvero visto che non si trattava di sua moglie, come sarebbe dovuto essere, ma di un ormai ex compagno con cui aveva lottato enormemente per arrivare a quei preliminari di Champions.
Sospirò frustrato dopo mezz’ora di guida a vuoto per la città, ormai era buio e il caldo nonostante la notte gli dava la sensazione di soffocamento.
L’umidità di Udine era quasi leggendaria in tutta Italia, ma sembrava non sentire nulla. Di fatto non aveva nemmeno acceso il condizionatore in macchina.
Continuò a guidare a vuoto per le vie che circondavano la città, quelle più deserte, fino a che il cellulare gli squillò.
“Strano che suoni solo ora…” Si disse ironico prendendolo in mano. Prima di vedere chi fosse pensò che sua moglie ormai sapeva come funzionavano queste cose, per questo andavano d’accordo. Sapeva quando era il caso di lasciarlo per conto suo. Dunque chi poteva essere che non sapeva stare al proprio posto?
Quando vide il nome nel display quasi non gli venne un colpo. Piantò una frenata da capogiro e l’auto sbandò per un po’, poi si fermò al bordo della strada deserta ed isolata.
Continuò a squillare insistente nonostante non gli avesse ancora risposto, quindi allibito, sconvolto e scosso rispose. Non nascose la sua titubanza.
- Alex?! - Chiese incerto se fosse davvero lui.
Dall’altro capo del telefono la sua voce chiara ed inconfondibile con quel delizioso accento spagnolo gli diede conferma che era davvero lui.
- Totò? - Non lo chiamava quasi mai così perché era un diminutivo che nella sua lingua non si usava per il suo nome, quindi non era mai stato un soprannome spontaneo. Per un attimo dunque credette che non fosse lui, per questo ed anche perché non aveva il solito tono allegro e spensierato di sempre.
Non squillava come al solito.
Silenzio.
- Sono io, Alexis… - Disse poi credendo che si fosse dimenticato di lui. Non sarebbe mai stato possibile. All’ancora silenzio dell’altro, chiese: - Ma ci sei? -
Antonio fece decisamente fatica a riprendersi dallo shock e ancora non ci era riuscito molto bene, ma capendo che era davvero il suo ex compagno, Alexis Sanchez, rispose ancora boccheggiante per un attimo proverbiale dimentico di tutto.
Ma proprio tutto tutto.
- Sì, più o meno… mi hai sorpreso! Non mi aspettavo una tua chiamata! -
- Dove sei? - Questa domanda gli diede la facoltà di riprendersi. Che gli importava di dove fosse? Quello era a Barcellona…
Senza pensarci rispose automaticamente, preso dalla sorpresa:
- A guidare per stradine fuori Udine… - Dall’altro capo sentì Alex fare uno strano verso, come di chi si immaginava la risposta, poi disse serio:
- Di preciso? -
Ma che diavolo gli importava? Non capiva proprio ed appunto per quello rispose senza rifletterci, convinto che fosse rimasto pazzo come se lo ricordava. Oltretutto non aveva voglia di polemizzare, non l’aveva mai fatto e non avrebbe cominciato certo ora!
Gli disse dove era e Alexis lo stupì ancora con quella sua capacità che l’aveva sempre caratterizzato.
- Ah, non sei lontano dalla mia vecchia casa… è ancora libera, ti va di venire un attimo? - Antonio ormai era convinto di avere le allucinazioni uditive.
Stava delirando?
- Cosa stai dicendo? -
- Orco can, Totò, va bene che sei fuori fase per la partita, ma così rincoglionito non ti ricordavo mica! Raggiungimi alla mia vecchia casa, sono lì che ti aspetto, muoviti! - Antonio non ebbe il tempo di prendersela per il ‘rincoglionito’ e nemmeno per il tono poco rispettoso e scanzonato, ci rimase direttamente secco per il concetto appena appreso ma non riuscì a dire niente che l’altro aveva già messo giù il telefono.
