Titolo: La notte degli addii
Autore:
moonylunastorta (
bulletinabible3 )
Fandom: Harry Potter
Ship: Salazar Serpeverde/Godric Grifondoro
Prompt: "Vedo che ti si sta spezzando il cuore" "Non si sta spezzando niente, tranne la mia fiducia in te" (per il
p0rn fest @
fanfic_italia )
Rating: NC-17
Words: 2308 (OpenOffice)
Warning: angst, angst, angst D: slash (cioè sesso tra due uomini, se non gradisci non leggere) e ovviamente zozzerie (sennò, che p0rn fest sarebbe? :DDDD)
Disclaimer: Sally e Goddy non mi appartengono, anche se voglio molto bene a entrambi *coccola* non scrivo a scopo di lucro, non voglio offendere nessuno... blabla
Note: MAH. Spero di non essere andata troppo OOC, ho abbastanza tirato ad indovinare non avendo ovviamente molto materiale su cui lavorare... Ecco, più che altro spero di non essere caduta in orribili cliché e di aver reso questi due ometti un pochino profondi e interessanti. Non è PWP, evvai! Non avevo mai scritto una fic con rating alto e così tanta trama... E così luuunga, poi xD Mamma mia, mi auto-congratulo. Ok, la finisco di blaterare... qualcuno dovrebbe togliermi lo spazio delle note, finisco solo per dire una montagna di cazzate. Mi rimetto al vostro sovrano giudizio e bon.
Il vento fischiava tra i merli della torre più alta del castello di Hogwarts; la luna non riusciva a vincere del tutto il buio della notte. Un mago camminava pensoso avanti e indietro, incurante delle folate che gli sferzavano il mantello verde smeraldo. Nonostante il rumore infernale della tempesta, udì distintamente il cigolio della porta che dava sulla torre, ed i passi sulla pietra scivolosa che si avvicinavano a lui. Eppure, non si voltò, rimase ad aspettare con le orecchie tese, ben deciso a non fare il primo passo, fiero nella sua risoluzione definitiva: ormai aveva deciso che nessuno, nemmeno lui, avrebbe potuto fargli cambiare idea.
Lo sentì fermarsi; poteva chiaramente immaginarlo, le spalle dritte e lo sguardo fermo, mentre lo fissava e si domandava se si sarebbe degnato anche solo di un cenno.
«Salazar»
Il mago dal mantello verde non venne meno alla propria immobilità; solo un ghigno storto gli si dipinse sul viso, e una luce feroce come quella di un fulmine si rifletté nei suoi occhi.
«Volevi vedermi, Godric»
Non era una domanda, ma una semplice constatazione. D'altra parte, non si era poi molto stupito di quell'appuntamento: era ovvio che avrebbe cercato di trattenerlo, di dissuaderlo dalla sua decisione. Come se non lo conoscesse ormai abbastanza da capire anche da solo che non sarebbe mai tornato sui suoi passi; Godric aveva sempre avuto un debole per le cause perse. Chiedere di incontrarlo a quell'ora della notte, sulla torre più alta del castello, poi, era un'altra chiara prova di quella vigliaccheria che Godric si ostinava a negare e che chiunque altro si ostinava a non vedere in lui. Finché si trattava di combattere, anche di rischiare la pelle, Grifondoro era sicuramente il più coraggioso, questo non poteva negarlo; ma quando si trattava di guardare in faccia la realtà, proprio quella realtà, una realtà così scomoda e incomprensibile... E tuttavia, non era nemmeno mai stato bravo a mentire. Proprio per questo, Salazar si domandava spesso con grande curiosità come avesse potuto il loro segreto restare effettivamente segreto per tutti quegli anni. Gli sarebbe piaciuto rivelare tutto, così, giusto per il gusto di farlo. Avrebbe potuto farlo ora; sarebbe stata un'originale uscita di scena, senza dubbio, degna di un consumato attore qual'era. Dopo tutto, non aveva un bel niente da perdere, e gli interessava ancor meno di prima l'opinione di Corvonero e Tassorosso - il che era tutto dire. Avrebbe potuto benissimo lanciare il sasso, e guardare comodamente i cerchi allargarsi sul pelo dell'acqua e investire in pieno il povero Godric. Sarebbe stato davvero curioso stare a guardare come avrebbe potuto cavarsela allora, come si sarebbe tratto d'impaccio, come avrebbe difeso il suo onore. Si lisciò i baffi al pensiero: lo divertiva sempre molto architettare piccoli piani perfetti contro Godric, piani che - si conosceva troppo bene e aveva troppo rispetto di sé per mentirsi - non sarebbe mai riuscito a mettere in pratica, forse nemmeno se ne fosse andato della sua vita.
