Character: Castiel; Sam Winchester; Dean Winchester
Pairing: Sam x Castiel { sastiel }; Dean x Sam { weecest - platonic};
Rating: pg-14
Genre: Fluff; introspettivo; triste;
Warning: au {hogwarts!verse}; kidfic;
Prompt: [CACCIATESORO ID3100 - Empire State of Mind
Word: 2.128
Note: Soliti avvertimenti sulla coppia: sì è una sastiel, sì vuol dire che Castiel non se la fa con Dean, ma con suo fratello, fatevene una ragione. E per quanto riguarda il suo abbreviativo, continuo a non vergognarmi nello scriverlo con due "s" finali invece che una sola, perchè fare il bastian contrario mi piace. Se coppia o modo di chiamare Cass vi da' fastidio, vi ricordo che le protuberanze che avete alle vostre mani si chiamano dita e potete usarle per chiudere la pagina, tornare indietro o far esplodere il pc.
Non ho ancora dato un benedetto nome alla serie di hogwart!verse di cui fa parte anche questa oneshot ed ogni volta che mi riprometto di pensarci, mi vengono in mente solo titoli stupidi. Per quanto riguarda l'ordine cronologico, la si potrebbe infilare dopo la fanfic
In the eyes of a child; non che serva leggerle per forza tutte o con un ordine ben preciso per capirle, tanto ogni fic è a sé.
Disclaimers: I personaggi di Supernatural appartengono a chi di diritto
L'ambientazione di Harry Potter appartiene a J.K. Rowling
Scritta per il prompt Caccia al Tesoro di The Pirates @
fiumidiparole In piedi accanto ad un carrello riempito da giganteschi bauli che lo facevano apparire più piccolo di quanto non fosse in realtà, Castiel aspettava in silenzio l'arrivo dell'Espresso per Hogwarts. Aveva imparato fin da giovanissimo a fare del silenzio e della solitudine una sua alleata e, immobile come il gufo latteo rinchiuso nella sua gabbietta, guardava il mondo dietro a sbarre invisibili fatte del rifiuto del prossimo o della sua indifferenza. Suo padre si era assicurato che uscisse presto di casa, al nascere dell'alba, accompagnato da uno degli elfi domestici incaricati della pulizia della casa e di tenere a bada il figlio, affinché si assicurassero che mangiasse tre pasti al giorno e non disturbasse il signor Novak, durante le poche volte che rientrava a casa, in licenza dal suo lavoro di Auror. Non che Castiel fosse un bambino esuberante, era timido invece, taciturno, e aveva imparato presto a starsene nella propria stanza a esercitarsi con l'uso della bacchetta o fuori in giardino, a cavallo di una scopa.
Non c'era più l'emozione della prima volta; a breve sarebbe cominciato il suo secondo anno al Castello, la prima volta attraverso il muro della stazione babbana di King's Cross era ormai storia vecchia, così come l'ansia e il panico di scoprire la propria Casa di appartenenza, quando il Cappello Parlante aveva scrutato tra i suoi pensieri, letto i suoi desideri e scoperto le sue paure. Raggiunto il binario 9¾, non gli era rimasto molto se non guardare l'elfo domestico scomparire, lasciandolo di nuovo da solo in una stazione ancora vuota che iniziava lentamente a prendere vita grazie agli annunci dei treni in arrivo, dagli altoparlanti magici.
Le mani torturarono la cravatta della divisa Hufflepuff, al di sotto del mantello, e per l'ennesima volta si assicurò di avere con sé la bacchetta, oltre a tutto il necessario per affrontare il nuovo anno scolastico. Si ripromise che questo sarebbe stato diverso dal precedente, che sarebbe entrato nella squadra di Quidditch, che si sarebbe fatto degli amici { anche uno, uno soltanto sarebbe bastato } e che finalmente si sarebbe sentito qualcuno. Chiunque. Bastava solo smettere di essere invisibile agli occhi degli altri e sentirsi nessuno.