Rimase a guardare il cellulare inebetito mentre si ripeteva che Alexis era lì a Udine, dopo di che impallidendo si rese conto di aver guidato involontariamente fin quasi a casa sua.
No, la piega che stava prendendo quella notte non andava per niente bene ma nonostante questo con una sgommata riaccese la macchina e partì a razzo verso la destinazione appena ordinata.
Una destinazione che evidentemente era scritta da qualche parte…
Quando giunse a casa sua non erano passati molti minuti, ci mise meno di quel che avrebbe dovuto e Alexis aveva appena trovato delle candele in alternativa alla torcia elettrica.
Introdursi in casa propria non era stato difficile, nonostante non avesse più le chiavi ricordava tutti i metodi per entrare viste le molte volte che era rimasto chiuso fuori, sbadato com’era!
Antonio arrivò e lui uscì con un gran sorriso, dimentico per un momento della pesantezza che avrebbe dovuto accompagnarli ma soprattutto della partita più importante per il suo amico finita pessimamente.
Dimenticò ogni cosa anche lui e con quel suo famoso sorriso, appena lo vide giù dall’auto gli saltò al collo e lo agguantò come un koala, come solo qualche mese prima succedeva spesso. Come se non si fossero lasciati nel peggiore dei modi.
Antonio sentendoselo addosso l’abbracciò di riflesso nelle sue stesse condizioni. Ogni cosa sfuggita di mente e di mano, solo quel deja vu sensazionale dove gli era sembrato di tornare indietro a quando erano felici insieme ed andava tutto bene.
La prima sensazione positiva della serata.
E forse di un paio di settimane.
- Ma che ci fai qua? Non dovresti essere a Barcellona? -
Chiese facendo appello alla logica.
Alexis si staccò a malincuore dalle sue braccia e prima di trascinarselo dentro, rispose alzando le spalle semplicistico e con gran faccia tosta:
- L’altro ieri abbiamo giocato l’amichevole in Italia col Napoli, siccome ci sono saltate un paio d’altre e che in Spagna siamo in sciopero con la Liga, avevo dei giorni liberi e con quella di sbrigare un paio di faccende ho fatto un salto a vedere la partita più importante di quest’anno! -
Non si fece il minimo problema ad ammettere che lo era e tanto meno che aveva fatto il lavativo per vedersi una partita della sua vecchia squadra. Che lui sapesse nessun giocatore che poi se ne andava lo faceva. Tanto meno che andava in una grande squadra con un ingaggio incredibile!
- Tu sei matto! - Rispose al volo Antonio finendo addirittura per ridere come ai vecchi tempi, prima dei loro problemi. La risata dell’altro l’accompagnò in casa, mentre se lo trascinava come niente fosse.
Davvero non ricordava come si erano lasciati male?
Antonio era completamente fuori di sé, nella confusione più totale e non capiva più nulla. Vuoi per la bruciante delusione per la partita, vuoi per i ricordi burrascosi legati a lui, vuoi per il rivederlo lì.
Stupito dell’atmosfera che grazie alle candele si respirava nell’appartamento completamente arredato come l’aveva lasciato, si fermò irrigidendosi e Alexis si girò per guardarlo e vedere cosa avesse. Dedusse l’ovvio e rispose con la sua famosa parlantina e quel delizioso accento spagnolo che faceva impazzire Antonio.
- Sono abusivo, sì, ma tanto non c’è anima viva qua ancora e non facciamo male a nessuno. Non volevo rischiare di farmi beccare in giro, è solo per qualche ora con te. - Captò in pieno l’attenzione nei suoi riguardi, attenzione che era tale senza alcuna malizia o doppio senso dietro, candido com’era.
