Titolo: Now Close Your Eyes And Say Goodnight
Autrice:
lisachanoando (
lizonair)
Beta:
el_defeCapitolo: 1/1.
Riassunto: Mario, Davide e la filosofia, durante la lunga, lunga notte prima degli esami di maturità.
Fandom: RPF Calcio
Personaggi/Pairing: Mario Balotelli/Davide Santon.
Generi: Introspettivo, Romantico, Commedia.
Rating: PG-13.
Avvertimenti: Slash.
Wordcount: 1500
Disclaimer: Purtroppo no. XD
Note: Omg, il Santonelli. *piange amore per sempre* Dunque, queste tre brevi ficlet sono state scritte per la splendida
terza sfida del MDF @
it100. Il tema generale era la notte prima degli esami, ed all'interno la sfida era divisa in tre parti: per la prima, dovevo scrivere qualcosa con prompt "filosofia"; per la seconda, invece, all'interno della drabble andavano inserite le parole "maieutica" e "iperuranio" XD La terza drabble invece doveva essere ispirata al celebre mito della caverna. Personalmente, sono felice del risultato, perché questi due mi mancavano e perché le prime due drabble in particolare secondo me sono divertenti XD E spero che piacciano anche a voi *_*v
NOW CLOSE YOUR EYES AND SAY GOODNIGHT
- No, niente, non lo capisco. Non ci riesco. - sbuffa Mario, incrociando le braccia sul petto. Seduto dall’altro lato del tavolo, Davide sospira esausto, afflosciandosi fra i libri e i quaderni pieni di appunti e mugolando contrariato.
- Mario, abbiamo appena cominciato. - protesta in un pigolio sconfitto, - Siamo ancora ai principi generatori della realtà secondo i filosofi pre-socratici. Come possa tu non capire frasi semplici strutturate sulla base di “per Pinco Pallino il principio generatore della realtà è inserire-elemento-naturale-qui”, va oltre la mia capacità di comprensione.
- Non lo capisco, e soprattutto mi sembra stupido! - insiste Mario, aggrottando le sopracciglia, davvero poco divertito dall’atteggiamento di Davide, - A parte il fatto che non vedo come a qualcuno nel mondo dovrebbe interessare sapere da cosa il mondo stesso ha avuto origine.
- …
- A parte questo! Non vedo per quale motivo, poi, la cosa dovrebbe interessare a me.
Davide sospira, scuotendo il capo e lanciando uno sguardo supplice e penitente al soffitto.
- “Conosci te stesso”, diceva Socrate. - risponde con aria annoiata, - Ci arriveremo fra un paio di capitoli.
- Non mi interessa conoscere me stesso. - borbotta Mario, scuotendo il capo, - Non sono una persona raccomandabile. Anzi, ti dirò di più, mi frequento solo perché devo. Se mi incontrassi per strada, non mi saluterei neanche. Quindi, vedi, non voglio conoscermi.
- Sei un cretino. - commenta Davide, recuperando una gomma a caso fra le almeno dieci sparse sulla superficie del tavolo, e tirandogliela con forza sul naso.
- Ahi. - borbotta Mario, ma la sua voce è piatta, come se si sentisse in diritto o in dovere di lagnarsi anche se in realtà il colpo non gli ha fatto male per niente.
- Comunque non importa se tu sei interessato a conoscerti o meno. O se sei interessato a conoscere la storia del pensiero filosofico. - continua Davide, sospirando ancora, e Mario annuisce vigorosamente.
- Esatto. - puntualizza, - Non sono interessato.
- E io ti ribadisco che non importa. - scuote il capo Davide, recuperando il quaderno degli appunti ed aprendolo alla pagina giusta proprio sotto il suo naso, - Domani cominciano gli esami. E se ti bocciano, conoscere te stesso non sarà più un problema, perché tutto quello che ti servirà conoscere per tutto il resto della tua vita sarà la panchina sulla quale il mister ti sbatterà ad ammuffire nella tua ignoranza per tutto il resto dei tuoi tristi e vuoti giorni.
