Autore: diana9241
Fandom: La Casa de Papel/ Mozart in the Jungle
Titolo: Oigo una voz que me llama
Personaggi: Berlin| Andrés de Fonollosa, Palermo| Martìn Berrote, Sergio Mrquina|professor, Raquel Murrillo|Lisoa, Rodrigo de Souza, Haylay Rutledge, Graciela de Sousa, Manuel, Paula, Paulina de la Mora, Maria José Riquelme
Rating: NC13
Warning: pre Season 3, post Season 4, post Season 3 crossover, slash, het, AU!Canon Divergence, what if
Note: Allora, quinta storia della serie, facendo dei conti, e ambientandole ognuna in un mese del 2019 direi che più o meno siano arrivati ad un punto ragionevole prima che cominci la segunda temporada calcolo spagnolo, quindi ho deciso di chiuderla qui. Potrei scrivere comunque il 5+1 ma sarebbe un bonus
Note2: tra la prima e la segunda temporada calcolo spagnolo, dopo la quarta stagione e dopo la terza de La Casa de Las Flores, recentemente recuperato dalla sottoscritta che ha deciso che doveva includerlo, l'unico a timeline "sbagliata"
Note3: le rotte aree sono state controllate dalla sottoscritta
Note4: "Rodrigo il roboticida" riferimento a quando nella quarta stagione Rodrigo durante la tournée in Giappone "uccide" un robot
Note5: "hijo de la chingada" è un'espressione latinoamericana, usata specialmente in Messico, la traduzione in inglese è "son of a bitch"
Note6: Paula&Manuel, direttamente dalla 2x05 di Mozart in the Jungle, El regreso del Rey
Note7: "vete a la verga", termine messicano traducibile con "vai all'inferno" o "vai a farti f*****e"
Note8: "brazuca", in portoghese è utilizzato dai brasiliani per questioni di orgoglio nazionale, in spagnolo diventa però un termine dispregiativo utilizzato dagli argentini per riferirsi ai brasiliani
Note9 Tepoztlàn, la 2x06 di Mozart in the Jungle
Note10: ci sono due versioni di "For he's a jolly good fellow", in inglese, una britannica e una americana
Note11: Tio Rico, nome spagnolo sudamericano di Uncle Scrooge, da noi Paperon de'Paperoni
Note12: "cundango" insulto omofobo usato in Repubblica Dominicana e Cuba
Note13: il particolare modo di parlare di Paulina è difficile da trasporre
Note14: Cecilia Suarez e Gael Garcia Bernal a inizio anni duemila sono stati insieme, non potevo lasciarmi sfuggire questa faccenda
Note15 Dario Yazbek Bernal, fratellastro di Gael per parte di madre, recita ne La casa de las Flores interpretando Juliàn De la Mora, fratello di Paulina, il personaggio di Cecilia ...capirete che dovevo citare la faccenda
Note16: "manflora", termine dispregiativo messicano per designare l'omosessualità femminile
Note17: Luis Donaldo Colosio, politico messicano, candidato del PRI, ucciso in circostanze mai chiarite nel 1994, Gael Garcia Bernal è stato uno degli intervistati nel documentario su Colosio di NETFLIX
Note18: l'ARA General Belgrano, vanto della marina argentina, fu affondata durante la guerra della Falkland in circostanze mai chiarite, con 300 morti
Note19 Jorge Anaya, ammiraglio argentino comandante in capo durante la guerra
Note20: SIDA, termine francese per riferirsi all'AIDS, adottato anche nei paesi latinoamericani
Note21: Andrés esprime perplessità su un verso de La Bamba, la celebre canzone messicana che nella versione di José Feliciano ha anche la strofa" para subir al cielo/se necessità una escalera grande/una escalera grande y otra chiquita" ( per arrivare al cielo/ si necessita di una scala grande/una scala grande e un'altra piccola ) , la versione fu portata al successo da Selena che la cantò live nel 1988
Martìn Berrote era assolutamente sicuro di una cosa: lui avrebbe ucciso Rodrigo de Sousa.
Lentamente, dolorosamente e si sarebbe goduto ogni singolo momento. Quel messicano mezzo matto alto un metro e tre mele aveva colpito di nuovo, ma perché quel giorno si era fermato a parlare con lui, perché?
L’idea di incontrarsi tutti e sei era azzardata, per non dire improbabile ma nel corso di oltre un decennio aveva capito che Rodrigo adorava le situazioni impossibili, e poteva anche accettarlo. Ritrovarsi a Firenze era fuori discussione, non aveva tour da sfruttare come scusa, New York era un rischio troppo alto per loro due e avrebbe dovuto rifiutarsi, bastava saper dire di no. Quando però si era ritrovato due biglietti per Città del Messico prima aveva imprecato, poi aveva maledetto Rodrigo e infine aveva fatto le valige, in sottofondo Andrés che se la rideva, l’ingrato.
Andrés non aveva più riso quando aveva scoperto che per evitare che l’Interpol li potesse individuare Rodrigo aveva organizzato per loro un tragitto che sembrava il gioco dell’oca livello campionato mondiale. Firenze - Casablanca, Casablanca - Abijan, Abijan - Manus, Manus -San Juan, San Juan - Città del Messico, mai più aveva giurato una volta arrivato a destinazione, mai più. E quel che era peggio nemmeno era all’aeroporto ad attenderli, o in albergo si era detto mentre cercava di discutere civilmente con il concierge, non capiva perché quel tizio fosse così spaventato da lui ma non aveva tempo per filosofeggiare, specie dopo aver scoperto che Sergio e l’inspectora erano arrivati con un volo che aveva semplicemente fatto scalo alle Hawaii, perché loro due avevano avuto il trattamento di favore?
<< Non mi rompa il cazzo, deve esserci una prenotazione a nome Rodrigo de Sousa, mi dia la chiave della stanza e nessuno si farà male >> urlò per l’ennesima volta, Andrés sembrava più occupato a guardare gli orologi che ad aiutarlo.
<< E io glielo ripeto, non c’è alcuna prenotazione ma … c’è un biglietto per lei >> e ora cosa si era inventato Rodrigo pensò prima di leggere, ma perché la terra non si apriva mai per inghiottirlo?