Sapeva che il suo umore era a livelli tenebrosi e che andare in posti di terzi sarebbe stato impensabile, cercando dunque qualcosa di tranquillo dove stare soli ed in pace alla fine era venuto fuori quello. Casa di Antonio era naturalmente fuori discussione, così come l’albergo in cui pernottava il cileno.
- Purtroppo non c’è luce, è tutto staccato, ma sapevo di aver lasciato di quelle candele che vengono in omaggio con… - Antonio lo fermò con un gesto della mano, sapeva che se l’avesse lasciato fare avrebbe continuato all’infinito e oltre, la sua loquacità era famosa e da un lato era contento di sentirla… significava che era riuscito a mettere tutto da parte e che riusciva ancora a vederlo in amicizia come un tempo. Per lui era una cosa importante che non aveva affatto dato per scontato.
Si sedettero nel divano da cui avevano tolto il lenzuolo bianco, quindi evitando i soliti convenevoli, Alexis andò subito al punto com’era nel suo stile.
Una specie di freccia che centrava subito prepotentemente e precisa il bersaglio senza usare filtri di alcun tipo.
Era lì per quello e di quello avrebbe parlato.
- Mi dispiace per stasera… so quanto era importante per te… - Naturalmente per tutta la squadra ma era consapevole che per lui lo era anche di più, per diversi motivi.
Antonio si incupì repentinamente e ad Alexis si strinse il cuore chiedendosi cosa avrebbe potuto fare per lui. Vide i suoi occhi farsi neri come la pece e lo sguardo abbassarsi nelle candele piccole senza vederle. La luce arancione che li illuminava rendendo l’atmosfera intima e piacevole non aiutava di certo, gli dava ancor di più un’aria malinconica.
- Lo era molto in effetti… - ammise più a sé stesso. Solo dopo averlo detto si rese conto che era la prima volta che diceva veramente qualcosa a riguardo del pessimo risultato raggiunto e sentendo il nodo tornare incombente e pericoloso, si turbò ulteriormente. Non poteva significare niente di buono.
Alexis prendendo quell’espressione come un dolore aggiunto per l’argomento, gli strinse istintivo il braccio e dispiaciuto disse piano:
- Non sai quanto avrei voluto essere in campo ad aiutarti… - Si agganciò a quello per evitare di finire sullo specifico della partita, cosa che non avrebbe forse retto.
- Ma perché non mi hai detto che eri qua a guardarci? -
Alexis si strinse nelle spalle senza togliere la mano dal suo braccio.
- Non volevo disturbare… - Antonio sgranò gli occhi dimenticando per un istante l’argomento partita.
- Tu che pensi di disturbare? Questa è proprio bella! Cos’è, l’aria di Barcellona che ti fa delirare? -
Alexis accennò ad una risata, poi si ammosciò quasi con impaccio:
- No, ma sai… non ci eravamo lasciati proprio bene e facendomi vivo prima di un momento così delicato ho pensato che ti avrei distratto troppo… volevo rimanessi concentrato sulla partita… - Era vero, l’aveva fatto esattamente per questo e Antonio pensò che questo sì che invece era da lui. Si consolò realizzando che era rimasto sempre quello, poi stanco di filtrare ogni pensiero e ragionamento, cominciò a parlare senza riflettere, così come gli veniva. Era davvero a terra, oltre che a pezzi.
- E come mai ora invece ti è sembrato il momento giusto per farti vivo? - L’idea che fosse per pietismo o simili era bruciante, ma voleva sapere quale strano ragionamento avesse fatto la sua testa. Voleva saperlo prima di tuffarsi in quei maledetti ricordi di settimane prima.
Appoggiata la testa allo schienale si tirò su un ginocchio sul divano, mentre l’altro rispose facendo scivolare la mano dal braccio alla caviglia alla sua portata. Il punto in cui lo toccava, bruciava.
