Raccolta: Nothing like the sun
Parte: 11/12
Titolo: The kind of pain that you can't hide
Autore:
el_defeFandom: RPF Calcio
Personaggi: Iker Casillas, Sergio Ramos, nominée Fernando Torres
Rating: 18+
Warning: slash, linguaggio, angst... be', non so come dirvelo senza grassettarlo in capslock: SLUTNESS, come raramente se n'è vista da queste parti. Almeno, IMO.
Conteggio Parole: 1,181 (FDP)
Note: Una raccolta a uso, consumo e dedica per
miss_hale (♥♥♥♥♥), ispirata all'album Nothing like the sun di Sting: il titolo e le lyrics di questa storia sono tratti da Lazarus Heart. Dedicata anche alla
jen_jm, per volere duplice di fanwriter e committente e per motivi incomprensibilmente comprensibili. *lolla*
Prompt: Peccato @
bingo_italiaDisclaimer: Questa fanfiction non è a scopo di lucro, non vuole offendere o essere lesiva nei confronti delle persone reali descritte, né pretende di dare un ritratto veritiero di eventi o personalità.
NOTHING LIKE THE SUN
#11 The kind of pain that you can't hide
He looked beneath his shirt today
There was a wound in his flesh
So deep and wide
Quando Sergio entra in camera sbuffando come un toro pronto a incornare e sbattendosi prima la porta alle spalle, poi quella del frigobar, Iker alza gli occhi dal libro - ha comprato El símbolo perdido all’aeroporto per pura curiosità e anche per cambiare genere, ma è quantomai noioso e si è già pentito da quella cinquantina di pagine di non aver puntato sull’usato sicuro quando ha preparato le valige - quel tanto che basta per esprimere educata incredulità. «Già di ritorno?» gli chiede, nel tono più neutro possibile, attendendo senza incalzarlo che si decida a parlare dopo che si è buttato a peso morto sull’altro letto con la bottiglina di qualunque-cosa-sia-non-voglio-saperlo già vuota; dopo un paio di minuti buoni passati a mugugnare, però, si rende conto che non può neanche provare a capire perché tutti i deliri capitino a un professore americano, così chiude il libro con un rumore secco e lo posa sul comodino, prima di riprovare a parlargli: «Cioè, quando hai detto “esco per una sveltina con Fer, torno subito”, non avevo capito che saresti stato così veloce.»
Sergio gli scocca un’occhiata che potrebbe disseccare la più rigogliosa delle piante, e Iker alza le mani, senza però rinunciare a far sfoggio di un sorriso per metà canzonatorio, per metà compassionevole: sa bene che, per molto meno, ad altre persone staccherebbe la testa con un solo morso, ma sa anche che, di qualsiasi spessore sia il discorso, Sergio può intavolarlo solo con lui. E infatti, dopo un altro minuto di sbuffi e lamentele troppo borbottate perché possano essere comprensibili, Sergio smette di dargli le spalle e prende a cincischiare con l’angolo della federa del cuscino; i pantaloni morbidi che si è infilato per pura decenza per non sbattere in faccia ai passanti anche qualcos’altro, oltre che alle sue intenzioni, sono così tesi sul davanti che Iker non si stupirebbe di vederli esplodere.
«Ti pare che debba sentirmi dire che non ha voglia, quando non ci vediamo da secoli per via di Olalla e del trasloco a Londra e tutto il casino che è venuto giù da quando è lì? Non ha voglia! Resteremo qui sì e no per due o tre giorni se ci va bene, e mi lascia così!» Sergio si lascia ricadere sulla schiena, le braccia sugli occhi per l’esasperazione e la sua erezione che non accenna a scemare.
«Forse è stanco, Sese. Sai, quando hai un sacco di cose da fare, scopare in una relazione extraconiugale potrebbe non essere una pressante priorità della propria esistenza. Prova a impalmare qualcuna e ne riparliamo.»
«Vaffanculo.»
«Sì, ti amo anch’io» ride, seppellendosi di nuovo tra le pagine del libro e sobbalzando subito dopo perché si ritrova Sergio avvinghiato addosso. «Sergio, no» lo implora con tutta la fermezza che è possibile racimolare nonostante il movimento languido della sua lingua sul collo. «Non puoi ogni volta-»
«Iker.» Sergio lo bacia con violenza, abbattendo difese neanche troppo convinte con un gesto così semplice e stringendo i suoi polsi con le mani fino a quando non sente le braccia abbandonarsi a quella forzatura e il libro cadere sul pavimento con un tonfo sorprendentemente soffice. «Ho voglia. Ti prego. Solo tu puoi capire» mormora, prima di baciarlo ancora; lascia andare il braccio di Iker, già arreso, e infila la mano libera tra la maglietta e i pantaloncini, accarezzandogli la base della schiena fin dove inizia il solco tra le sue natiche - un altro gesto infinitamente familiare, che scatena reazioni altrettanto familiari sul suo corpo e nella sua mente. «Non abbandonarmi anche tu.»
