Fic: Breathe Me.

Feb 13, 2011 00:47

Titolo: Breathe Me.
Autrice: innocence8
Beta/Prelettrici: Come bozza l'hanno letta waferkya, perlinha & sanzina89. Da prodotto finito solo Marta, la mia bellissima Marta ;_;♥
Fandom: RPF Calcio.
Personaggi/Pairing: Sergio Ramos♥/Fernando Torres♥ (Sernando ♥♥♥)
Wordcount: 1513 (FDP)
Rating: VM14
Warnings: Slash, (a little bit of) angst, fluff tanto come se fossimo sotto diluvio universale e al posto della piogga cadesse fluff, ecco.
Disclaimers: Non sono miei e sto è mai successo, nessuno mi paga e tanti saluti e la vita è ingiusta per tutti questi motivi.
Note: E' nata una sera in cui mi sono messa a fare anatomia Sergiana (?!) dopo aver visto un video di una sua intervista. Ho iniziato a sclerare con le altre su quanto mi faccia avere orgasmi multipli ami la sua voce e poi Nando ha deciso di fare di testa sua. Poi stasera ho deciso di riprenderla in mano, perché mi mancavano-- e mi mancano e perché avevo bisogno di sbloccarmi in qualche modo. Forse ci sono riuscita o forse la parte nuova è peggio della prima, ma boh. In ogni caso, me la dedico, per una volta. Perché, come dice Marta, del fluff ci vuole. Loro sono così angst di loro.
E ovviamente la dedico a loro quattro - e sapete perfettamente di chi sto parlando. Siete le donne del mio cuore e vi voglio un gran bene. Happy V-day in anticipo! ♥ (?)
Il meraviglioso banner è opera di Marta, grazie semplicemente. :****






Occhi grandi, mani, polsi, tatuaggi sulle dita, pelle calda che profuma di casa, voce bassa, fascetta bianca a tenere dei capelli che non vogliono restare costretti in una morsa e scivolano sul collo già arrossato, che coprono il palpitare di un cuore che non fa altro che urlargli “Sono tuo e ti amo, non smettere mai”.

Sergio si lascia guardare da Fernando come se non lo avesse mai visto, come se fosse nel museo più importante di tutto il mondo e lui fosse l’opera d’arte che tutti vogliono vedere ma in pochi hanno il dono di comprendere a fondo. Fernando lo sa che prima o poi sarà davvero vittima della sindrome di Stendhal mista alla sindrome di Stoccolma, perché Sergio gli causa mancamenti, battiti accelerati e tante di quelle emozioni che spesso non capisce da dove possa tirarle fuori e per questo motivo lo vede un po’ come un boia, si sente quasi sotto sequestro e lo ama per la prigione in cui l’ha messo da anni- in cui si è lasciato chiudere senza opporre resistenza, senza provare a scappare, solo cedendo ai suoi sussurri e al modo in cui il suo corpo si è attaccato al suo, modellandosi su ogni muscolo di Fernando.

Sergio si è spogliato da solo e Fernando non ha avuto nemmeno la forza di prenderlo in giro sui falsi spogliarelli già improvvisati qualche tempo fa ma irrimediabilmente andati a monte alla terza prova (ed è inutile dire che poi è sempre stato Fernando a spogliare Sergio, non usando calma e gentilezza, facendogli quasi saltare i bottoni delle camicie o facendogli male con le unghie mentre lo liberava dai jeans). È rimasto immobile sul letto, quasi con la paura di respirare, e l’unico rumore era il ticchettio della pioggia sulla finestra. Sergio si è dimostrato così controllato, così misurato in ogni gesto, che Fernando avrebbe voluto urlare che era lui quello che stava in Inghilterra, che lui avrebbe dovuto acquisire i loro modi, non certo uno stupido spagnolo rimasto sempre nella sua terra; alla fine non ha avuto il coraggio di proferire una parola che fosse una soltanto, l’ha fissato levarsi la maglietta, i jeans, i boxer e avvicinarsi al letto, continuando a parlare di cose senza senso e sapendo l’effetto devastante che avrebbe avuto sulla mente di Fernando prima, e sul suo corpo subito dopo.

Fernando non smette di guardarlo, percorre ogni linea possibile con un solo dito, bevendo con gli occhi ogni piccolo particolare, ogni minimo angolo, non prestando attenzione alle frasi pronunciate da Sergio ma lasciandosi cullare dal suo accento e dal tono di voce. Si posiziona sopra di lui, poggiando le labbra sulla fronte e spostandosi sempre più giù, con la stessa lentezza esasperante utilizzata da Sergio fino a pochi minuti fa, non tralasciando nemmeno un centimetro di pelle mentre il compagno continua a parlare, parlare, parlare e le sue parole ormai sono una nenia confusa a cui Fernando sarebbe interessato se non fosse che il corpo di Sergio lo distrae da tutto e quello che c’è intorno, quello che si dovrebbe sentire e quello che si dovrebbe vedere, sparisce e si ripresenterà solo quando Fernando sarà un po’ più lontano.

Allunga una mano, staccandola a malincuore seppur solo per pochi istanti dal petto di Sergio, e preme il pulsante per spegnere l’unica fonte di luce di tutta la stanza, non rendendosi conto che l’unica cosa che davvero rischiara e risplende nel buio non è una lampadina in un’elegante abat-jour sul comodino ma gli occhi di Sergio che gli assicurano amore e devozione per il resto delle loro vite e non sentono il bisogno di farsi promesse davanti ad un religioso e in una chiesa con gli amici e i compagni stretti attorno a loro, non vogliono scandali e non vogliono chiacchiere e non vogliono nulla di ciò che vorrebbe la gran parte degli innamorati normali- e già questo dovrebbe dirla lunga, perché loro di normale hanno ben poco.