Dalla cima del carrello, occhietti neri di un canarino lo guardarono curiosi, cinguettando allegro per attirare la sua attenzione e zampettando sulla gabbia di Dust. Il becco del gufo dal piumaggio grigio scattò contro le sbarre, mettendo il canarino in agitazione e costringendolo alla fuga; Castiel ebbe appena il tempo di guardarlo spalancare le ali e volare via, verso un cielo azzurro in cui, perfino lui, si sarebbe sentito più a suo agio. Se avesse potuto, avrebbe raggiunto Hogwarts con una scopa.
Una voce laconica annunciò l'arrivo dell'Espresso e, con esso, iniziarono ad arrivare anche i primi ragazzi. La stazione si riempì di voci, di rumori, di bambini che agitavano bacchette attenti a non farsi scoprire dai genitori nel casto di una qualche innocua magia, di carrelli spinti tropo forte o troppo lentamente, di calderoni che dondolavano pericolosamente insieme ai bauli o del verseggiare dei famigli, che fossero gatti, rospi, gufi o civette. Castiel si affrettò a tirarsi indietro quando un siamese dall'inquietante sguardo di ghiaccio, si gettò in rincorsa proprio verso il suo carrello, allungando le zampe alla gabbietta di Dust.
«Pulcioso, torna qui prima che ti getti sotto a un treno.» sbottò una ragazzina dai capelli lunghi, onde castane che le incorniciavano il volto e scivolavano sulla divisa Slytherin. Raggiunse Castiel, abbassandosi per afferrare il gatto e sollevandolo tra le braccia senza troppi convenevoli, prima di accorgersi del ragazzo rimasto in silenzio per tutto il tempo, con le mani aggrappate al carrello e gli occhi spalancati nel blu dell'iride, a fissarla sorpreso.
Lei sorrise, l'aria furba le donava e, se ci fosse stato un motivo per cui il Cappello Parlante avesse scelto di metterla nella Casa verde-argento, doveva essere proprio quel sorriso. Castiel avrebbe voluto dire qualcosa, forse scusarsi sebbene non avesse alcuna colpa, ma prima che riuscisse a trovare il coraggio di farlo - o una frase da pronunciare - un'altra voce femminile urlò in loro direzione. Udì il nome "Meg" tra le altre cose e la ragazzina si voltò, cercando chi l'avesse chiamata.
«Arrivo, arrivo!» esclamò, allontanandosi di qualche passo, prima di ricordarsi di Castiel. Si voltò verso di lui, squadrandolo dall'alto in basso e stringendosi nelle spalle «A stare lì impalato come un idiota, ti prenderanno tutti per una statua, tassofesso.»
E, quando la Slytherin se ne andò, per prendere posto sul treno, Castiel tornò ad essere proprio quello: una statua, un pezzo d'arredamento finito sulla banchina del binario 9¾ per sbaglio, ma non per questo degno di particolare attenzione.
~
Le ruote dell'Impala giravano sulle strade più trafficate della Londra Babbana, il motore rombava e, nell'abitacolo, due chiavi tintinnavano l'una contro l'altra, scontrandosi con il portachiavi a forma di stella iscritta in un cerchio che penzolava dal blocchetto d'accensione.
Le mani che stringevano il volante in pelle nera dell'auto erano piccole, ma ancora di più lo erano le dita affondate nella stoffa nera del suo mantello, strette in cerca di sicurezza. Alto poco più di suo fratello, Dean arrivava a malapena a toccare i pedali e la suola liscia delle scarpe austere della divisa continuava a scivolare via dal freno o dall'acceleratore, obbligandolo ad allungarsi maggiormente verso il basso.
Sam era rannicchiato sul sedile accanto, con le ginocchia sollevate al petto e la schiena spinta completamente contro lo schienale.
«Dean, ho paura.» pigolò, aggrappandosi con una mano al lembo del suo mantello e stringendo con l'altra la lettera di accoglienza alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. La sua lettera, quella che aveva rubato dal cassetto del salotto in cui suo padre l'aveva chiusa a chiave, fermo nella sua decisione di tenere almeno il minore dei suoi figli lontano dalla magia, lontano da un mondo che si era portato via sua moglie con un semplice colpo di bacchetta.