<< Leggi tu, io non ho la forza >> si limitò a dire prima di passare il biglietto ad Andrés, pinche Rodrigo.
<< “Sono in ritardo, ci vediamo da Paula. Non preoccuparti per la sistemazione, ho pensato a tutto io”, firmato “Rodrigo il roboticida” … cosa ha fatto questa volta? >> gli domandò Andrés seriamente preoccupato.
<< Entro questa sera te lo racconterò, ora capisco perché voleva che affittassimo un’auto, quel maledetto hijo de la chingada >> rispose lui, maledetto Rodrigo, maledetto il Messico e maledetta la sua eccessiva fiducia nel prossimo.
Se l’era andata a cercare, questo senza alcun dubbio si disse per l’ennesima volta. Sapeva che non doveva fidarsi, per perdonarsi Rodrigo doveva almeno avergli prenotato una suite con piscina, vasca idromassaggio e letto a tre piazze dove lui si sarebbe sicuramente fatto scopare, e quindi anche con pareti insonorizzate.
***
Sergio Marquina era sicuro che tutto quello fosse una follia.
Aveva provato a spiegarlo a Rodrigo ma il messicano non aveva voluto ascoltarlo, aveva mandato i biglietti e ora si trovava a Città del Messico. La città era meravigliosa ma non era il momento adatto per fare il turista, i suoni erano quasi insopportabili e Martìn che guidava ignorando deliberatamente il codice della strada non contribuiva a farlo stare meglio.
<< Odio questo posto ..voi non avete fame? >> domandò Martìn prima di abbassare tranquillamente il finestrino, fare cenno ad un ambulante e... cos’era quello?
<< Non vorrà davvero mangiarlo? >> domandò Raquel mentre lui osservava sconvolto l’ambulante preparare una specie di tacos, o un’arma letale, in assoluta tranquillità, persino suo fratello non appariva convinto eppure lui e Andrés ne avevano passate tante.
<< Non sapete cosa vi state perdendo >> replicò Martìn prima di rimettersi a guidare, una mano sul volante e l’altra alle prese col tacos.
<< Un’intossicazione alimentare? Un avvelenamento? Lo spregio totale di qualsivoglia norma igienico-sanitaria? >> lo interrogò Andrés mentre cercava di tenere il suo completo lontano da quella specie di pasto.
<< Voi europei siete troppo fighette per poter apprezzare tutto ciò >> fu la risposta prima che l’argentino parcheggiasse direttamente sul marciapiede e di fronte ad un negozio. Rimase senza parole quando lo vide bussare ad una porta con una combinazione che sicuramente conosceva da tempo, chiunque fosse Paula doveva trovarsi lì pensò.
Rimase sorpreso quando un uomo aprì la porta, salutò Martìn e li fece entrare accontentandosi delle assicurazioni dell’argentino che erano con lui, la sua sorpresa raddoppiò quando vide che quel locale era nientemeno che uno strip club e che almeno tre ragazze sembravano conoscere proprio Martìn.
<< Tu vieni spesso qui? >> domandò mentre cercava di trovare una soluzione razionale.
<< No, ma qui lavora Paula, la moglie di un amico di Rodrigo e... eccola lì >> fu la risposta di Martìn che indicò loro una donna che … sicuramente aveva un fisico atletico per quello si disse.
<< Martìn!!! Sapevo che saresti arrivato! >> urlò la donna prima di scendere dal palco e abbracciare Martìn, poi abbracciò tutti loro come se li conoscesse da una vita e li baciò sulla bocca con assoluta naturalezza.
<< Paulita, è sempre bello che guadagni più facendo la puttana su un palo che non studiando >> la salutò Martìn e l’altra rise.
<< Ti ricordo che ho tre lauree, sediamoci e vi racconterò tutto … sono così emozionata, Rodrigo mi ha parlato tantissimo di voi, mi sembra quasi di conoscervi e... maldito sea quel hijo de la chingada de Manu, pinche Manuel >> dichiarò Paula prima di farli sedere in uno dei divanetti.
Dopo cinque minuti di conversazione, e due drink scadenti, venne fuori che Paula aveva due lauree in letteratura, una in filologia e che lavorava in quel locale perché dopo tanti anni lo trovava divertente, cosa ci fosse di divertente lui non riusciva a capirlo.
<< Con tutto il rispetto ma... hai una laurea? >> domandò Raquel.
<< Certo che sì, dovevate vedere la festa che abbiamo organizzato per l’ultima e l’estate …oh, con le ragazze Marconì ci si diverte sempre. Discoteche, feste in spiaggia, escursioni, mi sembra di avere di nuovo quindici anni … come ha detto sua sorella sei anni fa “in Francia con Laurà e Anna Maria è impossibile annoiarsi” >> dichiarò con un sorriso prima di controllare il cellulare.
<< A che ora hai detto a Manuel che doveva arrivare? >> domandò Martìn.
<< Tre ore fa, quindi sta per arrivare >> rispose Paula prima di ordinare un altro giro.
<< Mi sembra di capire che suo marito non crede agli orologi, un po’ Rodrigo; per caso è questo che li ha uniti da bambini? >> domandò Andrés scatenando le risate di Paula che sembrava trovarlo di suo gusto.
Paula stava per rispondere quando si udì una voce. << Dov’è? Dov’è il mio maricòn preferito? >> urlò qualcuno avvicinandosi a lui. Il famoso Manuel era vestito come un cattivo da telenovelas, compresi occhiali da sole scuri ed ebbe la conferma che fosse lui l’uomo che stavano aspettando quando Martìn gli buttò le braccia al collo e i due si abbracciarono, per un istante ebbe la sensazione che quei due insieme fossero pericolosi, due individui selvaggi e guidati dal puro istinto a malapena addomesticati.
<< Vete a la verga Manuel, tre ore di ritardo, e proprio quando stavo per raccontare della telefonata di due giorni fa >> lo salutò sua moglie prima di sedersi sulle sue ginocchia abbandonando quelle di Raquel.