- Perché sapevo che saresti stato da raccogliere con un cucchiaino e che ti saresti isolato. Perché volevo assolutamente esserci per questo momento, nonostante com’è finita. -
E qua, come previsto da entrambi, i ricordi prepotenti e quasi drammatici tornarono come un pugno allo stomaco.
La grande gioia di arrivare ai preliminari di Champions, le speranze, le aspettative, la gioia, la richiesta di Antonio ad Alexis di rimanere con lui all’Udinese, il suo bacio inaspettato e impulsivo, lo shock, la crisi, la sparizione, la chiusura, la sua decisione di andarsene al Barcellona, il suo lasciarlo senza una parola, la conseguente litigata furiosa, la dichiarazione in pieno stile Alexiniano, il bacio, le lacrime, il dolore, i drammi, il lasciarsi definitivamente e male, più male che mai.
E la consapevolezza che Antonio era stato tanto felice di approdare ai preliminari proprio per la convinzione che con Alexis ce l’avrebbero fatta a superarli. Quell’idea granitica che con lui il sogno si sarebbe realizzato. E la perfetta storica colossale delusione che, proprio come previsto, senza di lui non ce l’aveva fatta.
Magari non per la sua sola mancanza, ma sicuramente era stato un gran contributo, ne era certo lui come tutti gli altri.
Solo, l’aveva lasciato solo e di certo non era davvero così ma lì, ora come ora, in quell’istante specifico Antonio era proprio così che si sentiva.
Come uno che era stato lasciato solo dal suo compagno più importante. Quello col quale aveva sperato fino in fondo.
E gli venne fuori tutto, ogni cosa faticosamente repressa, quel famoso nodo straripò con la maschera di marmo che gli si scioglieva. Forse realizzando che era tutto finito e che avevano perso. Forse realizzando ogni cosa solo ora.
Le lacrime cominciarono a sgorgare anche dai suoi occhi come da quelli di molti dei suoi compagni, lacrime amare che silenziose rigarono le sue guance.
Alex si sentì male a guardarlo in quelle condizioni, sembrava piccolo, oltre che stanco, ma leggergli quell’evidente delusione e quel dolore portato dai ricordi a lui legati -ed era certo fosse così- era davvero terribile, il suo pianto fu poi il colpo di grazia che lo mandò completamente fuori dal seminato, cosa piuttosto facile per uno come lui.
Voleva fare qualcosa ma non aveva idea di che cosa potesse osare.
Era la prima volta che se lo chiedeva pensando di non poter fare nulla per lui.
Era la prima volta che semplicemente non agiva e basta.
Non osava fare ancora nulla ma al sussurro spontaneo e quasi esasperato di Antonio con la voce spezzata ed un tono sfiniti, crollò ogni muro.
- Mi hai lasciato solo, Alex… - Un mormorio quasi indistinto indice della sua fragilità, della sua delusione e del suo dolore. Gli faceva male vederlo così, gli faceva male sentirlo e soprattutto gli faceva male quel suo sentimento così cristallino negli occhi bagnati così vicini ai suoi.
I propri sentimenti riemersero come uragani contenuti a stento in una stanza troppo piccola.
Senza pensarci, impetuoso come suo solito, si sospinse su di lui e l’abbracciò carico di dispiacere e di un sentimento troppo grande per essere domato, quindi Antonio si ritrovò cinto da lui con la testa circondata dalle sue braccia e appoggiata sul petto.
L’aveva preso e con forza e prepotenza se l’era attirato a sé senza chiedere o avvertire.
L’aveva solo fatto.
Antonio dopo il primo attimo di sorpresa e shock si rilassò completamente. Del tutto. Anche troppo.
Si rilassò così tanto che nel trovare quell’assurdo conforto nel suo corpo, in quel gesto che considerati i precedenti era fuori luogo, non lo respinse ma vi si accoccolò meglio sistemandosi contro il suo petto e continuando a piangere sommesso proprio come un bambino che aveva perso qualcosa a cui teneva troppo.
