Fic: Traversing the Gap

Dec 16, 2010 00:23

Titolo: Traversing the Gap
Autrice: waferkya 
Fandom: RPF Inter
Personaggi/Pairing: Diego Milito/Thiago Motta, Dejan Stankovic
Rating: R
Conteggio parole: 1960 (OOo)
Prompt: 61, "Voglio solo parlare con te. Una volta soltanto" per la Maritombola di maridichallenge 
Note: Salutate con gioia la vostra sanità mentale e le vostre f-list semivuote, sono di nuovo in trip Thiaghico! \O/ *scoriandola*
- Tutto ciò nasce per el_defe . Innanzitutto, è uno spin-off (io continuo a seviziarti la roba che scrivi, Def, quando mi odierai? XD Però è un atto d'amore ._.) della sua " There's nothing left to talk about unless it's horizontally" (spargete amore già dal titolo, grazie), e se non leggete quella ci capirete poco e niente. In secundis, è per lui perché quando una persona trasforma la tua casella e-mail in questo, scrivergli qualcosa è il ringraziamento minimo.
Grazie, Def. ♥
- Titolo e citazioni introduttive da una canzone degli Aftershock (~ Traversing the Gap, appunto), che non so neppure come faccia ma l'ho trovata su Letssingit, perciò stabben.
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.

~ Traversing the Gap.

Confront faces of stone.
Deceived stories untold.
Withdrawn ash searing cold.
Arise ascension alone.
I’m not just ornamentation.
Aftershock, Traversing the Gap