<< Puoi comunque raccontare della telefonata, donna, quando gli tolgono il gesso a tuo fratello? >> replicò Manuel cercando di non ridere, imitato in quello da Andrés.
<< Tra una settimana, la priorità di mio padre è che quell’essere infernale che chiama gatto stia bene >> rispose Martìn.
<< Quando Alfonso ha portato il gatto dal veterinario suddetto gatto non era così entusiasta della faccenda così è saltato a terra, Alfonso si è abbassato per acciuffarlo quando per sbaglio la scarpa del veterinario ha incontrato la mano destra di Alfonso Berrote Carrillo, per fortuna ha sistemato tutto Eva: un po’ di gesso, un bacio sulla parte ferita e ovviamente un po’ di polvere di stelle che fa miracoli >> spiegò Andrés cercando di restare serio.
<< Tua sorella è un dottore? >> domandò Raquel.
<< Dottoressa Eva Berrote do Carvhalo, pediatra all’ospedale di Buenos Aires, una delle migliori del suo campo, mio cognato Dinis è neurochirurgo, una coppia deliziosa anche se lui è brazuca ma è una malattia da cui si può guarire >> le rispose Martìn, lo sguardo degli altri tre gli fece capire che non doveva insistere. << E aggiungo che Elvis II non è un gatto normale ma un essere sputato dall’inferno, solo mio padre lo adora ma mio padre da quando è in pensione guarda telenovelas quindi non bisogna fidarsi di lui >> aggiunse Martìn prima che un rumore annunciasse l’arrivo di Rodrigo e Hailey, la quale era visibilmente a disagio dal ritrovarsi in un luogo simile.
Dopo dieci minuti Sergio era sicuro di una cosa, e a giudicare dagli sguardi anche suo fratello e a Raquel ne erano sicuri: gli altri detestavano Hailey. Non era qualcosa di manifesto o di palese ma era tutto negli sguardi e nel modo in cui parlavano. Potevano tranquillamente parlare in inglese, tutti loro, e lo spagnolo di Hailey era ottimo ma ogni tre secondi Manuel e Martìn inserivano nel discorso regionalismi quando non proprio parole dette con accento diverso, e a giudicare dalle occhiate di Rodrigo lo stavano facendo apposta.
<< E poi ci siamo ritrovati a testa in giù, con due uomini che ci tenevano per le caviglie a penzolare fuori da un balcone che dava sul golfo. Questo come garanzia che Rodrigo suonasse bene, e mentre lui suonava arriva una telefonata, Martìn ha risposto e... eravate voi, Andrés, no? Mi riferisco a settembre di …nove o otto anni fa >> dichiarò Manuel.
<< Credo di si, adesso mi spiego perché fu una telefonata molto breve >> replicò suo fratello facendo sorridere tutti.
<< Esatto, poi quelli che ci tenevano vollero capire la situazione, la spiegammo e la risposta fu “ma se ci parlate forse uscire da questa situazione di stallo”, la replica di lui fu “lei pensi a far bene il suo lavoro e non mi molli”, per fortuna andò tutto bene, escluso il fatto che abbiamo avuto mal di testa per giorni. Piuttosto, ci sarebbe un posticino dove … >>
<< No, ne abbiamo già parlato sei anni fa e abbiamo concordato che né io né Rodrigo abbiamo più voglia di andare ad una delle tue riffe clandestine, l’ultima volta ci hanno sparato! E questo solamente per trecentomila pesos messicani che ci siamo dovuti dividere in tre! >> lo interruppe Martìn. Trecentomila pesos messicani …e quei tre si erano fatti sparare addosso, e non dalla polizia, per dodicimila euro pensò Sergio.
<< Prima di tutto non vi hanno sparato, hanno sparato alla macchina. Secondo non ti sei mai lamentato. Terzo se non fosse stato per noi tu non avresti avuto metà degli aneddoti con cui deliziare la tua padrona di casa a Palermo >> si intromise Paula.
Qualsiasi cosa stesse per replicare Martìn fu subito interrotta da un cellulare a cui Paula si attaccò tra una risata e l’altra. << Meglio andare in uno dei prive, per trenta pesos mia moglie vi farà uno show completo, con happy ending se volete >> proclamò Manuel orgoglioso, cosa ci fosse da essere orgogliosi lui non lo sapeva proprio.
***
Andrés de Fonollosa trovava tutto quello assurdo e degradante.
Manuel e Paula erano due individui simpatici ma che in altre occasioni non avrebbe mai frequentato. Non era l’unico a pensarlo dato che anche Sergio era a disagio, però ascoltare quei racconti era divertente, e spiegava un sacco di cose.
<< Luce della mia vita, perché non mi hai chiamato prima? >> sentì dire, c’erano solamente tre persone al mondo con cui Martìn mostrasse una certa umanità: lui, Rodrigo e Alfonso. Martìn adorava quel fratellino nato quando aveva già quindici anni, un rapporto che lui non aveva mai avuto con Sergio perché la differenza d’età era molto minore, uno dei cugini di Martìn gli aveva confidato che quando Alfonso era bambino Martìn ed Eva lo avevano trattato come una specie di bambolotto con cui giocare e non aveva difficoltà a crederlo viste le poche volte in cui aveva incontrato Alfonso Berrote Carrillo.
<< Hai rotto il cazzo! Ho trent’anni, non più sei! >> sentì dire dal vivavoce.
<< Sarai sempre il bambino che mi caricavo sulle spalle e che mi divertivo a lanciare in aria >> fu la prevedibile replica.
<< Io non dirò un’altra parola, piuttosto... ho chiamato per quella faccenda, il consiglio dei cugini si riunirà tra due giorni, vuoi confermare il voto e lasciarmi la delega? Francesca ha incaricato la cugina Leocadia mentre il cugino Alejandro il cugino Patricio >> li informò Alfonso e vide gli altri guardare Martìn stupefatti.
<< Il mio voto lo conosci, lo stesso dell’altra volta. Ne abbiamo parlato e non può uscire da lì, la cugina Adelia ci ha dato il suo parere e poi chi la sente zia Alma se proviamo a farlo uscire? >> fu la replica di Martìn. Martìn gliene aveva parlato quasi per caso una settimana prima.