- Perdonami, ti prego perdonami… se fra noi le cose fossero andate diversamente non avrei agito tanto istintivamente. Dio, non lo so… per quanto ami il calcio e desideri far carriera, non sono uno che va contro il proprio cuore, io ragiono con questo e non con la testa. Per questo ho accettato impulsivamente la proposta e me ne sono andato. E me ne sono pentito perché mi sei mancato e mi manchi ogni giorno e vorrei solo essere stato in campo con te, stasera, ad aiutarti e poi a soffrire con te, in caso. Ma con te. E non so come rimediare, non posso, ormai è fatta. Posso solo accettare tutto questo e sperare che queste mie braccia ti bastino. Vorrei solo che fosse tutto diverso, ma non è così… -
E a quello Antonio senza la minima previsione si ribellò. Nemmeno lui voleva che le cose fossero andate così, nemmeno lui voleva accettarle e basta, nemmeno lui voleva tutto quello e per una volta, in una sera dove aveva dovuto digerire troppe cose brutte, cose troppo dure e difficili, ad una di queste si ribellò e risalito il suo abbraccio, lo baciò raggiungendo le sue labbra..
Alexis l’accolse con stupore credendo di essere in uno dei suoi sogni, solo quando sentì il suo sapore che ricordava tale e quale all’ultima volta che si erano baciati, si sciolse e ci credette.
Capì che qualunque fosse stato il miracolo, per quella notte poteva viverlo e basta.
Perché a nessuno importava di loro tanto quanto a loro stessi e nessuno poteva sapere più cos’era il giusto e lo sbagliato.
Quella notte volevano solo dimenticare il brutto e il negativo, volevano sotterrare tutto ciò che di sbagliato era stato fatto e mettere da parte ogni cosa ed andare ad istinto.
Istinto soltanto.
E l’istinto gli diceva di abbandonarsi e basta.
Quando le loro lingue si intrecciarono, ogni cosa sparì ed un mondo completamente diverso dal precedente si aprì loro.
Diverso era anche dir poco.
Il primo a muoversi oltre il bacio fu Alexis che impaziente di andare finalmente oltre, non sapeva se potesse davvero osare. Era molto combattuto ed il risultato fu una buffa ed insolita timidezza.
Con le mani risalì ai lati del suo viso per poi ridiscendere sul collo, la sensazione della sua pelle sotto le dita era ubriacante già di suo, non poteva immaginare cosa sarebbe successo quando l’avrebbe assaggiata. Rallentando l’impetuoso intreccio con la sua lingua, si concentrò sulla sua maglietta, era leggera e non ci mise molto a stropicciarla per appallottolarla sul petto. Voleva togliergliela ma non osava e ci giocava senza toccarlo come si doveva. Fu per Antonio peggio di una tortura greco-romana e per questo seccato prese il sopravvento togliendosi da solo l’indumento. Lo sfilò da sopra la testa e lo fece cadere distrattamente a terra.
Non aveva esperienze di quel genere di cose, non sapeva bene come si dovesse procedere anche se tecnicamente non doveva essere poi tanto diverso da ciò a cui era normalmente abituato.
All’incirca.
Se non che il soggetto con cui aveva a che fare a parte che essere un ragazzo era Alexis, una creatura irruente e passionale capace di bruciare un iceberg.
Quando l’ebbe a torso nudo davanti a sé, Alexis si ricordò inevitabilmente di tutte le volte che l’aveva visto nudo sotto la doccia negli spogliatoi e si rese conto che a mancargli erano stati soprattutto quei momenti. I classici momenti da spogliatoio.
Andato in tilt non capì più niente e limitandosi ad agire e fare semplicemente quello che aveva sempre desiderato da quando si era preso quella cotta seria per lui, uscì dalla sua bocca scivolando con le labbra aperte lungo la sua mascella.