«Tranquillo, Sam, vedrai che andrà tutto bene e saremo a King's Cross in un lampo.» gli disse Dean, spaventato a sua volta da una strada di cui vedeva poco o niente, ma deciso a nasconderlo.
«Però, se papà lo viene a sapere...»
«Non preoccuparti, quando lo scoprirà gli diremo che è stata una mia idea.»
«Però...»
Dai sedili posteriori un gufo reale, rinchiuso nella sua gabbia, faceva da silenzioso spettatore, mentre un cucciolo di Siberiano dal pelo tigrato dormiva acciambellato in un trasportino di plastica bianca e azzurra.
Dean guardò il contachilometri, assicurandosi di rimanere intorno alle 30 miglia orarie.
«Sam, guardami.» gli ordinò piano, cercando di mantenere una calma che fosse almeno apparente, concedendosi di guardare il fratello minore solo con la coda dell'occhio, senza mai abbandonare del tutto lo sguardo dalla strada. Attento. Doveva stare attento. Doveva raggiungere la stazione sano e salvo con Sam e cominciare il suo secondo anno al Castello, questa volta insieme a suo fratello.
Sam si voltò a guardarlo, le labbra che tremavano per trattenere i singhiozzi e gli occhi che bruciavano per le lacrime ricacciate indietro a forza, per impedirsi di piangere.
«Ti ho promesso che ti avrei portato ad Hogwarts e lo farò, ok? A qualsiasi costo.»
Un sorriso timido si fece largo sulle labbra del più piccolo. Annuì con il capo e Dean fu sicuro che il fratello si sarebbe fidato di lui completamente. Sempre. Sorrise a sua volta, con le braccia tese e le dita che facevano male per la forza con cui arpionava il volante, ricordando le lezioni di guida di suo padre e sgombrando la mente da qualsiasi altro pensiero. Sotto al mantello portava i colori rosso e oro della casata dei Gryffindor, la stessa che aveva frequentato sua madre; il pensiero gli diede forza e orgoglio e quando, a pochi metri, si stagliò ai lati della strada un semaforo che lampeggiava malfunzionante tra il rosso ed il verde, deglutì a vuoto, schiacciando a tavoletta l'acceleratore. Il motore dell'Impala ruggì feroce, superando per prima l'incrocio, lasciandosi alle spalle un concerto di clacson ed imprecazioni.
Quando sbucarono su Camden Town, risero entrambi, leggendo i cartelli stradali che indicavano la direzione per la stazione e i pochi chilometri mancanti.
~
Il fischio del capotreno annunciò l'imminente partenza dell'Espresso.
Castiel era appena riuscito a sistemarsi insieme al proprio bagaglio in uno degli scomparti del treno rimasto ancora vuoto. Aveva cercato inutilmente la compagnia di qualche compagni di casata, ritrovandosi davanti a gruppi già formati, ragazzi che aspettavano di venir raggiunti dagli amici e compagni di classe che, dopo un anno, ancora non ricordavano quale fosse il suo nome. Tenendo sulle gambe la gabbietta di Dust, guardò oltre il finestrino, ritrovandosi ad assistere ad uno spettacolo grottesco: due bambini, un gufo e un gatto nelle loro gabbiette, si tenevano al manico di un carrello, sulla cima di un mucchio di bagagli; il bimbo più grande, dai capelli biondi, aveva la bacchetta tesa avanti a sé, per mantenere attivo un incantesimo che doveva aver dato vita al carrello affinché si muovesse lungo il binario 9¾.
L'Hufflepuff si stropicciò gli occhi; quando tornò a guardare, con il volto premuto al vetro del finestrino e le mani ai lati della nuca, i due bambini avevano quasi raggiunto il Treno.
«Hei! Aspettateci, stiamo arrivando, arriviamo, arriviamo!» urlò il più grande, per poi abbassare lo sguardo sul più piccolo, in piedi tra lui e il manico del carrello, perchè non cadesse.
«Sammy, sei pronto?»
«S-sì.»
Castiel trattenne il fiato.
Il secondo fischio del capotreno segnalò la chiusura delle porte.
«Adesso!»