Erano al monastero a godersi il cielo stellato quando senza alcun preavviso Martìn gli aveva rivelato che quando aveva otto anni suo cugino Evaristo Berrote, di anni dieci, aveva spinto Eva giù dalle scale senza alcun apparente motivo. Dopo che Carlos Berrote lo aveva devotamente preso a cinghiate per non aver sorvegliato la sorella, e li aveva avuto la conferma che Martìn ed Eva erano stati picchiati per tutta l’infanzia e che entrambi lo trovavano normale, metà della famiglia ne aveva parlato quando Eva aveva dichiarato di avere paura del cugino Evaristo, e metà dei cugini con lei. Era poi venuto fuori che il cugino Evaristo aveva una qualche patologia mentale e che appena possibile tutta la famiglia lo aveva fatto internare senza pensarci due volte.
Non era cattivo ma …mi faceva paura, un secondo giocavamo insieme e quello dopo ti picchiava senza nemmeno spiegarti il perché gli aveva confidato Martìn.
<< Io, e chi altri? Tu sei in Europa, i cugini sono sempre impegnati e le due Francesca sono a Montevideo, piuttosto… ieri è venuto a cena il cugino Juan e ha detto che Tomas pensa di farsi impiantare il cocleare o come si chiama, voleva chiamarti ma il tuo telefono familiare non prendeva e quindi mi ha riferito di avvisarti >> concluse Alfonso prima di salutare tutti, e ora quale parte della telenovelas Berrote-Cernuda si era perso?
<< Tomas non è il nome di quel tuo ex? Quello che … insomma >> cercò di dire Paula in tremendo imbarazzo, o era un’illusione delle luci del prive o la donna stava davvero arrossendo. << Quello sordo, Paulita, puoi dire quella parola, non ci offendiamo mica, sono passati diciotto anni ma siccome è amico di Juan spesso l’ho incontrato >> fu la risposta, ora si che era tutto chiaro.
Martìn gli era divenuto indispensabile durante il suo secondo matrimonio, Clara era senza alcun dubbio la più bella delle sue mogli ma era anche sorda dalla nascita e lui non conosceva il linguaggio dei segni, che invece Martìn conosceva a causa del cugino Juan. Per quei diciotto mesi di matrimonio Martìn gli era stato indispensabile come traduttore e aveva anche provato ad insegnargli, era stato allora che aveva compreso quanto avesse bisogno dell’argentino. E c’erano le ultime parole di Clara poco prima del divorzio, qualsiasi cosa si fossero detti lei e Martìn lui non era stato abbastanza veloce da capire tutto e Martìn si era sempre rifiutato di tradurre, Clara prima di firmare le carte gli aveva lasciato un biglietto su cui era scritto “io sarò pure sorda ma vedo quello che tu non vuoi vedere” che a distanza di anni non era solamente una frase ad effetto.
<< Bene, ora dobbiamo andare >> intervenne Rodrigo alzandosi entusiasta.
<< Tu devi spiegarmi cosa hai combinato con le prenotazioni e mi aspetto almeno una suite >> replicò Martìn, aveva bisogno di riposarsi, farsi le iniezioni del trattamento israeliano e controllare con una connessione sicura le specifiche di un nuovo prodotto cinese che prometteva miracoli.
<< Prenotazioni? Suite? Ma tu sei famiglia e la famiglia non alloggia in albergo, ho chiamato mia nonna che vi ha già preparato la stanza degli ospiti e la cena >> dichiarò Rodrigo fingendosi scandalizzato, quella si che era una novità inattesa.
<< A Tepoztlàn? E come ci andiamo? >> domandò Martìn, e ora ove si trovava quel posto?
<< Ma con l’autobus, anzi vi consiglio di sbrigarvi perché l’ultimo parte tra mezz’ora >> rispose Rodrigo, aveva la sensazione che quella giornata non finisse mai.
<< Io su quel coso non ci salgo, l’ultima volta per poco non si è ribaltato su una mulattiera che non ristrutturano dai tempi di Pancho Villa e Zapata, prendiamo la macchina che così invece di tre ore arriviamo con la metà del tempo >> fu la pronta replica.
<< Come desideri ma così vi perdete metà del divertimento, Sergio e Raquel invece vi ho trovato da dormire a casa di Manuel, mamacita permettendo ma le parlo io >> dichiarò Rodrigo, efficiente come un orologio svizzero e pazzo come un folle appena rilasciato dal manicomio.
<< E tutto? >> domandò la ispectora, conoscendo Rodrigo fuori poteva esserci una banda mariachi in attesa di una serenata, o un combattimento di galli clandestini.
<< Tutto, al vostro servizio >> fu la risposta prima che Rodrigo si allontanasse canticchiando la Bamba.
***
Doña Graciela come sempre era stato un tesoro.
Aveva riservato loro un’accoglienza da re, aveva imbandito quello che si poteva solamente descrivere come “banchetto” e aveva offerto loro la migliore stanza della casa. Tepoztlàn gli era mancata, doveva ammetterlo, Martìn Berrote aveva trascorso lì diversi momenti interessanti, specie perché Graciela, sempre così loquace e intelligente, nel vedere la polizia diventava improvvisamente sorda e leggermente tarda. Si era accomiata da entrambi dopo aver ricordato che di notte in casa sua si dormiva e basta, e non pensassero di fare i furbi.
<< Un luogo veramente peculiare: esotico ma non in maniera caricaturale, e che sembra ignorare i cambiamenti degli ultimi cinquant’anni >> dichiarò Andrés quando lo raggiunse sotto le coperte, avrebbe fatto a meno della zanzariera ma non voleva nemmeno prendersi una qualche febbre tropicale.