Bevve il sapore salato delle sue lacrime e giunse all’orecchio che fece suo con disinvoltura mentre le mani l’esploravano sul torace, sui capezzoli, sugli addominali, sulle spalle, sulle clavicole e poi scivolavano sui fianchi per giungere sulla schiena e premersi su di lui. I propri vestiti ancora li speravano ma sapeva sarebbero rimasti lì ancora per poco.
L’assaggio proseguì sul collo dove per poco non gli lasciò un segno troppo visibile, fu il gesto di Antonio che gli fece capire non era il caso, quindi tornato a separarsi il necessario, proseguì in basso con le dita che già frugavano sotto l’elastico dei pantaloni corti della divisa estiva ufficiale del club e poi oltre gli slip.
Quel piacevole caos, quel calore esattamente lì, in quelle parti basse dove lui lo toccava, quel contatto che ormai andava oltre la decenza e la possibilità di smettere, riprendersi e tornare indietro.
Ormai col nodo per il suo sogno infranto era uscito anche tutto il resto. Era come se ogni se e ma fosse ormai possibile, come se volesse fare tutto ciò che si era precluso perché semplicemente era lì e poteva, come se volesse diventare tutto quello che si era sempre sforzato di non essere. Come se facesse di proposito le cose sbagliate perché dannazione pur sforzandosi tanto a fare quelle giuste, comunque andava tutto storto ed il risultato era un dolore accecante che lo mandava fuori di testa.
Non sapeva cosa voleva di preciso da Alexis, né cosa provasse per lui. Quando era stato sul punto di scoprirlo si era imposto di non trovare risposte perché ormai non importava, ormai se ne era andato. Quindi aveva sospeso ogni cosa.
E forse una risposta avrebbe dovuto trovarla, invece.
Forse.
Il piacere saliva provocato dal movimento deciso e crescente della sua mano e quando gli ritrovò la bocca non gliela mollò trovandosi a giocare con il suo labbro inferiore pieno e poi con la sua lingua. Lo succhiò e Alexis con impeto crebbe d’intensità nel farlo godere su di sé.
Era estremamente piacevole anche solo quello, ma quando al limite dell’orgasmo Antonio sussultò scosso, si fermò separandosi dal suo inguine e dalla sua bocca impaurito dall’idea che non volesse più andare avanti. Terrorizzato da un suo nuovo rifiuto. Oh, non l’avrebbe retto…
In risposta a ciò che lesse nei suoi grandi occhi espressivi, Antonio si rilassò e con un lampo di follia nuova, gli prese i lembi della maglietta e gliela tolse facendole fare la stessa fine della propria.
Fu allora che lo spinse con la schiena giù, sul divano, e ricoprendolo andò via via abbassandosi col capo assaggiando a sua volta la sua pelle morbida e calda. Scendendo calmo con quella sete di scoprire tutto quello che si poteva provare in un momento simile. Con quella voglia di cancellare tutto ciò che era stato e mandare a quel paese anche il futuro.
E scese per bene, con le labbra e la lingua, fin dove aveva finito di spogliarlo.
Ebbe la sua erezione già eccitata nella bocca ed in poco la fece sua, sua come sapesse già cosa fare, come se fosse una cosa usuale fra loro.
Alexis si contorceva sotto di lui e gli spingeva il bacino contro il viso e premeva le mani sulla nuca per attirarlo a sé nella ricerca di ancor più contatto, un contatto folle, sempre più grande, sentito e profondo.
E Antonio pareva ormai desideroso solo di accontentarlo, accontentarlo e basta.
Perché non gli faceva schifo come avrebbe dovuto e dunque non poteva che pensare che lo volesse davvero e che andasse bene così.
Non poté che abbandonarsi fino in fondo, in ogni modo lo si potrebbe fare.
Quando Alexis si sentì vicino all’orgasmo si interruppe staccandoselo di dosso, non voleva che finisse tutto così presto sebbene fosse uno esuberante che bruciava le tappe.