«Non puoi darti alle seghe come qualunque ragazzino?» mormora, rendendosi conto di quanto sia già illanguidita la propria voce, quanto rovente sia diventato il suo respiro, quanto facilmente abbia allargato le gambe per fargli spazio. «Dovrei dirlo a Fer, un giorno o l’altro.»
«Sei troppo un bravo ragazzo anche solo per pensare di tradirmi così» ribatte, sollevandogli la maglietta e accarezzando coi denti un capezzolo. «Lui ha Olalla, io ho te. Non stiamo mica insieme, no?» soffia direttamente sulla sua pelle, le mani già salde sull’orlo di pantaloni e slip e pronto per sfilargli entrambi in un colpo solo.
«Già.» Iker inspira, chiudendo gli occhi, sapendo di aver ceduto molto prima di quella parola. «Già, non siamo insieme. Ma resta comunque che la tua logica non ha un senso. Io e te non siamo sposati.»
«Penso che dovremmo, infatti.» Iker non si chiede da dove Sergio abbia fatto spuntare il lubrificante, limitandosi a stringere forte le labbra mentre lo prepara perché non gli sfugga neanche il più piccolo gemito, non fidandosi ad ascoltare dalla sua stessa voce quello che la sua erezione già esprime con un certo successo. Per fortuna o purtroppo, Sergio è bravo: bravo abbastanza da non fargli sentire altro che piacere - e non quel piacere che può prendersi ogni volta che Sara lo attende nel letto, bensì quella scossa intensa e interminabile che Sara non può dargli, che non può dargli nessuna donna e che nessun uomo potrebbe anche solo avvicinare; bravo a trascinarlo in una fantasia reale dove c’è solo Iker stretto intorno a lui, Iker che si lascia andare e geme sottovoce contro il suo petto, Iker che sente ogni affondo e ogni carezza e ogni pulsazione di Sergio riverberare nel suo corpo; bravo a esigere che Iker gli chieda di più e a mugolargli di rimando la sua bravura, la propria voglia, il suo nome, quelle rassicurazioni che sembrano quasi infantili e invece sono terribilmente serie.
Purtroppo o per fortuna, Sergio si sprigiona in fretta nel suo preservativo, la sua voglia già spinta troppo oltre dalla frustrazione della sua uscita serale; quasi grida, assecondando con le mani il movimento delle gambe di Iker che gli si stringono ai fianchi con un’esperienza quasi meccanica, e poi si accascia su di lui, continuando a masturbarlo, finché Iker non viene a sua volta tra le sue dita che non lo lasciano andare finché anche l’ultimo dei suoi sospiri non si è spento contro il pugno chiuso con cui li ha soffocati e l’ultimo accenno della sua eccitazione non svanisce del tutto.
«Sei fantastico.» Sergio si pulisce distrattamente le mani sul primo tessuto che trova (si rende conto con disappunto che è la maglietta con cui è arrivato, ma decide all’istante che si preoccuperà di questo inconveniente soltanto al ritorno a casa) e, con un balzo, raggiunge il cellulare che si è appena illuminato.
«È Fer» brontola. «Doccia e sosta al distributore, o non ci arrivo vivo, a domani mattina.»
«Soprassederò sul fatto che mi hai praticamente violentato solo perché non potevi resistere un quarto d’ora senza scopare.»
«Sì, ti amo anch’io.» Sergio posa una risatina e subito dopo un bacio lieve sulle sue labbra - i capelli gli sfiorano i lati del viso in una carezza mezza schiaffeggiata - prima di chiudersi in bagno e lasciarlo da solo in camera. Iker ha il fiato ancora corto, la pelle che si raffredda troppo lentamente all’aria del condizionatore e una smorfia sul viso che esprime i mille e uno sentimenti che prova: delusione, insoddisfazione, rabbia impotente, e, insieme ciliegina sulla torta e sole che eclissa gli altri mille, desiderio.
Sei proprio un bravo ragazzo, dice ridendo qualcuno, ma solo nella sua testa.
FINE