<< Qui si sta bene, ci venivo quando avevo bisogno di una pausa dal Messico, dormivamo tutti e tre nello stesso e restavamo svegli a parlare come degli adolescenti >> rivelò lui, la vita con Rodrigo e Anna Maria per anni era stata la sua ancora di salvezza quando il peso di quell’amore così forte e così silenzioso minacciava di sopraffarlo. Allora arrivava il Messico, le nottate trascorse a ballare in qualche locale senza nome a rimorchiare volti che dimenticava al mattino e i piccoli sistemi di Rodrigo per farlo stare meglio perché Rodrigo de Sousa sapeva tutto e non lo aveva mai giudicato, almeno a parole.
<< Poi hai compiuto quindici anni e avete deciso che potevate provare la tequila >> ironizzò Andrés prima di baciarlo. Non si sarebbe mai davvero a quel gesto, c’erano momenti in cui gli sembrava che fosse tutto un sogno che sarebbe finito da un momento all’altro, che non meritava tutta quella felicità e che sarebbe giunto il momento di svegliarsi. Sapere che finalmente avevano del tempo da trascorre insieme, che quel che provava era finalmente ricambiato e che nessuna stronzata etero o la malattia si sarebbero intromessi da loro lo faceva sentire euforico, solo pensare che finalmente potesse sentire le labbra di Andrés contro le proprie, che potesse toccarlo, sfiorarlo, sentirlo contro di sé era il soddisfacimento di ogni suo recondito desiderio.
Stava per abbassarsi i pantaloni quando la porta si apri di scatto rivelando doña Graciela de Sousa, ma allora era di famiglia interrompere chi scopava!
<< In questa casa di notte si dorme e basta, non voglio ripeterlo >> si limitò a dire l’anziana prima di sistemare accanto alla porta un secchio d’acqua per poi andarsene.
<< Non è accaduto sul serio, non può essere accaduto veramente >> mormorò Andrès cercando di non ridere.
<< Graciela sa tutto, vede tutto e non voglio essere maledetto. Abbiamo sempre la siesta domani pomeriggio >> replicò lui cercando di non arrabbiarsi, Rodrigo avrebbe pagato anche per quello, oh se avrebbe pagato.
***
Il Messico era delizioso pensò Andrés de Fonollosa.
Forse aveva fatto un errore ad uscire il meno possibile dall’Europa ma quel luogo godeva di una pace unica, quasi cristallizzata. A onor del vero non fu il sole a svegliarlo, o l’umidità, bensì un foglietto appallottolato che entrò dalla finestra e atterrò esattamente sopra di lui. Veloce lo aprì e lesse “scusami tanto”, si stava chiedendo cosa significasse e se non dovesse preoccuparsi quando udì delle note e …For he’s a jolly good fellow? Versione inglese?
For he's a jolly good fellow, for he's a jolly good fellow
For he's a jolly good fellow, and so say all of us,
And so say all of us, and so say all of us
Conosceva le parole e …oh Rodrigo, si era portato dietro l’orchestra e li stava svegliando in quella maniera. Divertente, spiritoso, forse un po’ infantile ma gradevole pensò, Martìn non fu della medesima opinione dato che cominciò ad imprecare e poi andò alla finestra, e così quella era l’orchestra sinfonica di Città del Messico pensò lui osservandoli curioso.
Ebbe appena il tempo di aprire bocca che Martìn prese il secchio dell’acqua, tornò alla finestra e lo rovesciò contro l’orchestra, scatenando un fiume di risate.
<< Lo sapevo che ti eravamo mancati >> disse una voce con un accento che non riuscì ad individuare. La replica fu il secchio che volò fuori dalla finestra, dal rumore doveva aver colpito qualcuno.
<< Fratello mio checca, era proprio necessario colpire Gustavo? Un po’ d’ironia fratello mio checca >> disse una seconda voce che aveva un vago accento francese, chiunque fosse a parlare non era nato in Francia o quantomeno non nella Francia “giusta”.
<< Vaffanculo Ahmed, e vale lo stesso per voi branco di pazzi >> fu la replica di Martìn prima di crollare sul letto trascinando con sé la zanzariera.
<< Ho sempre sognato di incontrare un’orchestra al completo >> si limitò a dire prima di aiutarlo a districarsi.
<< E io sogno di nuotare nell’oro come Tio Rico ma non vuol dire che accadrà domani >> fu la replica, tutto quello sarebbe stato immensamente divertente.
***
Rodrigo aveva firmato la sua condanna a morte, una morte lenta e dolorosa, di questo Martìn Berrote era sicuro.
L’orchestra messicana di Città del Messico, come la chiamava lui, era formata da dei geni che però erano anche assolutamente dei folli, i migliori musicisti dell’America Latina senza alcun dubbio, ma anche i più pazzi, tutti attentamente selezionati da Rodrigo durante gli anni trascorsi in Messico. Li adorava ma c’era un motivo se aveva tenuto la sua vita con Rodrigo separata da quella con Andrés: l’assoluta instabilità di quei pazzi.
Si era divertito, inutile negarlo; avevano diviso bevute, tour, feste più o meno stravaganti, aveva scopato con alcuni di loro e se riusciva ad allungare qualche pesos anche uno o due alibi al momento giusto per non dire delle volte in cui lo avevano attivamente aiutato, presentarli era però un altro discorso.
Per il momento sembravano parecchio tranquilli, forse con l’età avevano messo giudizio o erano ancora intontiti dalla sbronza del giorno prima, di sicuro si erano sistemati nel giardino in silenzio, chi seduto sulle custodie degli strumenti e chi per terra.
<< …ed è stato così che ho finito per suonare il clarinetto con una mano e rollarmi una canna con l’altra >> concluse Gustavo, e come dimenticare quella sera pensò lui mentre Andrés si univa alle risate, il problema era che uno come Andrés, così amante delle arti in ogni sua espressione, si trovava assolutamente a suo agio con un’orchestra come quella, peccato che metà degli aneddoti che lo riguardavano lo includevano o mezzo nudo o in modalità sgualdrina pensò Martìn.
<< Non indovinerete mai cos’ho qui, stavo sistemando casa perché Alba ha avuto un contratto di un anno a Vancouver e quindi è partita, e ho ritrovato le mie vecchie registrazioni, le ho riversate su CD e poi sul pc e infine sul telefono, volte sentire? >> domandò Mauricio. I bei tempi in cui …Mauricio aveva il vizio di registrare tutto e sicuramente doveva esserci qualcosa di compromettente su quel file pensò ma l’altro fu più veloce di lui.