Quando la stanza piomba nell’oscurità e l’unico sprazzo di luce arriva dalla finestra, Fernando non deve ricominciare il suo lavoro da capo: lo ritrova subito, senza esitazioni, poggiandogli nuovamente la mano sul cuore - e anche il cuore di Sergio sta urlando “Sono tuo e ti amo, non smettere mai” e Nando, se non fosse sopraffatto dall’emozione, probabilmente strillerebbe che sono simbiotici anche in questo - e muovendola poi su ogni muscolo in rilievo, fino ad arrivare all’ombelico e disegnarci linee strane attorno. Sergio non smette di parlare ma trattiene bruscamente il respiro quando Fernando tamburella con le dita sul suo bassoventre, come a chiedergli l’autorizzazione per poter procedere.

“È tutto tuo, tutto di me ti appartiene, di cosa mi chiedi il permesso?”

È l’unica cosa che Fernando sente prima che le parole tornino a farsi confuse e attraversino le sue orecchie e la sua mente come se non fosse in grado di comprenderle. La dolcezza, la lentezza che usa per saggiare Sergio sono assolutamente illegali, e ogni suo movimento vuole fargli capire che lo reputa davvero un’opera d’arte, una statua di un dio greco, un dipinto dai colori sgargianti e bellissimi.

Sergio vorrebbe che Fernando non avesse scelto proprio questa come serata per dedicarsi a lui in ogni particolare, vista l’urgenza che ha di affondare in lui, considerato da quanto non succede. Ma non se ne lamenta davvero, non è seriamente dispiaciuto, non vuole che smetta e non vuole una sveltina.

In realtà c’è la parte più romantica e innamorata di lui, quella che viene fuori così poco, che non desidera altro dalla loro ultima notte insieme- quella notte rubata al sonno che sarebbe senz’altro servito a Fernando il giorno dopo per svolgere un allenamento decente, anziché lasciarsi dondolare su quei buffi e grossi palloni. Sergio non vuole altro che Fernando continui, che lo saggi con le sue dita leggere e agili e che sembrano dotate di vita propria.

E tutto questo glielo bisbiglia in modo quasi confuso, ma sa che Fernando lo sentirà perfettamente anche se è intento in altro. Anche se sta leccando e baciando e succhiando là sotto, anche se ci sta mettendo tutto l’impegno e il desiderio possibili, lo sta ascoltando- almeno con una parte del cervello, quella che non registra subito le parole di Sergio durante il sesso, quella che gli fa rimanere impresso solo il timbro di voce, ma sempre quella parte che poi riporta a galla le frasi quando Fernando ne ha più bisogno, quando ne sente più la mancanza.

Fernando riprende il proprio viaggio verso terre già esplorate milioni di volte, baciando ogni millimetro, accarezzando lentamente qualche cicatrice sparsa, sfiorando i piccoli nei in rilievo. Poi si rialza, torna all’altezza del suo viso e si china ancora per baciarlo con tutta la forza che ha ancora in corpo. Vuole baciarlo così per sempre- e Sergio vuole essere baciato così per sempre. Vuole restare in questo modo fino alla propria morte, non vuole staccarsi da lui, non vuole alzarsi da quel letto per andare all’allenamento e poi per giocare l’amichevole e poi prendere l’aereo e lasciarlo lì a Madrid (ancora una volta). Vuole attaccarsi a lui, come una nuova appendice, come se fosse normale e come se potesse diventare il suo gemello siamese tutto d’un tratto.

“Non posso vivere senza di te.”

È tutto quello che riesce a sussurrargli, prima di stendersi nuovamente sulla sua parte di letto- anche se, a dirla tutta, non ci sono differenze: non c’è una parte sua, di Sergio, non ci sono parti distinte, non ci sono patti “La parte sinistra è mia”; c’è confusione, c’è un insieme di cose che sono dell’uno e dell’altro, e poi ci sono loro stessi che non si capisce mai dove finisca Nando e inizi Sese. Ma torna a sdraiarsi dov’era prima che iniziasse la sua esplorazione, per permettere al compagno di schiacciarsi su di lui e potergli entrare dentro usando la stessa lentezza che finora era stata usata su di lui.

“Non posso--”
Fernando digrigna i denti, lasciando passare un gemito che blocca la frase, e apre gli occhi- li spalanca, in realtà, come se così facendo possa inglobare Sergio dentro di sé. Gli accarezza il viso, assecondando le sue spinte, e gli sorride (qualche tempo fa, l’hanno preso in giro dicendogli che il suo vero sorriso, era il sorriso di Sergio).

“Sei--”

E vorrebbe dirgli che è meraviglioso, che è bellissimo, che non avrebbe mai desiderato niente di meglio, che è l’uomo più bello del mondo, che è impossibile, che la sua voce lo fa morire. Vorrebbe dirgli tutte quelle cose che legge su Internet, quelle cose che le ragazzine scrivono su di lui; vorrebbe ripetere qualche frase romantica, qualche cliché, qualcosa che ha letto su un libro o sentito in un film d’amore. Vorrebbe dirgli che se non lo avesse avuto vicino - nonostante la lontananza - in un periodo del genere (o in tutta la sua intera vita) probabilmente sarebbe finito in manicomio. Vorrebbe dirgli...

“... Sono tuo.”

Sergio gli sorride dall’alto, con le mani che corrono al suo viso, e con lo sguardo di chi quelle cose lì le sa già.

Non si ha bisogno di parole quando si condivide lo stesso cuore.

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