Mario solleva una mano e schiude le labbra, aggrotta le sopracciglia e fa per protestare, ma all’ultimo secondo lascia andare un sospiro sconfitto e prende a sfogliare il quaderno, borbottando fra sé.
- Ok, - annuisce, - ricominciamo da quel tizio fissato con l’acqua. - Davide scuote il capo, sospirando a propria volta. È certo che sarà un disastro, al cento per cento. - Com’è che si chiama? - domanda Mario, - Cerqueti?
Davide sopprime con forza un principio di pianto isterico, indicandogli il nome giusto fra gli appunti.
- Talete. - lo corregge. - Pensi di poterlo ricordare?
Senza rispondere, Mario sbuffa.
- Ok, spara. - annuisce Mario fregandosi le mani, incredibilmente sicuro di sé. Ha chiuso tutti i libri ed anche il quaderno degli appunti, ed ha perfino messo via tutti i post-it che ha preparato nelle ultime due ore, fra uno spuntino di mezzanotte e uno spuntino delle tre e un quarto del mattino. Conta comunque di portarli con sé all’esame, domani, ma per ora, ha deciso, può anche farne a meno.
- Non credo che tu sia pronto. - gli fa notare Davide, inarcando un sopracciglio e guardandolo come se la sua stupidità avesse preso consistenza fisica e si stesse ora manifestando sotto forma di un’insegna al neon lampeggiante sulla sua testa.
- Sono pronto! - insiste Mario, annuendo con convinzione, - Sono pronto, davvero. Dai, fammi una domanda.
- D’accordo, d’accordo… - sbuffa Davide, raccogliendosi per qualche secondo in un ostinato mutismo prima di decidere di partire con una domanda facile, qualcosa che Mario dovrebbe sapere, o quantomeno ricordare, visto che hanno finito di parlarne - per la quinta volta quella sera - non più di un quarto d’ora fa. - Cosa si intende per maieutica?
- La so! - strilla Mario, emozionato, saltellando sul posto, - La so!
Davide spalanca gli occhi, piegandosi appena verso di lui, in emozionata attesa.
- Davvero? - domanda in un mugolio impaziente, e si concede perfino di sorridere quando Mario annuisce compiaciuto.
- Sì! Mia madre ne è piena.
- …che? - quasi si soffoca col proprio stesso respiro Davide, preso in contropiede. - Ma che stai dicendo?
- Ma sì! - annuisce ancora Mario, - Quei piatti decorati. Ne avrà una cinquantina, appesi ovunque per tutta casa. Io li trovo orrendi.
- …quella è la maiolica, Mario! - sbotta Davide, in un ringhio esasperato, - “Maieutica” è il nome col quale si definisce il metodo socratico! Dio… - sospira, abbattendosi un’altra volta contro il tavolo e desiderando intensamente l’arrivo della morte, perché sarebbe sicuramente più pietosa con lui di quanto non si possa dire di Mario. Il quale, deluso, abbassa lo sguardo.
- Oh. - mugola, - Ok, non lo sapevo. Ma fammi un’altra domanda! La prossima la so di sicuro.
Davide solleva lo sguardo e accarezza con affetto la possibilità di mandarlo a quel paese e tornarsene a dormire ignorandolo per tutto il resto della notte, ma alla fine sospira.
- D’accordo. Cosa si intende per Iperuranio? - chiede.
Stavolta, Mario sembra meno sicuro di sé. Porta un dito alle labbra e riflette, lo sguardo perso nel vuoto. Dopodiché, risponde.
- C’entrano niente le centrali nucleari?
Davide lo fissa, a lungo.
- No, non direi. - risponde quindi.
- Oh. - mugola ancora Mario, - Allora non lo so.