“Allora, ricapitoliamo - Rodrigo è… Rodrigo, la nostra bella Annamaria è allegramente bisessuale ma non vuole storie serie, il matrimonio le basta e le altre sono avventure. Tu, Martìn, ti scopi qualsiasi cosa abbia un cazzo e il mondo ringrazia, Gonzalo si scoperebbe qualsiasi cosa pur di avere una dose di cocaina, Raul è un mezzo pervertito, Esperanza si è appena fatta togliere il cazzo, io a breve mi farò togliere le tette, Elena crede così tanto alla fedeltà da aver tradito ogni singolo uomo abbia avuto la sfortuna di decidere di impegnarsi con lei e quindi direi che dobbiamo festeggiare perché siamo tutti un branco di troie “ sentì dire, vedere Rodrigo imbarazzato in parte lo aiutava a sopportare quello sputtanamento, perché la terra non si apriva mai per inghiottirlo?
<< Scusa se te lo chiedo ma … Gonzalo è già uscito dal rehab? >> domandò Rodrigo curioso per sviare la conversazione, ora che ci faceva caso Gonzalo non era presente, e questo era il peso che doveva dare alla relazione che aveva avuto col colombiano.
<< Uscito, e già rientrato. Io non posso corrergli dietro ogni sera e non ce la facciamo più. Juan Delgrado ha minacciato di licenziarlo se questa volta non la smette e non mi sento di dargli torto perché la situazione è insostenibile, maldito cundango >> rispose Raul prima di attaccarsi a una bottiglia di rum, alle nove di mattina il rum… stava migliorando.
<< Non potreste mettere tutto sotto silenzio come in passato? Sarebbe un grave danno all’immagino non solamente per lui ma per tutta l’orchestra …il primo flauto traverso incapace di uscire dalla dipendenza, una pessima pubblicità per tutti >> propose Andrés, come se non ci avessero già provato.
<< Ci abbiamo provato ma io non intendo spendere un altro soldo per quel drogato del cazzo, piuttosto... stavo pensando organizzare una festa e … >> Raul non terminò la frase perché fu subito interrotto dalle proteste, a cui si aggiunse la sua voce, le feste di Raul erano la scusa per festini dove l’unico limite era la fantasia e la fantasia di Raul Avila Gomez era particolarmente spigliata. Vi aveva partecipato per anni, si era anche divertito ma già l’ultima volta sei anni fa aveva avuto la sensazione che si stesse esagerando.
<< Che branco di bigotti, piuttosto …mi dica Fonollosa, che rapporto ha con le droghe? >> domandò Raul e Martìn vide chiaramente Andrés perdere un battito, era peggio di quanto pensasse.
<< Io voglio sperare che lei abbia problemi a formulare frasi coerenti perché altrimenti questa conversazione può finire qui >> rispose Andrés, allora esisteva un dio.
<< Capisco, niente droghe. E in quanto al sesso? Avete preferenze? Sesso a tre? Scambio di coppia? Sesso di gruppo? Voyeurismo da ambo le parti? Masochismo o sadismo? O altri piaceri più raffinati ma di cui ci si vergogna a parlare? >> lo incalzò Raul, lassù qualcuno lo odiava e quel qualcuno era sicuramente sua madre pensò Martìn osservando Andrés sbiancare, se Raul non fosse stato un eccellente pianista avrebbe fatto fortuna come ruffiano, e lui ci aveva anche scopato …più volte, con un certo piacere e divertendosi le prime volte che Raul aveva proposto di vivacizzare le loro scopate, poi non si era divertito più.
<< La conversazione termina qui, e per la salvezza di questo incontro assolutamente piacevole fingerò di non aver sentito >> si limitò a dire Andrés mentre lui faceva segno a Raul di smetterla. Per fortuna Rodrigo aveva tanto da chiedere pensò, e per fortuna nessuno di loro sarebbe rimasto per pranzo.
***
Sergio Marquina controllò nuovamente la cartina.
La madre di Paula li aveva accolti con piacere, certo… era sicuro che durante la notte ci fossero state almeno tre sparatorie e un accoltellamento nel circondario ma escluso quello tutto era andato bene. Manuel poi li aveva portati in giro per Città del Messico prima di dargli le chiavi di una macchina, chiedergli di portare Hailey con loro e che nella sua macchina non ci stavano tutti perché lui e Paula dovevano passare a prendere due persone, la strada per Tepoztlàn per sua fortuna si era rivelata estremamente facile.
<< Quando sono venuta qui la prima volta è stato meraviglioso, Rodrigo è ancora convinto che gli abbiano lanciato un maleficio >> rivelò loro Hailey quando fermò la macchina, e che ci faceva una lavatrice lì fuori, ancora nella confezione con fiocco?
<< E chi lo avrebbe maledetto? >> domandò Raquel curiosa prima che una macchina frenasse a pochi centimetri da loro. Ne scese un Manuel trionfante che corse subito ad abbracciare quella che doveva essere la nonna di Rodrigo.
<< Un’ora e venti minu-ti, que barba-ridad Manu-el, era davve-ro necessa-rio tut-ta questa fret-ta? >> disse una voce e lui era già sicuro di aver sentito quella voce da qualche parte, non ricordava dove ma era avvenuto a Madrid.
A parlare era stata una donna dai capelli neri e l’aria di chi è pronto a tutto per le persone care.
<< Paulina cara! E …José Maria? >> domandò Rodrigo sorpreso, ecco chi erano e quando li aveva incontrati: amici di amici aveva detto loro Martìn sei anni prima, e doveva avere ragione a giudicare dagli abbracci e dai saluti.
<< Maria José ora, è bello rivedervi tutti >> li salutò Maria José Riquelme prima di andare anche lei a salutare la nonna di Rodrigo che rimase di sasso nel vederla.