Una leggera pressione sulla spalla lo riscosse dalle sue riflessioni: voltò leggermente il capo e si ritrovò a fissare la mano di Godric, forte e arrossata per il freddo, posata sopra il suo mantello in modo leggerlo ma fermo.
«Non farlo, Salazar» mormorò Godric, forte appena a sufficienza per farsi udire. «Sarebbe un errore»
Salazar tornò a fissare al di là del parapetto la linea dell'orizzonte, il cielo scuro e minaccioso, le chiome degli alberi scossi dal vento.
«Uno in più, uno in meno... Che differenza vuoi che faccia? Non è questo quello che pensi di me, in fondo? Per te non sono forse uno che ha sempre sbagliato in tutto, e che - peggio ancora - ci ha sempre preso gusto a sbagliare nei modi peggiori?»
Il sarcasmo di Salazar era molto più sferzante delle raffiche di vento, e faceva decisamente più male.
Godric ritrasse la mano; nel suo silenzio, l'amico intese un assenso.
«In ogni caso, non potrei restare neanche se lo volessi... Loro non lo permetterebbero mai, e lo sai. E non pretendo che tu ti schieri pubblicamente al mio fianco, so che non lo faresti mai» concluse Salazar, con un tono più neutro.
Godric alzò su di lui occhi che parevano ardere. «Cosa ne sai, potrei anche farlo» sbottò, sovrastando di molto il rumore del vento.
Salzar lo guardò finalmente in viso, opponendo il suo pallore all'espressione accesa di lui. «Sì, forse lo faresti. Forse allora non voglio che tu lo faccia»
Credette a stento alle proprie orecchie, non riusciva a capacitarsi di aver detto veramente quelle parole; lo sconcerto, più che dalla frase in sé, nasceva soprattutto dalla consapevolezza che Godric avrebbe capito perfettamente quello che intendeva. Infatti, mentre la sorpresa mitigava la concitazione di poco prima, allungò la stessa mano che prima aveva ritratta e la posò delicatamente sulla fronte di Salzar; scostò i capelli corvini e lisci, disegnò con la punta delle dita la curvatura nel naso e si fermò su una guancia. Salazar non oppose resistenza, ma dentro di sé sapeva che non avrebbe dovuto permettere nulla del genere, che se avesse perso il controllo - come sentiva che stava appunto per accadere - tutto poteva essere perduto.
«Non sono diventato improvvisamente altruista, Godric» si affrettò ad aggiungere. «Sono solo stanco di giocare con voi»
Il tentativo, anche senza contare la voce che ormai aveva iniziato a tremargli, era piuttosto misero, e miseramente non intaccò minimamente la convinzione di Godric che in fondo aveva sempre avuto ragione, che qualcosa di buono c'era in Salazar, ed era ancora lì, nonostante tutto. Gli spiaceva molto che nessun altro, a parte lui, potesse rendersene conto; ma aveva accettato ormai anni prima che le persone non possono essere cambiate, a meno che esse stesse non vogliano cambiare, e non era proprio il caso di Salazar.
«Quando hai intenzione di partire?»
«Stanotte stessa. Aspettare non avrebbe senso, e comunque ho molti interessi che mi chiamano altrove. Credo proprio che l'insegnamento non sia la mia missione, dopo tutto»
Godric preferì non chiedere chiarimenti su quei 'molti interessi': se fosse rimasto nell'ignoranza, avrebbe potuto ingannare persino se stesso e credere che non l'amico non intendesse nulla di male; avrebbe dormito sonni tranquilli, era giù qualcosa.
«Allora questa è la notte degli addii» constatò Godric; avrebbe voluto che la sua voce fosse asciutta e decisa, ma perfino alle sue stesse orecchie la nota di tristezza era fin troppo udibile per passare inosservata.