- Ed io che quasi ci speravo. - commenta Davide, inarcando un sopracciglio con aria sarcastica, di modo che Mario possa sapere che sta solo scherzando. I suoi occhi, però, si illuminano.
- Davvero? - pigola, - È importante sapere che credi in me, Dade. - annuisce, quasi commosso.
Davide lo manda a quel paese il secondo successivo, e senza pentirsene neanche in parte.
Sdraiato fra le lenzuola, Mario fissa la parete verso la quale è voltato, e trattiene il respiro. L’ombra di Davide, proiettata sull’intonaco bianco dalla lampada posata sul suo comodino, è enorme, gigantesca, quasi spaventosa. Sarebbe divertente, soprattutto considerato il fatto che Davide, di per sé, non è né enorme, né gigantesco, né spaventoso - a parte qualche raro caso tipo quel momento, venti minuti fa, in cui l’ha mandato a dormire prendendolo letteralmente a calci nel sedere per liberarsene, stabilendo che aveva bisogno di un paio d’ore per ripassare senza il suo fastidioso chiacchiericcio nelle orecchie - eppure la sua ombra riesce ad esserlo, e Mario non capisce bene perché. Forse perché un’ombra è qualcosa di allo stesso tempo indefinito e circostanziato, una cosa che sai perfettamente cos’è - perché ne vedi la sagoma - ma della quale non riesci a intravedere i dettagli - chissà qual è l’espressione disegnata sul volto di Davide adesso, per esempio - e che quindi ti confonde. Perché allo stesso tempo la conosci e non la conosci.
“Conosci te stesso”, ha detto Davide prima. Mario non vuole conoscere se stesso. Vorrebbe poter conoscere meglio Davide, perché allora forse l’idea del rapporto che hanno smetterebbe di fargli così dannatamente paura.
Riconosce le linee curve e morbide delle sue spalle, e lo immagina raggomitolato su se stesso, le gambe incrociate sul materasso e un paio di libri aperti sulle ginocchia, mentre confronta il testo con gli appunti che ha preso durante la lezione, cercando di capire se sia tutto giusto, se le informazioni coincidano, se per caso non manchi qualche passaggio fondamentale. Mario riesce a vederlo così chiaramente, nella propria testa - le sopracciglia aggrottate, gli occhi brillanti nonostante la stanchezza, le labbra piene arricciate in una smorfia concentrata - che dopo un po’ immaginarlo non basta più, e si ritrova costretto a voltarsi per guardarlo.
Davide non sta studiando, però. Davide sta fissando lui.
- Ehi. - biascica Mario, imbarazzato, - Credevo che-
- Credevo che dormissi. - lo interrompe Davide, distogliendo lo sguardo. È imbarazzato anche lui.
Mario si tira su, sedendosi sul materasso e dando le spalle alla parete. Non può vedere che la sua ombra è contenuta in quella di Davide così perfettamente da non riuscire quasi neanche a distinguersi.
- Cosa stavi facendo? - domanda ingenuamente. Davide inarca un sopracciglio e sospira.
- Ti guardavo. - risponde. Mario annuisce. La domanda giusta era un’altra.
- Perché? - domanda ancora, e Davide si concede un mezzo sorriso triste, ma non risponde.
- Andrai via davvero? - chiede invece, - Dopo gli esami, dico.
Mario sospira, scrollando le spalle.
- Forse. - risponde, - È importante?
Davide sospira, allungando lentamente le gambe e scendendo dal letto, avvicinandosi a lui.
Quando gli sfiora le labbra in un mezzo bacio agrodolce, Mario non può dire di sentirsene veramente sorpreso.
- Direi di sì. - risponde finalmente Davide, sedendosi sul materasso accanto a lui.
Mario lo guarda a lungo e poi scuote il capo, sporgendosi verso di lui e baciandolo ancora.
- No. - sussurra sulle sue labbra, - Io dico di no.