Che Deki sia maledetto in una qualsiasi, anzi, meglio, in tutte le lingue che riempiono di insulti gli spogliatoi di Appiano dopo una sessione di allenamenti particolarmente feroce. Diego si preme le mani sulla faccia, come a volersi ricacciare indietro nel cranio gli occhi e le labbra, perché è sicuro che lo tradiranno, tra un minuto o tra mezz’ora o tra un anno, e non riesce a capacitarsi del fatto che, probabilmente, l’hanno tradito già da un pezzo. Se persino Deki se n’è accorto.
Thiago, seduto sul bordo del materasso come sul ciglio di un precipizio cosparso di chiodi, fissa con ostinazione il pavimento, studiando la trama di colori caldi che si rincorrono sullo scendiletto sotto i suoi piedi. Non sembra avere intenzione di spiccicare parola, non sembra neppure essere in questa stanza, in presenza di Diego, tanto s’è astratto da tutto, nell’istante stesso in cui Deki ha chiuso la porta.
Diego lo osserva quasi timidamente, da sotto le ciglia - ha ancora le mani sul viso ma un po’ schiude le dita, incornicia il profilo di Thiago tra il rosa delle palpebre e il nero inchiostro di una ciocca di capelli. Lo colpisce ancora come la prima volta il modo in cui, semplicemente, lo conosce: gli è familiare la curva del suo collo come se fosse la propria, e saprebbe riconoscere in qualsiasi momento l’esatta sfumatura di colore sulle sue guance; ripercorre le linee forti delle braccia, i muscoli appena intuibili sotto la maglietta leggera che ha addosso, e non deve neppure sforzarsi perché la sua pelle richiami la sensazione di un suo abbraccio, di una sua carezza più intima. Trema, quando si accorge che nessun ragionevole motivo per non allungare una mano e toccarlo è più forte del bisogno di premerglisi contro.
Diego fa un passo in avanti, e Thiago solleva la testa e resta immobile - ricambia il suo sguardo, si perde gli occhi nei suoi, densi e da capogiro e Diego si blocca, davvero, smette di funzionare, - quasi guardingo, come ad aspettarlo. Diego è pieno, assurdamente, di una voglia immensa di piangere. Le sue stesse parole gli rimbombano tra le orecchie - «Pensavo fossimo d’accordo,» ha detto; «È meglio per entrambi se lasciamo perdere, non parliamone più,» e ne era convinto, - ed è quasi tramortito dal peso di quanto ha scaricato sulle spalle di Thiago. Non che non ci abbia pensato, non che lasciarlo gli abbia fatto piacere come una passeggiata di buon mattino, ma adesso, nel silenzio totale dell’albergo e del mondo, con Thiago a un braccio di distanza che sembra a venti chilometri e i suoi occhi tristissimi addosso, il freddo di dicembre nelle ossa e giusto il ricordo lontano del suo sorriso sghembo, regalato come un anello di fidanzamento nei momenti più tremendi delle partite più impensabili, degli allenamenti più impensabili, Diego fa fatica a trattenersi dal prendersi a schiaffi. Fa fatica a trattenersi dal mettersi a singhiozzare come un pazzo, sconvolto e confuso e soprattutto frustrato, perché d’accordo, lasciarsi non va bene, lasciarsi ha fatto male ad entrambi in modi che è meglio fingere di non conoscere, ma neppure prima andava bene niente, neppure prima il senso di colpa lo lasciava dormire con calma, neppure prima, e Diego, veramente, non sa che fare.
Non si aspetta certamente che Thiago tiri fuori una soluzione universale, la cura per tutti i suoi mali - non se lo aspetta ed è assolutamente idiota, una volta di più, perché non pensa che a Thiago basta alzarsi, allungare una mano, sfiorargli una guancia e fare una smorfia per calmarlo, per restituirgli un po’ di lucidità.
«Dio,» ansima Diego, e trema, un pugno premuto forte contro la chiostra dei denti e gli occhi pieni di lacrime, ma le dita di Thiago s’intrecciano piano tra i suoi capelli, sulla nuca, e gli sembra di riuscire a respirare meglio. «Dio, ti ho trattato uno schifo.»
Thiago fa una risatina un po’ nervosa e un po’ divertita che Diego vorrebbe sentire sulle proprie labbra, sulla propria pelle, e sente già la pelle d’oca arrampicarglisi sulle braccia - come faccio a stare senza di te?, si chiede, ed è il genere di pensiero per cui non si farebbe problemi, neppure lui, a piangere come una ragazzina, - ma Thiago non lo sta guardando in faccia, insiste ad interessarsi ai propri calzini, al parquet, alle scarpe nuove di Diego.
«Non fa niente,» dice, così piano che Diego quasi se lo perde. «Cioè, no, fa, Cristo, ci sono stato malissimo. Ci sto malissimo. Però adesso aspetta, ok? Dobbiamo parlare.» Ride di nuovo, debolmente, e alza gli occhi su Diego. «Se n’è accorto pure Deki. Voglio solo parlare con te, una volta soltanto.»
Diego si acciglia per un momento - vorrebbe dirgli che possono parlare tutte le volte che Thiago vorrà, che non ha certo bisogno di chiedergli il permesso, - ma ci pensa due volte - pensa al modo in cui l’ha lasciato, con un sorriso triste e senza dargli la possibilità di opporsi davvero, senza dargli la possibilità di salvarlo, - e annuisce. Senza neppure pensarci, si sporge in avanti e lo bacia in fretta, solo per ricordarsi che sapore abbia la bocca di Thiago d’inverno. Lo sente sorridere, nel mezzo secondo in cui le loro labbra si toccano.
«Parliamo, prima,» bisbiglia Thiago, e Diego chiude gli occhi e annuisce di nuovo - si lascia accompagnare fino al letto, si arrampica fino a sedersi nel mezzo, e Thiago si butta un po’ alla cazzo di fronte a lui, non troppo lontano, restandogli vicino abbastanza da non distrarlo troppo e potergli comunque far accelerare il cuore solo respirando.
Naturalmente, rimangono a guardarsi. Diego ha la gola un po’ asciutta e non gli pare di riuscire a trovare la parola giusta con cui cominciare, in nessuna delle lingue che gli attraversano il cranio. Thiago, dal canto suo, sarebbe contento anche solo di poter restare così a bersi gli occhi chiari del suo Principe, a guardarlo mordicchiarsi le labbra e quasi piangere. Per lui.
