Note: Fuu e gli esperimenti. Non volevo infilarmi in questo esperimento, perché ho un casino in testa che la metà basta e perché non ho materialmente tempo di scrivere tutte le drabble che mi servirebbero per rendere la storia chiara, fluida e accessibile. Ma ormai l'ho cominciato e quindi eccomi qua, a scrivere di una Stuckony, che è anche stucky, e starker e un po' *rullo di tamburi* stony (gasp!). E' una fic che racchiude contemporaneamente almeno 3 universi temporali (tendenti a un quarto che viene solo accennato) e che salta dall'uno all'altro con un filo logico molto, molto, moooolto sottile che probabilmente vedo solo io che l'ho scritta XD
Scritta per la
Corsa delle 24h - VII edizione @
Torre di Carta- prompt -
13. “My happy times asked me this question/You, are you really okay, it asked me/Oh no/I replied, no, I’m so afraid” (BTS - Awake)
4. Pancakes
25. “La morte è la morte. C'è sempre stata. Che sia per un attacco di cuore, il cancro o uno zombie. Che differenza c'è?” - The Walking Dead
21. “Sono il protagonista della mia vita, mi merito di essere al centro della scena.” - Greek, La confraternita
7. Disordine
48. Tema libero
I. 199998
Certe notti il buio era una gola nera che lo inghiottiva a pezzi e l’avrebbe risputato al mattino, grondante sudore e incubi appiccicosi.
Notti in cui cadeva nel vuoto, disperdendosi come polvere di una nova esplosa nell’universo. Ogni granello un lui diverso, un’altra vita, un altro Tony: cicatrici mai avute, sorrisi mai concessi, sprazzi di gioia mai provati e lacrime mai piante.
Sussultò; una macchia di freddo s’apriva al petto.
«Tony?»
A occhi chiusi storse il naso. «Ricordami d’inserire una valvola di riscaldamento per il ghiacciolo che ti penzola dalla spalla, Barnes.»
«Buongiorno anche a te.»
E c’erano mattine come quella, in cui le labbra di Bucky attraversavano anni luce per raccoglierlo da un passato mai avvenuto.
«Hai un nome da supereroe come zio Steve?»
«No. Ma puoi chiamarmi Bucky.»
II. 200000
Tony è un volto tutto occhi e folti pizzi di ciglia corvine, bocca piena di pancakes e labbra sporche di sciroppo d’acero che cola abbondante giù dal mento, sbrodolando fin sui calzoncini.
Steve sorride nel guardarlo azzannare vorace la colazione. Le prime volte si scopriva cercare l’uomo nel bambino, chiedergli ammenda per ogni torto - ma i bambini sono facili al perdono, specie se indossi la maschera di un eroe.
Tony gli sorride. «Posso averne ancora, zio Steve?»
«Non ne hai mangiati troppi?»
«Uno soloooo~» Un sorriso di miele e di volpe, il vecchio Stark s’affaccia ammiccante nell’espressione di chi sa che basta una moina per far cadere tutti ai suoi piedi.
«Va bene, ma è l’ultimo.»
Perfino Captain America.
III. 199998
La morte è la morte, ma quando Tony guarda il suo riflesso allo specchio la vede insinuarsi in lui tra gli innesti di pelle impiantati nel volto, sotto cicatrici e vene atrofizzate, nella cenere di uno schiocco che sarebbe dovuto essere l’ultimo.
Tremanti, le dita della mano destra uniscono pollice e medio, ricalcano l’ultimo atto di una guerra che s’è trascinata per troppe linee temporali.
Ti è andata bene, sussurra una voce meschina alle sue orecchie. Saresti potuto morire.
Riabbassa la mano, chiude gli occhi e nel buio scorge nuovi sprazzi di universi - mondi che gli girano intorno e lo attirano a loro, come una stupida mela schiava della gravità.
«Abbiamo vinto, Signor Stark… abbiamo vinto...»
IV. 200000
Tony lo sente tra le dita: lo spazio infinito, mondi, universi e tempi che si uniscono e convertono l’uno nell’altro, si toccano e s’incontrano tra i suoi due polpastrelli.
Esistevano altre Terre, altre realtà, altre linee temporali. Per un attimo, prima dello schiocco, tutto coesiste nel palmo della sua mano.
Universi in cui accompagnerà Morgan all’altare.
(Spezza il cuore alla mia bambina e ti verrò a cercare)
Universi in cui invecchierà accanto a Peter.
(Un giorno smetterò di chiamarti Bimboragno, ma non sarà oggi)
Universi in cui il perdono per Barnes lo unirà a Steve.
(Guarda, guarda, non solo supersoldati, ma anche superdotati)
E infine universi di silenzio.
«…io… sono… Iron man.»
V. 199998
Laboratorio chiuso, codice inserito e un lupo da guardia accovacciato all’ingresso.
Steve lo affianca e passa una mano tra capelli lunghi e sciolti. Bucky lo lascia fare, ma borbotta - lamentele ingoiate dal gran vociare degli AC/DC e sprecate quando si parla di Tony. In questi momenti non c’è voce che l’uomo ascolti più della propria.
«Va avanti da questa mattina, Steve. E sono le nove di sera. Di che diavolo vive quell’uomo?» la ringhiata di Bucky.
«D’aria e amore, Barnes. Ed epiche scopate… a cui tu non sei più invitato» la risposta imprevista di Tony, comparso da una porta spalancata sul caos.
Tra macchinari, carapaci d’armatura e olomonitor, c’è una VHL, sull’etichetta una data: 16 dicembre 1991.
Steve scopre in Tony il volto del tradimento.
«Lo sapevi?»
«Sì…»
VI. 199999
xxx
VII. 200000
Howard fluttua tre metri sopra il cielo quando entra. Coinvolge Peggy in una piroetta elegante che la lascia intontita tra le braccia di Jarvis.
Tony ridacchia, catturato dall’abbraccio di suo padre - quando l’uomo è felice tutto sembra migliore, perfino il suo affetto.
Steve assiste sconcertato, ma quando l’uomo rimette a terra il figlio, quello che scorge nei suoi occhi è il colore della speranza.
«Amico mio» il sorriso è largo sulla bocca di Howard, lo sguardo vispo impaziente quanto la lingua di raccontargli ogni cosa, tessere lodi di se stesso e del proprio operato - perché, suvvia, le merita eccome. Eppure, la mano stringe quella di Steve e l’emozione si riduce a due frasi e un battito di cuore: «L’ho trovato, Steve. Ho trovato il Sergente!»