Seconda storia della raccolta "Make you feel better".
Probabilmente non c’è niente di più affascinante al mondo della lucina verde della fotocopiatrice.
O probabilmente c’è.
Ma quando ti tocca fare cinquanta copie di una stessa stupidissima circolare l’unica cosa che puoi fare è concentrarti su quella piccola luce. Soprattutto se il fracasso prodotto dalla fotocopiatrice ti trapana il cervello e il rumore nascosto sotto quello sferragliare è ancora più insopportabile.
Non quanto la consapevolezza che a distanza di pochi metri, nascosto tra gli scaffali dell’archivio, c’è l’oggetto dei tuoi desideri avvinghiato alla solita sgualdrina.
Potrebbe anche lasciare tutte le fotocopie da fare a Jason, ma no, deve pure coprirlo durante le sue scorribande. Alec non è masochista, no. Non gli basta sapere che il suo “amico” si infila nelle lenzuola della metà delle ragazze della scuola, no, deve anche aiutarlo a farlo e riempirsi le orecchie del fracasso della fotocopiatrice misto ai gemiti soffocati che provengono dagli scaffali alla sua destra.
“Sei un amico, Alec.”
E tu sei uno stronzo, Jason.
Perché non gli basta ignorare i sentimenti di Alec, né raccontargli per filo e per segno ogni scopata, no, deve pure relegarlo in un angolo dell’archivio a fissare una stupidissima lucina verde mentre dentro di lui la rabbia gli brucia le viscere.
Ogni giorno davanti a quell’aggeggio infernale, a vederlo sputare fogli e a concentrarsi solo sul rumore prodotto dalla macchina, per non sentire i gemiti. A meno che al posto della solita scopata Jason non si stia godendo una bella litigata con la sgualdrina di turno.
Allora sì che Alec tende l’orecchio per catturare ogni suono, ogni urlo isterico e ogni scusa patetica sussurrata dall’amico. E la rabbia non brucia più, rimpiazzata da un’amara soddisfazione.
Rari momenti, attimi che fuggono e scivolano via tra un gemito e l’altro.
E l’unica consolazione che rimane è la fotocopiatrice, con il suo fracasso e la sua dannata lucina verde.
E poi succede.
Succede che il mondo si capovolge, la destra si inverte con la sinistra e Jason chiede ad Alec di “uscire”.
Saranno stati gli sguardi troppo intensi o il suo atteggiamento rassegnato, si sarà tradito da solo Alec.
O più semplicemente Jason sarà rimasto a corto di buchi e il suo era il più vicino.
Sono quelle cose che non ti spieghi, che paiono non avere una spiegazione anche se magari ce l’hanno ma tu non riesci a coglierla. O non vuoi farlo, perché la felicità è così tanta che tutto passa in secondo piano.
La soddisfazione di sentire la fotocopiatrice che si lamenta e non vederne la solita dannata lucina verde perché sei dietro lo scaffale avvinghiato all’oggetto dei tuoi desideri, la sua espressione goduriosa è l’unica cosa che vedi.
Ora sì che non ti perdi un gemito, un suono, una parola sussurrata durante l’amplesso.
Il fracasso è solo un sottofondo, la tua strampalata colonna sonora.
Che ti ha accompagnato nei momenti peggiori.
Nei momenti migliori.
E nei momenti in cui non se ne può più.
E’ stato bello finché è durato.
Il sentimento o la scatola di preservativi?
Alec non lo sa, non lo vuole sapere. Non ne può più.
Gli ormoni lo hanno ingannato, ma ora ci vede chiaro: alla fine in Jason c’è poco di buono.
Dopo la felicità dei primi momenti insieme, l’euforia delle prime scopate, ecco che arriva inesorabile l’insoddisfazione che preannuncia la fine di un rapporto.
“Ti voglio parlare”
Ti voglio picchiare.
Usato come palo quando erano amici, usato come sfogo sessuale quando erano amanti.
Usato.
Alec sorride, un po’ amareggiato e tanto arrabbiato.
La lucina verde lo guarda, interrogativa.
Lampeggia, deve cominciare a sputare fogli o no?
Deve coprire fino alla fine la loro amara storia?
No, probabilmente no: ora è il momento del silenzio pieno di scuse inutili, fragili e patetiche.
Alec si gira, al sentire il suono della porta che si apre.
Sarà la forza dell’abitudine, il dito è ancora posato sul pulsante di avvio della fotocopiatrice.
Jason finge la solita faccia da cane bastonato. Alec la conosce bene, gliel’ha vista sfoggiare mille volte e anche più quando doveva troncare un rapporto.
Chiude gli occhi, sta per arrivare il momento.
Non ha bisogno di aprirli per sapere che l’amico ha aperto bocca.
-Alec…-
E la stanza si riempì del fracasso della fotocopiatrice.