<< Ho incontrato Paulina due giorni fa al mercato e ho avuto l’idea di invitarla, ha così tanto da raccontarci >> propose Paula, stratega come poche pensò Sergio, l’aveva sottovalutata. Alla fin fine erano un gruppo piuttosto strano ma abbastanza cordiale anche se Martìn e Manuel continuavano a sghignazzare.
<< Ce l’hai? >> domandò Martìn con aria complice.
<< Dopo l’ultima volta la porto sempre con me, ogni tanto la riguardo e mi faccio delle domande >> fu la risposta.
<< Io mi sono sempre chiesto come sia possibile >>
<< Siamo capaci di questo e altro, secondo me in realtà c’è stato uno scambio in qualche momento imprecisato >>
<< Devo dire che la prima volta è stato strano ma poi …è ancora più strano >>
<< Mi sono fatto delle domande, ho fatto ricerche e... credo sia stata una casualità >>
<< In certe cose non esistono le casualità, Manuel, deve esserci una spiegazione, pinche saltamuro >>
<< Anco-ra con questa sto-ria, vo-lete accet-tare che è una coinci-denza? I so-sia esi-sto-no >> intervenne Paulina de la Mora, Rodrigo appariva sinceramente sconcertato da quella conversazione mentre Paula se la rideva.
<< Ammettiamo pure che sia una coincidenza ma è una coincidenza strana. Andrés mi amor, questa è una foto del matrimonio di Rodrigo e Anna Maria, Manuel... la foto >> dichiarò Martìn prima che Manuel gli passasse una foto. << Questo qui è Daniel Yaves, il figlio che la madre di Rodrigo ha avuto dal suo secondo marito, e questo è Juliàn de la Mora, il fratello di quell’adorabile manflora che è la qui presente Paulina >> spiegò Martìn, qualsiasi cosa gli avesse appena mostrato fu sufficiente a sorprendere suo fratello, e sorprendere Andrés non era facile.
<< È un falso, o un fotomontaggio, è assolutamente impossibile che una cosa simile esista >> si limitò a dire Andrés prima di passargli la foto, non ebbe bisogno di spiegargli nulla perché Sergio notò subito due ragazzini che si assomigliavano come due gocce d’acqua.
<< E mi state dicendo che sono i vostri fratelli e che voi non siete imparentati? Allora la teoria dei sosia è vera >> intervenne Raquel che era seduta alla sua sinistra. Osservando la foto non ebbe difficoltà nell’individuare Rodrigo, Manuel e Martìn, erano più giovani di almeno vent’anni, sorridevano ed apparivano spensierati, e Anna Maria …era bellissima, una bellissima ragazza divenuta una bellissima donna, almeno così gliel’aveva descritta suo fratello e Andrés quando si trattava di belle donne era molto selettivo.
<< La teoria dei sosia? >> domandò Hailey
<< Ognuno di noi avrebbe almeno sette sosia per il mondo, ossia sette persone che ci assomigliano fisicamente come se fossero dei cloni >> le spiegò Raquel, quello si che era strano, e sfuggiva ad ogni regola della logica comune.
<< Parlando d’altro, come sta l’adorabile Purification? >> domandò Manuel facendo sospirare Maria José.
<< Purification sta bene, a Madrid, dove l’ho fatta ricoverare dopo un … piccolo incidente, io ringrazio sempre che sei anni fa abbia potuto contare sull’aiuto di Martìn altrimenti …sa il cielo cosa sarebbe accaduto >> rispose Maria José e Sergio sospirò; in occasione dell’incontro con Paulina e Maria José quest’ultima aveva voluto invitarli a casa e tutti e tre avevano accettato. Niente di male se non fosse che in quel momento a casa Riquelme c’era anche la sorella di Maria José, Purification, e Andrés l’aveva trovata di suo gusto. Anche lui l’aveva considerata una donna attraente, almeno finché Maria José e Martìn non avevano mostrato a suo fratello la cartella clinica di Purification facendogli capire che era meglio girarle a largo, non sono così bigotta da negarle una botta e via ma se Puri le si affeziona poi farà fatica a liberarsene lo aveva avvisato Maria José.
Paula stava per dire qualcosa quando le suonò il telefono, dove aveva già sentito quella musica?
<< Mi manca andare ad un concerto come una volta … e mi manca cantare Glorieta l’estate, il miglior duetto sulle note di “Agarrate” l’abbiamo fatto noi due quattordici anni fa, bei tempi quelli >> si limitò a dire Rodrigo prima di passare il maté a tutti loro.
<< La sorella di Paulina ha conosciuto Gloria Trevì … >> iniziò Maria José.
<< Ed Elena ha avuto una storia col body guard, o con uno dei ballerini di fila >> lo interruppe Martìn prima di sussurrare qualcosa ad Andrés, qualsiasi cosa fosse doveva essere divertente a giudicare dal sorriso di suo fratello.
<< Ele-ni-ta è un po’ facile ma non lei, vi de-vo rac-con-tare un sac-co di cose ma non di-te che ve le ho det-te io >> proclamò Paulina.
***
Tepoztlàn era un buon luogo dove vivere in pace si disse Andrés de Fonollosa.
Doña Graciela praticamente li viziava, cucinava per loro degli autentici banchetti, aveva lavato tutti i loro abiti a mano e avevano il permesso di andare ovunque in casa sua, ancora un po’ e lo avrebbe personalmente sventolato con una palma come nelle vecchie illustrazioni coloniali. Rodrigo si presentava ogni giorno, doveva ringraziarlo per l’escursione a Teotihuacan, come facesse a conoscere il custode non voleva saperlo, di sicuro lui aveva trascorso un’ora interessante con Paula che era sicuramente il cicerone più attraente con cui avesse mai avuto a che fare, avrebbe dovuto ringraziarla per avergli fatto condividere l’ombrellino stile fin de siecle con cui andava in giro ma era sicuro che poi Manuel si sarebbe montato la testa.
<< È un bel luogo qui >> commentò mentre si godeva la siesta sull’amaca che Graciela aveva personalmente appeso per lui, perché Rodrigo non era come sua nonna?
<< Mi è sempre piaciuto venirci, c’è pace, tranquillità, natura ma non troppo, si vive bene >> replicò Martìn che si era invece sistemato sui gradini a leggere un saggio sulla morte di Colosio, il politico preferito di Rodrigo.