Salazar si concesse un riso amaro, prima di tornare mortalmente serio.
«E se è la notte degli addii, posso sperare di vederti totalmente sincero, almeno quest'ultima volta?» continuò Godric, facendo scivolare la mano dalla guancia al collo dell'amico.
Per tutta risposta, Salazar afferrò con impeto la mano dell'altro e se la portò alle labbra, percorrendo le dita ed il palmo, fino a baciare lievemente il polso; continuava a fissare con quei suoi occhi gelidi quelli caldi di Grifondoro. Lentamente, si avvicinò di più all'amico fino a far aderire i loro corpi sotto ai mantelli pesanti, e gli immobilizzò il viso con le mani in una morsa gelida e concitata; sfiorò con la punta del naso le labbra di Godric, la tenerezza del gesto trasfigurata in puro desiderio.
Godric socchiuse le labbra, ansimando già, impaziente suo malgrado: quand'era con Salazar non era più se stesso, se ne rendeva conto; lo trasformava a suo piacimento in un'altra persona, molto più materiale, molto più lussuriosa, molto meno nobile o saggia. Lo sapeva, l'aveva sempre saputo, eppure non riusciva mai a sottrarsi al suo potere - non voleva sottrarvisi, ben se ne accorgeva.
Cercò con le labbra quelle dell'amico, che giocava a negarsi e sottrarsi al suo desiderio e bisogno: era sempre così presente a se stesso e calcolatore, perfino in quei momenti in cui Godric perdeva totalmente il controllo e non rispondeva più di alcuna sua azione, da far dubitare che di tutto ciò gli importasse veramente qualcosa.
Godric scacciò quel pensiero - almeno quell'ultima notte poteva concedersi un po' di pace - e finalmente riuscì a raggiungere la bocca di Salazar.
Le loro lingue presero a lottare dolcemente, mentre le mani di Serpeverde si infilavano sotto al mantello di Grifondoro, fino a sfiorare la stoffa dei vestiti sul basso ventre e l'inguine.
«Non qui», trovò la forza di bisbigliare Godric, con un filo di voce e meno ancora di padronanza di sé. Il vento si era calmato, proprio quando la tempesta aveva iniziato ad infuriare più forte nel suo animo.
Afferrandolo per un braccio fin quasi a fargli male, Salazar trascinò l'amico nell'edificio; scesero le scale, ma invece di dirigersi nella stanza o nell'ufficio di uno dei due, come Godric aveva pensato, Serpeverde lo spinse in malo modo nella prima aula vuota che trovarono. All'improvviso preso da una sorta di fretta che non gli si addiceva molto, Salazar lo costrinse con la schiena premuta contro il muro; febbrilmente, gli tolse i vestiti, fino a prendere tra le mani fredde il suo membro già eccitato. Iniziò ad accarezzarlo, con il suo tocco leggero ed una lentezza che a Godric sembrò eccessiva ed esasperante. Salazar accostò le labbra all'erezione dell'amico, avvolgendola con la sua lingua calda e bagnata.
Abbandonando il capo contro il muro di pietra, ormai arreso, Godric afferrò i capelli di Salazar e con dolce fermezza lo spinse più verso di sé, iniziando a muovere leggermente il bacino. Sapeva che si sarebbe pentito, e molto presto, di tutto ciò - come ogni volta. Ogni volta giurava che fosse l'ultima, ogni volta ci ricadeva. Dopo anni, ancora non riusciva a spiegarsi perché Salazar avesse su di lui quell'effetto devastante, sconvolgente... sbagliato. All'inizio, aveva tentato di resistergli: un pallido tentativo che non aveva convinto neanche lui stesso. Si era presto arreso, si era lasciato completamente risucchiare da quel vortice. Spesso si era chiesto come avrebbe fatto ad uscire - perché aveva sempre saputo che sarebbe dovuto uscirne, prima o poi - ma non era mai riuscito a darsi una risposta; ed ora, eccola lì la soluzione, la peggiore di tutte: Salazar se ne sarebbe andato. Avrebbe sofferto e per questo si odiava. Non aveva mai trovato la forza di porre fine a quella storia, e per questo si odiava ancora di più: non aveva avuto spina dorsale, e ne avrebbe pagato le conseguenze. Quante volte si era illuso di esserne uscito, di aver preso finalmente una ferma ed irrevocabile decisione in proposito? Ma poi immancabilmente si ritrovava a fissare Salazar mentre parlava, senza capire una parola di quello che stesse dicendo, e i suoi pensieri erano tutti per la luce che emanava dai suoi occhi, il fascino del movimento particolare con cui si scostava i capelli dal viso, la curva sensuale delle sue labbra, la bianchezza delle sue mani...
