Titolo: Trattative
Autore: pomapoma
Beta: lo stesso fantasmino
Fandom AS Roma
Personaggi/Pairing: Jeremy Menez, Daniele de Rossi, menzionato Simone Perrotta, onesided Menez/de Rossi
Rating: VM16 se proprio lo si vuole vedere
Warning: slash, pizzico finale di saudade
Disclaimer: Questa fanfiction non è a scopo di lucro. Non si vuole offendere o essere lesivi nei confronti delle persone reali descritte. Niente di quanto narrato in questa fanfiction è realmente accaduto ma è frutto di fantasia, pertanto non si pretende di dare un ritratto veritiero di eventi o personalità.
Note: E' il primo capitolo di una cosa un pochino più lunga, ma può anche essere letta come una one-shot (come i successivi futuri prossimi capitoli). Volevo scrivere di Menez perché è un grande, di Daniele perché se lo merita. Ultimo appunto: questa storia è come la Settimana Enigmistica.
Un telefono squilla nell’oscurità di una camera da letto che, nonostante il mezzogiorno inoltrato, ha le serrande abbassate. Quando la suoneria si fa eccessivamente insistente, il proprietario del telefono apre gli occhi e viene addirittura irritato dai pochi raggi di sole che penetrano le fessure della finestra.
Il telefono continua a squillare, la luce continua a battere sulle lenzuola appallottolate. Dichiarandosi ormai fra sé e sé totalmente sveglio, passato da una profondissima fase non REM a un rodimento di culo all’ennesima potenza nell’arco di pochi secondi, l’uomo preleva violentemente il cordless vicino al comodino. E Dio solo lo sa, penserà Daniele successivamente, cosa non lo ha spinto a sfanculare preventivamente il suo interlocutore mattutino. Risponde così con il più convenzionale dei: Pronto?
-Ehm… sì, sono Jeremy, cercavo Daniele.
-Jeremy, so’ io.
-Ah… ciao Daniele.
Ora Daniele si ricorda, ma aspetta che il suo “attaccante preferito parigino” (così lo aveva apostrofato in una memorabile serata al Gilda) prosegua la conversazione.
-Cosa volevi dirmi Jeremy?
-…Sì, ecco… non so se ti ricordi
-Cosa?- Daniele finge ancora una volta di non ricordarsi. Ma, ora che sta recuperando una buona dose della sua attività cerebrale, preferisce temporeggiare.
-Sì, Daniele, dai, me l’avevi promesso… Finito il Campionato…
-Finito il Campionato?- Certe volte sa essere davvero stronzo, pensa ancora alzandosi dal letto
-Facevamo un giro per Roma.- Conclude a voce bassa il francese.
-Sì, te l’avevo promesso- Dichiara solennemente l’altro, rassegnandosi all’idea che non avrebbe mai più recuperato altre due orette di sonno. Ma una promessa è una promessa. Poi riprende la telefonata: -Ti passo a prendere?
L’auto si ferma su uno spiazzo cementato. Da un lato: alberi, rovi, sterpi, il trionfo del Regno delle Piante. Dall’altro: un chioschetto ormai chiuso da eoni. Dall’altro ancora: il sentiero per cercare un angolo di prato decente in cui sostare e “ammirare il panorama, perché i Castelli sono d’obbligo per i Romani”. Dall’ultimo lato, la strada da cui sono arrivati, e a rivederla Jeremy sente ancora nausea per le innumerevoli curve prese a una velocità eccessiva. Poi comincia a seguire i passi di Daniele verso le distese verdi del Parco. È un lunedì, giorno lavorativo: non si aspettava che il tour per Roma avrebbe avuto come destinazione un luogo che sembra essere frequentato soltanto da pecore ed escrementi di pecore (deve guardare bene per terra per evitare spiacevoli ricordini sulla suola delle Adidas). Dopotutto non poteva aspettarsi un giro turistico convenzionale (San Pietro, Sant’Angelo, specialmente il Colosseo, dove Daniele de Rossi, Capitan Futuro della AS Roma, avrebbe portato via lavoro per un’intera giornata ai centurioni dell’Anfiteatro Flavio).
Ma a lui va bene. Spera addirittura che la passeggiata silenziosa duri il più a lungo, spera per assurdo che loro due, tesserati di una squadra calcistica italiana, camminino per un tempo infinito per prati nel sud di Roma. Potesse servire questo a fermare il tempo e a rendere questi due anni, a Roma, nella Roma, indelebili.
Sì, saranno probabilmente due gli anni in cui Jeremy si rende conto di trascinarsi fin troppo facilmente in pensieri di una “mosceria assurda”, roba che se lo sentissero i suoi vecchi compagni di squadra gli consiglierebbero di buttare nel cesso la discografia di Carla Bruni.