Al lamento di Antonio sorrise malizioso e si girò di schiena piegando le ginocchia sotto di sé, si tenne su sulle mani e il messaggio fu quanto mai chiaro.
Chiaro ed eccitante, dannatamente eccitante.
Quella richiesta così sentita e desiderosa mandava fuori di testa ogni uomo la riceveva e per il compagno non fu diverso, anzi. Si sconvolse più di chiunque altro perché nonostante lontanamente capisse che non doveva e non andava bene, dall’altro ormai che c’era dentro e che aveva tolto ogni catena, non era più in grado di pensare lucidamente e fermarsi.
Non sapeva scindere il giusto dallo sbagliato come faceva sempre con rigore ma percepiva solo il volere ed il non volere.
E quello lo voleva dannatamente.
Come forse non aveva mai voluto nessuno ancora.
Fu così come completamente fuori di sé dopo averlo preparato con le dita e la bocca e averlo sentito godere ulteriormente, scivolò ben volentieri in lui con un sospiro da parte di entrambi che parve una liberazione insperata.
Fu una specie di lampo di luce che accecò entrambi e togliendogli ogni senso ad eccezione del tatto, non si resero conto di sospirare e gemere rumorosamente e presi, tanto meno di aver chiuso gli occhi o di essersi messi in una posizione di suo tremendamente coinvolgente.
Antonio lo prendeva da dietro tenendolo per i fianchi e con la testa all’indietro dava spinte sempre più poderose sprofondando in quella follia rossa e meravigliosa che era un godimento assoluto e totale. Un piacere in grado di sbaragliare ogni delusione e sogno infranto, ogni colpa e dolore. Tutto. Tutto quello che aveva vissuto di sbagliato quella sera e quelle settimane.
Per Alexis fu il paradiso, la realizzazione di un sogno insperato, un sogno che avrebbe scommesso di non poter mai raggiungere. Fu la luce anche per lui che chino in avanti si aggrappava al cuscino del divano e si inarcava andandogli incontro nelle spinte, con la testa a sua volta all’indietro e i gemiti sempre più forti.
Non poteva crederci e forse era anche un sogno, ma se tale fosse stato, era dannatamente realistico e piacevole.
Decise di non svegliarsi in ogni caso e prendendosi tutto il seguito ed oltre, raggiunsero entrambi l’orgasmo più liberatorio e sentito di quegli ultimi tempi.
Una tensione che li aveva divorati in una fusione perfetta ed il desiderio esplose in un lampo accecante che li aveva bruciati e spinti oltre ogni limite e consapevolezza.
Quando lentamente tornarono a percepire i rispettivi corpi e si ritrovarono abbracciati, sudati, ansimanti ed eccitati, Alexis si stese girandosi di schiena, quindi si prese dolcemente Antonio fra le braccia e se lo stese addosso senza chiedere e cercare di capire se anche l’altro volesse.
Quando se lo sentì accoccolato sopra capì che aveva fatto bene.
Era bello sentire entrambi i loro battiti andare impazziti ed insieme, così come la pelle bollente che palpitava ed il sapore stesso che emettevano.
Ma fu ancora più bello quel bacio che Antonio cercò alla fine di tutto. Unì le loro labbra e rimase per un istante così, con gli occhi chiusi ad assaporarsi quel gusto estremamente dolce e sconvolgentemente consapevole.
Dopo di che si trovarono anche con le lingue in qualcosa che continuò ad essere delicato ed appropriato, quindi senza osare usare una sola parola di cui avrebbero avuto il terrore, specie perché a quel punto tutte sarebbero state sbagliate, si accomodarono meglio l’uno sull’altro e semplicemente continuando a sentirsi fino in fondo ed in ogni modo possibile, si addormentarono sereni senza più alcun turbamento ed angoscia.
Ormai quello che si erano dati tanta pena per bloccare, aveva avuto inizio.
FINE