Mani che ora gli accarezzavano le natiche, mentre la sua bocca si muoveva a ritmo serrato. Godric sentiva che il piacere stava per sopraffarlo; gemendo senza ritegno, si aggrappò con tutta la sua forza alla nuca di Salazar, premendosi ancora più dentro di lui. Nella stanza sembrava che non ci fosse abbastanza aria, le pareti ed il pavimento danzavano freneticamente; Godric venne nella bocca dell'amico, con un ultimo gemito, e d'improvviso sembrò che tutta la forza lo abbandonasse. Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, sfinito, gli occhi ancora serrati, mentre Salazar si alzava e velocemente si ricomponeva. Dopo qualche secondo, quando Godric riaprì gli occhi ritrovando finalmente un po' di fiato, era già perfettamente tranquillo, pronto per andare.
Pronto per andarsene.
«Dove andrai?» gli chiese Godric, incapace di trattenersi.
Salazar rise seccamente. «Non vuoi saperlo, con i tuoi principi così saldi, con il tuo onore, la tua purezza... No. Tieniti stretto il ricordo e fa' conto che io sia morto, ti ho già sconvolto la vita a sufficienza.»
Gli dava piacere, parlargli così, con sarcasmo e degnazione, come se fosse una conversazione del tutto superflua che conduceva più per noia che per vero interesse. Perché per lui era questo, e nulla più. Questo Godric lo sapeva, l'aveva sempre saputo, eppure ogni volta che ne vedeva una nuova prova sentiva una spiacevole e dolorosa morsa serrargli il petto.
«Puoi ancora recuperare, Salazar. Vai lontano da qui, d'accordo, ma non continuare sulla strada che stai imboccando, la strada del male. Hai ancora una scelta, Salazar...»
Era un tentativo piuttosto misero, e sicuramente sarebbe fallito, lo sapeva bene; ma, d'altra parte, non poteva lasciare nulla d'intentato.
Di nuovo, Salazar gli rise in faccia. «Abbiamo concetti molto diversi di bene e male, rassegnati e non farmi la predica, almeno la nostra ultima notte.»
Godric cercò di non pensare a quanto fosse morbosamente attraente quel ghigno storto dipinto sul viso dell'amico. «Ti avevo chiesto un po' di sincerità, non mi sembrava poi così tanto... E' tutto qui quello che posso sperare di ottenere?»
«Oh, Godric» sospirò Salazar, con quel suo sarcasmo insopportabile. «Mi conosci, no? Non sono mai sincero... Ma lo so che mi ami anche per questo»
Grifondoro sussultò: quelle ultime parole, per lui così dense di significato ed importanti, erano state pronunciate con una tale leggerezza e noncuranza che fu come una secchiata d'acqua gelida in pieno viso.
«E tu invece non mi ami, vero?»
Salazar scosse la testa, non degnandolo nemmeno di una risposta verbale.
«Certo, come potresti... Non ne sei capace.» Quest'ultima era una pura e semplice constatazione, rivolta più a se stesso che all'altro.
Per la terza volta quella notte, e l'ennesima volta da quando si erano conosciuti, Salazar gli rise sprezzantemente in faccia. «Povero Grifondoro! Vedo che ti si sta spezzando il cuore.»
Godric lo guardò fieramente, le labbra strette, i pugni chiusi. «Non si sta spezzando niente, tranne la mia fiducia in te.»
Senza aspettare risposta, gli voltò le spalle, mentre una lacrima solitaria finiva a perdersi nella sua barba brizzolata.
Lo sentì uscire ed allontanarsi nel corridoio.
Non l'avrebbe rivisto mai più, e l'ultima immagine che gli rimase di lui fu un riso sarcastico.