<< È un bel luogo dove morire >> disse. Non gli sarebbe dispiaciuto morire in un luogo simile, circondato dai colori, dalla musica e da un’atmosfera vagamente esotica, era inutile evitare di non pensarci perché sarebbe accaduto, il suo corpo si era abituato al trattamento israeliano che a breve non avrebbe fatto più effetto e non aveva il tempo per girare il mondo alla ricerca di un farmaco che forse nemmeno esisteva.
<< Non dirlo nemmeno per scherzo, tu non morirai. C’è quella cura in Svizzera, e il trial cinese… no >> gli disse Martìn prima di chiudere il libro e raggiungerlo.
<< Che potrebbero non funzionare, ma parliamo d’altro, sicuro di non voler andare alla commemorazione di tuo zio? >> domandò cambiando argomento. Avrebbero dovuto seriamente parlare di cosa sarebbe accaduto, di cosa pensava di fare Martìn anche se temeva di conoscere la risposta, stavano solamente rubando del tempo e lui ne era cosciente, doveva esserlo per tutti e due, evitare di parlarne era un comportamento forse infantile ma se serviva a far stare sereno l’argentino allora avrebbero continuato a giocare a quella commedia in cui tutto andava per il meglio.
<< Assolutamente sicuro, ogni anno la stessa storia. Cinque messe in suffragio, pranzi che stroncherebbero un elefante e poi incontri dove si discute di chi possa essere la colpa. Mio zio è colato a picco con la Belgrano, non c’è altra verità … pensa che a mia zia consegnarono una bandiera, gliela consegnò Anaya in persona, solo la bandiera però, sono sette anni che non vado >> fu la risposta, era incredibile come per qualsiasi situazione Martìn avesse un aneddoto che riguardava uno dei suoi cugini, forse avendone così tanti era facile che in quella famiglia fosse accaduto di tutto.
<< Dove andavi gli altri anni? >> domandò, in quei giorni Martìn partiva sempre, aveva dato per scontato che tornasse a Buenos Aires ma forse andava da Rodrigo ovunque il messicano fosse.
<< Da Max, a Tel Aviv, Max sa essere molto comprensivo ed essendoci passato conosce le parole giuste >> fu la risposta e gli fu impossibile nascondere il proprio fastidio. Di tutta la sfilza di fidanzati, flirt occasioni e conquiste di una notte con cui era entrato in contatto Max Weil era senza alcun dubbio quello che più aveva detestato. Passi la differenza d’età di ventisette anni, Max era persino più grande del padre di Martìn, passi l’incredibile vena affabulatoria quando si parlava della vita di Max nella Parigi di Mitterand ma che Max fosse un guerrafondaio sionista che aveva partecipato alla guerra dei sei giorni e alla guerra del Kippur quello no, lo aveva sopportato fin troppo quando l’altro lodava in maniera quasi indecente Golda Meir e Moshe Dayan, cosa ci trovasse in lui Martìn non lo aveva mai capito, a meno che non avesse problemi con la figura paterna e dopo aver conosciuto Carlos Berrote aveva dei dubbi in quanto l’uomo era praticamente il padre perfetto, escludendo l’aver picchiato tutti e tre i figli e aver lasciato la moglie per una vicina.
<< Quindi tu lasciavi tua sorella da sola per andare a sentire Max raccontare per l’ennesima volta di quando lui e la sua brigata hanno conquistato le alture del Golan, il tutto seguito da vari attacchi razzisti nei confronti degli arabi? >> domandò curioso, la storia secondo Max era di quanto più revisionista aveva mai udito.
<< Lasciavo Eva a casa per andare da … da una persona che mi voleva bene. Max ha sempre saputo di te, era nella mia vita da prima che ti conoscessi e non mi ha mai giudicato, ha sempre rispettato le mie decisioni e … la fedeltà non gli è mai interessata, la sua generazione è quella che ha fatto così tanto la troia da essere stata falcidiata dalla SIDA >> fu la risposta. E così Max sapeva, questo spiegava gli sguardi ironici, le battutine a mezza bocca in yiddish e il modo in cui lo guardava.
<< E.… gli altri sapevano di Max? >> domandò, aveva visto la fotografia ma voleva che Martìn gliela confermasse.
<< Sapevano di Max, non piace nemmeno a Rodrigo se ti interessa, Anna Maria e mia sorella lo adorano ma del giudizio di Eva non mi sono mai fidato, ti ho mai raccontato cosa è accaduto la prima volta che l’ho contraddetta? >> gli domandò Martìn prima che gli facesse segno di accomodarsi sull’amaca.
<< La tua famiglia sembra uscita da una telenovelas >> si limitò a dire cercando di non ridere.
<< Di prima qualità ovviamente. Avevo sei anni e volevo solamente mettere gli addobbi sull’albero di Natale. Eva però era convinta che toccasse a lei, così mi sfidò a metterne uno, io lo feci e …mi è saltata addosso, io ovviamente l’ho picchiata, lei ha picchiato me e mentre mia madre urlava “Carlos! Carlos vieni a separarli!” siamo finiti addosso all’albero che ci è caduto addosso. Ed è così che mia sorella si è rotta il polso, la prima volta, è tutto su video >> raccontò Martìn divertito.
Stava per dire qualcosa quando udirono il suono di un sassofono che suonava La Bamba, Rodrigo.
<< Io vorrei tanto sapere come sia possibile raggiungere il cielo con una scala grande e un’altra piccola, non sarebbero meglio due scale? >> chiese sinceramente curioso, quello era solamente uno dei mille misteri messicani.
<< Non devi farti domande sulla Bamba, devi semplicemente viverla, così come la Cucaracha, le canzoni di Selena e quelle di Gloria Trevì, pinche Paula per averti detto tutto su Gloria >> fu la replica di Martìn, atarassia dunque. Ci avrebbe pensato, al momento era più interessante guardare Rodrigo che si stava avvicinando con un sassofono e un sombrero, poi avrebbe pensato a tutto il resto, dopo.