Signor Capitano, mi scuserà se esulo dall'oggetto dell'entrata in questione per soffermarmi invece sui suoi lavori. Probabilmente è la sede sbagliata, ma essendo io per lei un perfetto sconosciuto mi sembrava presuntuoso utilizzare il suo indirizzo elettropostale privato.
E dunque. Ho visto le quattro gallerie al suo sito. L'intervallo cromatico delle sue tele è ciò che ha attratto in primis la mia attenzione. È interessante come l'osmosi fra colore e soggetto si faccia vettore di un messaggio quasi paradossale: da un lato, la mancanza di connotati e la scala di grigi paiono suggerire un che di anonimo, un appartarsi intenzionale; dall'altro le figure, mai intere, a volte sfuggenti, catalizzano, dicono un proprio io a voce alta.
Gradisco molto il dispositivo narrativo di tali soggetti. L'idea del senza-volto, senza-nome, non vuol dire "si passi oltre", anzi, come in un romanzo o lungometraggio, le figure protagoniste (o comunque al centro dell'occhio registico) invitano più o meno surrettiziamente all'identificazione da parte del lettore/spettatore. Quella camicia bianca dalla quale fuoriescono mani che l'abbottonano (galleria quattro) è un involucro che risucchia un'identificazione.
Per questo, malgrado l'a-nonimato, l'oscurità, financo la segretezza di alcune di esse, le sue figure non passano inosservate ma anzi dominano d'una identità sfavillante lo spazio e la situazione assegnati. Una galleria di ritratti ancora più inquietanti perché è l'immaginazione dell'osservatore che dà loro un volto, forse l'istesso di chi guarda, in un rimbalzare di specchi (e vi sono degli specchi in alcune tele, diabolica la loro postura obliqua o il loro fugace accenno, invitanti per l'occhio quanto un intenso profumo di pietanze per l'olfatto e il gusto).
Per non essere troppo verboso, conchiudo: conosco Muñoz, è in gamba. Ora conosco un poco anche lei, Capitano, e la esorto con bonomia a non fare il modesto!
Eminente Dott. Watt, Non posso che ringraziarla calorosamente per le Sue sapienti parole, e per aver sollazzato il mio ego scegliendo questo luogo, a suo modo pubblico, per esprimerle, causandomi financo un certo imbarazzo e rossore. Peraltro mi sorprendo positivamente nel constatare che anche lei, come me, utilizza il termine elettropostale: d'accordo, mi rendo conto che non saremo gli unici, tuttavia non è una parola comunissima, e me ne compiaccio. Rinnovo i miei umili ringraziamenti, uniti all'emozione di corrispondere con un detentore di nome di unità di misura del Sistema Internazionale, per quanto derivata, e Le porgo i più cari saluti.
E dunque. Ho visto le quattro gallerie al suo sito. L'intervallo cromatico delle sue tele è ciò che ha attratto in primis la mia attenzione. È interessante come l'osmosi fra colore e soggetto si faccia vettore di un messaggio quasi paradossale: da un lato, la mancanza di connotati e la scala di grigi paiono suggerire un che di anonimo, un appartarsi intenzionale; dall'altro le figure, mai intere, a volte sfuggenti, catalizzano, dicono un proprio io a voce alta.
Gradisco molto il dispositivo narrativo di tali soggetti. L'idea del senza-volto, senza-nome, non vuol dire "si passi oltre", anzi, come in un romanzo o lungometraggio, le figure protagoniste (o comunque al centro dell'occhio registico) invitano più o meno surrettiziamente all'identificazione da parte del lettore/spettatore. Quella camicia bianca dalla quale fuoriescono mani che l'abbottonano (galleria quattro) è un involucro che risucchia un'identificazione.
Per questo, malgrado l'a-nonimato, l'oscurità, financo la segretezza di alcune di esse, le sue figure non passano inosservate ma anzi dominano d'una identità sfavillante lo spazio e la situazione assegnati. Una galleria di ritratti ancora più inquietanti perché è l'immaginazione dell'osservatore che dà loro un volto, forse l'istesso di chi guarda, in un rimbalzare di specchi (e vi sono degli specchi in alcune tele, diabolica la loro postura obliqua o il loro fugace accenno, invitanti per l'occhio quanto un intenso profumo di pietanze per l'olfatto e il gusto).
Per non essere troppo verboso, conchiudo: conosco Muñoz, è in gamba. Ora conosco un poco anche lei, Capitano, e la esorto con bonomia a non fare il modesto!
Cari saluti,
W.
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Non posso che ringraziarla calorosamente per le Sue sapienti parole, e per aver sollazzato il mio ego scegliendo questo luogo, a suo modo pubblico, per esprimerle, causandomi financo un certo imbarazzo e rossore.
Peraltro mi sorprendo positivamente nel constatare che anche lei, come me, utilizza il termine elettropostale: d'accordo, mi rendo conto che non saremo gli unici, tuttavia non è una parola comunissima, e me ne compiaccio.
Rinnovo i miei umili ringraziamenti, uniti all'emozione di corrispondere con un detentore di nome di unità di misura del Sistema Internazionale, per quanto derivata, e Le porgo i più cari saluti.
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