L'ultima cosa che udì fu un boato fragoroso proprio poco prima che le porte si chiudessero e l'Espressio prendesse lentamente velocità, abbandonando la stazione.
Guardò indietro, verso la banchina, non c'era nulla se non genitori dai volti allarmati ed un carrello rovesciato a terra.
~
Stretto tra le braccia di Dean, Sam aveva ancora in bocca il sapore di ogni sillaba pronunciata nell'incanto. La punta della bacchetta gli pungolava il petto e, schiacciati entrambi dal mucchio di bagagli che faceva loro da contorno, si azzardò ad aprire un occhio, spiando il volto del fratello, tanto vicino da potersi immergere in quel mare di lentiggini che gli riempivano il naso e le guance.
Lo sentì muoversi, mugugnare qualcosa ed infine anche lui aprì gli occhi, con un sorriso enorme nato sulle labbra e il corpo dolorante che si metteva a sedere.
Dean infilò la bacchetta nella tasca dei pantaloni.
«Usare un Mobiliarbus per muovere il carrello e un Bombarda per terra per farci sbalzare verso il treno. Soltanto a te, poteva venire in mente, Sammy!» commentò regalando una carezza ai capelli castani del più piccolo.
Si guardò intorno, tra libri di scuola usciti da bauli rovesciati e sguardi terrorizzati dei loro due famigli, sommersi da un mucchio di abiti maschili.
Ce l'avevano fatta.
«Prossima fermata: Hogwarts.»
[Five years later]
«Avrei dovuto abbandonarvi entrambi e andarmene da solo ad Hogwarts. Ma come ti è venuto in mente di ubriacarti il giorno prima della partenza?»
Non c'erano più mani tremanti al volante di un'auto rubata di nascosta al padre o grandi occhi pieni di lacrime e timore. C'erano invece lunghe dita affusolate strette al manubrio di una vecchia Ducati M4G1C, e uno sguardo sottile, ferino, osservava con matura sicurezza l'asfalto divorato dalle ruote della moto.
Alle sue spalle, Castiel lo abbracciava, premendo il petto alla sua schiena e circondandogli i fianchi con le braccia, in una stretta vigorosa dettata dalla paura di cadere. Di essere lasciato indietro e dimenticato.
«Mi dispiace, Sam, non pensavo che il whisky incendiario potesse essere così forte e tuo fratello ha detto che non finire le bottiglie sarebbe stato uno spreco.»
Dietro la visiera scura del casco integrale, Sam sospirò.
«Cass, devi imparare a dire di no alle scemenze di Dean.» borbottò, controllando nello specchietto retrovisore che il fratello gli fosse ancora dietro, a cavallo di una moto simile alla sua. Lo sentì berciare imprecazioni contro la sbornia di prima mattina, i treni a quell'ora e una stupida scuola che non voleva lasciarlo dormire. Scosse il capo, rendendosi conto di quanto fosse difficile dire No a Dean. Era stata sua l'idea di infilarsi nel deposito di rottami di Bobby e prendere in prestito le due moto, più veloci di un'auto nelle strade principali di Londra all'ora di punta.
«Lo farò.»
«Bravo.» Accelerò, infilandosi in una via stretta, superando sulla destra le auto più lente e sentendo alle spalle i clacson degli automobilisti più esagitati e le loro imprecazioni. Si ricordò del suo primo anno al Castello, della corsa contro il tempo accovacciato sui sedili dell'Impala e sorrise a pensare a come molte cose fossero cambiate e come alcune, invece, fossero rimaste le stesse «Vedrai che arriveremo in tempo in stazione.»
Castiel si arpionò più forte alla vita del più piccolo, sentendo la stoffa ruvida della divisa Ravenclaw sotto i polpastrelli e la durezza dei muscoli del ventre contratti. Chiuse gli occhi, pensando con affettuoso divertimento al povero Dust, infilato insieme alla sua gabbia e ai loro bauli, nel bagagliaio magico della Ducati.
«Non lo dubito, Sam.»
Non era più solo con il suo gufo e questo bastava per convincerlo di poter arrivare ovunque.