Dopo un po’, realizzando all’improvviso che prima o poi Deki tornerà in stanza e probabilmente farà una strage, se per allora non avranno risolto tutto quello che c’è da risolvere - e non esiste che riescano a fregarlo, quel bastardo, - Thiago si tira a sedere, e allunga il collo per assaggiare quasi con devozione l’angolo della bocca di Diego. Lui lo lascia fare, si lascia baciare; chiude gli occhi, fa spazio a Thiago tra le proprie gambe e mugola, distratto. Alla fine si volta verso di lui per un bacio vero, per farsi conquistare dalla pressione invadente delle labbra di Thiago: gli risponde con altrettanta urgenza, aggrappandosi a pugni chiusi alla sua maglietta, trascinandoselo addosso, cercando la sua lingua e cozzando felicemente il naso contro il suo.
Thiago gli tocca la schiena, intrufolando le dita sotto il maglione, come se volesse imparare da capo tutti i muscoli che la muovono: dopo un attimo, dopo un altro bacio Diego si ritrova nudo fino alla cintola, a premere le mani sulla pelle bollente delle sue spalle. Soffoca una risatina contro la sua bocca e si lascia spingere di schiena sul letto, inarcandosi quel tanto che basta ad incontrare con la propria l’erezione di Thiago. Lo sente mugolare, poi procedere distrattamente a coprirgli di baci il collo e il petto, riprendendo possesso della sua pelle, dei suoi brividi.
Diego si agita sotto la bocca di Thiago, una mano persa tra i suoi capelli corti che neppure ha bisogno di indirizzare i suoi movimenti, perché Thiago sa esattamente cosa fare, e dove, e come, e quando: così, nell’esatto istante in cui Diego ha voglia di un bacio, risale in fretta lungo il suo sterno, e gli copre la bocca con la propria.
Si separano dopo un gemito, dopo che Thiago, una mano piantata contro il materasso e l’altra che vaga attorno all’ombelico di Diego, ha perso l’equilibrio; gli soffia una risata lievissima contro l’orecchio e poi lo intrappola tra le proprie braccia, nascondendo il viso contro la curva del suo collo. Diego ride, in risposta, e lo lascia fare, strusciandoglisi contro con affetto e voglia, come un gatto, e quando Thiago si allontana un pochino da lui, sollevandosi per guardarlo negli occhi, sembra che stia dicendo «è così che dobbiamo parlare». Diego sorride, sinceramente, e solleva una mano ad accarezzargli una guancia. Thiago si china ancora per baciarlo, con tutta la calma del mondo, stavolta, come a volerlo ringraziare.
«Perdonami,» bisbiglia Diego, quando il bacio si sposta un po’ più giù verso il suo mento, e Thiago sbuffa, ma scende ancora. «Ti prego, Thiago. Devi capire-» un morso impertinente sul collo minaccia di fargli perdere il filo del ragionamento, «devi capire che sono-» Thiago lecca e bacia il segno rosso dei propri denti sulla sua pelle bianca e Diego si tende e vibra come una corda di violino, geme, poi scuote piano la testa e prosegue: «praticamente terrorizzato. Devi-» Thiago ringhia, adesso, direttamente sull’orecchio di Diego, e lui trattiene il fiato - sembra incazzato davvero, adesso.
«E tu devi capire,» comincia, ogni parola un pizzico di denti e labbra lungo la mandibola, «tu devi capire che io capisco, Diego.» Lo bacia, giusto un attimo, e con delicatezza gli sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio, gli accarezza la fronte. «Lo so, sai? Lo so che hai paura - non solo di questo,» e fa un gesto eloquente ad indicare lo spazio inesistente tra i loro corpi, tra il battere eccitato e quasi in sincronia dei loro cuori. «Lo so che hai paura di troppe cose - quello che non so è come fai a sopportarlo, cioè, lo so, so pure quello, lo so che non lo sopporti, che ignori tutti i problemi finché ce la fai, finché non ti esplodono in faccia,» sospira, scuote piano la testa, come per recuperare il controllo su quello che gli sta sfuggendo di bocca. «Lo so, ok? Fattene una ragione, Diego, io ti conosco. Non c’è bisogno che mi spieghi,» chiude gli occhi, si tira su a sedere e Diego, di colpo, ha freddo. «Non c’è bisogno che mi lasci.» E quando la sua voce si sfrangia appena, ai margini, in un singhiozzo strozzato, Diego gli si sta già buttando addosso, già lo abbraccia e lo preme sul letto in mezzo ai cuscini, piangendo per lui.
«Perdonami,» mormora, la bocca contro il suo collo caldo e umido e assalito dalle sue lacrime. «Perdonami, Thiago, perdonami, io-»
«Non ce n’è bisogno,» ripete Thiago, quasi ridendo, accarezzandogli i capelli e la schiena e tutto quello che di lui riesce a raggiungere, tentando di calmarlo. «Non ce n’è bisogno, Diego, non ce n’è bisogno,» riesce a stringergli le mani attorno al viso, a sollevarlo, a guardarlo negli occhi - enormi e chiarissimi e confusi e sono proprio quegli occhi a strappargli, come ogni volta, un bacio e un sorriso. «Ti amo, Diego,» dice, appoggiando la fronte alla sua, e ride di cuore quando lo sente trattenere bruscamente il fiato. «Che c’è? Lo sai che è così, lo sai che ti amo. Mica smetto solo perché per un paio di settimane non ci parliamo.»
Diego aggrotta le sopracciglia e sbuffa, lo bacia.
«Mi fai fare la figura del bambino di tre anni,» brontola, passandosi il dorso delle mani sul viso arrossato, per asciugarsi alla meno peggio, e Thiago gli fa un sorriso sghembo e raggiante che lo fa avvampare e gli versa nello stomaco una secchiata di farfalle irrequiete. Sentono Deki, nel corridoio, trafficare con la serratura elettronica, e Diego si rimette a sedere, a gambe incrociate, nel mezzo del materasso. Thiago fa lo stesso, e poi si sporge ad accarezzargli una guancia col pollice, a raccogliere una lacrima che neppure c’era.
Lo bacia, Diego gli sorride quasi impercettibilmente, e Deki entra in camera fischiettando.

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