Titolo: Ars Gratia Artis
Fandom: RPF
Personaggi: Sir Arthur Conan Doyle, Mr. Sidney Edward Paget
Rating: Verde (G, per tutti)
Genere: Introspettivo
Avvertimenti: Flashfic (< 1000 parole)
Note: Anche questo lavoro, come
Obiettività ed
Arte, mi è stato suggerito dalla visione di queste due immagini, che ho riunito in un (tremendo) collage,
QUI. Il titolo è la traduzione latina del motto citato all'interno della fanfiction. Una breve spiegazione si può trovare
QUI (versione inglese più corposa
QUI).
Trama: Sir Doyle e Mr. Paget si interrogano sul fine ultimo dell'arte.
Disclaimer: Arthur Conan Doyle e Sidney Edward Paget non sono miei personaggi. Non sono miei e non sono personaggi. Se mai i loro eredi dovessero leggere questi miei brevi racconti, li prego di non considerarmi troppo male. Non intendo recare alcuna offesa.
Edit: Ho corretto il testo, ci crederesti, caro Lettore? Avevo trasferito la dolìa alla gamba dal nostro dottor Watson a Sir Doyle. Condivido inoltre il link all'opera che ha reso il buon Doyle baronetto di Sua Maestà. Purtroppo è in lingua originale; lo si può trovare qui:
The Great Boer War.
Ars Gratia Artis
"Art for art's sake. E' un concetto accattivante, non crede?"
L'uomo abbassò la pipa, sollevando le iridi grigie improvvisamente rischiarate da un brillìo di meditativa ispirazione, come se stesse placidamente riflettendo su ciò che aveva appena affermato.
"Intrigante, sì, ma distruttivo, se permette." il viso florido del suo interlocutore era compreso di serietà, fatto che esprimeva la massima, cortese misura di disaccordo che un animo profondamente Vittoriano poteva dimostrare. "La mente del signor Gautier, per quanto geniale, ha escluso dal concetto di arte ogni possibile risvolto educativo ed ogni beneficio che essa può portare alla patria, ai contemporanei ed ai posteri."
"Il primo ed il maggiore beneficiario dell'arte è l'artista, dottore. Non lo neghi." intervenne la prima voce, con l'asetticità del freddo analista.
"Non intendo farlo." rispose l'altro, i folti baffi che si incurvavano in un bonario e lieve sorriso.
"Ma - pensi quanto possa essere costruttivo per l'animo un racconto ben scritto e ben costruito, dalle solide fondamenta e dal commovente finale, che trasmetta quegli ideali che rendono l'uomo una creatura di Dio, un degno suddito dell'Impero, e non un turpe servitore del demonio. Consideri una illustrazione di carattere scientifico, dalla quale medici e luminari possano trarre giovamento per salvare vite e migliorare la nostra società in declino... oppure una raffigurazione che, scacciando le tenebre della bestialità, deponga nel cuore di chi la guardi la scintilla dei sentimenti più puri e nobili, innalzando la donna al Cielo, come angelo, e rammentando il Bambinello nei lisci lineamenti d'un giovine. Questa è arte, signore - questo è il vero e proprio scopo che essa si prefigge."
Qualche minuto di silenzio seguì l'accorata invettiva, ed il fervore si raffreddò in una cordiale compostezza velata di sano imbarazzo.
"Sono parole sagge ed illuminate, le sue."
La disinvoltura in quella casuale dichiarazione risvegliò l'istinto dell'ex-militare, che scrutò l'altro uomo con vago sospetto.
"Eppure, Sir," proseguì implacabile quello, giungendo le punte delle dita, "Non posso fare a meno di pensare che lei ha trascorso la sua vita a ideare scenari dallo sfondo cupo e criminoso. Certo, certo -" alzò le dita affusolate e macchiate d'inchiostro per troncare sul nascere l'inevitabile replica, "Colui che più loda la luce, ha vissuto sempre nell'oscurità. Capisco che sia impossibile indicare il bene senza contrapporgli il male."
Ancora una volta, il romanziere ebbe la chiara sensazione che il ragionamento non fosse completo, ed attese. Il suo istinto fu confermato dal rapido lampo di divertimento che attraversò lo sguardo di Sidney Paget, mentre egli continuava, il tono tranquillo che malcelava una punta di malizia.
"La domanda sorge sponanea, e, con il dovuto rispetto, glie la porrò. Non ha mai provato compiacimento nel creare la perfetta trama di una novella, architettando un mistero apparentemente irrisolvibile, arricchendo un macabro e delittuoso insieme di fatti con dettagli accuratamente pesati e misurati, al solo scopo di sviare il lettore ed allontanarlo dalla verità? Non ha mai sperimentato quell'intimo appagamento derivante dalla certezza di aver catturato l'attenzione di uno spettatore cinico ed avido di macabri particolari, beandosi della naturale ed arcana bellezza della sua arte, dell'incisività sublime che essa può dimostrare?"
Arthur Conan Doyle estrasse il fazzoletto dalla tasca del soprabito, quindi, fermatosi a metà del gesto di poggiarselo sulla fronte, lo ripose, portando sul collaboratore due occhi la cui cupa vitalità era divisa tra piccato risentimento e comica rassegnazione.
"Lei, poi. Un medico ed un soldato, avvezzo a ricercare la migliore delle conclusioni nelle circostanze più drammatiche -"
"Bene, bene, Paget," con un brusco cenno della mano, lo scrittore si alzò, camminando verso il tavolo da disegno e riservando la sua disapprovazione ad uno schizzo del profilo aquilino di Sherlock Holmes che emergeva da un fascio di cartoncini bianchi, "Faccia arretrare i fanti e gli alfieri - il Re è caduto."
La figura alta del disegnatore si avvicinò, apprestandosi a terminare il lavoro lasciato a metà, mentre un sorrisetto di soddisfazione si faceva strada sul suo pallido volto. Raccolse il pennino, lo pulì diligentemente e lo intinse nell'inchiostro di china; la punta iniziò a tracciare segno dopo segno, linea dopo linea, guidata da quell'insaziabile condottiero che è la creatività.
Quando, in una pausa, lo sguardo dell'illustratore, annebbiato dalla concentrazione, abbandonò per un attimo il foglio, egli non fu sorpreso di trovare il baronetto intento nella curiosa ed attenta osservazione delle forme che prendevano vita su quella bianca e ruvida superficie: sul suo viso si rispecchiava la medesima espressione intenta.
Entrambi sapevano che monsieur Théophile Gautier avrebbe dato scacco matto anche al più probo e onesto degli artisti; oltre che, ovviamente, a tutta la sua morale.