Character: Quentin Coldwater; The Monster; Eliot Waugh;
Pairing: The Monster/Quentin; Eliot/Quentin { queliot, sottinteso }
Rating: NC-17
Genre: Angst; Erotico;
Words: 745
Warning: h/c; nc-17; lemon; dub-con;
Scritta per: il calendario dell'avvento (17 dec) @
Hurt/Comfort Italia prompt: 01. chiave
Ha sempre inizio con un urlo. Silenzioso, nascosto, morso tra le tue labbra e scheggiato dai tuoi denti - un urlo che, ogni volta, trova il modo di risalire agli occhi e incendiare la pupilla.
Lui lo sa che dentro stai urlando, che all’esterno potrai sembrare un pezzo di carne in attesa di essere gettato a marcire in un angolo, troppo stanco e atterrito e rotto e smarrito per lottare, ma dentro sei scosse di un terremoto furibondo, sei il grido disperato di un’anima morente ancora attaccata al ciglio del dirupo. Sei quel che rimane di una voglia di vivere che non è mai stata sufficiente e che ormai - finalmente, finalmente, finalmente - sta raggiungendo il suo limite.
Lui sa. E stringe con più forza le mani intorno al tuo collo, si ciba dei respiri spezzati che ti pulsano in gola, finché sotto ai polpastrelli le tue ossa non scricchiolano. Ti ha raccontato di aver spezzato il collo di un uccellino un giorno e lo hai visto squarciare in due dèi e strappare loro il cuore, non farebbe fatica spezzare anche il tuo.
Lui sa. E ti guarda (cerca l’urlo, la paura, la scintilla) in adorazione, ti scava dentro e a ogni spinta ti sconquassa, ti schiaccia al materasso e stampa il tuo corpo tra lenzuola bagnate di sudore. A far male non sono le spinte, ma la scossa che da esse nasce; a soffocarti non è la mano al tuo collo, ma l’ossigeno che va a fuoco nella stanza.
Lui sa. E ti scopa come fosse una punizione. Come se il Mostro fossi tu - il cattivo di una storia in cui lui è insieme vittima e carnefice, in cui lui è Eliot e non lo è. Non lo è. Non lo è.
Può vestire la sua pelle, indossare i suoi occhi, infilare le sue mani (hanno lasciato il tuo collo per stringerti ai fianchi, scavandoti nelle anche, cercandoti sotto il tuo stesso corpo), ma non sarà mai Eliot.
È un infiltrato. Un ladro. Un usurpatore.
È un peso tra le tue cosce, una bocca umida alla tua gola, una carezza ruvida sul tuo membro. È la tua colpa, la tua pena, una sentenza che pende sulla tua testa e un’erezione che affonda tra le tue natiche.
«Voglio sentirti» sibila. Vorresti che lo facesse per cattiveria, per umiliarti. Vorresti non incrociare lo sguardo con il suo, ma le sue dita artigliano il tuo mento, lo sollevano e ti obbligano a guardarlo.
«Quentin, voglio sentirti.» Vorresti che lo dicesse perché ti odia e questa è il suo modo di rendere la tua vita miserabile, ma negli occhi di Eliot c’è un Mostro che ti guarda e in quello sguardo c’è un amore malato che ti si appiccica addosso come un pantano di fango, cola nei tuoi pori, tra le tue gambe, sulla tua faccia. Ti guarda, ti cerca e ha bisogno di te (forse più di quanto lo stesso Eliot abbia mai avuto).
«Lo so che sei triste per il tuo amico. Ma non devi più preoccuparti, ci sono io ora, Quentin. Ci sono io.»
E forse è sempre stata quella la chiave per vincerti. La senti girare nel tuo petto riempiendo di echi costole ormai vuote, come se avesse trovato una porta invisibile, come se le chiavi che Alice ha distrutto e Julia ricostruito non fossero nulla in confronto a quelle sue parole.
Ci sono io. È la chiave di tutto.
Ci sono io. E tu cedi, schiudi le labbra, e il Mostro ti bacia con la bocca di Eliot, ti azzanna coi suoi denti e ti lecca con la sua lingua. Ti incendia e ti fa fremere, scoperchia un vaso che per fin troppo tempo hai cercato di tappare e smaschera la tua voglia.
Ti bacia le palpebre, riprende possesso delle tue labbra gonfie e le tue braccia - vorresti non sapere come - trovano posto intorno al suo collo. E tu lo stringi. Lo stringi. E lui ti stringe. Ti stringe.
Non dovresti, ma lo vuoi perché sei debole.
Lo vuoi perché non puoi avere più di così. Lo vuoi perché altrimenti non rimarrebbe nulla. Perché senza di lui - senza un Mostro travestito da Eliot - anche l’ultimo fragile pezzo di te che sta disperatamente cercando di rimanere in piedi, di resistere, di non lasciarsi soffocare, sarebbe polvere.
Ha sempre inizio con un urlo.
«Vedrai Quentin, andrà tutto bene.»
Finché la bocca di un Mostro che porta il volto, la voce, il cuore di Eliot non lo raccoglie dalla tua.
Al suo posto rimangono i gemiti.