Da quando ha conosciuto Daniele è sicuro di provare nei suoi confronti una profonda e sincera ammirazione per lui. Prima si trattava semplicemente di avere una motivazione in più nel campo, durante gli allenamenti, uno stimolo in più a sentirsi parte della squadra nelle uscite serali. Bastava la sua semplice presenza per impegnarsi. Poi l’impegno è sfociato in qualcos’altro.
Galeotto è stato sempre il Gilda, quattro mesi fa, e quello scemo di Perrotta che, dopo essersi scolato una bottiglia di Champagne, ha rivelato un dettaglio che avrebbe dovuto suscitare grande ilarità tra i presenti (e tra gli assenti c’era proprio Daniele). Nella confusione della musica uscì un discorso che comprendeva anche le parole borsone, preservativi, lubrificante. Daniele de Rossi porta con sé del lubrificante, così, per rallegrare le sue giornate. Il senso di tutto questo era abbastanza chiaro: la persona che ammirava particolarmente, che secondo attendibili voci gradiva anche compagnia maschile, era diventata un ragazzo ammirabile anche in sensi ben più profondi ed equivoci.
Le settimane successive gli sguardi di Jeremy verso il romano assumevano un significato ben più diverso, cercavano soltanto un momento più opportuno, una conversazione più lunga, un contatto casuale. Ancora si ricorda di quando Daniele gli si era avvicinato, nella partita contro il Catania, per incitarlo a intensificare l’attacco, e lui per un attimo ha sperato in parole ben più sdolcinate. Così si ritrovava quattro mesi dopo a “sbavare” letteralmente dietro un ragazzo italiano, per di più separato e con figlia, giocatore di una squadra professionista e capitano in seconda, e a seguirlo in una passeggiata che per il silenzio sembra durare i novanta minuti di una partita passata senza toccare palla.
Poi finalmente Daniele decide di concludere la passeggiata e sedersi per terra, fissando lo sguardo lungo il panorama di paesini sulle pendici di colline. Jeremy si siede accanto al ragazzo, restando in silenzio, interrogandosi su quei paesini sconosciuti, e sulle colline sconosciute che gli sono davanti. Ma Daniele non gli fornisce alcuna risposta, e nel cuore suo il francese teme che non gli fornirà mai La risposta, la frase magica che ormai lui sogna un giorno sì e l’altro no.
Poi il silenzio viene rotto dal frugare rapido di Daniele in una tracolla che si è portato appresso. Jeremy vede davanti ai suoi occhi il profilo di una lattina di Becks. Si volta verso Daniele che con un sorriso un po’ forzato lo invita ad unirsi nella bevuta. Prende allora la sua birra passandola da una mano all’altra, mentre con la coda dell’occhio non può fare a meno di notare che l’altro ha già stappato la sua e si appresta a sorseggiarla con particolare avidità.
Ci sono tante domande che Jeremy vorrebbe fare al “suo” Daniele: perché voglia bere alle tre del pomeriggio, quale motivazione filosofico-personale abbia questo giro turistico, come stia la bambina, se Perrotta ci sia o ci faccia, se ci abbia creduto nello scudetto, cosa conosca della Francia, cosa pensi realmente di lui, quali siano i suoi gusti musicali, se pensa anche lui che la musica elettronica francese sia quella cagata degli Stromae. cosa faccia oltre a giocare nella Roma, stare con la figlia, andare in discoteca. Se ci possa essere qualche remota, remotissima possibilità che ci sia anche lui nella sua vita.
-Come hai detto che si chiama questo posto?
-Tuscolo.- Domanda inutile di cui Jeremy sapeva già la risposta, fosse stato più attento alle spiegazioni di Daniele in auto piuttosto che ripassarsi il solito discorsetto che tanto non avrebbe mai avuto le palle di fare.
-Tu Jeremy cosa farai in questa estate?
Il francese sorride timidamente sorpreso della curiosità. -Me ne tornerò un po’ a Parigi dai miei, poi prenoterò da qualche parte al mare. Mi piace la Sardegna.
-Già, non sei stato convocato. Tu meritavi- Mormora Daniele bevendo un altro sorso di bionda.
-Non fa niente- Risponde velocemente il ragazzo come se voglia evitare di parlare di lavoro in un giorno per loro di vacanza.
-Io mi faccio ‘sta bella vacanza in Sud Africa!- comincia a ridere nervosamente Daniele quasi innaffiandosi la maglia di birra, Jeremy ancora non ha aperto la sua lattina e sforza anche lui un sorriso, in un momento quasi malinconico.
Fissano ancora il panorama dal Tuscolo, Jeremy sa che dovrà rimandare ancora una volta quel discorsetto al suo Capitano preferito, e non vuole pensare a quanti mesi ci vorranno ancora per potersi dichiarare. Jeremy non ha mai sentito Daniele così triste.
-Quanto vorrei che anche il prossimo anno restassimo tutti a Roma…-